venerdì 28 febbraio 2014

Tra moglie e marito non mettere il dito. Le tre tipologie più diffuse di coppie di scrittori: chi vive nell'ombra, chi si fa la sua vita e chi precipita nell'autodistruzione (perché tutti uccidono l'oggetto del proprio amore, ma non tutti ne muoiono).

Ieri, ero presa da una delle mie attività favorite e principali, ossia vagavo per una libreria (non quella dove lavoro che non ce la faccio, mi prendono le crisi d'ansia a vedere i miei colleghi che lavorano mentre io bivacco felice). Mi son fermata alla ricerca di sugose novità nelle graphic novel e mi è piovuta tra le mani "Superzelda" di Tiziana Lo Porto e Daniele Marotta, ed. Minimum Fax, sulla vita di colei che è principalmente ricordata come la moglie affascinante e molto instabile di Scott Fitzgerald.
 Mi è dunque venuta l'idea per questo post sulle coppie famose di scrittori. Cosa accade quando due grandi talenti si incontrano?
  Poche le possibilità:
- Amore e rispetto (rara ipotesi).
- Annientamento da parte della personalità più forte dell'altra (più o meno intenzionalmente).
- Ok, stiamo insieme, ma ognuno si fa gli affari suoi.
 Delle tre la terza è secondo me quella che ha presentato le maggiori garanzie di sopravvivenza. Un talento ha bisogno di tempo per scrivere, aria per respirare, esperienze solitarie da fare. Tuttavia avere un punto fermo può essere utile alla propria stabilità ed ecco il motivo della coppia a monte.
 Una mediazione che è difficile per noi comuni mortali, figurarsi per le eccelse menti. Ma andiamo a vedere i casi più comuni di coppie di scrittori famosi.

UNO E' FAMOSO L'ALTRO ROSICA NELL'OMBRA:

SCOTT FITZGERALD/ZELDA SAYRE:
 Ricordata tutt'ora per essere stata la moglie instabile, invidiosa e visivamente non bellissima del sommo Fitzgerald, la povera Zelda sta finalmente avendo una sua rivalutazione. Lui insisté tantissimo per sposarla, lei che aveva un carattere eccentrico già da bambina, accettò. Lui divenne un grande scrittore, lei ebbe un esaurimento nervoso per aver cercato di dimostrare che oltre le gambe c'era di più.
 Scrisse un libro complementare a "Tenera è la notte" (per la cui scrittura il marito aveva saccheggiato i suoi diari), "Lasciami l'ultimo walzer", tentò di diventare ballerina fuori ogni tempo massimo, scriveva racconti con il perenne confronto del consorte ormai eletto a Grande scrittore americano (e pagato cifre abnormi per l'epoca). Persino Woody Allen ha continuato a dare credito alla leggenda nera della moglie vampiro in "Midnight in Paris". Morì bruciata nell'ospedale psichiatrico dove era rimasta per dodici anni, mentre suo marito era in altre relazioni affaccendato.

LEV TOLSTOJ/SOFIA BERS: 
Tolstoj si sposò con una bella ragazza di origine tedesca di nome Sofia. Ebbero un numero assurdo di figli e lei oltre a pascerli, doveva compiacerlo, ma soprattutto ricopiare e ricopiare le infinite pagine dei suoi lavori, in un'epoca in cui la macchina da scrivere era ben lungi dal divenire. Se pure voi foste costrette ad accudire una dozzina di pargoli, perennemente incinte e col vago desiderio di ritagliarvi del tempo per scrivere un pochino (cosa che riuscivate a fare prima del frettolosissimo matrimonio), non portereste un pochino di rancore a vostro marito? Passata alla storia come una rompipalle di epica grandezza che non faceva campare in pace il marito talentuosissimo, diseredata da egli stesso che non la volle accanto neanche nel momento in cui spirò, passò gli ultimi anni della sua vita a litigare con la figlia Aleksandra (che non essendo stata per niente voluta dalla madre adorava il padre). Costei ci ha lasciato dei bellissimi diari, in cui riversò tutto il suo talento, le sue speranze, i suoi dolori e il suo odio. Avrebbe meritato molto di più.
 Ugualmente russo, meno travagliato (ma forse perché ben più corto) fu il matrimonio tra DOSTOEVSKIJ e la sua seconda moglie Anna, anch'essa aspirante scrittrice, anch'essa ridotta a badante del genio, ma con meno astio. Di lei ci rimane la biografia che scrisse sul consorte "Dostpevskij mio narito".

GERTRUDE STEIN/ALICE TOKLAS: 
Conoscete quel particolare fenomeno che è la simbiosi lesbica? E' abbastanza frequente e finisce per sincronizzare così bene una coppia formata da due donne da renderle psicologicamente indispensabili l'una all'altra, spesso molto simili nel vestiario e nei movimenti, identici gli interessi e le amicizie.
  Gertrude Stein e Alice Toklas rappresentano uno di questi casi, al punto che la Stein scrisse la propria autobiografia sotto il titolo di "Autobiografia di Alice Toklas", attribuendo fittiziamente il racconto alla compagna di una vita. Geniale per niente modesta, la Stein fu talent scout, amica e mecenate dei più grandi artisti della sua epoca, mentre Alice Toklas, aspirante scrittrice, rimase nell'ombra. Alla morte della Stein, la Toklas pubblicò un libro di memorie sottoforma di ricettario e nel frattempo venne depredata dagli eredi della Stein. I problemi per le coppie di fatto erano gli stessi anche all'epoca.


OGNUN PER SE' DIO PER TUTTI:

SIMONE DE BEAUVOIR/JEAN-PAUL SARTRE: 
Un grande classico per chi crede al mito della coppia aperta. Conosciutisi a vent'anni, non si sposarono mai, rimanendo fedeli alla loro totale contrarietà alla borghese istituzione matrimoniale. Simone non cadde mai nella trappola della vestale né ci volle mai cadere, ammirava Sartre, il quale, nell'unico momento in cui prima dei trent'anni la de Beauvoir rischiò di appiattirsi su se stessa, la rimproverò dicendo di trovarla poco interessante "Un tempo pensavate un sacco di cosette, Castoro".
 Entrambi ebbero avventure amorose, Sartre, nonostante i suoi occhi da pesce molte di più, persino poco prima di morire, cosa che mandava su tutte le furie la de Beauvoir perché le sue conquiste lo stancavano e lo riempivano degli alcolici che gli erano assolutamente negati. Per lui, lei rinunciò ad un'appassionata storia d'amore con lo scrittore americano Nelson Algren. Quando morì, lei gli dedicò "La cerimonia degli addii" in cui affermava che la morte di Sartre li aveva divisi e la sua, in quanto non credenti, non li avrebbe riuniti.

MARY SHELLEY/PERCY SHELLEY:
 Figlia di una femminista ante litteram che morì nel darla alla luce, Mary fece tesoro degli insegnamenti della madre vivendo una vita, per l'epoca, sui generis. Iniziò una relazione con Percy Shelley mentre lui era ancora sposato con la prima moglie (la quale non era per niente convinta dei suoi tentativi di fare di loro una coppia aperta). Morta costei, si sposarono ed ebbero quattro figli, ma lei continuò a scrivere inventando "Frankenstein". Quando lui morì annegato, si dedicò alla scrittura come mezzo di sostentamento per l'ultimo figlio, l'unico sopravvissuto.

ELSA MORANTE/ ALBERTO MORAVIA:
 Sono una coppia che potrebbe racchiudere un po' tutti e tre i casi, ma per profondo rispetto all'animo inquieto della Morante, li metto in questa sezione. Si conobbero giovani, lei povera, affamata e ambiziosissima, lui già scrittore affermato grazie a "Gli indifferenti". I biografi ci raccontano di un lui quieto e posato e una lei ambiziosa, chiusa, rivaleggiante. Forse era vero, ma forse i biografi dimenticano le radici di entrambi: lui ben nato e imparentato con mezzo mondo che contava, lei figlia naturale riconosciuta da un padre non suo e vissuta in povertà fino all'arrivo di lui. Se un grande orgoglio è spinto tutti i giorni alla gratitudine verso qualcuno, i risultati possono essere devastanti. Finì nel 1962, lei si era innamorata dell'ennesimo omosessuale che si suicidò, lui stava da un po' con Dacia Maraini. Morirono l'una in solitudine, l'altro accanto a una donna che poteva essere la nipote.

ERNEST HEMINGWAY/MARTHA GELLHORN:
 Non si può dire che Erne st non le abbia tentate tutte, dalla ragazzotta con cinquant'anni di meno sposata in tarda età, alla mogliettina standard, fino a lei, Martha Gellhorn, terza moglie che durò in carica solo quattro anni perché in altre faccende affaccendata. Era infatti costei una delle più famose reporter di guerra della sua generazione e non aveva né tempo né voglia di starsene ferma in un posto a vezzeggiare o seguire il grand'uomo. Dopo aver litigato per quattro anni divorziarono.

TI AMERO' FINO AD AMMAZZARTI:

TED HUGHES /SYLVIA PLATH: 
Caso in cui lui andrebbe percosso con un bastone e in certi momenti pure lei (ovviamente un bastone metaforico).
 Sylvia Plath si suicidò mettendo la testa nel forno a 31 anni. Lasciava due figli avuti con Ted Hughes, poi poeta laureato, che l'aveva appena abbandonata per una donna che fece la stessa identica fine. Perfezionista, talentuosa e probabilmente bipolare, la Plath voleva tutto e fingeva di desiderare solo un piatto di panna e mirtilli: voleva essere pubblicata, essere famosa, avere un buon lavoro, avere una splendida famiglia e via dicendo. Ted era bello, traditore e rompipalle (leggetevi le lettere che la Plath mandava tutta felice alla madre dall'ospedale: "Oh, sono qui che ho avuto un aborto e Ted viene a trovarmi con la nostra prima figlia per chiedermi quando torno che non ne può più di cambiare pannolini"). Caso perfetto di maschilismo da parte di lui e poca lucidità e consapevolezza sul fronte dell'autonomia da parte di lei. 
Quando la Plath si suicidò, Hughes tornò in pompa magna, bruciò i suoi ultimi diari (in cui parlava dell'ultimo anno passato insieme), si affrettò nel tentativo di farla passare alla storia come Sylvia Plath Hughes (non riuscito per fortuna), rimaneggiò abbondantemente i suoi diari pubblicati e praticamente fagocitò la Sylvia post matrimonio. Se leggete la sua prosa dopo il fatidico sì non si capisce praticamente niente e non perché fosse instabile.
 La critica femminista dell'epoca disse che il modo di comportarsi di Hughes l'aveva indotta al suicidio e poi aveva cercato di cancellarla come poetessa. Visto il comportamento, darei ragione alla critica.

SIBILLA ALERAMO/DINO CAMPANA: 
 Caso di reciproca distruzione portato agli onori del vasto pubblico da quel terribile film che è "Un viaggio chiamato amore" di Michele Placido (perché fa il regista io mi chiedo, perché?). Una vita colma di qualsiasi disgrazia lei (stupro, figlio tolto dal marito al momento dell'abbandono, storie lesbiche finite male, madre folle), una vita inquietissima lui (viaggiò ovunque spostandosi in continuazione, persino le sue spoglie non ebbero pace, fatte saltare in aria dai tedeschi con la cappella che li custodiva). 
 Si conobbero alla maniera facebook dell'epoca: scrivendosi lettere su quanto fossero belli i reciproci manoscritti. Per tre anni se le diedero di santa ragione, poi lei lo convinse ad andare da uno psichiatra e lui troncò ogni rapporto.

PAUL VERLAINE/ARTHUR RIMBAUD: 
Secondo il mio libro di letteratura delle superiori Pascoli aveva una relazione incestuosa tra le sue sorelle, tuttavia Verlaine e Rimbaud erano solo amici: incesto batte omosessualità 1-0. 
 La conosciutissima storia vede Verlaine poeta lanciato e con moglie rompipalle e sfornalattanti al seguito che invita questo sedicenne sconosciuto ad albergare da lui. 
 Solo che Rimbaud è un sedicenne come ne nascono uno per secolo: bello, bizzoso, ma soprattutto talentuosissimo. Tra i due inizia una storia d'amore che produce qualsiasi sconquasso, riducendo Verlaine ad un crash mentale totale. Prima molla Rimbaud dicendo che vuole tornare dalla moglie, poi quando Rimbaud lo segue per annunciargli che vuole lasciarlo, per la disperazione gli spara. Ne seguono: per Verlaine il processo per sodomia e la prigione, per Rimbaud  la decisione di partire per l'Africa, dove non scrisse più e divenne un mercante d'armi. Finirono uno alcolizzato, l'altro morto con una gamba amputata.

IL CASO: E' STATO SOLO UN GIOCO, UN AFFARE DA POCO, MA MI SONO INNAMORATA DI TE.

VIRGINIA WOOLF/VITA SACKVILLE-WEST: 
Virginia Woolf era una donna molto particolare che ebbe la grande fortuna di sposare (ma riconosciamogli anche il merito di aver scelto bene) un uomo che le fu devotissimo fino alla fine e si prese cura di lei.
 Purtroppo per lui, la relazione di Virginia passata alla storia fu quella che lei ebbe con Vita Sackville-West nobildonna piuttosto eccentrica, amante ed esperta di giardini, già presa da un'altra relazione lesbica principale, quella con la scrittrice Violet Trefusis. Virginia le scriveva lettere appassionate e le dedicò il romanzo "Orlando" ispirandosi, per il/la protagonista alla sua figura. La Sackville-West la tenne sulla corda per un po', poi, come ben spiega Nadia Fusini, nella biografia dedicata alla Woolf, la scaricò gettandola nell'assoluta disperazione. Sappiamo tutti come si è suicidata Virginia, mentre Vita è morta, con mio sconcerto, l'anno in cui è nata una delle mie zie (1962 ossia l'altroieri).

 Di sicuro ho dimenticato millanta coppie, quali sono i matrimoni/relazioni tra scrittori che ricordate e io ho vergognosamente omesso?

Nuovo articolo per LezPop! "Storia di Caterina che per ott'anni vesti abiti da uomo" di Marzio Barbagli!

Dopo la pausa per le mie ferie che già rimpiango ieri è uscita su Lez Pop la mia  recensione di "Storia di Caterina che per ott'anni vestì abiti da uomo" di Marzio Barbagli, professore di sociologia dell'università di Bologna. Barbagli analizza un fatto di cronaca di metà '700 (un donnaiolo che in punto di morte si scoprì essere una donna) e le ricerche che un medico dell'epoca, Giovanni Bianchi, fece in proposito.

 Lo consiglio a TUTTI perché è scritto bene, sfata moltissimi pregiudizi, racconta una storia che è molto diversa da quella monolitica che immaginiamo e studiamo a scuola. Il resto è tutto nella recensione!

giovedì 27 febbraio 2014

Marguerite Duras, la scrittrice che sapeva vivere. Dall'Indocina con le tigri portate dai fiumi, alla Francia in guerra, le ragioni di un fascino che bruciò fino all'ultimo.

Marguerite Duras
 Uno dei libri che andava più di moda leggere quando facevo le superiori era "Le memorie di Adriano" di Marguerite Yourcenar. Perché fosse così cool non l'ho mai capito, neanche quando, nonostante una certa ritrosia (che non riesco tuttora a spiegarmi, diciamo che proprio non avevo voglia di leggerlo) alla fine cedetti. E', non sarò io la saccente che ne nega la grandezza, un bellissimo libro, con una sua particolare struggenza, un esercizio di stile che richiede un grande talento, ma devo dire che non uscì ad entrare nel pantheon dei miei tomi imperdibili. 
Ci fu un'altra Marguerite che rubò il mio cuore e fu la Duras.
 Presi in biblioteca l'edizione riscritta de "L'amante" ossia "L'amante della Cina del nord" aka "Una diga sul Pacifico" aka persino un'ulteriore stesura contenuta nei suoi quaderni e appunti editi alias il libro più riscritto della storia.
 Mi decisi a leggerla perché una notte, su La7, (o quel che era all'epoca) avevano dato il film di Jean- Jacques Annaud tratto dal libro e mi aveva colpito. C'era qualcosa di affascinante in questa ragazzina che vive una storia con un ricco rampollo cinese con almeno dieci anni di più, in un'Indocina caldissima e avvolta dai miasmi dell'oppio.
 Il libro ai rivelò centinaia di volte più potente. Liberamente ispirato all'infanzia e all'adolesc  enza della Duras, prematuramente orfana di un padre che non viene nominato se non in quanto assente e in balia di una madre incapace di gestire tre figli, i risparmi di una vita (gettati in una proprietà letteralmente divorata dai granchi) e l'apparenza nel micromondo dei coloni francesi in Indocina. Ogni componente della sua famiglia è un personaggio da tragedia greca: la madre nervosa e incapace, il fratello maggiore viziatissimo, vezzeggiato, dissoluto e oppiomane, il fratello minore che rimane nell'ombra, silenzioso e probabilmente incestuoso, ma soprattutto appare lei, Marguerite. 
 Quando una scrittrice si descrive con tale vividezza e magia, ricordandosi graziosa ragazzina eccentrica in cerca di cinema nell'afa del sud-est asiatico, vittima delle angherie materne eppure luminosa e vincitrice, indipendente e fortissima, resta sempre il dubbio che ci sia una sorta di autocelebrazione, che quel celebre detto di Garcia Marquez "La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla" sia vero.
 Nelle tre diverse versioni del libro cambia poco, qualche descrizione in più, meravigliosi fiumi in piena che trasportavano tigri sotto il sole incessante dell'estate, colloqui col rampollo cinese che la notò e la volle sedurre infilando tutti quanti in un gioco di specchi e di ruoli complessissimo.
 Né lui né lei erano degni di uscire l'uno con l'altra agli occhi delle rispettive comunità: lei troppo povera, lui cinese e non colono francese. Eppure non è mai, per nessun motivo, una storia d'amore contrastato. E' un incontro, un rapporto di forza che ha sempre come suo fuoco centrale il possesso: dei soldi di lui, dell'apparenza di lei, del corpo di lei, dei privilegi di lui. Tutti quanti desiderano qualcosa e strisciano per ottenerla, ma in quello strisciare si nasconde una frustrazione, un odio che rende il libro potentissimo.
In una strana e fantastica conversazione che Marguerite ebbe ormai anziana, con una giovane studiosa italiana , Leopoldina Pallotta della Torre, (recentemente riedita da Archinto "La passione sospesa"), la Duras, piccola, ma passionale fino all'ultimo dei suoi giorni, ricorda la sua infanzia indocinese e quella passione rivelatrice con un incanto fiabesco, privo però di qualsiasi rimpianto. Era una donna che seppe separare gli eventi della sua vita con straordinaria lucidità.
 Se oggi a 75 anni dovesse fare un bilancio della propria vita? 
 "Senza l'infanzia, l'adolescenza, la storia disperata della mia famiglia, la guerra, l'occupazione e i campi di concentramento, la mia vita, credo sarebbe ben poca cosa."
 Dopo l'Indocina infatti, c'era stata la Francia finalmente, in cui arrivò come una selvaggia, imparando a mangiare da capo, pane e bistecche, niente più riso, alcuni la credevano meticcia (ma i suoi occhi blu, identici a quelli del padre morto misero a tacere qualsiasi illazione), lei si laureò in legge e scoprì Parigi. Si sposò e venne la guerra, perse un figlio appena nato, partecipò alla resistenza assieme a Mitterand e al suo primo marito Robert, che venne catturato e deportato a Dachau. I ricordi che lei dedica al suo stremato ritorno nel quaderno beige di "Quaderni della guerra e altri scritti" sono splendidi e spaventosi.
 "Era seduto vicino alla finestra del salotto, con dei cuscini tutt'attorno e un bastone a portata di mano; i pantaloni gli ballavano sulle gambe e quando c'era il sole la luce gli passava attraverso le mani. Tornava da molto molto lontano, da dove di solito non si torna mai. E poi sapete dietro di lui c'era un abisso di dolore, c'era la morte, e lui ne usciva fuori, era evidente, si liberava della morte, stava aggrappato all'osso della sua cotoletta come un naufrago a un relitto, non osava mollarlo, non ancora, in quei primi tempi non lasciava perdere una briciola di pane. Io lo guardavo, tutti facevano altrettanto, anche uno sconosciuto lo avrebbe guardato perchè si trattava di uno spettacolo indimenticabile, quello della vita cieca."

 Poi venne l'impegno nel partito comunista, un altro compagno, un figlio, l'amicizia con Mitterand, una certa sensazione di superiorità verso il pur ottimo mondo intellettuale dell'epoca. 
 Le sue altre storie di pura fiction, come "Occhi blu, capelli neri" sono invece un'incredibile palla, (evitatelo come la peste è tipo "Ultimo tango a Parigi" ma lui è gay e lei è etero, fate voi), molti racconti banali, le sceneggiature, tra cui quella di "Hiroshima mon amour" vengono definite non eccezionali. 
 Ci sono autori straordinariamente dotati nello scrivere memoir, che perdono qualsiasi talento quando si cimentano in altro. 

Non posso dire con assoluta certezza che questa piccola, incredibile donna sia uno di questi casi, mi mancano troppe letture, una su tutte "Yann Andrea Steiner" il libro che lei scrisse per il compagno dei suoi ultimi sedici anni di vita. Si conobbero che lui aveva 27 anni e lei 66 e la loro fu una storia d'amore strana, ma intensa. Vivevano insieme, scrivevano l'un dell'altra in stanze separate, nonostante l'intensa passione anche fisica (aggiungendo il piccolo particolare che lui nel frattempo aveva storie con altri uomini, ma del resto nell'intervista la Duras asserisce che in fondo tutti gli uomini sono omosessuali) si continuarono a dare del voi fino alla morte di lei, che approssimandosi la terrorizzò sempre di più.

  Nell'intervista, la Duras parla spesso della paura, della lebbra che imperversava nei paesi della sua infanzia, della morte che sfiorò più volte a causa della dipendenza dall'alcol. Si sentiva come un animale braccato, diceva, e quelle ultime notti passate insonni costringendo Yann Steiner a stare sveglio, perché il suo tempo stava per scadere, confermano l'intensità di una scrittrice che seppe vivere e omaggiare la propria vita e che davvero merita di essere letta.

 "Credo a volte che tutta la mia scrittura nasca da lì, tra risaie, foreste, solitudine. Da quella bambina macilenta e sperduta che ero, piccola bianca di passaggio, più vietnamita che francese, sempre a piedi nudi, senza orari e regole da rispettare, abituata a guardare il lungo tramonto sul fiume, con la faccia tutta bruciata dal sole."
 Riassumendo: Cercate "L'amante" e "I quaderni della guerra"!

martedì 25 febbraio 2014

I mestieri dei nobili secondo i libri sfornati da essi medesimi. Chef parigine, inquietanti esperte di bon ton, donne di spettacolo, gioielliere e salottiere unite sotto il segno del cheap & chic!

Mentre oggi mi affannavo a cercare appunti per un post che scriverò nel prossimo breve futuro, il mio

occhio è caduto sulla copertina più photoshoppata degli ultimi mesi "Come diventare marchesa ed esserlo in tutte le occasioni della vita" di tale Daniela Del Secco D'Aragona. Cinta in questo abito a sirena di moda non meno di venticinque anni fa, sorride avvolta da cerone, ritocchini e luce sparafleshata in faccia. 
 E' merito del suo sorriso rossettato se ho partorito questo post sui nobili. 
 Già da bambina, probabilmente confusa da un'educazione repubblicana e dalla scuola pubblica, quando ti tanto in tanto mi capitava di sentire titoli nobiliari sparati a caso, rimanevo alquanto perplessa. Mai conosciuto un nobile di prima mano, ma i "Gente" di mia nonna erano pieni di queste contesse Serbelloni Vien dal Mare che in un'epoca preanimalista si contorcevano su enormi divani avvolte da sedici pellicce di Annabella, al tempo status symbol indispensabile. Interrogati, i miei genitori, asserivano con furore che costoro fossero solo degli impostori che si ammantavano, in un'epoca che Mazzini aveva desiderato con tutte le sue forze, di titoli nobiliari che non valevano più una benemerita cippa. Ero portata a dar loro ragione, sebbene non capissi, visto che la monarchia era stata abbattuta, da dove venissero loro tutti i denari che gli consentivano di sciare a Cortina in inverno e rotolarsi a Capri in estate. 
Non possiamo non menzionarlo.
Ero giovane, ingenua, non avevo letto "Il Gattopardo" e credevo allo stato sociale e alla confisca dei beni per il benessere del popolo.
 Anni dopo, dopo infiniti scassamenti di palle, ecco che finalmente i Savoia potevano rientrare in Italia. Ecco giungere in Italia coloro che avevano seriamente rischiato di governarci: sua maestà, che sembrava un mayaletto dagli occhi porcini, la sua rifatta moglie e l'erede al trono, il quale fece esattamente quello che ci si aspetta da uno di questi nobili repubblicani: si trovò un mestiere da nobile, nel suo caso l'uomo di spettacolo.
 Son passati i tempi dello champagne e di Versailles, adesso il nobile deve dire sempre e comunque che  tutto è cheap and chic.
 E' un mantra. In quanto cheap deve lavorare, ma in quanto chic non è che può fare il primo mestiere che gli capita a tiro e soprattutto non può esimersi dal raccontarci quanto lavorare sia appassionante, fonda entale, meraviglioso, una prova di vita.
 Voi pensate che questi se ne stiano lì a mangiare tartine in un giardino all'italiana e siete solo dei poveri comunisti malfidati, venite con me ad esplorare il magico mondo dei mestieri nobiliari secondo quanto costoro scrivono nei maravigliosi tomi che ci spupiamo giornalmente in libreria.

L'ESPERTO DI BON TON: 
Aggiungerei al titolo:
"Tottò"
 Se sei nobile il bonton lo conosci per forza. Come dice ingenuamente la Dal Secco D'Aragona, loro nel bon ton ci sguazzano, è la loro croce e la loro delizia. Questo intrico mortale di regole di convenienza su chi andare a trovare quando, sugli inviti da fare e rifiutare, sui vestiti da mettere a seconda dell'età, stagione, momento storico, sentimento, evento, le forchette da usare, solo una nobile può sapere tutto ciò e soprattutto solo una che ha molto tempo da perdere può trovarci un senso. Non fraintendiamo, io amo le buone maniere, più cresco più penso che un'educazione come Cristo comanda renderebbe questo mondo assai migliore, tuttavia in questi casi si entra in un ginepraio di assoluto nonsense. Barbara Ronchi della Rocca col suo libro, ci dà un saggio di perfetto galateo e assoluta mancanza di tatto con delle descrizioni agghiaccianti.
 Andate a trovare un amico malato per dire? Ecco le regole che tu e lui dovreste seguire:
 "Una delle opere di misericordia più gradita e gradevole è la visita a un amico malato, soprattutto se non gravemente e in convalescenza. Da parte sua il malato non si dilunghi a raccontare sintomi e cure, non tocchi e non si faccia toccare se è infettivo, non si lamenti troppo, non si crogioli nell'autocommiserazione e soprattutto prima di ricevere visite, si lavi, si rada e si cambi la biancheria."

LA SALOTTIERA/DONNA/UOMO DI SPETTACOLO: 
Aggiungi didascalia
 Questa Daniela del Secco d'Aragona, che io, non avendo la tv ignoravo completamente, ha scritto un libro che per il bene di questo post mi sono letta TUTTO ed è un vero capolavoro di trashitudine. 
Ce le ha tutte: il doppio matrimonio con doppio nobile, la figlia adorata, lei principessa dei salotti ribattezzata l'ottavo re di Roma nientepopodimeno che da Bruno Vespa (titolo che ama tenersi stretto). Organizza feste monumentali in quel della capitale e riesce a regalare persino un momento di totale follia quando ammette che a Roma tra i nobili è usanza leggere i necrologi de Il Messaggero e andare in massa ai funerali della gente che conta (se non è felliniano questo non so cosa lo sia). Parla dell'università come di un fatato periodo in cui si è trovata a contatto con la gente comune e del suo caro amichetto dell'asilo Robertino che era figlio della governante eppure non lo avresti mai detto (un bambino che si adattava a tutte le situazioni, come lei del resto). Questo tripudio di quanto sono bella, magnifica e salottiera la spinge a prendersi il merito di aver reso Roma meno provinciale e più frizzante e la rende autrice della frase più fantastica degli ultimi anni: dovendo decidere se partire per Pechino Express o meno, davanti ad un suo iniziale spavento si dice  "Daniela, tu discendi dai Goti, non puoi avere paura di niente!"
Voto 10 e lode alla follia, e 10 e cinque lodi per me che ho letto questa roba.
 Ah, il libro finisce con l'arringa che tutte le nobili amano: la vita è bella, siate felici, trovate la felicità nelle piccole cose, nulla è brutto tutto splende.

L'ESPERTA DI GIOIELLI/MODA: 
Una vera nobile sguazza tra i rubini, esattamente come Patrizia di Carrobio che secondo me, tra i libri trovati, è la migliore
 E' proprio la nobile che è non solo felice e orgogliosa di esserlo, ma te lo dice. Tu sei solo un plebeo che vuoi capire di quel mondo magico in cui tutto luccica ed è ricoperto di diamanti? Patrizia, in questo libro che ti spiega tutto tranne come riconoscere i gioielli,  ci spara tutta la tiritera della donna che ha combattuto per il proprio lavoro, che insomma fare il metalmeccanico e vendere gioielli richiedono lo stesso duro lavoro. 
 Inizia questo suo libro con un'infinita tiritera sulle origini, lei come sua nonna, una marchesa o contessa o chissà che altro Di Robilant che faceva la personal shopper in pieno dopoguerra. 
 Continua parlandoci della sua vita, lei che obbliga il primo marito a mettersi i gemelli anche se non vuole (ah, sappiate che ogni vera nobildonna deve avere almeno due mariti) e questi orridi intermezzi in cui parla del suo lavoro raccontandoci amene storielle che lei trova commoventi e sono solo ridicole.
  Prendiamo il caso della sua amica che, sposatasi ben oltre i trenta, non trovava conveniente chiedere al futuro marito un anello con un diamante spaziale. Sotto suo suggerimento l'amica si reca da un gioielliere e sceglie un infimo anello sottilissimo, poi con un tranello ci spedisce il marito e glielo fa comprare. Un anno dopo il matrimonio la sua amica si sente abbastanza in confidenza col marito (sic!) per chiedergli un anellazzo più grande e tutti vissero felici, contenti e diamantati. Altra storia degna di nota è quella della giovane moglie del vecchio industriale costretta a mettersi dei gioielli da vecchia perché il marito si rifiutava di prendergliene altri.
 Sò problemi.
 Merita una menzione d'onore l'esilarante frase sull'agitazione in cui erano cadute le donne della sua famiglia nel dopoguerra:
 "Non a caso però quando in Italia scoppiò la psicosi del comunismo (ndcs. Non sono riuscita a capire se si riferisse alla psicosi del popolo italiano che votava Pci, o al terrore dei nobili che arrivasse il comunismo pure da noi) , chi possedeva qualcosa si affrettava a venderlo per paura di vederselo confiscare. La nonna stabilì che l'investimento migliore era il platino."
 Perché il platino? Avrebbe dato meno nell'occhio in caso di fuga dall'Italia in mano al soviet.

LA CUCINA:
 Due i nostri caposaldi: Alessandro Borghese e Csaba Dalla Zorza.
Un tempo i nobili mangiavano dolcetti, ora che è cool li fanno.
Prima era la plebe che cucinava, ora che fare lo chef è cool, i nobili hanno spodestato la sòra Lella dai suoi legittimi fornelli e se ne sono appropriati con forza.
Il primo, discendente di una gloriosa stirpe di papi che si starà rivoltando nelle tombe, ha deciso di piacioneggiare tra di noi rendendo la panzanella un piatto da brunch (visto coi miei occhi quando ancora disponevo di una tv). Nulla di male, anche perché nel suo trafficare tra mille programmi televisivi, il suo accento da borgata per niente Oxford ti fa pensare che non sei davanti all'ultimo dei marchesi improvvisati, ma a uno che potrebbe persino servire una bruschetta in un centro sociale, se volesse. Dico ti fa pensare, non che abbia l'effettivo coraggio di farlo, notare bene. Ma non è manco detto, il Marchese del Grillo ci insegna che costoro di tanto in tanto ameno mescolarsi al pueblo.
 La cara Csaba invece non sono riuscita ad evincere se sia veramente nobile o meno, anche perché, nonostante le mie ricerche, trovo solo straordinari muri di gomma, ma le mie prove indiziarie mi indicano che questa chef che non smette di ripetere "Amo Parigi" "W la Francia" "L'accademia Cordon  Bleu mi ha salvato la vita" e ti propone il giusto modo di far sembrare chic due servizi di porcellana spaiati, non abbia origini plebee.
 Il nome e il cognome: Nessun essere umano non nobile si chiama Csaba Dalla Zorza se non in possesso di genitori megalomani o nobili.
Ovviamente pubblica con le edizioni
Luxury Books
 Origini mysteriose: Nulla si sa di questa donna, se fosse nata e cresciuta in un ristorante lo sapremmo per certo. Sonia Peronaci di GialloZafferano non fa che mettere i manifesti su quanto sia stata influenzata da sua nonna che aveva 'sto benedetto ristorante, che è mezza nordica e mezza no, ecc. Se non parli hai qualcosa da nascondere.
Parigi: Nessuno squattrinato fugge a Parigi a ritrovare se stesso frequentando l'accademia Cordon Bleu (e ricordandocelo nel libro ogni tre righe).
 Cheap and chic: Il concetto di cheap and chic per i nobili e i ricchi in generale è molto relativo. Il ricco si ritiene cheap se non può comprarsi la borsa che vuole, se per un mese deve rinunciare a qualche uscita serale e soprattutto se ripete fino allo sfinimento che c'è la crisi e ci sono pochi soldi. Come confessa lei candidamente nell'introduzione dopo averci detto che sin da bambina ha nutrito un grande amore per il bello (alcuni pensate dicono persino fuori dal comune!) ci rivela che a 19 anni, sola e squattrinata, coi primi soldi invece di una borsa si era comprata una tovaglia di fiandra! Allora, io non so vuoi cosa fareste coi primi soldi, ma io non comprerei né una borsa né una tovaglia di Fiandra, li metterei da parte per il conguaglio della Tarsu e non perché mi manchi il senso estetico.
 Le ricette del libro sono anche carine, ma sono intervallate da lei che fa picnic coi figli, che compra formaggi con la borsa di paglia, che passeggia col marito alla ricerca di forchette nei mercatini. Senza contare questi interminabili spiegoni sulla sua vita che trovano un senso quando infine confessa che il suo vero desiderio era sempre stato di fare la scrittrice e finalmente lo aveva realizzato.
 Dite che qualcuno le spiegherà mai la differenza tra un libro di ricette e un romanzo?

Anche lei, come la gioielliera di lusso è sempre tanto felice, segno che ce l'hanno sempre raccontata come magra consolazione la famosa storiella che i soldi non danno la felicità. La danno eccome.

 (C'è da dire che son sempre meglio dei nobili che fingono di comprendere il mondo del pueblo. Prima rappresentante tra tutte quella Beatrice Borromeo che finge empatia con gli operai che fa sempre fico fingersi giornalista impegnata prima di passare all'adulta vita dorata).

lunedì 24 febbraio 2014

Lo slang bimbominkiesco applicato alla letteratura! Shipping dell'amor cortese, Pascoli over the top, Renzi che #stasereno e Harry Potter archetipo relazionale!

Lo so che questo film risale all'epoca mia, ma i miei scrupoli
morali mi hanno impedito di pescare l'immagine a caso di un
minorenne da google immagini.
Durante queste brevi vacanze invernali, parafrasando Foster Wallace, mi sono cimentata in una cosa divertente che non farò mai più, ossia sono entrata in una libreria accompagnata dalla mia sorella adolescente. 
 Molti anni fa, quando anche io facevo parte di questa allegra e insopportabile brigata posta sotto il nome di adolescenti (o adolesciiiienti, come trovo spesso scritto dalle loro stesse mani), ero torva, sfigata e mi vestivo male.
 C'erano già le bòne del liceo, le carine che tutti volevano e via dicendo, ma vuoi che eravamo cresciuti a cartoni giapponesi e non a telefilm americani, il delirio bimbominchiesco era ancora ben lungi dal venire perciò davanti al loro debordare mi trovo impreparata e inquieta.

Premetto una cosa fondamentale a questo post che vedrà l'applicazione di taluni paroli bimbominchiesche alla narrativa/saggistica:
 Quando un old parla dei ggggiovani cercando di capirci qualcosa non potrà che sbagliare e risultare ridicolo. 
 Io lo so già che questo mio post è pura antropologia gggiovanilistica, una specie di pubblicità progresso del governo che si ostina a spendere soldi in assurdi spot dove ti dicono che "non drogarsi è il vero sballo" (sballo miei cari pubblicitari del governo era una parola out già quando facevo le medie io). Ricordo ancora con orrore il linguaggio da finta ggggiovane che Delia Vaccarello usava nel pur bel libro "L'amore secondo noi", dove una mukka si rivolgeva ai genitori chiamandoli: "I brizzolati" (parola che quando ero giovane io non era manco out era direttamente preistoria).
Fine premessa.
Ecco una delle solite spaventose pubblicità
progresso.
 Comunque, l'esperienza è stata la seguente:
io e la sorella adolesciiiente entriamo in libreria nel disperato tentativo di spendere questa carta regalo donataci da nostro padre (dico disperato perché capisco tenere un catalogo al minimo sindacale per far posto ai best seller sui cupcake e l'amore a Parigi, ma almeno i classici si potrebbero continuare a tenere). Mio compito superiore era convincere la pargola a non comprare il nuovo libro dei "One Direction", ma qualcos'altro che potesse piacerle.
 E' stato non solo impossibile, ma praticamente incomprensibile. Qualsiasi cosa io proponessi era scudata da una serie di obiezioni del tipo: "E' da vecchi, mi annoia, ma che è sta robbba?". Tutto, persino i cupcake e l'amore eterno. Ho cercato di ammansirla con la sezione di horror per ragazzine represse in cui vampiri, licantropi, angeli e principi delle fate combattono all'ultimo sangue per la tremebonda protagonista (inspiegabilmente visto che il genere umano in genere continua a trovarla cessa a oltranza), ma anche lì ho scoperto che persino "Twilight" è superato: "Cioè Bella è una vera scema, io mi sarei messa col licantropo, ma poi bboh, perché fa un figlio subito?".
 Annegando nella disperazione ho proposto "Hunger Games" che è stato minimamente preso in considerazione, ma nulla ha potuto davanti al fantastico quintetto inglese. Dopo circa quaranta minuti di "Ma che è 'sta robbba?" davanti ad ogni mia proposta, siamo usciti con la seconda parte dell'autobiografia dei One Direction tra le mani. Tuttavia non è stato un pomeriggio sprecato: ho appreso molte parole fondamentali che gli adolesciiienti di adesso applicano ai libri e voglio farvene dono.

SHIPPING:

La nobile arte dello shipping un tempo si sarebbe chiamata follia morbosa, ma attualmente è molto in voga. 
 Trattasi della costruzione immaginaria di relazioni sentimentali tra due personaggi di libri/serie tv/manga/gruppi musicali/film/qualsiasi cosa. Lo shipping, come mi ha spiegato la fonte sedicenne, può essere persino tra una persona reale e un personaggio di finzione. Ci sono orde di ragazzine urlanti che ricostruiscono rapporti immaginari tra due dei One Direction asserendo che tramite l'interpretazione dei loro tatuaggi/vestiti/ammiccamenti, si può avere la matematica certezza che siano tragicamente fidanzati. Vi renderete facilmente conto da soli che tale cose apre le porte a infinite possibilità.
Vari sono gli esempi che la mia mente malata ha partorito:
1) Frodo Baggins e Sam Gamgee. Chi è che non ha mai shippato questi due? Si aiutano, si sacrificano, si dichiarano eterna amicizia in punto di morte, si lanciano l'uno nelle braccia dell'altro.Tolkien parlava di amicizia virile, ma (sarà che entrambi gli attori rientrano in un'iconografia gay ben precisa) ci ho sempre creduto poco.
2) Narciso e Boccadoro. Ho sempre pensato fosse una storia d'amore gay tra un asessuale e un tizio sessualmente confuso e mi sono sempre sentita una specie di deviata per questo, ma ora capisco che forse è non è solo un parto della mia mente,
3) Ulisse e Diomede- Achille e Patroclo. Shipping giustificato se non altro dalla bisessualità nel mondo antico, fornito di una meravigliosa mitologia promiscua dove tutti se la facevano con tutti senza troppi problemi. Inoltre, ricordo chiaramente come molti grecisti shippassero Achille e Patroclo grazie a una serie di infinitesimali indizi, per la serie chi è senza peccato scagli la prima pietra.
4) Lancillotto e Galeotto. Tutti si ricordano di Galeotto come quello che consigliò a Lancillotto come rimorchiare Ginevra (e il suo nome è rimasto simbolo di astuta mossa di aggancio), ma forse non tutti sanno che Galeotto aveva mosso guerra ad Artù finché una notte Lancillotto entrò nella sua tenda per convincerlo a cessare le battaglie. La mattina dopo Galeotto era non solo convintissimo, ma pronto ad allearsi con Artù. Vissero insieme mille battaglie, poi d'un tratto Galeotto decise di tornarsene un po' a casa. In quel periodo si sparse la voce che Lancillotto era rimasto ucciso e Galeotto, dal dolore, decise di lasciarsi morire d'inedia (e morì). Voi non li shippereste due così?
4) Mr Darcy/tutte le romantiche della terra: E' l'esempio più lampante e luminoso dell'incrocio "personaggio immaginario/donne reali" (seconda posizione va a "Edward/Teen Moms"). Alzi la mano chi non ha mai sentita una donna di mezza età/trentacinque anni e occhi a cuore, non dichiarare che costui è l'uomo perfetto, che magari esistesse, che dov'è, ti amo, vieni fuori, voglio sposarlo subito. Dobbiamo "Cinquanta sfumature di grigio" a queste adulte menti confuse. La James la concepì come una fanfiction di Twilight immaginandosi Edward sexy e focoso e lei nelle vesti di una ventenne vergine e anoressica (cessa per tutti tranne che per il ricchissimo figone di turno ovviamente),


FRIENDZONE: 
Provate a cercare su google immagini cosa esce
cercando Lily e Piton e spaventatevi.
Un tempo si sarebbe volgarmente chiamata "La regola dell'amico" (ve lo ricordate il buon Max Pezzali che vestito da provinciale lombardo ci cantava che con una donna con cui sei amico non farai niente, mai non vorrai, rovinare un così bel rapporto?) nel mondo globalizzato e inglesizzato è Friendzone.
Tipico caso di Friendzone, utilizzato come autentica espressione idiomatica è "No, non ci sarà mai nulla con X, mi ha friendzonato come Piton".
 L'amico Harry Potter, zitto zitto, è entrato nello slang di una generazione proponendo addirittura universali archetipi relazionali. Piton, sfigato prof di pozioni, era stato friendzonato dalla madre di Harry e non si era mai più ripreso da questo trauma (come un vero adolesciiiente). A quel punto la mia mente ha iniziato a viaggiare alla ricerca di altri friendzonamenti nella letteratura e subito ho pensato a quando Jo aveva inopinatamente friendzonato il povero Laurie per poi sposarsi con un vecchio, oppure quando Cyrano viene frienzonato (ma anche per sua colpa) da Rossana gettandolo nella disperazione e nella guasconaggine.

SCIALLA/STAI SERENO: 
Io boh.
 Temo che scialla stia passando di moda, ma per la regola del giovanilismo che fa arrivare alla generazione successiva lo slang non solo distorto, ma anche in ritardo di cinque o sei anni, ecco che Enrico Letta viene abbattuto dal giovane giovanilista per eccellenza, Matteo Renzi, a suon di #staisereno.  L'uomo che si propone sui giornali vestito inopinatamente da Fonzie per fare il figo e continua a ripetere che è giovane giovane, non ha resistito all'uso dello slang in modo arbitrario.
La mia fonte sedicenne asserisce che #staisereno non è neanche superato è proprio antico. Ma del resto da un tizio che cita la simpatica frase del suo confessore "Dio esiste, ma non sei tu rilassati" come regola di vita in "Matteo il conquistatore", cosa possiamo aspettarci? Mi ripropongo orribilmente di leggere uno dei suoi libri per capire se si tenta anche nella scrittura come giovane/vecchio.
 Nel frattempo nelle librerie è tornato il già citato "Tra De Gasperi e gli U2". Tremiamo.

PAROLE INGLESI RANDOM:
 
Pascoli in una strana posa bimbomikieggiante
Seguire una conversazione infarcita da "by the way" "over the top" "Ar fly" (questa è l'ingegnosa crasi romanesco/inglese: "Al volo") e via dicendo, rende una conversazione tipo con un adolesciiiiente, un'impresa linguistica.

 Tuttavia, sono abbastanza vecchionerd da ricordare la mia professoressa d'italiano piangere sul suo triste destino che le imponeva di spiegarci Carducci e Pascoli, mentre i suoi colleghi francesi, a quell'altezza di programma, potevano lanciarsi su Baudelaire. Per vendetta contro il ministero e la provinciale letteratura italiana, decise di proporci delle poesie alternative che, a suo dire, erano meno brutte. Ecco quindi spuntare "Italy", in cui Pascoli si proponeva l'impresa linguistica di scrivere nella lingua dei migranti italoamericani.
 La poesia, ovviamente, è una pascolata, ossia mòre qualcuno. La piccola Maria/Molly è tisica e viene spedita dall'America, dove i suoi genitori sono emigrati, a casa della nonna in Italia, per guarire. Qui le due non riescono a comunicare (io ho difficoltà con mia nonna paterna che viene da un'altra regione figurarsi queste due), ma si affezionano terribilmente l'una all'altra. Nell'ovvio finale la nonna muore tra atroci dolori.
 Ecco un pezzo del testo e ditemi se Pascoli non vedeva il futuro:
 "Sweet...sweet...ho inteso quel lor dolce grido
dalle tue labbra...e sweet uscendo fuori,
e sweet sweet sweet nel ritornare al nido""
In questa casa che tu bad chiamavi,

 black nera sì, dal tempo e dal lavoro 

son le loro case, là, sotto le travi 

di mota sì, ma così sweet per loro!"

Notiamo prego oltre alla presenza degli inglesismi anche i punti esclamativi a oltranza e i puntini di sospensione come se piovesse.
 "Poor Molly!Qui non trovi il pai con fleva!"
 Oh no, non c'era lì nè il pie nè il flavour
nè tutto il resto, ruppe in gran pianto
"Ioe, what means Nieva? Never? Never? Never?
Oh no, starebbe in Italy sin tanto 
ch'ella guarisse: one month or two poor Molly!"

Altro che Baudelaire, ormai superato dalla storia, Pascoli ritorna a sciabordare tra di noi con poesie degne di una fan dei Tokyo Hotel.

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.

domenica 16 febbraio 2014

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Forever young"!

Ed ecco la vignetta della domenica!! 
 Oggi il deus ex machina del delirio sono io in persona. Capita, di tanto in tanto, coi clienti che magari vengono più spesso di fermarsi in chiacchiere o peggio ancora di permettersi qualche confidenza. A me capita principalmente con gli anziani per i quali (se non molesti) ho un debole. Sarà che mi sembrano tutti mio nonno, sarà che li vedo arrancare faticosamente ma indefessamente, sarà che talvolta hanno persino educazione e maniere d'altri tempi, ma toccano le corde del mio tenero cuore.
 Per questo motivo ogni tanto mi parte una frase che farei meglio a tenermi per me, come quella di cui sotto. Meno male che probabilmente io ricordo loro qualche giovine nipote, perché non se la prendono mai.
Ps. Sia perchè finalmente rivò in ferie sia perché in realtà sono vittima di un'atroce tendinite non so quanto sarò produttiva la prossima settimana. Cercherò di postare qualcosa e principalmente di raccogliere le idee, per tornare col dente più avvelenato che mai! Buona domenica!



sabato 15 febbraio 2014

I dolori della giovane (non ancora) libraia! "Sapori latini"!

Ed ecco come al solito di sabato sera/notte la vignetta de "I dolori della giovane (non ancora) libraia". 
 Ritorna Pino Franzosi (che sì, noterete che è vestito come me, ma avendo lui all'epoca 27 anni veniva conciato a insegnare come la sua età gli dettava nonostante la calvizie precoce) e Lucia Picara, al solito completamente fuori posto.


Ps. Mi scuso se la vignetta sembra particolarmente spoglia, ma ho dei problemi diciamo di movimento..

venerdì 14 febbraio 2014

Consigli per San Valentino! Cosa regalare al bibliofilo che odia i libri d'ammmore, a chi pretende almeno un morto per parlare di passione e a chi crede all'amore eterno?

La beatitudine odierna di chi oggi festeggia convinto
San Valentino.
San Valentino, fiesta degli innamorati. 
Come ogni santa festività che dio o chi per lui manda in terra bisogna destreggiarsi tra i fanatici che comprerebbero tutto, addobberebbero tutto, cucinerebbero tutto, ammorberebbero (e ammorbano) tutti e quelli che invece tutto fa schifo, consumismo, la vita è altro, la vita è tragedia, manco so che giorno è oggi figurati se mi ricordo la festività.
Io sono per un giusto mezzo (anche se poi ammorbo la mia dolce metà, soprattutto sotto Halloween), non bisogna rompere le ovaie al prossimo con l'ultimo aggiornamento su quantosonofestaiola.it ma manco disincantare il mondo con la tirata menefreghista. C'è una festa festeggiamola, se non vi piace non c'è bisogno di piantare su tutti i social network la fatidica frase “Per me oggi è un giorno come un altro”. Ecco, se lo è, risparmiaci l'aggiornamento.
Detto ciò, il prevedibile post di oggi è sui libri per san Valentino. Un post che, mi rendo conto, avrei dovuto scrivere prima visto che ormai vi sarete armati di rose e torte (oppure di menefreghismo), ma vabbeh tanto c'è sempre qualche regalo romantico da fare, quindi tenetelo buono per ricicli futuri.
Premetto che: io leggo pochissimi romanzi d'amore. Peggio, io leggo pochissimi romanzi in cui l'amore ha una parte predominante, come possa accadere questo non lo so manco io, eppure accade et me excrucior.

Ecco perciò qualche consiglio a seconda del vostro partner:

IO TI AMERO' PER SEMPRE:
Coloro che credono nell'amore eterno. Tutti. Penso che anche quelli che nascondono cinque o sei divorzi o aspirano all'eterna scapolaggine, sotto sotto credono che prima o poi, da qualche parte, cercando sotto tutti i sassi, in ogni angolo della terra ecc. ecc. ci siano delle concrete possibilità di trovare la propria anima gemella.
 Allora, io ho cercato nelle mie vecchie letture delle storie d'amore degne di questo nome, ma ho faticato a trovare qualcosa degno di questo nome.
  Ho ripescato dalle mie letture passate due libri giapponesi (non a caso, visto che per un periodo ho letto tutto quello che veniva tradotto dal Sol Levante). Il primo è una sorta di horror: “Quando verrà la pioggia tornerò” di Ichikawa Takuji.
Takumi è un giovane vedovo completamente in balia di se stesso. L'autore non specifica mai quale problema abbia, ma soffre di una sorta di deficit dell'attenzione/altre limitazioni come un grande disagio ad allontanarsi dai luoghi a lui conosciuti. Quando sua moglie Mio muore, lasciandolo solo con un bambino piccolo (ma stranamente responsabile), il suo mondo crolla. Deve imparare ad andare avanti, a gestire una vita normale, cosa per lui faticosissima e a crescere un bambino. Una sola cosa gli consente di andare avanti: la promessa che sua moglie, prima di morire gli ha fatto: quando verrà la pioggia tornerò”. E misteriosamente lei torna davvero. E' più giovane e piena di vita, e di colpo la loro vita insieme riprende a girare. Ma come ha fatto a tornare? E sarà per sempre? E' una storia di fantasmi tipicamente giapponese, molto tenera e lieve, raccontata con grazia. Soprattutto l'inedito protagonista maschile, inerme e spaventato davanti ad una vita troppo grande per i suoi problemi, fa una grande tenerezza e dona a questa storia d'amore quel tocco in più che la rende diversa dalle migliaia di altre.
Il secondo libro, nettamente inferiore, ma sempre di grande impatto emotivo è “Gridare amore dal centro del mondo” di Kyoichi Katayama (il libro più venduto della storia in Giappone). Se volete stendere la vostra dolce metà per sempre, questo è l'ideale. Tragica storia tra adolescenti destinati ad un amore intenso e brevissimo. Piangerete come fontane e vi chiederete anche perché visto che la storia è scontata come non mai. E' un mistero glorioso, come l'amore.

IL/LA BIBLIOFILO/A:
Un vero bibliofilo generalmente non ama i libri d'amore, questo perché raramente si trovano in commercio libri che narrino davvero delle grandi storie senza che scadere nell'ovvio.
  Un modo per aggirare questi sordidi pregiudizi è proporgli delle storie d'amore realmente avvenute, per la precisione io mi sentirei di consigliarvi dei carteggi. Oggi ve ne propongo due. Il primo è “Lettere appassionate” di Frida Kahlo ed Abscondita.
Nella sua vita turbolenta, incredibilmente vitale, nonostante i malanni vari, tra le altre cose, scrisse varie amorose epistole, prima al suo first fidanzato (quello che la lasciò dopo il fatidico incidente partendo per l'Europa) poi a Diego Rivera. Non sono dei capolavori perché la Kahlo era un'ottima pittrice, ma non un altrettanto buona scrittrice, ma hanno sempre un loro romantico appeal.
Il secondo epistolario che vi consiglio davvero davvero davvero bello è invece “Lettere a Milena” di Kafka ed. Adelphi.
Milena Jesenkà
Kafka conobbe a Vienna Milena Jesenkà, sua traduttrice in ceco, una donna affascinante già sposata ad un letterato ebreo e se ne innamorò. Dal 1920 al 1923 i due tennero una fitta corrispondenza e si videro un numero sparuto di volte, tra cui un breve soggiorno a Vienna che aprì le cataratte dell'amore del povero Kafka. Le lettere non sono appassionate come quelle della Kahlo, (insomma siamo pur sempre nella Mitteleuropa), ma il destino infelicissimo di questa storia d'amore e il calibro degli autori, lo rende un carteggio d'amore bellissimo. Milena non lasciò mai il marito per Kafka (e Kafka lo sapeva e lei se ne pentì), non solo, ma morì in un campo di concentramento nel 1944. Accadde vent'anni dopo la sua storia con Kafka, ma la sua corrispondenza con lui, se non altro, non la consegnò mai all'oblio della storia e, dopotutto, questa è forse la più grande delle grazie dell'amore.
(Ci sarebbe anche un terzo epistolario, quello tra Eloisa ed Abelardo, il punto è che dovreste leggere solo le lettere di Eloisa, bellissime, piene di passione, d'amore, di coraggio. Abelardo vuoi la vecchiaia, vuoi che lo avessero evirato, risponde come un monolite di ghiaccio dicendo di pregare e di essere sorella in Cristo..).

FUMETTOSI PENSIERI:
Tratto dal blog Simple e Madama
Questa idea regalo è l'ideale da usare last minute, per fare un pensierino o da allegare a qualcosa di più grosso (che so, un diamante,  per far vedere che comunque alla cultura ci tenete, ok sto scherzando). 
Ultimamente anche grazie all'esplosione dei fumetti e delle strisce online stanno arrivando in libreria molti nuovi autori. La casa editrice Shockdom, per dire, ha iniziato a pubblicare un interessante catalogo pescando direttamente dai successi online (lato molto positivissimo: potete dare un'occhiata a ciò che state acquistando online e gratuitamente e in genere se vi appassionate potete scrivere direttamente all'autore, farvi mandare disegni originali, gadget ecc.). 
L'ideale per chi è in ammmore perduto ammmore è senza dubbio “Simple e Madama” di Lorenza di Sepio. Trattasi di brevi tavole su quel grande mistero che è la quotidianità.
 E' facile essere sempre in love se hai la famiglia dietro la porta che vuole ammazzarti e quella è la vostra ultima notte insieme, è semplice immaginare a come sarebbe stata perfetta la vostra vita se il vostro amore eterno non avesse sposato vostra sorella, quello che è complicato è non diventare amici/fratelli se ci si vede tutte le mattine in stati pietosi o si puliscono insieme i resti derelitti del cibo muffito in frigo.
Se anche voi avete un rapporto normale, i teneri “Simple e Madama” fanno al caso vostro!
In alternativa di breve, tenero e fumettoso, ci sono i due libri di Gus e Waldo, precisamente “Il libro dell'amore” e “Il libro del sesso”. Editi da Tea, sono opera di Massimo Fenati architetto prestato al fumetto, genovese, ma prestato da anni e anni a Londra.
 Due teneri pinguini si sentono soli soletti in un mondo in cui chiunque si ama alla follia, poi un giorno si incontrano ed è subito amore (o no?).

L'AMORE NON E' BELLO SE NON C'E' UN MORTARELLO:
Ci sono le persone a cui piace pensare che l'amore vero non solo sia eterno, ma eternamente tragico. Come diceva il personaggio della nonna nel film di Ozpetek “Mine vaganti”: gli amori eterni sono quelli impossibili. Se siete i fortunelli in coppia con una dolce metà che si strugge davanti a storie in cui gli amanti si gettano insieme nel burrone o uno muore in guerra e l'altra lo rimpiange in eterno o insomma qualche disgrazia viene a interrompere un idillio che altrimenti sarebbe perfetto foreva, ecco che ho per voi IL consiglio: “Un amico di Marcel Proust” di Philippe Besson. 
Allora ve lo dico, la storia d'amore è gaya. Tuttavia non ve lo sto consigliando per questo, ma perché, è in effetti, scritto con una tale poesia, uno struggimento, uno splendore che questo libro merita davvero una lettura.
Vincent è nato nel 1900, col secolo, ha sedici anni, i capelli neri, gli occhi verdi e la pelle bianchissima. Non gliene frega molto di niente, non ha morale, ma non è immorale, è impermeabile agli inganni della vita perché ce l'ha ancora tutta davanti. Tutti gli dicono che dovrebbe essere grato alla miracolosa nascita nel 1900 perchè, per pochissimo, sta evitando di essere arruolato nel primo conflitto mondiale. In qualche modo lui vorrebbe davvero accontentarli, eppure non gli riesce. Una notte, Arthur, il figlio di una delle domestiche (Vincent oltre a essere bello e amorale è pure ricco), torna per una licenza dal fronte. Non dice niente, la sua disperazione è tutto ciò che ha, e quando Vincent se lo trova in camera in piena notte capisce tutto e subito.
Quella è solo la prima delle loro pochissime ma intense e struggenti notti insieme.
 Perché si chiama “Un amico di Marcel Proust”? Perchè l'ha deciso il traduttore. Il titolo originale, molto più azzeccato era “In assenza degli uomini”. Tuttavia il vecchio Marcel fa le sue apparizioni. Vincent passa le sue notti con Arthur, ma di giorno conosce incidentalmente il grande scrittore che ne rimane completamente affascinato. Cosa accadrà ad Arthur e a Vincent?
Non ve lo dico, ma davvero, la scrittura meravigliosa di questo libro vale l'acquisto e vi farà fare col fidanzat* anche eterosessuale di turno, una gran figura.

Escludendo i fumetti, mi accorgo di avervi consigliato quasi solo storie di tragedia. Non so perché, mi risultava di avere un certo lato drammatico, ma da adolescente. Mah...




giovedì 13 febbraio 2014

Rieduchescional libraia: curiosità e stranezze della storia del libro. Gandalf santi, assassini e anche domatori del mostro di Lochness, libri mysteriosi e alberi punti da insetti. Perché la storia del libro è tutto tranne che noiosa!


Quando studiavo mi vedevo così. Ebbene sì.
Ed ecco il grande ritorno della neonata rubrica rieduchescional libraia!
Quando facevo l'università in molti pensavano studiassi robe talmente noiose che pur di non starmi a sentire quando ripetevo o magari parlavo di quello che si era fatto in aula ai rarissimi corsi che ho seguito, in molti avrebbero preferito mettersi a gridare e correre nella regione più vicina in esilio. Dopo il primo ingenuo anno di matricola, ho capito che era meglio sedare questi miei inquieti desideri e lasciare che lo studente di medicina continuasse ad ammorbarmi con le sue nozioni di anatomia e quello di giurisprudenza con terrorismi psicologici sempre nuovi sulle leggi che violavo anche solo innalzando il bicchiere. La selezione naturale delle facoltà era iniziata.
Con questo primo post di numerosi post sulle curiosità, stranezze e bizzarrie della storia del libro ho intenzione di vendicarmi del silenzio impostomi.


Siete pronti per questo libresco, forse non tutti sanno che a stampo librario? Si cominci!

LA NOCE DI GALLA:
Un tempo non esistevano le bic e fin qui nessuna novità, ma vi siete mai chiesti di cosa fosse composto l'inchiostro indelebilissimo che ancora permane sui manoscritti? No? Che strano! Ve lo dico io. 
 E' un composto di vetriolo, acqua, gomma arabica, ma soprattutto lei: la noce di galla. Che cos'è? Avete presente quando un'ape o una vespa vi pungono e vi viene un'epica bolla sulla pelle? Ebbene, la noce di galla è la bolla che viene alle querce quando un insetto la punge! Allora, che ad un albero potessero venire le pustole a me già sembrava assurdo, ma la cosa che mi sono sempre chiesta è: come caspita hanno capito gli antichi che era un ingrediente fondamentale per tirar fuori quel duraturo inchiostro conosciuto ancora appunto come ferro-gallico? A chi è mai venuta l'idea di mescolare una noce di galla con gomma arabica e altri reagenti?
Nota a margine: Gli arabi forse non hanno mai usato l'inchiostro ferro-gallico,  ne utilizzavano uno molto più antico e meno resistente, motivo per il quale i loro manoscritti sono infinitamente più delicati dei nostri.

IL CATHACH DI SAN COLUMBA:
Parliamo di San Columba di Iona, un personaggio che definire assurdo è molto riduttivo. 
 Costui che dovrebbe a mio parere essere il santo protettore di fotocopiatori e copisterie, era un monaco irlandese di nobile stirpe che apparteneva a quella generazione cristiana, ma ancora abbastanza sincretista. Diciamo che aveva le idee un po' confuse. Voglioso di copiarsi un salterio da tenersi tutto per sé, Columba di notte si copiava abusivamente la copia di San Finnian. Con una mano scriveva e con l'altra si faceva divinamente luce. Una notte venne scoperto e san Finnian se la prese a morte tanto che lo portò in giudizio davanti al re. Il re obbligò Columba a restituire la copia e quello se la prese così tanto che scatenò una battaglia in cui fece fuori mezzo esercito reale. Poiché gli irlandesi avevano ancora una visione semipagana del cristianesimo davano, come già detto, un valore molto particolare al libro in quanto oggetto. Ossia ritenevano che contenendo esso la parola del Signore, fosse alla stregua di un oggetto magico in grado di avere magici effetti. Perciò ecco che San Columba si lanciava nella battaglia brandendo una spada in una mano e il cathach nell'altra, convinto che esso fosse in grado di proteggerlo da ogni male. Columba vinse e per espiare i suoi peccati (aveva comunque fatto fuori un po' di gente) se ne andò in esilio a convertire. Il povero san Colombano, monaco irlandese che fondò importanti monasteri per mezza Europa, compreso quello di Bobbio in Italia, viene spesso confuso col suo focoso compatriota.
Nota assurda: Tra le altre cose attribuite a san Columba c'è anche quella di essere stato una sorta di Gandalf ante litteram. Secondo il suo antico biografo, un giorno mentre cercava di attraversare il fiume Ness, emerse un orrido mostro che lui sconfisse al grido di “Torna da dove sei venuto!”.
Il mostro, pare la prima apparizione del tenero Nessie, scappò e non se lo trascinò via come accadde a Gandalf. Lui era San Columba mica cavoli.

PERGAMO:
Resti pergamaschi.
Nell'uso comune attuale la parola pergamena indica o una carta di valore importante tipo “la pergamena della laurea” o una specie di rotolo mezzo bruciacchiato ai lati sempre presente nelle fantasiose illustrazioni di mondi medievali/fantastici. In realtà per pergamena si intendevano un tempo solo i fogli fatti di pelli d'animale ottenuti mediante conce laboriose che interrompessero il processo di putrefazione. Prendono il loro nome dall'antica città dell'Asia Minore, Pergamo (oggi Bergama, ridete pure), che non viene mai ricordata eppure era un fiorente centro culturale in grado di rivaleggiare con Alessandria. Proprio per questo motivo in realtà fu inventata la pergamena. Tentando il colpo basso infatti, Tolomeo V d'Egitto bloccò l'esportazione del papiro costringendo i pergamaschi (li chiamo io così) e il loro re Eumene II a inventare qualcos'altro e quel qualcosa fu la pergamena. Dalle mie rimembranze ho questo ricordo per il quale tutti i manoscritti che passavano e spassavano per Pergamo venivano momentaneamente requisiti per essere copiati e sistemati nell'ampia biblioteca. Fatto che sta che la biblioteca di Pergamo non la ricorda nessuno, ma in qualche modo sono rimasti nella storia.

MANOSCRITTI PALINSESTI
Per fare una pergamena ci vuole una pecora, per fare un libro ci vogliono tante pecore, per avere tante pecore ci vogliono tanti soldi, per avere tanti soldi bisogna essere ricchi...potrei parafrasare la canzone di Endrigo ancora per molto, ma per vostra fortuna mi fermo qui. Ebbene nel medioevo certo non erano molto animalisti, scuoiavano bestie, principalmente pecore e capre, per fare pergamene e da lì libri (vi darò anche questo particolare agghiacciante: i libri più pregiati venivano fatti con la pelle dei feti d'agnello o agnellini, venivano particolarmente bianche). 
Accadeva però che insomma non è che si avessero sottomano i soldi per fare strage di greggi, così i monaci prendevano vecchi manoscritti su cui dei loro simili avevano travagliato in passato e raschiavano via il testo per scriverci sopra. Tale era la potenza dell'inchiostro però che esso rimaneva impresso nella parte sottocutanea della pergamena pronto qualche secolo dopo ad essere riportato in vita da una qualche reazione chimica.
Tutto ciò potrebbe essere solo un gustoso aneddoto se non fosse che i testi che i monaci raschiavano via erano spesso le uniche copie di classici greci e latini. Il più famoso palinsesto in assoluto è stato rianimato dal fu Angelo Mai, sì proprio lui, l'uomo che tutti ricordiamo in quanto grazioso dedicatario dei “Sepolcri”. Rovinando foreva un manoscritto (qui ci sono grandi dissertazioni: è giusto rovinare un'opera per trarne un'altra opera?) a causa di un composto chimico, riportò però alla luce il testo originario che guarda un po' era l'unica copia sopravvissuta di parte del De Republica di Cicerone. In seguito se ne sono scoperti altri, anche doppi palinsesti (copia su copia), tra i quali un'opera di Archimede.

HYPNEROTOMACHIA POLIPHILI: 
Esiste un'edizione dell'Adelphi che riproduce il solo testo.
Letteralmente "Battaglia d'amore nel sonno di Polifilo". 
Avete presente “La nona porta”? Il film in cui Johnny Depp è una sorta di bibliofilo che deve venire a capo di un mistero legato ad un libro medievale che non si sa chi ha scritto né illustrato?
  Il film è tratto da un libro secondo me pallosissimo e filologicamente scritto un po' alla carlona “Il club Dumas” di Reverte e prende chiaramente ispirazione da questo incunabolo di cui ci son sopravvissute pochissime copie (io ho avuto l'onore di vederne una, splendida, è meglio per il vostro stomaco se non sapete chi possiede una delle altre due) e che rimane:
A) Fulgido esempio di composizione stilistica rinascimentale di un libro a stampa.
B) Un grande mistero.
Si sa che è stato stampato da Aldo Manuzio, ma non si conosce né l'autore del testo né dei disegni entrambi molto enigmatici. Il testo infatti parla della “battaglia d'amore nel sonno” di questo Polifilo che sogna la sua amata Polia, rapita e portata nel bosco da una serie di creature magiche. Il testo è alquanto oscuro poiché si comprende l'esistenza di un sottotesto iniziatico che però la mancanza di paternità della penna e la grande complessità simbolica non consente di decifrare.
Anche le stampe particolarmente chiare e pulite sono a sfondo esoterico, (Jung stesso vi ravvisò numerosi archetipi onirici), ma tutt'oggi sfugge l'interpretazione.
Se volete sollazzarvi e divertivi a fare Indiana Jones, ecco la scansione completa Hypnerotomachia Pholiphili. Oltre al film “La nona porta” di cui vi consiglio la visione (nonostante il pessimo finale) alla luce di questo collegamento, il manoscritto ha ispirato anche il libro “Il codice dei quattro” di Ian Caldwell e Dustin Thomason.

Allora, pensate ancora che la storia dei libri antichi sia una cosa noiosa? ;)



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