mercoledì 17 febbraio 2016

Piccole recensioni tra amici vintage! Due vecchi titoli che molto mi piacquero ai tempi dell'università e degni di essere riproposti: "Estranei" di Taichi Yamada, ghost story nipponica e "Il dolore secondo Matteo" Di Veronica Raimo.

 Se seguite la mia pagina fb, saprete che in questi giorni, presa da un attacco di nostalgia, ho selezionato tra i miei vecchi libri rimasti a casa dei miei genitori, sette tomi. 
Ho poi lasciato che sceglieste due titoli di cui avere la recensione (avete capito che attacco di interazione blogghesca che ho avuto?). 
  I vincitori, ma è stata una gara molto combattuta sono stati:"Estranei" e "Il dolore secondo Matteo".
  Hanno tallonato da vicinissimo "Viaggio al termine di una stanza" di Tibor Fischer e "Solitudini imperfette" di Andrea Mancinelli. Li avrei volentieri portati su per recensirli (devo ammettere che a distanza di anche una dozzina di anni devo rileggerli per bene prima di applicarmi), ma ero già in mulo style. Sarà per la prossima volta.
 Spiace solo constatare la volatilità dei titoli di narrativa. Ovviamente è una questione di tirature e numeri, ma l'obsolescenza dei titoli è davvero incredibile: temo che di questi quattro libri non ne sia rimasto mezzo in commercio. Le biblioteche e l'usato tuttavia aiutano, perciò non disperiamo a prescindere.
 Comunque bando alle ciance e diamoci a questo piccole recensioni tra amici vintage.

ESTRANEI di Taichi Yamada, Nord edizioni:
 Ultimamente faccio un po' fatica a leggere i libri di autori giapponesi.
 Sono stati una mia grande passione, ma il tasso di morbosità da sempre presente per carità nella loro narrativa è andato aumentando esponenzialmente finendo per diventare disturbante. Non capisco se è in atto una sorta di scuola di stile giapponese che sta portando i nipponici a seguire una corrente o se in Italia al momento traducono libri del genere. 
 Fatto sta che dopo aver iniziato e defenestrato l'ennesima storia inquietante a livelli megagalattici, ossia, "La cicala dell'ultimo giorno" (un tomo cicciuto su una tipa che rapisce la figlia neonata dell'amante), mi sono seriamente chiesta cosa ci trovassi un tempo negli scrittori del Sol Levante.
 Sul treno di ritorno da casa, per scrivere questa recensione, ho riletto "Estranei" di cui ricordavo la trama solo a grandissime linee, e mi sono ricordata quali erano le storie giapponesi che mi piacevano.
 "Estranei" è una ghost story semplice, pulita e lineare che senza ricorrere a particolari tensioni orrorifiche attira l'attenzione dall'inizio alla fine. Uno di quei sani horror in salsa giappa che per un periodo troppo breve sono anche andati di moda al cinema.
 La storia è quella di uno sceneggiatore tv di mezza età che vive solo in un enorme palazzo che di notte rimane deserto (gli altri appartamenti sono tutti uffici). La sua vita è bloccata in una sorta di limbo che non sa interpretare: ha chiesto lui il divorzio da sua moglie e ora patisce un'imprevista solitudine del distacco, il figlio non gli parla, gli amici non esistono. Il suo mondo si riduce alla solitudine abitata dello scrittore, fatta di lunghi periodi di isolamento e contatti col mondo rarefatti e sporadici.
 Una notte una giovane donna un po' strana bussa alla sua porta e il giorno dopo, nel quartiere di Asakus,a gli capita un incontro sconvolgente: i suoi genitori, morti poco dopo la guerra in un incidente, sono lì ad attenderlo, giovani e gentili come un tempo.
 Sono le allucinazioni di una mente stanca o i suoi genitori sono davvero tornati dal passato per rivivere con lui i momenti felici che gli erano stati negati?
 Una storia di fantasmi che racconta moltissimo della solitudine profonda che attraversa le vite di alcuni e le vite di tutti in taluni tratti. Come possiamo difenderci quando siamo più vulnerabili? Quando vorremmo solo vivere nei ricordi, al sicuro, tra i nostri rassicuranti fantasmi?
 Bello. Mi darò da fare per cercare altre storie così.

IL DOLORE SECONDO MATTEO di Veronica Raimo, Minimum Fax:
 Io, per esperienza tristemente personale, ormai sono abituata a pensare a gran parte dell'umanità come il famoso sepolcro imbiancato di evangelica memoria.
 Davanti a case, paesi, intere reti sociali fatte di sorrisi e case linde e perfette, famigliole felici e ineccepibili, ormai sto pur certa che c'è un retro che tracima ipocrisia e peccati taciuti.
  Non esiste nulla di perfetto e a mio parere è inquietante pensare che possano esistere situazioni in cui non avviene nulla che non sia stato previsto, in cui tutti sono perfetti come appaiono, e io l'ipocrisia la detesto.
 "Il dolore secondo Matteo" è interessante perché pone un elemento di disturbo a rivelare la povertà emotiva di un contesto borghese: una tecnica rivista, ma, a mio parere, sempre vincente.
 Matteo Carnevale è un giovane senza particolari aspirazioni e particolare empatia verso il prossimo. Da una parte la cosa lo rende molto freddo, da un'altra lo rende piacevolmente privo di qualsiasi forma di giudizio negativo verso gli altri. Vista dal suo punto di vista, la vita è un mondo molto triste in cui tutti sono estremamente preoccupati del giudizio altrui, fatto che condiziona le loro vite in modo tragico e ai suoi occhi, immensamente ridicolo. Nessuna delle persone che orbita attorno a Matteo si preoccupa di vivere nel modo  che preferisce, tutti seguono un copione scritto da altri: peccato che quel copione esista solo nella loro testa.
 Matteo è un impiegato di un'agenzia di pompe funebri che ha trovato lavoro grazie al fortuito incontro sul treno, col figlio omosessuale del proprietario.
  Tra i due c'è una vaga relazione che non prende mai davvero forma perché di tutti i personaggi, Filippo, è l'unica orbita effettivamente eccentrica dell'universo di Matteo: in alcuni momenti segue il famoso copione, in altri no. 
 Tutti gli altri, i genitori di lui, la madre di Matteo e la sua improvvisa amante, Claudia, sono tutti ridicoli.
 Claudia sta per sposarsi senza essere innamorata del fidanzato e cerca di sentirsi speciali dandosi a pratiche erotiche che pratica solo superficialmente (il bdsm alla 50 sfumature per capirci), la madre di Filippo rimpiange la sua mai decollata carriera di cantante, il padre vuole solo che l'immagine perfetta della trophy wife e del figlio gay (di cui non si vergogna, ma che insomma deve sistemarsi), rimanga tale. La scrittura è molto pulita, molto stile Minimum Fax.
 Alcune frasi mi hanno lasciato un po' perplesse nel loro tentativo di poesia non molto compiuta, insomma non c'è sempre bisogno di tentare la metafora a effetto, ma l'insieme trova il mio pieno consenso: il mondo è molto ipocrita e se ce ne accorgessimo, soffriremmo tutti decisamente meno.

Ps. Vi informo che mi ci è voluto tutto e dico tutto il mio autocontrollo per scrivere questo post. E' da stamattina che mi sono alzata che l'unica cosa che mi va di fare è distruggere casa causa ennesimo rinvio delle unioni civili.

3 commenti:

  1. Piena solidarietà per la legge sulle unioni civili. Il nostro è un parlamento lento e si sa, fare una legge di qualsiasi tipo in Italia è complicato e si sa - ma questa si trascina dietro un tale esasperante sciocchezziario che davvero non vedo l'ora che la facciano e amen. Mi figuro che strazio sia per chi è coinvolto direttamente, come te.
    La stopria di fantasmi giapponese però provo a cercarla in biblioteca, sembra interessante ^__^

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    1. Mah guarda l'amarezza è tale che non ho più parole. Non frega niente a nessuno degli altri, l'importante è portare sempre acqua al proprio mulino, la solidarietà sociale 'sto paese se l'è dimenticata ed è per questo che sta affondando. Non siamo più capaci di guardare al bene degli altri, a quello comune, stiamo sempre lì a contarci il nostro, i nostri voti, la nostra purezza, le nostre convinzioni. Vedersi usare come carne da macello per i giocarelli di gente imbecille al potere francamente mi fa sentire come quel personaggio di Persepolis della Satrapi che ha la sua vita in balia di un funzionario del governo che non capisce una mazza e fino a prima della rivoluzione era un tizio x. Preferisco chi è omofobo, ma coerente a quelli che fanno pure i duri e puri. Mi pare una presa in giro inaccettabile. Per la serie: mi hai preso per cretina?

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  2. Lessi "Estranei" qualche anno fa, è davvero una bella storia di fantasmi, che ha anche una parte molto dolce e struggente - mi riferisco all'incontro del protagonista con i suoi perduti genitori in uno scarto temporale - mentre la trama principale è anche essa bellissima. Purtroppo di Yamada credo che esista solo un altro libro tradotto, "Una voce lontana". Un altro autore giapponese noto per i suoi libri "soprannaturali" e che ha scritto un bellissimo racconto di fantasmi è Suzuki Koji (famoso per "Ring"). A me è piaciuta moltissimo la raccolta Dark Water, dal racconto che da titolo al libro sono stati tratti ben due film, uno giapponese ed uno americano. Quello americano, con una fantastica Jennifer Connelly ed un interessante Tim Roth mi è piaciuto molto, ma il racconto e gli altri di questo libro valgono davvero la pena, l'autore è davvero fantastico. Dato che ci sono, colgo l'occasione per dire che anche per Ring, il racconto originale supera di gran lunga l'effetto che hanno fatto tutti i film che ne sono stati tratti. E' proprio come viene raccontata la storia ad essere interessante, e fa altrettanta paura. Chiunque sia appassionato della narrativa di Stephen King può capirmi. Si tratta di autori le cui parole riescono a suscitare nella tua testa immagini e sensazioni di un livello ed una qualità tali che un film può solo banalizzare.
    Mi dispiace invece che non ti sia piaciuto "La cicala dell'ottavo giorno". Io ammetto di aver visto il film giapponese prima di leggere il romanzo, e forse ero un pò suggestionata, ma la storia mi è piaciuta molto. Da anni sono interessata alla letteratura giapponese, e quando esce un autore mai pubblicato mi precipito a leggerlo. Mi piace molto Yoko Ogawa e non so se hai letto "Profumo di ghiaccio", è una storia che potrebbe avere quei toni di malinconia e coinvolgimento che forse stai cercando. E ripropongo con convinzione "Dark Water", di Suzuki Koji...

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