giovedì 27 giugno 2013

La generazione fortunata e i tempi interessanti.

Son giorni grami. L'economia tracolla e il governo non trova nulla di meglio da fare che proporre degli incentivi per l'assunzione di chi non lavora da 6 mesi, vive solo e/o con gente a carico e soprattutto per chi NON ha il diploma. Fosse mai che da giovane hai avuto la sciagurata idea di studiare sperando in futuro migliore, impegnandoti, rinunciando a tante cose, allora sei tagliato fuori. Io odiavo i professori che si ostinavano ad aiutare gli sfaticati già quando andavo alle superiori, figuriamoci ora.
 Non sto ovviamente parlando di tragici casi limite, ma qui siamo in Italia, basta che il pupo che non ha avuto voglia né di studiare né di lavorare venga messo con residenza a casa della nonna ed ecco che ha diritto all'incentivo. Fatta la legge, trovato l'inganno.
 Qualche tempo fa Carlo Verdone disse di considerarsi fortunatissimo ad essere nato negli anni '50. 
Tra i miei scaffali veleggia già da un bel po' il libro di Serena Zoli, "La generazione fortunata", sottotitolo: lo speciale destino toccato a chi è nato tra il 1935 e il 1955.
E' ovvio che mia nonna, nata nel '36 aveva meno cose di me e non avrebbe mai potuto aprire un blog, viaggiare facilmente per l'Europa, studiare e fare una montagna di cose che invece io ho potuto fare. Ma la tesi di questa autrice è che questa generazione sia stata particolarmente felice perché ispirata da una grande speranza che gli ha concesso di vivere la vita con soddisfazione, gioia e un continuo avverarsi delle aspettative. Una montagna di cose che ad esempio, io e tanti altri miei coetanei non possiamo fare e non perché siamo bamboccioni.
 Il titolo di un libro di Zizek mi ha svelato un proverbio cinese che è in realtà una maledizione. 
 Quando si vuole augurare del male a qualcuno gli si dice "Che tu possa vivere tempi interessanti".
 Ed è la definizione più calzante di sempre per questo periodo storico, non tragico come altri, non speranzoso come altri.
 Tempi interessanti.
E' una maledizione, ricordiamocelo.


mercoledì 26 giugno 2013

Il dramma della saggistica

Ci sono dei particolari giorni in cui la clientela mi indispone per conclamata stupidità.
 E' più forte di me.
 Per stupidità non intendo il non sapere che "L'arte di amare" l'ha scritta Fromm, ma il chiedermi "Non capisco come tornare al piano terra" e la risposta è "Prendi le scale", oppure l'ostinarsi a non capire che l'ascensore è rotto quando c'è davanti un cartello grosso come una capanna.
 Tititillano il mio odio anche i clienti che cercano libri di cui non sanno neanche loro il titolo, l'autore e finanche l'argomento (e mi chiedo sempre perché li cerchino) e si arrabbiano perché oso non saperlo neanche io. Come mai non posseggo il dono della telepatia? E' indecente!
 Ma i migliori sono coloro che si atteggiano a grandi intellettuali e vanno nel panico alla parola SAGGISTICA.
La temibile parola manda in confusione chiunque.
 Trovi gente che vaga spaesata da tre ore ripetendo "Non trovo la saggistica non la trovo!" ed è nel mezzo della sezione di filosofia.
 O quei geni che ti chiedono come mai la sezione di saggistica non è in ordine alfabetico (in che modo potrebbe esserlo? Mettiamo Cracco vicino a Cartesio?).
 Meritano una menzione anche coloro i quali ti chiedono saggi complicatissimi e quando apprendono sconcertati che devono andare nell'angolo di antropologia continuano a ripetere "Sono sicuro che siano in saggistica non in antropologia!"
 Quando un tempo l'Istat o chi per lui faceva quelle amene statistiche sull'analfabetismo degli italiani, pensavo sinceramente esagerasse in negativo. Ora, davanti a chi mi chiede un libro sull'interpretazione dei sogni dicendomi spaesato che Freud o la Smorfia va bene uguale, mi chiedo come questo paese si regga ancora in piedi.

martedì 25 giugno 2013

La vie d'Adèle

In occasione del pride milanese mi sento di dare un consiglio librario e un consiglio ai giovani ragazzini/e omosessuali di tutte le città di provincia e non solo (ebbene sì).
 Il consiglio librario che non è propriamente tale, ma più un'informazione di servizio, è che la Rizzoli pare intenzionata a far uscire in Ottobre l'edizione italiana della graphic novel da cui è stato tratto il film che ha vinto il festival di Cannes "La vie d'Adèle.
Speriamo bene, io personalmente non vedo l'ora!

lunedì 24 giugno 2013

Recensione n° 3. Yatuu!

Nella massa di libri che i clienti amano ammassare in giro (no, non siete simpatici quando consultate 47 libri sul cioccolato bianco e li abbandonate sulla prima mensola che trovate), ho scovato l'altro giorno questo grazioso fumetto della blogger/disegnatrice/pubblicitaria/tutto francese, Yatuu, "Io, laureata, motivata, sfruttata...in stage!" edizioni Hop!.
Non la definirei una graphic novel perché non c'è una trama, sono tanti piccoli bozzetti di tragica vita quotidiana della mia generazione: laureata, motivata, sfruttata e perennemente in stage.
 Dopo la laurea e tre o quattro stage, la povera Yatuu trova l'ennesimo lavoro subordinato parapagato come pubblicitaria in un'agenzia. Qui creativi cool e commerciali nevrastenici regnano forti dei loro contratti a tempo indeterminato (che la nostra sogna letteralmente e si domanda di continuo come si ottengano), gli stagisti sono la massa proletaria senza buoni pasto che si nutre solo di junk food per risparmiare mentre i gloriosi indeterminati vanno in ristoranti rinomati. Si domanda ogni tanto, (in genere quando deve lavorare anche la domenica o esce alle tre di notte dall'ufficio) cosa accadrebbe se lei e gli altri stagisti dicessero finalmente NO. Tuttavia, tra corse, prese per i fondelli da parte di tassisti e guardie notturne, son solo fuggevoli fantasie.
 Quelle di una generazione laureata, motivata, sfruttata, in stage, sfortunata per via della crisi economica, ma talvolta imbecille. E me lo dico da sola. Perché ad un certo punto dovrebbe anche sopraggiungere la dignità e dirlo questo NO. Tanto cosa si perde? Un lavoro per cui non ti pagano?
Grazioso e all'onesto prezzo di 10 euro. Lo consiglio!

   E per chi volesse un assaggio, ecco il Booktrailer di Yatuu su Youtube!

domenica 23 giugno 2013

"I Segreti di Murakami", il primo libro sul giapponese più amato in Italia.

Prima di lavorare in libreria, memore delle ore passate a studiare l'infinita sequela di tomi del Guglielmino-Grosser al liceo (ndcs per chi avesse la fortuna di averlo evitato erano i 12 libri che componevano il programma di italiano al triennio), non avevo nessun interesse per il settore di critica letteraria
Errore madornale. Tra vite assurde di scrittori e studi su qualsiasi cosa (dai luoghi di Montalbano, alla filosofia di Harry Potter ai 101 errori di traduzione che hanno cambiato la storia), è una miniera di meraviglie.
 In questi giorni è uscito un libro su Haruki Murakami, scrittore che io scoprii ormai una quindicina di anni fa grazie ad una paghetta di mio nonno con cui comprai a caso un'edizione Feltrinelli di "Norwegian wood" che all'epoca aveva ancora il tristo titolo voluto dall'editore italiano "Tokyo blues".
 Lo amai subito moltissimo e francamente non avrei mai creduto avrebbe conquistato frotte di italiani come è accaduto ad oggi con "1Q84" (un libro che francamente mi pare ben lungi da essere il suo capolavoro, "L'uccello che girava le viti del mondo" per dire è sicuramente molto superiore), ma insomma vabbeh buon per lui. 
 Mi chiedo sempre, visto il tenore della gente che compra i suoi libri (anche le sciure alla Baricco che non mancano mai una moda), cosa capiranno mai di questo scrittore, ma non sono mai stata il tipo di libraia convinta di avere il compito pedagogico di rieducare le masse, quindi anche cavoli loro.
 Comunque, il libro, il cui titolo è "I segreti di Murakami" ed. Vallardi, autore Tsuge Teruhiko, non è questo granchè.
 Oddio, il prezzo è quasi, dico quasi onesto (12,90), visto che non sono poi molte pagine e in neanche due orette si finisce comodamente. Tuttavia il sottotitolo: Vita e opere di uno degli scrittori ecc ecc. è fuorviante.
 Non è affatto una biografia, ci sono degli spunti biografici personali gustosi e molte notizie indubbiamente interessanti visto che di Murakami si sa praticamente solo che prima di scrivere dirigeva un locale in cui facevano musica Jazz. Tuttavia sono proprio briciole, per non parlare della parte critica in cui analizza due o tre topos e via così.
 E' un libro che consiglierei solo ai veri appassionati dell'autore in attesa di opere un po' più articolate e corpose sulla sua figura che deve essere sicuramente molto interessante e peculiare. 
 Per quel che mi riguarda io sto qui che attendo come l'uomo di schiena in copertina!

giovedì 20 giugno 2013

"Perché Milano è meglio di Roma" (sì vabbeh ve piacerebbe..)

Dunque, l'altro giorno stavo trasportando le solite pile di libri sul papa (da quando il papa vecchio ha dato le dimissioni per noi non c'è più pace, tutto il mondo s'è scoperto vaticanista e saranno arrivati 68898989 libri al riguardo), quando sono inciampata nel librazzo di cui sopra, "Perchè Milano è meglio di Roma (se ci devi vivere)" by Micol Arianna Beltramini.
 Spinta da un piglio campanilista ho mollato le pile del papa e ho deciso di leggere questi incredibili motivi per cui Milano sarebbe meglio di Roma.
 Chiariamo. Per chi ha vissuto in entrambe le città una cosa è splendente come il giorno: Roma è una capitale, Milano no. Milano è quella che si definirebbe una grande città europea, che è sempre un titolo di merito, ma non è la stessa cosa. Dovrebbe mettere in saccoccia il risultato e portare a casa.
 Invece no, da un secolo e mezzo bisogna questionare su questa storia della capitale morale e della presunta superiorità. E questioniamo.
 L'autrice, che peraltro è sarda, fa un rapido elenco delle differenze tra romani e milanesi passando per tutti i luoghi comuni. 
I romani sono: arraffoni, aggressivi, menefreghisti (ma in piena contraddizione se la prendono anche per tutto. L'editor non ha notato questa lieve svista?), parlano solo il loro truce dialetto, non si innamorano, raccomandano a destra e a manca e vivono in borgate subumane.
 I milanesi al contrario sono: elegantissimi, raffinati, si innamorano ma con criterio e discrezione, gran lavoratori, non se la prendono per nulla perché son signori (non perchè sono menefreghisti o badano solo ai fatti loro eh, giammai), parlano italiano corrente e sono meritocratici.
 Quando ho letto questo ironico sunto antropologico ho esclamato nel mio volgare idioma originario: "Ma che davero?" e ho gettato il libro alle ortiche. 
 Mi attendevo più una disamina, sempre ironica per carità, sulle effettive differenze tra le due città, come nell'unico capitolo che mi sono trovata a condividere: quello sui mezzi pubblici.
 Se avete vissuto a Roma, quando vi diranno che Milano è una grossa e caotica città, potrete ben ridere per ore. Milano è una città a misura d'uomo!
 I mezzi filano, le distanze sono sopportabili e se calcoli di metterci mezz'ora per arrivare in un certo punto, all'80% ciò avverrà. Roma è gigantesca, priva delle metropolitane che le servirebbero (ma anche per colpa di Mario Silla), incontrollabile, incontenibile e con una viabilità sconfortante. 
 Tuttavia vi assicuro che se Milano fosse costretta giornalmente a patire quello che patisce Roma (raduni mondiali, manifestazioni giornaliere, visite di qualunque capo di stato straniero, visite di vari capi stranieri, sortite del papa ecc ecc), si scatenerebbe l'apocalisse cittadina in neanche tre ore.
 Questo nel libro, per correttezza, avrebbero dovuto scriverlo.

mercoledì 19 giugno 2013

L'altra parte della barricata.

C'è una cosa che prima di lavorare in un negozio non comprendevo (come del resto molte altre) e ora che sto dalla parte della barricata invece capisco pienamente.
 I libri e film sono pieni della tragica figura del: commesso/telefonista (o come si chiama, insomma colui che vi importuna telefonicamente per motivi commerciali vari ed eventuali) che non comprende il dramma in genere del protagonista. Anche gli articoli di cronaca e i racconti degli amici ne sono pieni:
 "Ero così triste e lo stronzo del commesso..." "Quell'incapace della commessa mi ha detto di alzarmi..." "Sono in un negozio non puoi essere così scortese con me!"
 Sono commenti comuni, li facevo anche io. PRIMA.

 Ora so che non puoi pretendere dal commesso/telefonista che si comporti come un padre missionario. Costui e costei non sono lì per ascoltare i tuoi patimenti, non sono obbligati a reggerti la mano se stai piangendo perchè il tuo ex ti ha richiamato lasciandoti in lacrime e non hanno neanche il dovere morale di indicarti tutti i negozi della zona dove puoi fare shopping. Pretendere che ti porgano il fazzoletto mentre ripensi a quanto era bello andare in barca con tuoi nonno mentre vedi la copertina di "Tre uomini in barca" e annuiscano comprensivi ai terribili racconti della tua ultima giornata lavorativa, ebbene, non rientra nei loro doveri.
 Dovete pensare che in genere il commesso, anche libraio, è una persona che sta in piedi un numero incalcolabile di ore, che per tutto il giorno vede clienti (di cui mi spiace no, non può ricordare il viso, nemmeno il vostro, anche se siete particolari perchè avete i capelli blu elettrico) spesso nervosi a cui comunque deve cercare di sorridere. 
 Non è lì per fare consulenza morale e non perché sia il mostro insensibile che appare archetipicamente in tutte le peggiori trame in cui si vuole sottolineare il peggio dell'umanità, ma perché non è il suo lavoro. Umanamente potrebbe anche muoversi a compassione se il vostro cane è morto il giorno prima, ma se ha appena battagliato per tre quarti d'ora con un cinquantenne in carriera che lo ha trattato come un cretino, ebbene tenete presente che potrebbe non essere dell'umore giusto.
 Molto cristianamente, quando vi riaccadrà di dare dell'idiota/incapace/insensibile ad un commesso pensate: e se fossi io dall'altra parte della barricata? Tadadadan Tadadadan.

martedì 18 giugno 2013

I clienti più molesti. Parte prima di molte.

Volevo dedicare un secondo post ad una recensione, ma il turno di domenica mi ha fatto desistere.
 La domenica è il giorno più nefasto della settimana per quel che riguarda i clienti, specie in estate: il tasso di folli che si aggira tra gli scaffali quintuplica e tu, che già lavori in un giorno festivo, paghi pegno il doppio.
 Ho pensato perciò di stendere un primo elenco dei clienti più molesti in cui imbattersi.

LA SCIURA ACCULTURATA: questo esemplare che ha un suo acme nel nord Italia è una variante della "Dama di carità". Se la dama infatti è solitamente la moglie casalinga (con domestica) di un marito riccamente lavoratore e ama quindi impegnare le sue giornate nell'organizzare buffet di beneficenza per i non detentori di denaro, la sciura acculturata preferisce passare il proprio tempo fingendosi una specie di intellettuale.
 Costei non ha una vera opinione su quello che legge, indicativamente manda giù qualsiasi cosa Fazio, Augias e il Corriere della Sera (anche Saviano se la sciura tende a sinistra) gli abbiano consigliato il giorno prima. Fa quindi un gran mescolone di cui raramente comprende il vero significato, ma se ne vanta ad oltranza.
 Un modo sicuro per riconoscere una Sciura Acculturata: il suo scrittore preferito è Baricco e in genere preferisce leggerlo tradotto in inglese (?!).
 LO STALKER: uno dei miei prof. universitari insisteva sul fatto che le librerie e le biblioteche attirano un gran numero di gente spostata. Il motivo, a suo dire, è la vaga somiglianza tra le suddette e gli ospedali: sono tutti infatti luoghi bianchi, tranquilli e generalmente silenziosi. Con gli anni ho capito quanta saggezza ci fosse nelle sue parole. C'è infatti una larga parte della clientela composta da pazzi che pretendono da te attenzione. Ci sono molte varianti intendiamoci:  lo stalker che ti fissa per ore, lo squilibrato che se non gli dai attenzione si mette a gridare, il/la maniac* che ti fa domande imbarazzanti per vedere la tua reazione, quello che passa e insulta gli altri clienti per scatenare una rissa ecc. ecc. ecc. 
 Tutti creano quei momenti in cui odi lavorare a contatto col pubblico.
 Il 70% delle volte lo stalker si palesa o in serata o la domenica Non si deve escludere (purtroppo) nessun caso limite.
 IL CLIENTE HA SEMPRE RAGIONE: Statisticamente questa tipologia è prettamente maschile. Sono di solito questi uomini abituati a comandare masse lavorative che non si rassegnano al fatto che no, il resto del mondo non è ai loro comandi. Sbuffano e protestano per tutto, vogliono avere precedenza nella fila, sono urtati dal fatto che il libro non salti loro in braccio e soprattutto hanno un'idea contorta delle librerie e delle case editrici. Innanzitutto per  loro (ma anche per molti altri) le librerie fanno parte di un grande macrogruppo  e sono tutte collegate tra loro. Si aspettano perciò che tu possa dirgli anche quanti e quali libri abbia l'ultima libreria di quartiere di boh, Bari, ma sadicamente tu non voglia farlo. Protesta se un libro è fuori commercio e, quando non trova ciò che vuole, comincia ad accanirsi dicendo quanto sia felice che il paese sia in crisi così tutti noi scansafatiche chiuderemo e capiremo il vero significato del lavoro.
La Variante: In genere il cliente che ha sempre ragione possiede una "famiglia della domenica". Ovvero un nucleo familiare che vede solo in quel giorno e pretende sia quindi libero di fare qualunque cosa gli aggradi, altrimenti comincia a gridare quanto sia felice che l'Italia sparisca visto che non comprende il vero significato della famiglia.

Primo tempo finito! Palla al centro.

giovedì 13 giugno 2013

Presentazione (o anche il giocatore perenne di Trivial)

Molt* immaginano il lavoro del libraio come un giardino di incanto e delizie dove sollazzarsi leggendo libri gratis mentre si discute dei massimi sistemi con clienti coltissimi. 
 Un'immagine icastica meravigliosa che nulla ha a che vedere con la follia quotidiana. 
 Lavorare in libreria per chi ama davvero i libri è in effetti un lavoro meraviglioso, ma pieno di fatiche (millanta ore in piedi, gigantesche casse da sollevare, pile di libri da trasportare ecc) e di quotidiana follia. 
 Per i clienti il libraio non è un libraio, ma un giocatore perenne di Trivial.
 Come puoi non ricordare quel libro uscito tre mesi fa che avevi sistemato di faccia in uno scaffale in basso a destra?
 Davvero non sei in grado di ritrovare quel libro di cui non il cliente non ricorda né il titolo né l'autore ma ha ben presente la figura di un cane in copertina?
 E che dire dell'inconcepibile meraviglia che coglie lo sconvolto cliente quando scopre che non conosci tutti i romanzi con la parola paura nel titolo?
 Davvero quel saggio sulle viverne blu uscito nel 1923 non è più in commercio? Come è possibile? Amazon sicuramente me lo recupererà!
"Mio cugino ha pubblicato un libro con Mondadori" vorrei averne dieci copie. Come? Non le avete? Non lo trova nel catalogo? Mmm, forse non lo ha pubblicato, forse lo ha solo spedito alla casa editrice.
 Per non parlare di chi fatica a riconoscere la differenza tra psicologia ed esoterismo, chi non ha la minima idea di cosa sia la saggistica e vaga sconvolto come alla ricerca della misteriosa pietra azzurra e chi pretende che gli leggiate nel pensiero perché non ricorda nulla, solo che sta cercando un libro.
 Apro questo blog per condividere i momenti tragicomici del mestiere, strafalcioni degni delle superiori e recensioni delle decinaia di libri interessanti che arrivano ogni giorno (esistono libri su qualsiasi cosa QUALSIASI) . Che alla fine il lavoro del libraio non è un giardino di delizie, ma se si amano i libri è pur sempre fantastico.
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