Ed eccomi, di ritorno dalle vacanze in Portogallo, un posto meraviglioso di cui vi darò conto, anche se questo non è un blog di viaggi lo so, in alcune prossime "cartoline dal Portogallo" sulle cose più strane e belle fatte e viste in Lusitania.
Ricomincio almeno per questa settimana (causa super mega big surprise che presto saprete)
un po' a rallentatore, ma ho riservato per questo ritorno dalle ferie
un'intervista davvero speciale, quella ad Antonio Serra, uno dei tre
storici creatori di "Nathan Never" il fumetto di fantascienza di maggior successo della storia italiana.
Più appassionata di Dylan Dog, non l'ho mai seguito con regolarità, ma il caso (e la mia amica Veruska) hanno voluto che conoscessi Antonio che è una persona gentilissima e deliziosa, nonchè un raro esempio di quel misconosciuto mestiere che è lo "sceneggiatore di fumetti" di un genere che, tra l'altro, sta anche scomparendo, quello della lunga serialità.
Per chi (chi?) non conoscesse Nathan Never, una delle creature più longeve della Bonelli, faccio un pratico riassunto.
All'inizio degli anni '90, Antonio Serra, Bepi Vigna e Michele Medda (tutti sardi e soprannominati appunto "il gruppo dei tre sardi") ideano per la Bonelli (per la quale già lavoravano come sceneggiatori) il personaggio di Nathan Never, il primo fantascientifico della casa editrice.
Nathan Never è un uomo sulla quarantina dal doloroso passato che lavora per un'agenzia privata a metà tra polizia mercenaria e investigazione in un futuro fortemente tecnologico e abbastanza distopico.
Le sue avventure mescolano molti elementi tipici della sci-fi, dalle distopie politiche e tecnocratiche ai viaggi nel tempo e nello spazio, immettendo spesso quegli elementi di critica sociale che hanno reso la miglior produzione fantascientifica degna (se non, a mio parere, superiore) a quella della letteratura di livello.
Ma cosa legge, come si forma, cosa sogna e cosa consiglia a chi vuole intraprendere il suo stesso mestiere, uno sceneggiatore di fumetti di successo?
Preparate un quadernino degli appunti perché vi verrà voglia di leggere parecchi libri alla fine dell'intervista.
Siete pronti? Let's go!
Cosa leggevi da
bambino?
Premetto che sono stato
un bambino molto precoce, a 5 anni già leggevo.
Fumetti, gli Albi
della Rosa che successivamente sono diventati gli Albi di Topolino e
all'epoca contenevano una sola storia o due più brevi.
Si trattava di storie
classiche di Topolino, Paperino, spesso di Carl Barks, ed erano
stampate al risparmio, quindi avevano questa particolarità per cui
una pagina era a colori e un'altra in bianco e nero, alternate.
Poi ho iniziato a
leggere libri molto presto.
Avevo questa maestra
alle elementari che non ci dava dei compiti per le vacanze, ma prima
della chiusura arrivava con una ventina di libri a scuola, li metteva
sulla cattedra e ce li faceva scegliere.
Uno di questi, aveva un
razzo in copertina. Era “Dalla terra alla luna” di Jules Verne e
avrei voluto prenderlo subito.
Solo che io non sono
molto competitivo e non mi sarei mai alzato per primo, così sono
rimasto al banco pregando che il libro rimanesse per ultimo.
Rimase proprio quello e
l'evento avrebbe dovuto già suggerirmi qualcosa riguardo al mio
futuro. Avevo sei anni.
Dopo Verne, visto che
gli adulti mi vedevano appassionato, tentarono di regalarmi Salgari,
ma da bambino mi annoiava terribilmente. Penso che risulti più
divertente superata una certa età, se ne apprezza lo spirito e anche
la ripetitività “professionale”.
Invece Verne sì, mi
piaceva tantissimo, perché univa le mie passioni per le avventure e
il cosmo.
Bisogna tener presente
che erano anni molto particolari, in cui si andava effettivamente
sulla luna, si trepidava per le sorti degli astronauti, c'era la
corsa allo spazio, un mondo che non esiste più.
Poi un giorno successe
una cosa.
Mio padre (abitavamo a
Cagliari) andava ad una libreria che era esattamente dietro l'angolo
di casa mia. Facendo la cresta sulla spesa, appena raggiungevo 100
lire, mia madre mi permetteva di andare in libreria da solo.
Un giorno entro in
questa libreria e chiedo un libro di Verne di questa collana per
ragazzi diffusa all'epoca, Topobiblo. Ma non l'avevano.
Mi dissero
però che l'avevano “in edizione integrale”... e lì ho scoperto
una terribile verità: fino a quel momento avevo letto solo le
riduzioni per ragazzi. Così, pian piano, ho ricomprato e riletto
TUTTO.
Oltre a Verne, mi
piacevano Rodari, Calvino e in generale tutte le cose che avevano un
risvolto fantastico.
Mio padre, che viaggiava molto, leggeva
tantissimo: un libro nel viaggio d'andata e uno in quello di ritorno.
Non amava molto i polizieschi, ma
leggeva tantissimi Urania, anche
perché aveva fiducia in Fruttero e Lucentini che erano i curatori
della collana.
Così iniziò a
selezionare degli Urania adatti a me.
Il primo fu “Sparate a vista
su John Androki”. Non ricordo assolutamente niente del romanzo, se
non la copertina che ricordo tuttora alla perfezione.
Mi accorgo che
il libro (era comunque sui viaggi nel tempo) mi entusiasma e ne
chiedo ancora e mio padre passa direttamente ad Asimov e non rimane
deluso.
Ero un lettore
voracissimo, leggevo anche uno o due libri al giorno, avevo iniziato
a comprare anche i gialli Mondadori, quelli per ragazzi (I Tre
investigatori, gli Hardy Boys) ma evitavo Nancy Drew, che immaginavo
“per ragazze”.
Peccato. Avrei fatto bene a leggere anche quelli!
La scoperta della
letteratura diciamo così “vera” è più tarda.
Leggendo Agatha Christie
che scriveva non tanto gialli, quanto storie vere e proprie, scopro
che esiste un modo di raccontare le cose che si differenzia dagli
altri, l'esistenza dello stile.
Ed è una differenza fondamentale.
Prendiamo Asimov, ad esempio, aveva idee straordinarie, ma lo stile
del racconto non è all'altezza delle sue idee.
Così inizio a
saccheggiare di tutto e costruisco un discorso che passa per la
fantascienza, ma vira anche verso altri contenuti.
Ci sono degli
scrittori o dei libri di fantascienza che ti sentiresti di
consigliare?
Do consigli partendo dal
presupposto che il lettore potrebbe non conoscere nulla del genere di
cui parliamo.
Perciò:
Sicuramente Asimov. I
primi quattro libri del ciclo della Fondazione.
Verne, “Dalla terra
alla luna” e “Ventimila leghe sotto i mari”, grande capolavoro.
Non sono mai riuscito ad
appassionarmi a Philip Dick. L'ho beccato da ragazzo e l'ho trovato
confuso, ho provato a rileggerlo da adulto, ma non è riuscito
comunque ad appassionarmi. Non dico che non abbia valore, attenti,
solo che non è riuscito ad averne per me.
Moorcock? A lui sono
arrivato per vie traverse. Iniziai a comprare fumetti e tra questi
Conan. A un certo punto la Marvel decise di far sceneggiare alcune
storie di Conan a Moorcock, il quale cedette i diritti di Elric (il
protagonista della sua saga ndr) per fare un assurdo crossover, Elric
vs Conan, che nonostante la sua follia mi piacque molto e mi permise
di scoprire un nuovo autore. Ammetto però di aver letto pochissimo.
Mino Milani. Un genio.
Del fumetto e della letteratura. I romanzi di Martin Cooper erano per
me fonte di emozioni anche “perturbanti”. Mi facevano persino
paura.
007. Lo spionaggio è
un'altra mia grandissima passione. Mio padre mi portò a vedere i
film al cinema e da lì scoprii Fleming che mi aprì una nuova
gigantesca finestra narrativa. Non è proprio fantascienza, ma come
non citare il calamaro gigante che appare nel romanzo “Doctor No”?
Mark Twain. Incredibile.
Anche quando non scrive storie “fantastiche”...
Conan Doyle. Avevo letto
ovviamente i racconti polizieschi e mi erano piaciuti, poi dopo che
mi era capitata tra le mani una sua biografia, ho scoperto “La
Compagnia Bianca” e “Sir Nigel” (romanzi di ambientazione
storica ndr) e scoprii che la sua produzione di romanzi storici è
ancora migliore. Ma “Il Mondo Perduto” resta un riferimento
imprescindibile per chi è appassionato di letteratura fantastica.
Michael Crichton. E'
l'ideale dal punto di vista del mio mestiere perché è riuscito a
fondere nei suoi romanzi il fantastico all'ambientazione realistica,
il tutto sostenuto da una documentazione precisissima. Si considerava
il Verne moderno e, secondo me, aveva ragione.
Cosa ti piace
leggere adesso?
Ultimamente mi sono
appassionato ai saggi storici.
Io non ero un ragazzo particolarmente
studioso, anche perché ero uno di quelli a cui bastava ascoltare per
ricordare la maggior parte delle cose, quindi era sufficiente stare
attento in classe e il gioco era fatto.
Anche per questo mi sta
affascinando leggere molto libri di storia che, tra l'altro, danno
una visione molto diversa dei fatti del passato che avevo studiato a
scuola perché molte opinioni sono cambiate, le contestualizzazioni
migliorate.
Ad esempio mi è molto
piaciuto, nella collana Grandangolo, “La guerra del Peloponneso”,
che dà un'ottima interpretazione della dicotomia noi-loro, dove per
loro intendo quelli che son vissuti nel passato, diversi da noi
culturalmente e tecnologicamente.
Per il resto, compro
spesso sugli aeroplani, un'altra passione che ho sempre avuto. Mi
interessa tutto: dai modelli ai libri sulla seconda guerra mondiale
di cui per fortuna c'è una bibliografia inesauribile.
E per concludere sto
acquistando vari libri scientifici di cui, lo ammetto, capisco poco,
ma trovo molto intriganti.
Tu sei uno
sceneggiatore di fumetti, una professione poco esplorata in Italia,
dove i disegnatori in genere sceneggiano anche le loro opere. Qual è
stata la tua preparazione?
Dunque, ho frequentato il
liceo classico, ma ho sempre avuto la passione per la fantascienza,
quindi ho dovuto, gioco forza, costruire storie fantascientifiche
usando un approccio umanistico.
In molti romanzi di FS i personaggi
sono costruiti in funzione della trama, io ho cercato di costruire
dei personaggi che uscissero da questo schema e fossero maggiormente
complessi e sfaccettati. Non so se ci sono riuscito, ma questo era
l'intento di molte mie storie.
Da questo punto di vista
le storie di spionaggio sono, secondo me, la combinazione perfetta:
tecnicismi e trame molto complicate che però devono essere
giustificate da profonde motivazioni psicologiche da parte dei
personaggi.
Tu sei sardo, e
molti artisti rivendicano questa appartenenza con forza, sottolineando quanto provenire dalla Sardegna sia un
tratto irrinunciabile della loro formazione.
Anche
per te è così? Ci sono degli autori sardi che ti hanno influenzato?
Ho letto ovviamente
molti testi di scrittori sardi, a partire dal drammatico “Padre
padrone” di Gavino Ledda.
In generale li leggo volentieri perché
appunto parlano di “cose sarde” e, benché non ci viva più da
trent'anni, mi riconosco sempre.
Potrei dire che gli
autori sardi non mi hanno influenzato, ma la sardità sì.
I personaggi di Nathan
Never hanno, ad esempio, quell'isolazionismo e quella finitezza che
sono parte integrante dello spirito di chi è cresciuto in un'isola.
La sardità colpisce,
più che nello stile, nelle intenzioni stesse della scrittura... sei
sardo, non puoi fare altrimenti.
Sogno di tornare in
Sardegna, ma mi rendo conto che vorrei tornare in una Sardegna più
ideale che reale.
Vorresti o
scriverai mai un libro?
Ogni anno arrivano degli
editor che mi propongono di scrivere un libro. Non dico che non mi
piacerebbe, ma ci sono due problemi:
Ci vuole uno stile,
bisogna saper scrivere e io dubito di saper scrivere un libro-libro.
Non so di cosa
scrivere. Dovrei avere qualcosa da dire oltre i fumetti... qualcosa
che evidentemente non ho.
Che consigli
daresti ad un aspirante sceneggiatore di fumetti?
Di non farlo.
Ma se proprio deve
farlo, di tener presente che in Italia è molto complicato. Vivendo
in un mondo globalizzato, se si conoscono un minimo le lingue, mi
rivolgerei agli Usa o alla Francia.
Se proprio deve farlo in Italia, può proporsi alla Bonelli o alle piccole o medie case
editrici che però, a meno che tu non sia Zerocalcare o Leo Ortolani,
hanno budget molto molto molto limitati.
Ci sono ovviamente le
dovute differenze tra le due cose.
La Bonelli è una casa
editrice professionale che paga in modo dignitoso, ma gli spazi per
scrivere si riducono sempre di più perché si sta tendendo a ridurre
la lunga serialità per prediligere serie da pochi numeri, 6-8
puntate. E difficilmente accetta proposte “esterne”. Bisogna
scrivere i personaggi già editi.
Le piccole case editrici
offrono magari maggiore libertà creativa, ma purtroppo compensi
spesso molto risicati se non assenti del tutto. Ma possono comunque
far conoscere il tuo lavoro. E, in questo caso, devi presentarti con
un disegnatore al seguito. Di fatto, si vendono i disegni, non le
sceneggiature.
Per il resto, scuole di
sceneggiatura di fumetti vere e proprie non ce ne sono. Molti vengono
da scuole di scrittura, come la scuola Holden, nella quale ho
insegnato, o hanno studiato altri tipi di sceneggiatura,
cinematografica e televisiva, che comunque sono cose molto diverse.
Lo dico anche dopo aver
partecipato alla stesura di una serie TV di cui non citerò il
titolo, un'esperienza surreale che è anche finita in modo ancora più
strano perché, andando male gli ascolti, alla fine la produzione ha
concentrato il doppio delle puntate nella metà del tempo e quella
che avevo sceneggiato io l'ho trovata sparsa e tagliuzzata qui e lì.
Cosa stai leggendo in
questo momento?
“Il passeggero del
Polarlys”, un romanzo giovanile di Simenon, costruito come il
classico “delitto della camera chiusa”, ambientato su una nave
mercantile in viaggio verso la Norvegia funestata da eventi
misteriosi. Personaggi splendidi, figure messe lì con quattro
pennellate e tratteggiate magnificamente.
Un bel saggio di
Francesco Cassata, “Fantascienza?”, sui racconti a tema
fantascientifico di Primo Levi.
“Il mistero di
Tucidide” di Canfora nel quale il mistero della doppia, e in
entrambi i casi plausibile e veritiera, biografia dello storico
greco, viene trattata come un giallo e si risolve addirittura con un
colpo di scena.
“Viva il Latino” di
Nicola Gardini, sull'importanza della nostra “lingua madre”,
decisamente interessante e ricco di ragionamenti emozionanti sulla
funzione di una lingua e delle sue modalità espressive.
“Viaggio nella paura”
di Eric Ambler, un classico dello spionaggio, una scrittura
brillantissima.
Infine mi hanno
consigliato “The Martian” (“L'uomo di marte” ndr) di Andy
Weir e sono molto curioso di iniziarlo...
Quanti libri vi è venuta voglia di leggere? Io ho puntato Cassata e un bel po' di Verne, di cui sono colpevolmente carente.
Ringrazio ancora Antonio per la sua disponibilità e gentilezza, grazie grazie grazie.
Ps. Il mio pensiero va oggi ai cittadini del centro Italia (che è anche casa mia). Ce la farete (e ce la faremo tutti insieme), siamo il cuore dell'Italia.