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venerdì 30 gennaio 2015

Piccole recensioni tra amici! Tre autrici (scelta completamente casuale) che non hanno niente in comune tra loro: i racconti della Ogawa, i cuori solitari della McCullers e gli orrori piccolo borghesi della Pineiro!

E' l'ora di distribuire stelle sbrilluccicanti
In questo venerdì che promette neve è il momento di rispolverare la rubrica "Piccole recensioni tra amici".
 No, essa non è morta come le sue illustri precedessrici (che comunque possono sempre tornare), ma è qui e lotta insieme a noi. 
 Questa volta non c'è nessun filo conduttore, se non il fatto, completamente casuale, che le autrici sono tutte donne.
  Io non faccio praticamente mai caso al sesso degli autori (so che alcuni, soprattutto in alcuni settori come il fantasy e la fantascienza che pare vengano considerati ancora settori in cui non è detto che tu possa fidarti di una donna), ma guardo solo le trame, perciò non vedeteci robe femministe o cose tipo "le donne leggono solo le donne" che non esistono.
 Io leggo tutto e tutti e tutte e tutt*, basta che il libro sia buono.
 E dopo questa ondata di puntualizzazioni non richieste, via al maggggico mondo delle stellette!


"TUA" di CLAUDIA PINEIRO ed. Feltrinelli:
Molti anni fa, vidi un film, il cui titolo "Sex crimes" non rendeva onore alla trama. Iniziava infatti con un'accusa di molestie sessuali da parte di una studentessa al suo professore e vedeva un ribaltamento della trama e dei colpevoli ogni cinque minuti di pellicola. Lo stesso colpevole di tutta la storia infine si scopriva solo nei titoli di coda.
 Io leggo pochi gialli e generalmente corti, anche perché, ho notato, che la lunghezza in un giallo è spesso sintomo di inutili contorsioni linguistiche. "Tua" sotto questo punto di vista è praticamente perfetto, asciutto ed essenziale, ha inoltre un altro pregio gigantesco: non ha un solo grande colpo di scena finale. Ne ha almeno una dozzina. Inizia come un dramma piccolo borghese, di una donna che scopre una nefandezza del marito e a insaputa dello stesso, costruisce una montagna di bugie per proteggerlo, e finisce in un modo inimmaginabile. 
 Descrivervi il resto della trama è impossibile perché sarebbe spoiler qualsiasi cosa. Vi basti sapere che è perfetto per un viaggio non troppo lungo: avvincente, leggero nel peso, non troppo lungo, assorbirà completamente la vostra attenzione.
 Tre stellette  (tenete presente che volo basso con le stellette).

"IL CUORE E' UN CACCIATORE SOLITARIO" di CARSON McCullers ed. Einaudi:
  Carson McCullers, lo confesso, mi era nota solo per essere stata innamorata della bellissima e difficilissima Annamarie Schwarzenbach.
 Tuttavia, dopo aver appurato che si trattava di una delle scrittrici americane più importanti del secolo scorso, ho deciso di prendere questo libro che ha scritto alla stupefacente età di 23 anni. 
 Dico stupefacente perché è incredibile non solo la padronanza della struttura e la bellissima scrittura, ma anche la profondità con cui la McCullers descrive delle situazioni terribili. Il libro, ambientato in un paesello nel sud degli Stati Uniti, negli anni '30 durante la segregazione razziale, descrive il destino di alcuni personaggi che in qualche modo cercano di non soccombere al destino che è stato stabilito per loro. C'è la ragazzina intraprendente che sogna di diventare compositrice, ma viene da una famiglia poverissima e numerosa che ha bisogno delle sue braccia, il sordo che ripara orologi vivendo nel ricordo del suo migliore amico, sordo anch'esso, rinchiuso in un manicomio da anni, il proprietario di un locale dove tutti vanno a bere, che lavora come un mulo, ma cerca di vedere sempre il meglio nel prossimo, e, infine, la storia più straziante: quella del medico di colore, che ha studiato come un pazzo per anni cercando di crescere i suoi quattro figli (a cui ha dato nomi altisonanti, come Marx e Portia) perché riuscissero ad elevarsi dalla miseria e dall'inciviltà, fallendo miseramente.
 Tutti questi personaggi si incrociano tra di loro non in modo artificioso, come succede spesso, ma come le classiche persone che si conoscono di vista in un paese. Sanno tutto gli uni degli altri, ma non possono e non vogliono interferire. Il loro punto di raccordo è l'uomo sordo, in cui tutti credono di trovare una muta comprensione che, in realtà, non esiste.
 Saranno due tragedie tanto terribili, quanto evitabili, a indurre all'obbedienza del mondo, queste quattro anime timidamente ribelli.
 4 Stellette piene piene.

"LA CASA DELLA LUCE" di Yoko Ogawa ed. Il Saggiatore :
Yoko Ogawa è una delle rari autrici giapponesi (ora stanno aumentando, ma quando ero adolescente mi toccava fare il giro delle sette biblioteche per mettere insieme un po' di libri nipponici decenti), abbastanza tradotte in Italia. Misteriosamente fino a qualche mese fa, però non avevo mai letto di suo, trovando i suoi libri già dalle quarte di copertina al limite dell'inquietante.
 "La casa della luce" però prometteva bene: erano tre racconti, quindi al massimo, potevo abbandonare l'impresa dopo il primo. Invece l'ho trovato davvero interessante.
 Il primo racconto, che avevo già letto in un'antologia molto vecchia, "Le rose del Giappone" (era una vecchissima collana della E/O che prevedeva raccolte di racconti scritti da donne divise per paesi del mondo, molto interessante perché raggiungeva zone praticamente ignote tipo Maghreb o Israele), parla della gravidanza della sorella maggiore vista da una morbosa sorella minore. Ben lungi dal considerare la nascita di un bambino come il miracolo della vita, la protagonista descrive i mutamenti fisici e soprattutto gli altalenanti gusti gastronomici della sorella (che a un certo punto finisce per nutrirsi di chili di marmellata al melone) come un horror. Una prospettiva interessante. 
 Il terzo racconto invece descrive i sentimenti e le meschinità che nascono nel cuore di una bambina i cui genitori gestiscono una sorta di orfanotrofio. Sentendosi in qualche modo poco considerata e non sopportando più di dividere i genitori con decine di estranei sempre nuovi, finisce per compiere azioni spaventose su una bimba tenerissima. E' molto crudo, ma incredibilmente realistico e soprattutto non cede a nessun buonismo o facile spiegazione.
 Ma è il secondo racconto che è, secondo me, un piccolo capolavoro. In poche decine di pagine la Ogawa riesce a racchiudere un intero film horror: una giovane donna in procinto di trasferirsi riceve la visita di un suo lontano parente che ha deciso di studiare in città. Non avendo egli molti soldi per l'affitto, lei gli consiglia un vecchio dormitorio ormai caduto in disgrazia dopo la scomparsa di uno studente. Lo gestisce uno strano affascinante uomo, senza braccia e con una sola gamba che man mano si frappone, col passare dei mesi, tra la donna e il suo giovane parente, sempre più introvabile. 
 Se volete passare una serata inquietante e disturbante il giusto, questo è il libro giusto. Altro che film horror.
4 belle stellette

Non ho stroncature in questo caso perché boh, non è capitato, ma hai voglia a stellettare!
 E voi avete letto qualcuno di questi libri? Siete in d'accordo o disaccordo? Testimoniate!

giovedì 29 gennaio 2015

Bellissimi libri per bambini che fanno piangere gli adulti. Tra libri volanti, vento impetuoso, nonni e neomamme, forse solo la narrativa per ragazzi riesce ormai ad andare al cuore delle cose e ad aprire il nostro.

Come saprà chi segue regolarmente il blog non recensisco molto spesso libri per bambini, il ché, lo ammetto, da parte mia è abbastanza indegno e vergognoso per vari motivi:
1) A livello illustrativo i libri per ragazzi ormai sono praticamente l'ultimo barlume di speranza e sperimentazione. E' vero che adesso la sezione dei fumetti sta vivendo una particolare stagione di gloria, ma le illustrazioni all'interno di libri normali, romanzi per capirci, sono ormai diventate una rarità, come se inserire (come ad esempio è stato fatto in "Sonno", racconto di Murakami edito da Einaudi con illustrazioni di Kat Menschik questo Natale) immagini fosse ormai considerato un vezzo.
 2) La stragrande maggioranza dei libri per bambini risultano meravigliosi anche per gli adulti. Non mi riferisco ovviamente a "Peppa Pig va in biblioteca" (non vedo l'ora che 'sto delirio suino finisca), ma a quei libretti che servono a spiegare ai bambini le cose belle, ma anche le cose brutte che fanno parte del mondo. Leggendoli capireste che a tanta gente avrebbe fatto davvero bene leggerli all'età giusta, quando la mente umana è ancora spugnosa, assorbe tutto, è elastica e ha dei margini di apprendimento/miglioramento irripetibili.
3) L'editoria pupesca praticamente manda avanti una parte abbondante di baracca ed è da parte mia imperdonabile ignorarla.
 Detto ciò, pongo un rimedio con questo breve excursus di libri illustrati che hanno in comune il fatto di avermi poco adultamente ridotta in lacrime in poche rapide mosse. Siete pronti? Siete caldi? Via!

"PINGUINO E PIGNA" di SALINA YOON: 
Io non so se sia la vecchiaia, la pazzia o che altro, ma ieri raccontavo alla mia dolce metà la trama di questo piccolo, ma stupendo libro età di lettura 2 anni (ed. Lapis) e piangevo come una fontana. 
 Sottotitolo: storia di un'amicizia.
 Pinguino vive ovviamente in un posto innevato, si diverte e va in slittino. Un giorno girando trova una pigna infreddolita, la raccoglie e le cuce una sciarpa facendone la sua migliore amica. Tuttavia la pigna inizia a patire il clima e la nostalgia: vuole bene al suo amico, ma vorrebbe tornare a casa sua, nella pineta dove l'aspettano gli altri. Così pinguino scopre di dover compiere un lungo viaggio per portare la sua pigna in luoghi più caldi. Il viaggio riesce, ma l'amicizia resisterà alla lontananza e al tempo?
 Un libro di pochissime pagine che racconta in modo meraviglioso tutto quello che c'è di importante in un'amicizia: le differenze e il rispetto dell'altro, la cura reciproca, l'amore oltre il tempo e la lontananza . Ma soprattutto comunica con pochi disegni e pochissime parole l'unica cosa che conta quando si vuole profondamente bene a qualcuno che non si può avere vicino: il ricordo sempre vivo del reciproco affetto.

"HO LASCIATO LA MIA ANIMA AL VENTO" di ROXANE MARIE GALLIEZ:
 Qualche anno fa un mio piccolo parente (8 anni) subì due lutti ravvicinati, nonno e papà. All'epoca cercai dei libri che potessero aiutarlo ad affrontare una cosa tanto terribile e al contempo riuscissero magari a farlo sentire meno solo: se una cosa accade anche nei libri vuol dire che succede anche ad altri. Scoprii che esistono alcuni libri sul lutto dei nonni, ma pochissimo per quello dei genitori, che, mi verrebbe da dire, ho capito che uno non ci vuole pensare e forse per fortunissima non è neanche frequente, ma qualcosa in giro servirebbe. Finì che non gli regalai nulla, (è difficile, in questi casi, anche valutare quando è il caso di regalarli o meno). Tuttavia un po' per questo ricordo un po' perché come penso la stragrande maggioranza delle persone non mi faccio una ragione della morte, (per carità è il ciclo della vita, ma non è detto che sia facile) di mio nonno, ho trovato commovente ai limiti del singhiozzamento, questo bellissimo bellissimo bellissimo libro che consiglio anche agli adulti: "Ho lasciato la mia anima al vento" Emme Edizioni. Un nonno scrive una lettera al nipote dicendogli di non essere triste per la sua morte, perché ci sarà sempre, ovunque nel vento, a fare cose meravigliose, come sostenere i passeri nel loro volo o guardarlo negli anni, essere felice.
 "E' vero mai più cammineremo
mano nella mano
Mai più battaglie col cuscino di primo mattino
e mi mancheranno il sapore di sale del mare 
e i tuoi baci e i tuoi baci
ma sosterrò le ali ai passeri
per insegnar loro a volare..."
 Sto per rimettermi a piangere.

"I FANTASTICI LIBRI VOLANTI DI MORRIS LESSMORE" di WILLIAM JOYCE:
  Un tempo, su un post dedicato ai libri per i cosiddetti Young Adult, (misteriosa categoria compresa tra i 14 e i 18 anni d'età che pare abbia bisogno di leggere specifiche storie) facevo notare come si cercasse di elevare spiritualmente i bambini e i ragazzini fino ai 14 anni di età con storie bellissime, per poi precipitarli al quindicesimo anno di età in un abisso di opere sospese a metà tra la narrativa rosa della peggior specie e il cretinismo imperante. 
 Prima che questa maledizione del quindicesimo anno li colga però fioriscono libri meravigliosi per invogliare i bambini alla lettura e mostrargli la bellezza dell'oggetto libro. "I fantastici libri volanti di Morris Lessmore" ed. Rizzoli, è la versione cartacea di un meraviglioso corto animato che vede Lessmore alle prese con la scrittura di un libro che un giorno gli viene portato via da un uragano. Nel tentativo di recuperare le sue pagine, egli scopre una terra popolata da libri volanti e non sa bene dove andare. D'un tratto però incontra una ragazza che fluttua nell'aria, portata nel vento da uno stormo di libri. Costei gli indica una sorta di biblioteca piena di libri affettuosi e bisognosi di cure. Inizia perciò per Lessmore una lunga vita, tranquilla e piena di amore per quei tanti libri che gli si avvicendano attorno come amici e compagni, mentre lui tutti i giorni riempie pazientemente le pagine di un tomo misteriosamente intonso. Una storia per tutti i lettori, per i bambini che si chiedono perché leggere e per gli adulti che lo sanno da sempre.

Per concludere con questo tragico elenco, ci tengo a citare il misterioso, "UN GIORNO" di Peter Reynolds e Alison McGhee.
 Misterioso perché è un libro per bambini chiaramente scritto per i genitori, le madri nello specifico. E' un piccolo elenco di cose che una madre dirà a sua figlia che proverà nella vita: una gioia incontenibile, un incontro speciale, un dolore immenso, pettinare i capelli della bimba che avrà e infine diventare serenamente anziana, quando ormai lei non ci sarà più. Momento maternità obbligatoria a parte, il libro è molto commovente, ma ripeto, non credo sia stato scritto per una bambina che non potrà capire la metà delle cose che ci sono scritte. Io lo regalerei alle neomamme di figlie femmine, premettendo che dovrebbero leggerlo quando il pianto facile è ormai acqua passata, se no rischiate di aprire le dighe.

Ps. Non sono per forza ultime uscite. Io li ho visti in libreria segno che ancora si trovano nonostante pare che almeno due abbiano dei problemi a risultare disponibili online -.-" Maledetto fuori commercio, placati!!

martedì 27 gennaio 2015

Il cliente megasuperfantacattolico! Come si comporta, cosa legge, chi ama e chi odia? Tra santi, tragedie ma solo alcune, ragazzini evoluti e numi tutelari, ecco la disamina ragionata di una creatura non troppo fantastica.

Mi sono accorta che nel mio bestiario ragionato dei clienti, manca una creatura particolarmente diffusa nel profondo nord: il cliente supermegafantacattolico.
 Flashback
San Paolo il santo superpreferito dei Teocon
Nel periodo in cui ho coinquilinato a Roma, ho avuto la sventura di condividere la stanza per alcuni mesi, con quella che ritengo essere la persona meno stabile mai incontrata in vita mia (e poteva battersela con molte altre). Per la sua privacy e per evitare una denuncia le darò un nome fittizio: Gesualda.
 Gesualda era una matricola abruzzese che veniva da un paesello sperso sui monti da cui era scesa per frequentare un ateneo cattolico di dubbio gusto in quel della capitale. Presentatasi come una persona normalissima, il primo giorno ci rivela di essere bisex e super cattolica. Vabbeh fatti suoi.
 Pochi giorni dopo mi ritrovo la camera invasa da madonnine, libri di Socci, foto dell'allora papa Ratzinger, da lei affettuosamente chiamato, Benedetto o Benny (e su cui scriveva articoli per alcuni giornaletti abruzzesi) e alcune biografie di Mussolini, perché insomma, era uno statista e lei, avendo intenzione di dominare il mondo (sic!) ,doveva studiarlo.
 Una manciata di notti dopo veniamo svegliate nel cuore della notte da uno scampanellio folle. La vedo afferrare un giaccone e precipitarsi sulle scale. All'alba rientra raccontandomi la notte pazza pazza con una giocatrice di calcio con cui aveva una relazione da anni, venuta apposta dall'adriatico per vederla. Lei sapeva che era una relazione peccaminosa, e, mi spiega, stava cercando di superarla implorando Iddio di far dare l'addio al celibato ad un seminarista russo, suo collega di università, di cui si era invaghita.
 La vedo perciò inginocchiarsi e pregare: "Dio, se vuoi che abbandoni questa via dissoluta, fai convertire Vladimir!"
 Col passare dei giorni le sue stranezze (tra cui la scrittura di canzoni neomelodiche orrende che mi costringeva ad ascoltare), il numero di mobili portati tutti i giorni dai suoi genitori a ingombrare una camera teoricamente doppia, i santini e le storie agghiaccianti, aumentavano esponenzialmente.
Se non sapete chi è Natuzza
Evolo goooooglatela
L'apice si raggiunse il giorno in cui morì Natuzza Evolo.
 
 Un'altra coinquilina (cattiva da morire), atea, se ne uscì dicendo che una ciarlatana era morta e scatenando un inferno di litigi con Gesualda che terminò con un lancio di piatti letterale. Io me ne andai in camera a finire la cena e successivamente mi vidi addebitata la colpa di tale litigio (non ero intervenuta a sedarle) sia da Gesualda che dalla malvagiona atea, unite nel comune intento di cacciarmi di casa. Ovviamente ci riuscirono.
 Fine flashback
 Questo aneddoto che ho molto contenuto perché avrei potuto scrivere un libro di pazzie di Gesualda, è per farvi capire che non è mia intenzione offendere i cattolici praticanti che ci credono, ma che mi riferisco a gente che già non ha bene il lume della ragione e la religione glielo fa perdere completamente. 
 Altra categoria che rientra nel cliente ipermegafantacattolico è invece il bigotto dall'occhietto giudicante che tutti conosciamo: vestito o vestita di tutto punto, piega sempre fatta, anonimo come una carta da parati, convintissimo di stare dalla parte del giusto sempre e comunque, sentinella in piedi nei weekend liberi.
 Cosa chiedono in libreria e cosa leggono questi esemplari?

TRAGEDIE MA SOLO ALCUNE: 
Poiché la mia coscienza non mi consente  di mettere
esempi di libri di persone che han comunque sofferto vi piazzo
Bernadette. Cattolici che mi leggete fate quello che vi comanda
la vostra religione: perdonatemi e via
All'inizio ogni tanto accennavo a questa tendenza della sciura a interessarsi di casi umani o vicende tragiche per avvertire la sensazione di essere una sorta di dama di carità 2.0: se mi interesso del prossimo anche solo via libro, allora sono buonissima, quasi come se organizzassi una raccolta fondi. 
 Gli ultramegacattolici invece comprano i libri di storie di vita vissuta tragiche, ma sostenute e/o salvate dalla fede, ma accadute a persone della loro cerchia.
 La donna uscita dal coma con l'amore di Dio, la bambina malata miracolata a Medjugorie ( ormai Lourdes sembra essere passata di moda), le famiglie allo sfascio riunite dalla preghiera e una serie di tremende tragedie.
 Ovviamente non mi permetterei mai di dire che tali storie non andrebbero raccontate o stampate, di sicuro sono di sollievo e speranza a qualcuno. Quello che trovo strano e non molto sensato è che siano scritte a esclusivo uso e consumo di un ristretti gruppo di persome, senza una profondità di un qualche tipo che dia un senso universale ad una storia che rimane altrimenti la terribile esperienza di vita e purtroppo talvolta di morte di un individuo molto religioso.
 Altra mia domanda profonda e filosofica è: che senso ha leggere il libro di una persona già religiosissima e quindi salvata? Cioè non dovrebbero tentare di capire il prossimo più lontano oltre che quello vicino/gemello? Le tragedie quindi ok, ma solo alcune.

NUMI TUTELARI: 
Al cimitero monumentale di Milano potrete
ammirare la sua discretissima tomba, una
specie di gigamausoleo
Prima di sbarcare al nord ero praticamente a digiuno di una serie di organizzazioni cattoliche supermega chiuse e potentissime. Tipo Comunione e Liberazione (l'Opus Dei almeno l'avevo sentita nominare). 
 Io non vengo da una famiglia particolarmente religiosa, però soprattutto mio padre e mio nonno sono praticanti, fanno robe in parrocchia, raccolte fondi e via dicendo. 
 A nessuno dei due è mai passato per la mente di rompere le scatole a me o alle mie sorelle su come dovessimo essere religiose. La religione è un fatto privato e ognuno se lo vive come vuole. Devo dire che anche a scuola l'ora di religione era risibile e, abitando a Roma pensavo che il max del cattolicesimo che si potesse raggiungere rimanesse circoscritto dal GRA. 
Con mio enorme stupore ho scoperto che Roma in confronto ad alcune parti del Nord è tipo la città più laica del pianeta. Al nord mi si è spalancato un mondo che mi ha concesso di capire la sezione di religione. Se nel Lazio va di moda il fricchettone don Gallo, a Milano la fanno da padrone i libri su e di Don Giussani, prete di cui a stento conoscevo il nome prima di scoprire che in Lombardia è più influente del Papa.
 Altri numi tutelari nordici sono i vari vescovi di Milano (forse a Roma l'idolatria arcivescovile era limitata dal fatto che il vescovo di Roma è il Papa e molti manco lo sanno), perciò cardinal Martini a gogò, (e non avete idea lontana di quanto abbia prodotto quell'uomo), cardinal Scola et Tettamanzi. Tutti sovraintendono, attenti e sorridenti, anche post mortem.

LIBRI SCRITTI ESCLUSIVAMENTE DA GENTE COME LORO:
 Il cattolico supermegafanta ama moltissimo sentirsi rassicurato nelle sue convinzioni. Per tale motivo rifiuta libri che portano avanti teorie diverse dalle sue (tendenzialmente il 99% di quelle in commercio), trova irritante il pluralismo e indegno che si cerchi di farli ragionare su quelli che considerano dei dogmi irrinunciabili. Sono talmente estremisti che persino questo Papa sembra loro troppo moderno e ne rifuggono con orrore (inimitabile Socci che non se ne fa una ragione arrivando a scrivere un libro dal titolo "Non è Francesco" insinuando il dubbio che il papa sia ancora il ben più conservatorissimo Ratzinger). I libri scritti da gente come loro sono evidentissimi perché portano avanti delle istanze che si credevano morte all'altezza del medioevo se non proprio nelle catacombe. 
 Alfiera del delirio è Costanza Miriano, l'autrice del celeberrimo "Sposati e sii sottomessa", donna che mi lascia sempre un dubbio principale: ma se sei sposata perché non sei sottomessa e chiusa in casa a fare la calza con la bocca cucita che deve parlare solo tuo marito? Gli indegni seguiti vedono un "Sposala e muori per lei" (ma non sottomesso ovviamente) e "La compagnia dell'agnello" (spero che un giorno Tolkien abbia modo di vendicarsi adeguatamente). Vengono poi Socci e un duo a cui evito di far particolare pubblicità perché meritano di cuocere nell'oblio. Vi basti sapere che sono talmente estremisti che in un capitolo aperto a caso del loro libro li si vede augurare velatamente le pene dell'inferno al cardinal Martini, reo di essere troppo aperto.
 Ci tengo, per concludere, a riferire un capoverso della mitica quarta di copertina dell'agghiacciante "Figli di un'etica minore" in cui si recita che, da rilevazioni compiute in un'indagine demoscopica sui giovani di Novara, essi "Presentano allarmanti e preoccupanti aperture in merito all'eutanasia e ai rapporti omosessuali".
 Ragazzini novaresi, stringo una mano virtuale a tutti voi, mi date speranza nel futuro.

SCRITTRICI AMERICANE RANDOM:
 Sul podio degli scrittori più amati dai cattolici real, c'è indubbiamente Flannery O'Connor.
Codesta scrittrice, considerata una delle più grandi autrici di racconti, morì a causa del lupus a neanche quarant'anni ed è vista dai cattolici come irrinunciabile. La buona Flannery era infatti una ferventissima cattolica che non mancava di infarcire di simbolismi religiose le sue opere, che, lo confesso, ho provato a leggere e trovato mortalmente noiose (ci riproverò).
 Altra autrice recentemente amata dai teocon è Edna O'Brien e non riesco bene a capire perché, (magari se qualcuno l'ha letta può illuminarci), visto che nel suo "Ragazze di campagna" successo all'uscita e di nuovo da quando è stato ristampato dalla Elliot, pare parli di sessualità e cattolicesimo insopportabile. Questa simpatia teocon per questo romanzo e i suoi seguiti mi hanno impedito di metterci mano. Ditemi la verità, cos'ha che non va?

 E voi conoscete codesta creatura? Cosa la vedete leggere? Che aneddoti su di essa possedete?
Sempre viva viva Sant'Eusebio protettore dell'anima nostra!

lunedì 19 gennaio 2015

Libri e autori di cui sfugge il fascino: tomi e trame che hanno conquistato il mondo, ma non me. Che problema ho? Che problema hanno? Cloni, viaggi, oceani, uccelli morenti e squadre di calcio e le mie perplessità.

 In questi ultimi tempi non sto andando così tanto al cinema. In verità non ci sono mai andata molto, ma ormai sto toccando i miei minimi storici (ammetto con estrema vergogna che ci andrò, a scanso di casi particolari tipo il festival del cinema giapponese due o tre l'anno). 
La cosa migliore del film resta una giovanissima Scarlett
Johansson, molto platino e molto gnocca
Un tempo, quando la mia vita era scandita dal rollio delle sessioni d'esame, mi piaceva andarci almeno una volta a settimana, col risultato che ho visto delle robe davvero discutibili.
 Una delle porcate di maggior peso porcoso che ricordo fu "The Island" un film in cui Ewan McGregor e Scarlett Johansson, vivevano su una specie di astronave (o cittadella chiusa e tecnologica non mi ricordo) che guardava la terra da lontano. Ogni tanto qualcuno dei loro compagni di navicella veniva scelto per tornare sulla terra e via a stranezze. Ad un certo punto della pellicola accadeva che i due scappavano (non ricordo né come né perché) e scoprivano di essere solo dei cloni di persone importanti, come tutte le altre persone sulla navicella. Quando a qualcuno degli "originali" serviva un loro organo (o un figlioletto) ecco che venivano scelti, bellamente dissezionati (o le donne fatte partorire) e via.
 Lo stesso anno uscì il libro di Kazuo Ishiguro, "Non lasciarmi". Lo presi in biblioteca attirata dal nome nipponico dell'autore (ignorando all'epoca completamente che fosse in realtà anglosassonissimo) e scoprii che era la stessa trama pasticciata di "The Island".
 Non so se l'avete letto, ma praticamente tre ragazzini che vivono in una sorta di strambo orfanatrofio in campagna, intessono tra loro varie relazioni, d'amicizia e ammmore prima di scoprire, da adulti, di essere solo cloni usati come donatori per i loro originali.
 Il libro, che è stato pure insignito di numerosi premi,  fu per me una palla mortale. Descrizioni lunghissime, una prima parte quasi completamente slegata dalla seconda (i tre scoprono di essere "donatori" ma non hanno moti di rabbia o ribellione che capisco tutto, ma insomma), una protagonista assolutamente insopportabile.
 E su tutto ovviamente gravava la grande domanda: perché tra una premiazione e l'altra nessuno dice che 'sto libro è identico ad un orrido film?
 I libri che tradiscono le aspettative  sono una delle cose che più detesto in assoluto. Li detesto perché mi fanno perdere tempo e perché mi aspetto che un libro su cui ho rimuginato per ore mi dia per forza soddisfazione. Altra cosa che non sopporto è non capire cosa mi sfugge di un libro che mi è stato presentato da tutto il mondo come fantasmagoricamente meraviglioso. Ognuno ha gusti diversi e ok, nella massa dei titoli è statisticamente normale trovare qualcosa che faccia schifo, ma non posso impedire che la cosa mi dia urto. Di cui sotto altri titoli che mi sono risultati insopportabili:

TUTTO BARICCO ESCLUSO "OCEANOMARE":
 Lessi per caso "Oceano mare" alla fine delle superiori e mi piacque molto, tuttora mi piace molto, nonostante il divismo baricchesco rischi di oscurare la sua produzione. Mi gettai perciò abbastanza a pesce sul resto. Fu una delusione più o meno su tutta la linea. 
 "City" fu pallosissimo, "Senza sangue" inutile, "Castelli di rabbia" sonnolento, "Novecento" aveva un'ottima idea di fondo, ma rimaneva un'opera teatrale. Ho persistito negli anni a leggiucchiare cose sue perché avevo amiche appassionate che mi prestavano gratis i suoi libri, mi sono arresa all'altezza di "Mr Gwyn". In nessun libro ho ritrovato la struggenza di quello che pare essere il picco inarrivabile della sua produzione. 
Il fascino non si è più ripetuto.

JONATHAN COE: 
 Forse ho un problema con gli autori inglesi contemporanei visto che faccio fatica a digerire anche Hornby, ma Coe ha su di me un appeal che rasenta lo zero. 
 Lessi "Donna per caso", la tristissima storia di una donna con la straordinaria capacità di partire col botto e precipitare col bottissimo: un ottimo rendimento scolastico non può salvarla da coinquilini insopportabili, un matrimonio disastroso e una vita mediocre. Breve, conciso e molto amaro, mi colpì molto nonostante il malessere che mi lasciò, perciò tentai nuovamente la via di Coe.
 Risultato:
1) "La banda dei brocchi" abbandonato per noia.
2) "La famiglia Winshaw" abbandonato per noia.
3) "La pioggia prima che cada" che lessi a causa della protagonista lesbica. Un coacervo di sfighe talmente tanto fitto, assurdo e ingiustificato da causare crisi di nervi pure ai migliori. Il top è quando, sul finale, Coe sente il bisogno, tanto per sottolineare la tragedia nella tragedia, di piazzare un uccello morto sul parabrezza della narratrice, così, tanto per.
 Delusione su tutta la linea.

LA COMPAGNIA DEI CELESTINI:
Non ammazzatemi. Ho letto parecchio di Benni e niente mi ha mai colpito davvero, anche se, sottolineo, è un unicum nel piattissimo panorama letterario italiano. Cioè ammetto di essere io il problema e non lui. Detto ciò, ho iniziato a leggere "La compagnia dei celestini" non meno di cinque volte, senza trarne nessun giovamento e nessuna fascinazione o stimolo. Non credo sia perché non digerisco il surreale (il suo amico Pennac mi piace molto), ma perché trovavo la trama soporifera.
 Per il resto è andata meglio, anche se forse ho trovato piacevole solo "Margherita Dolcevita" e belle solo le poesie di "Prima o poi l'amore arriva" (mi piacciono molto anche i monologhi teatrali).
 Poi non so, Benni, non ti comprendo.

VIAGGIO AL TERMINE DELLA NOTTE:
 Ce la farò un giorno, ce la DEVO fare a finirlo. Tuttavia anche qui non sono mai riuscita ad andare oltre un terzo del libro. Ho tenuto duro cercando di cogliere il senso, di entrare nello spirito, di cogliere la gemma. Niet, ricordo solo una noia estrema e benissimo la prefazione che insisteva sul fascismo di Céline. Ok, ora so benissimo che era filonazista, un po' meno a cosa sia dovuta la fascinazione (non uccidetemi adoratori di questo libro).

 E voi avete dei libri che vi sembravano promettenti e vi hanno invece profondamente deluso? O il cui fascino vi è completamente sfuggito?

venerdì 16 gennaio 2015

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Come si scrive".

In questo periodo ho una vita diciamo turbolenta, quindi mi è più difficile scrivere tutti i giorni post lunghi. Credetemi non vedo l'ora di tornare alla normalità. Nel frattempo vi posto una vignetta (domani non sarò fisicamente a casa quindi annuncio che niet, ci si rivede domenica!).
Nella vignetta di cui sotto un esempio di come i clienti talvolta abbiano una pessima considerazione di chi hanno davanti.
Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Come si scrive".


4 letture obbligate delle superiori che ho trovato noioserrime (e sensate solo una decina di anni dopo). Quando il grande classico non è adatto all'età e risulta un'epica palla, i miei traumi personali.

 Come ripeto spesso io sono strafavorevole alle letture scolastiche obbligatorie. 
La gente che a cinquant'anni ancora piange dicendo che non legge niente perché all'alba dei tempi fu traumatizzata da imprudenti insegnanti che li costrinsero a sorbirsi noiosissime pagine mi pare, devo dire, un po' ridicola. 
 Dopo una certa età si può anche capire che la Divina Commedia e la biografia di Zanetti sono entrambi i libri, ma con le dovute differenze, quindi se ti ha traumatizzato la prima non si capisce cosa ti impedisca di leggere la seconda (se sei un frignante traumatizzato dell'inter si intende).
 Tuttavia riconosco che alcuni libri dati da leggere durante la carriera scolastica siano stati delle pesantate che potevano tranquillamente essere risparmiate in favore di classici magari più adatti all'età contingente. All'epoca, siccome ero diligente e leggevo comunque tutto, mi sforzavo di arginare la rottura di scatole, riducendomi all'ultimo, ossia gli ultimi due giorni mi facevo coraggio e mi chiudevo per ore e ore e ore. Successivamente rileggendoli mi sono resa conto che quelle che all'epoca mi erano sembrate delle palle inumane e punizioni divine, erano invece libri che parlavano anche di me.
 Solo che parlavano della me di almeno una decina di anni dopo.
 Per farvi capire meglio, ecco di cui sotto i romanzi che mi hanno lasciato un pessimo ricordo scolastico di sfrangimento totale.

MASTRO DON GESUALDO/I MALAVOGLIA:
Lo lessi in questa esatta edizione presa
dalla biblioteca
 Verga. Ok, io lo ammetto, di tutti gli autori che ho davvero detestato leggere alle superiori, tra questi c'era il buon Verga. Probabilmente c'entra il fatto che i suoi protagonisti sono persone annichilite da una vita ingiusta. Voi mi direte, per forza, era un verista. Se è per questo era verista pure Zola, però lui mi piaceva, i suoi protagonisti qualcosa tentavano, pure se finiva male.
 Verga no. Lessi all'epoca sia "I Malavoglia" per me, sia "Mastro don Gesualdo" per fare un riassunto ad un'amica che in cambio mi faceva i compiti di matematica.
 Del secondo non voglio neanche parlare, l'unica cosa che mi è rimasta impressa nella noia generale è che don Gesualdo aveva una pancia invincibile, nonostante lavorasse come un mulo tutto il giorno e mangiasse un tozzo di pane e un pezzo di formaggio che lui doveva risparmiare pure il centesimo, la panzetta gli rimaneva. Questo per dirvi quanto mi colpì nel vivo.
 "I Malavoglia" che lessi in due pomeriggi alla disperata, me li ricordo ovviamente molto meglio. Saga familiare di gente che se non è sfigata lo diventa per interposta persona. 
 Indimenticabili i due momenti topici: la barca di lupini che affonda e la Santagata e nonostante abbia già fatto la partizione delle trecce non può sposarsi. Il primo evento ci lasciava perplessi: chi mai potrebbe affidare le proprie sorti ad una barca che porta LUPINI?? Il secondo non era di facile comprensione: una povera crista, ingenua, buona, che sopporta tutte le disgrazie del mondo, infine non può sposarsi perché la sorella è considerata una poco di buono. Il fratello Alessi, di cui mi piaceva molto il nome, aveva fatto la cosa migliore: si era trovato una cugina orfana e via.
 Capisco il verismo, ma se vogliamo ammazzare la voglia di lettura in uno studente proponiamogli Verga.

LA COSCIENZA DI ZENO: 
Ok, è un capolavoro, serve per capire Svevo, ma, pure qui, permettetemi di dire che darlo ad un diciottenne (o peggio anche meno) non è proprio il top.
 Zeno Cosini è, ancora me lo ricordo dopo anni, come uno che ha lanciato una freccia e ha fatto centro nel bersaglio di qualcun'altro. Non ha nessun pregio specifico, non ha nessuna volontà specifica e non si impegna neanche particolarmente. Ha però, quel che si dice, una gran fortuna. Perciò sposa la donna giusta (per lui) dopo aver corteggiato quella sbagliata (che però amava), fa un lavoro che non si è scelto, ma gli riesce, ha un'amante che vede regolarmente e una vita tutto sommato benestante. 
La storia è ovviamente importante per tutta una serie di motivi, non ultima la costruzione come documento psicanalitico che per l'epoca era un'assoluta novità e sperimentazione letteraria.
 Il conflitto profondo tra l'anima di Zeno e la società in cui vive, il fumo come metafora e via dicendo sono cose comprensibili solo DOPO che uno con la società ci si è scontrato. A sedici anni, mediamente, non sai ancora cosa ti aspetta fuori, nella grande giungla. Sei ancora pieno di ideali, bambagia e aspettative ed è giusto che sia così. perciò non arrivi a pensare al profondo conflitto interiore del buon Zeno (che una quindicina di anni dopo ti accorgerai invece di sentire magari come tuo), ma pensi che un tabagista che ha sposato una donna praticamente a caso ("Scusa ci ho provato con le altre tue due sorelle e mi è andata male, mi prendi tu?" "Certo amore, sono racchia, ma tanto dolce, sposami") non sappia far altro che lamentarsi invece di prendere in mano la sua vita.
 Capisco Svevo e di sicuro è meglio Zeno di "Senilità", ma almeno si comprenda che un liceale potrebbe trovarlo una mazzata sulle ginocchia.

IL DESERTO DEI TARTARI:
 Appena iniziato a leggere, non so perché, ma avevo capito SUBITO come sarebbe finito: questo tizio, Drogo, si sarebbe sfrangiato i cosiddetti e poi sul più bello non sarebbe stato presente. Me lo sentivo. Perciò per tuuuuuutto il libro, oltre alla noia dell'attesa di questi poveri soldati su questo fronte inutile a scrutare all'orizzonte i movimenti di un nemico che non si vede da tempo immemore, mi ha accompagnato l'ansia empatica per questo poveraccio che avrebbe inutilmente consumato la sua vita nel niente cosmico.
Ok, lo so, capolavoro capolavoro, ma io lo ricordo davvero come una palla epica.
 Ora, col senno del poi mi rendo conto che è un grande libro, una metafora enorme sull'esistenza umana, che pare iniziare col botto e invece si risolve in una routine da cui non riusciamo a fuggire, un po' per paura, un po' perchè, fondamentalmente ne siamo anche conquistati, affascinati e irretiti. Le persone a cui la routine per vari motivi è preclusa del resto non fanno altro che anelarla come se fosse il più grande dei desideri, perciò quando ci siamo dentro può assumere i contorni di un incubo senza fine, ma ha anche un suo irresistibile fascino.
 Ora lo capisco però. A 15 anni come si pretende che un ragazzino possa immedesimarsi nello stato d'animo di un uomo che parte col botto e finisce inghiottito dal niente? Il ragazzino neanche è ancora partito, sta lì che lucida il suo cavallo interiore, ansioso di lanciarsi al trotto, e tu gli parli di uno che invece di scappare dal deserto si ferma a oltranza, affascinato dai grandi spazi e dall'attesa. 
 Lo straboccio come libro da rifilare alle superiori, non è l'età e si rischia di rovinarne il gusto che merita successivamente (come è accaduto a me che ancora ho questo retrogusto di "Che palle").

Ps. Moltissimi altri classici delle superiori, invece, mi sono piaciuti. Ricordo che in classe rimanemmo entusiaste di "Cronache di poveri amanti" di Vasco Pratolini. Non gli avremmo dato un soldo e un mese dopo ne parlavamo come se fosse stata la telenovela più appassionante della storia.

 E voi avete dei classici che alle superiori avete letteralmente detestato? Non abbiate tema! Confessate!

mercoledì 14 gennaio 2015

L'orrore che si nasconde dietro l'ovvio. "Ring" di Koji Suzuki, "Edward mani di forbice", il male che non può essere perdonato e il mostro che si nasconde in fondo a un pozzo. Dentro di noi.

 Avete presente il film "Edward mani di forbice"?
 In esso, il tizio creato da uno scienziato che muore prima di montargli le mani condannandolo ad un'esistenza forzatamente mostruosa, sente il bisogno di uscire dalla solitudine, scendendo in paese.
 Ve lo ricordate quel paese? Così lindo così pinto, così ordinato e color pastello? Abitato solo da gente sorridente?
  Ebbene, la cosa che mi è rimasta più impressa di quel film che non mi faceva nessuna paura,  sono quelle case mi mettevano un'inquietudine indescrivibile. 
 Qualche anno dopo ho scoperto che quei posti esistevano davvero. Fu quando accompagnai una mia zia a visitare una sua amica in quel di Carate Brianza. Avete mai visto la Brianza? Se no, sappiate che è esattamente come quell'ameno paesello di "Edward mani di forbice", linda, pinta, ordinata e con abitanti lindi, pinti e ordinati. Mi ricordo chiaramente che per tutto il tempo ebbi la sensazione spiacevole che dovesse accadere qualcosa da un momento all'altro. Il fatto che esistesse davvero un luogo con villette a schiera bianche, rosa e verdi e gente che sorrideva ciarlando per strada perfettamente curata, come in un film, aveva qualcosa di disturbante. Mancava totalmente la variabile del caos. Ora, magari era un pomeriggio particolarmente buono per Carate Brianza, ma più probabilmente  sono io ad avere una forma mentis che si inquieta quando tutto appare eccessivamente ovvio, ed è qui che entra in gioco il libro di oggi.
 Durante i primi anni di università, a seguito della visione di "The ring" ero diventata una grande appassionata di film horror orientali. 
Io non sono mai stata il tipo né da film horror (che trovo o splatter o noiosi o fondamentalmente stupidi e pieni di lacune) né dei libri (classici esclusi).
 A me la letteratura di genere piace molto e penso che dia spesso molte più possibilità di quella non di genere, tuttavia, faccio un po' fatica a evincere dalle quarte di copertina cosa valga la pena leggere, cosa no e alla fine lascio perdere.
 Tuttavia, per un lungo autunno, mi ricordo molto piovoso, col treno sempre in ritardo che si faceva strada in una boscaglia minacciosa, davvero conciliante, avevo dedicato il mio tempo all'horror all'orientale.
 Gli horror orientali hanno caratteristiche molto diverse da quelli occidentali e ve ne farò di seguito un breve e non richiesto elenco:
1) La costruzione  dell'arco narrativo e del climax sono spesso completamente diverse da nostri-
2) I fantasmi del passato si arrabbiano e tornano indietro per motivi davvero diversi da quelli degli occidentali.
3) I i fantasmi e i mostri orientali NON sono debellabili. Nella cosmogonia orrorifica occidentale, tendenzialmente il mostro ha alcuni motivi per cui perseguita x e y, perciò una volta placata la sua ira con un sacrificio di qualche tipo o applicato un qualsivoglia esorcismo di natura cattoreligiosa, alla fine si riesce ad estirpare il male. Il mostro sparisce, i sopravvissuti non dimenticheranno mai e tutto è bene quel che finisce bene.
  Nella cosmogonia orrorifica giapponese ciò non è possibile, perché non esiste nessuna cattolica redenzione. Al massimo, con molto impegno e particolare ingegno puoi trovare il sistema per sigillare il maligno per qualche tempo. Ovviamente sapendo che quando il maligno uscirà sarà molto più arrabbiato e tendenzialmente più potente di prima.
 Questo terzo particolare rende i mostri, i fantasmi e gli orrori giapponesi sono molto più interessanti di quelli occidentali, perché, sfuggendo essi al manicheismo cattolico e non conoscendo la redenzione, hanno motivazioni assai più complesse e profonde e soprattutto non concedono perdono.
Un esempio da manuale è il libro da cui fu tratto il film:  "Ring" di Koji Suzuki. Lo lessi durante un assurdo viaggio in bus, Roma- Ravenna con l'università e forse per il consistente mal di testa da curve sugli appennini, ne ho un ricordo davvero inquietante.
 Il libro, innanzitutto era moooooolto meglio del film di Vernbiski che faceva furore all'epoca e, che a onor del vero, un po' per via di Naomi Watts, un po' per la fotografia, ma soprattutto per quel video spaventoserrimo (credo una delle poche cose che mi abbiano mai fatto realmente paura al cinema) non trovai affatto male. La storia, tuttavia, è diversa.
 Riassumiamola per i pochi che non la conoscono: una giornalista, madre di un bambino, molto gnocca e bionda, scopre che il figlio ha visto un vhs che causa la morte sette giorni esatti dopo. E' un video terrificante di cui cerca di comprendere la provenienza scoprendo una vecchia storia familiare avvenuta vicino ad un faro: una coppia che non poteva avere bambini era tornata da un misterioso viaggio con una pupa che si era poi rivelata letteralmente un piccolo demone incontrollabile da eliminare.
 Nel film Samara è una bambina mostruosa per motivi non ben chiari, non si capisce se è pazza e ha poteri paranormali, se è una specie di demone incarnato o che altro. La costruzione del suo background si basa tutta su un'indagine che vede entrare in gioco una serie di elementi che appartengono alla misteriosa terra di nessuno che divide il reale dall'impossibile, il mondo che si vede, da tutti i mondi che non possiamo vedere. C'è un'isola abbastanza isolata, una sorta di manicomio, un video realistico pieno di elementi surreali. Il film fa paura perché gioca molto bene col perturbante.
Il buon Koju Suzuki
 Il libro è invece molto diverso.
 La Sadako che torna a reclamare i suoi morti, non è una bambina, ma una ragazza dotata di poteri esp molto forti. Ha una natura strana, ma non malvagia, la sua parte cattiva viene infatti radicalizzata dal mondo esterno che la emargina, la sfrutta, le usa violenza in vari modi e la umilia. Sadako non è un mostro come accade nel film occidentale, ma lo diventa perché la società, le persone "normali" avvertendo la sua diversità si sentono giustificate a compiere su di lei atti mostruosi. E' l'orrore che riceve a rendere Sadako un mostro che elargisce orrore e l'impronta che il mondo lascia su di lei è talmente imperdonabile che non c'è e non ci deve essere un rimedio alla sua vendetta.
 Il filo del libro (che gioca molto sull'ambiguita di tutti i personaggi, anche fisica, a rimarcare il concetto) è il ribaltamento della prospettiva: cos'è che fa davvero paura a questo mondo? Perché riteniamo che qualsiasi elemento disturbante debba essere per forza malvagio? Perché riteniamo di essere migliori di chi non è conforme? Non possiamo essere noi i mostri, visti da un'altra prospettiva?
 C'è poi un'altra differenza fondamentale: il protagonista è un uomo, Sadako una giovane donna (forse). Non c'è una madre con un bambino che cerca di lenire il dolore di una bambina, ma un uomo che cerca di scoprire il segreto del rancore di una donna. 
 Mi sento, dopo anni, di consigliarlo ancora, in luogo di molte trite e ritrite storie horror occidentali che girano attorno ai soliti quattro o cinque stereotipi (anche ben scritti per carità), ai quattro o cinque non morti di romantica memoria e dimenticano l'orrore dentro, quel lato spaventoso della società che alberga dietro le facciate più linde, le persone più sorridenti, la pulizia più sfacciata. "Ring" è quello che possono nascondere le ordinate villette a schiera brianzole o di qualsiasi parte del mondo.
 L'orrore nei posti orribili svela la miseria umana, ma quello che nasce dalla normalità mostra molto di più, svela l'ipocrisia di ciò che siamo, l'onnipotenza che crediamo di avere quando ci sentiamo nel giusto, gli insulti e i terrori di cui caricare chi si considera perturbante rispetto all'ordine e insidia la certezza.
L'orrore vero non è il vampiro succhiasangue, ma scoprire, davanti allo specchio ciò di cui siamo stati e saremmo capaci quando ci sentiamo giudicanti e non pensiamo alle conseguenze e alle vendette e ai rancori senza fine che nascono nei cuori di chi ci circonda.
 E restano nascosti, come i nostri, dietro facciate pulite, finché qualcosa non smuove la pietra sul pozzo e scatena l'inferno.

lunedì 12 gennaio 2015

Una delle dieci piaghe d'Egitto della libreria: i libri fuori commercio. Un fumetto di perplessità.

Se esistessero dieci piaghe d'Egitto anche per le librerie, i libri fuori commercio sarebbero di sicuro una di queste.
 Il quantitativo di titoli che escono ogni anno non rende ovviamente possibile la loro permanenza in libreria per più di un tot, per mere condizioni di spazio, e la loro permanenza nel tempo.
 Tuttavia non sempre ciò che rimane in commercio lo merita e non tutto ciò che non si trova più era necessariamente una stupidaggine (anzi) o non vendeva (anzi). Magari chi lavora in una casa editrice potrà dissipare meglio le nostre nebbie, quel che si vede in libreria è ciò di cui sotto.
 Buon fumetto! "I libri fuori commercio"!



venerdì 9 gennaio 2015

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Scusa"!

Oggi sto facendo tremila cose insieme quindi il post lungo e chiacchieroso lo spadellerò domani. Beccatevi una bella vignetta su quel grazioso cliente che di tanto in tanto appare e riesce a renderti peggiore la giornata. Quel cliente che si figura il libraio (specie di catena) come un surrogato di un drone di Amazon senza volontà e con funzioni puramente meccaniche.
 Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Scusa"!



giovedì 8 gennaio 2015

Libri pornografici. La difficoltà scrittorie del rendere credibili e non penose le scene di sesso: fallimenti e successi, postporno e battaglie (e una recensione di "Libere" di Héléna Maarienské).

 Oggi narrerò di un argomento non solo scomodo, non solo perplimente, ma che mi guadagnerà l'attenzione involontaria di tutti coloro che d'ora in poi cercheranno le parole "porno + parola x" su google (già dopo il post su "Come vivere con un pene enorme" ho quella di tutti i maniaci dei pornazzi con superdotati): i libri pornografici. 

Pensateci su un attimo e chiedetevi quanti libri a tematica porno (non erotica, ma proprio porno) avete letto in vita vostra, se li leggerete mai, se li avete mai letto e se no, perchè?

 Qualche tempo fa ho dovuto scrivere un racconto con tale tematica e ho passato due abbondanti settimane alquanto infernali perché: 1) Non sono proprio il tipo da scrivere cose del genere.
 2) Trovo che la maggior parte degli scrittori anche bravissimi, davanti alle scene di sesso riescano a dare il peggio di loro.
 Prendiamo Haruki Murakami, uno che ci tiene particolarmente a inserire parecchie scene di sesso nei suoi libri. Tutti coloro che hanno avuto l'onore di leggere i suoi tomi, ma soprattutto "1Q84" converranno che poteva tranquillamente esimerci dalla continua lettura di enormi peni in erezione, alti praticamente come castelli, che conferivano un tono alquanto ridicolo alla trama tutta (che già di suo aveva dei crateri). 
 Altro esempio che ricordo con un orrore piuttosto pervicace è Wilbur Smith. Era uno degli scrittori preferiti di mio padre che all'epoca de "Il settimo papiro" aveva comprato quasi tutti i suoi libri. Io mi pare facessi le medie e ne avevo letti due o tre di cui ricordo queste innominabili scene di sesso piene di peni gocciolanti.
Con questi presupposti scrivere un racconto a tema non era facilissimo, così mi sono messa a pensare agli altri libri a tema che mi era capitato di leggere, ma non sono andata oltre Henry Miller col suo "Tropico del cancro" e Anais Nin col suo "Il delta di Venere". Del primo ricordo poco e niente, lo lessi alle superiori perché faceva fico, e mi era rimasta impressa principalmente l'immagine di una prostituta che si lavava ardentemente subito dopo un amplesso. Di Anais Nin ricordo anche molto poco, se non che lo lessi in una sonnolenta estate che probabilmente non conciliava l'erotismo.
 Circa due annetti fa poi, per la rivista Aspirina scrissi due pezzi sul postporno, una nuova corrente femminista che si propone di girare le pornografia al femminile. 
 Traduzione: rendere e piegare la pornografia, nata per un pubblico maschile, per un pubblico di donne. Vi dico che non per bacchettonaggine, ma la cosa mi lasciava e mi lascia ancora molto perplessa, sia perché (come potrete notare se fate una ricerchina su internet) le pratiche postporno si avvicinano molto a performance di arte contemporanea che prevedono un uso diciamo spettacolare (ma talvolta anche disgustoso) del corpo; sia perché non ha senso cercare di piegare ad altro un immaginario che è nato per motivi radicalmente diversi.
 Tali mie personali rimostranze sono state ampiamente supportate dalla lettura di una serie di raccontini di Slavina, una performer postporno piuttosto conosciuta in Italia che due o tre annetti fa diede alle stampe per la Giulio Perrone, il molto dimenticabile "Racconti erotici per ragazze sole o male accompagnare" che prendo a esempio per continuare a ripetere che scrivere di sesso senza essere banali è molto difficile. 
 I racconti sono episodi autobiografici della sua giovane vita e c'è un po' tutto quello che ti aspetti: le esperienze adolescenziali un po' squallidotte coi soliti squallidotti maschi stereotipati di provincia che ti portano per campi a fare cose sconce, l'esperienzona lesbica, il sesso al rave, il fatale incontro con la prostituta che ti fa vedere il mondo da un'altra prospettiva. 
La copertina con gnocca è la parte migliore
del libro.
 Non ho intravisto nessuna grande rivoluzione politica, sistemica e manco sessuale. Ormai, le esperienze bisessuali sono sdoganate da quel dì e andare per campi con ragazzotti discutibili credo sia stata un'esperienza non particolarmente innovativa che molte donne fanno da secoli.
 Ho ripensato a questo dimenticabilissimo libro durante il mio viaggio in treno questo Natale, quando ho letto "Libere" di Héléna Marienské ed. Clichy. 
Lo avevo bramato perché dalla quarta di copertina si evinceva una specie di Thelma e Louise a tematica lesbica (e in più francese che non guasta mai): "Due ragazze, un omicidio, la libertà. Contro le regole, control il maschilismo, contro la banalità".
 Tuttavia alla lettura si è rivelato qualcosa di mooooolto diverso.
 La trama vede due protagoniste: Angela e Annabella. Annabella, indubbiamente la migliore delle due, nasce poverissima in una famiglia ultrafascista della campagna francese, adepta di Le Pen, vive nella totale ignoranza e trasandatezza fino all'incontro, al liceo, con una sua coetanea che le fa scoprire il femminismo, la cultura lesbica, il sapone, la doccia e il suo orientamento sessuale. Annabella è bellissima e intelligentissima, non solo, possiede anche abbastanza freddezza per stendere un piano agghiacciante, ma perfetto della sua vita: studierà nelle scuole migliori e nel frattempo diventerà ricca facendo la escort di lusso. 
Lo so, a questo punto storcerete il naso perché la trama inizierà a sembrarvi una solenne caxxata e invece, per qualche motivo misterioso, il libro non collassa, ma regge . Regge durante tutte le infinite e credibili scene di sesso che coinvolgono un po' tutto e tutti uomini, donne, orge, oggetti e via dicendo. Sono credibili e mai penose o banali perché Annabella le vive come una recita e con sottile sarcasmo descrive i suoi sempre più ricchi clienti, il decadimento di una classe dirigente, i vizi dei potenti, l'ipocrisia di un mondo laccato.

 Angela è la parte noir della storia. E' un'insegnante e una scrittrice fallita, ma è intelligente e molto bella. Ha una ventina di anni più di Annabella e ha appena ucciso il marito, un famosissimo pianista simulandone poi in modo perfetto la sparizione. Nessuno dubita niente tranne un poliziotto che all'inizio sembra una personcina tanto a modo e invece..,
 Invece non posso dirvelo perché questo libro è, lo ammetto, molto strano. E' disturbante, è porno, è assurdo, ma è anche politico. Ci sono numerosissimi riferimenti alla politica francese che noi possiamo comprendere solo a sprazzi e un sottotesto di ribellione come sistema di vita molto forte.
  C'è questa parola "ribellione" che viene usata a sproposito per molti libri, ma che qui assume connotati particolari. A prima vista, due protagoniste negative, sordide, manipolatrici, calcolatrici. Eppure si innestano in un contesto che non è meno negativo, sordido, manipolatore e calcolatore di loro. 
La domanda allora diventa: se si vive in un mondo che di facciata si mostra benevolo ed etico, morale e perbene, ma ad un'occhiata più profonda nasconde solo perversione cinica, chi è più lo sfruttato e chi lo sfruttatore?
 Ho mantenuto la sospensione del giudizio fino alla fine, perché il libro cammina molto sulla sottile linea che divide il disastro dal riuscito , ma poi (a parte un cedimento molto discutibile nel finale), un pezzo mi ha convinto che l'impressione di leggere non una storia, ma una battaglia, fosse giusto.
 C'è un momento in cui Annabella si trova in cattive mani e cattive cose accadono e lei non riesce a far altro che gridare il discorso di Malraux alla sistemazione del Pantheon di Jean Moulin:
 "Che oggi oh gioventù, che tu possa pensare a quest'uomo per come avresti avvicinato le tue mani alla sua povera faccia informe dell'ultimo giorno, alle sue labbra ce non avevano parlato. Quel giorno, quella faccia, era il volto della Francia!"
 Allora il libro salta la linea di confine e non cade nel baratro del ridicolo, ma in quello, sempre più raro nella narrativa italiana, della variazione sul tema, dell'eccesso che smaschera, della luce che diventa ombra cupa.

mercoledì 7 gennaio 2015

Lì dove si bruciano i libri si bruciano anche gli uomini. La recensione di "Storia universale della distruzione dei libri" nel giorno dell'attentato alla sede del giornale satirico Charlie Hebdo: sante patrone, Brecht, steganografia e roghi, perché i libri intrappolano lo spirito degli uomini.

 Questo post aveva un inizio molto diverso.

Ero tutta felice e ciarliera per i miei regali natalizi e mi appropinquavo a scrivere questa felice recensione di un libro che ho molto desiderato (e avevo già citato in passato sul blog) e infine questo natale comprato: "Storia universale della distruzione dei libri" di Fernando Baez.
 Mentre me ne stavo a cercare le informazioni bibliografiche, è giunta la notizia dell'attentato alla sede del giornale satirico Charlie Hebdo, che ha fatto più di dieci morti a conferma che questo bel libro, ben scritto e documentatissimo, mai noioso e molto sentito, non è solo storia, ma attualità e soprattutto fa luce su un legame indissolubile: la trasmissione del sapere (che nei secoli ha assunto le fattezze principalmente del libro) e gli esseri umani.
 Vedete quei graziosi tomi vicino a voi (spero vicino)? Hanno subito qualsiasi tipo di persecuzione. Heine recita in "Almansor" che "Là dove si bruciano i libri si finisce per bruciare anche gli uomini" ed è una frase che illumina il mondo. 
 La quantità di opere perdute nella storia è inquietante. Lo è soprattutto per i motivi: catastrofi naturali a parte, deterioramento del materiale a parte (ma è in proporzione un fattore che ha influito molto meno di quanto pensiate che un tempo le cose si facevano per durare nei secoli), ciò che ha davvero causato il defalcamento dei libri è stata la distruzione sistematica e volontaria operata dall'uomo.
  Ad ogni guerra, ad ogni conquista e reconquista, ogni volta che una popolazione e uno stato, una fazione o un credo religioso, hanno desiderato sopraffare una controparte, oltre a bruciare gli uomini hanno bruciato i loro libri. Lo hanno fatto i musulmani radendo al suolo quel che rimaneva della biblioteca di Alessandria, lo hanno fatto i crociati durante la crociata contro Costantinopoli e non parliamo dello sterminio compiuto dai conquistadores spagnoli, alla cui ferocia sono sopravvissuti appena tre manoscritti Incas (in assoluto).
 Durante la santa Inquisizione gli eretici vennero arsi letteralmente assieme ai propri libri (in alcuni casi li usarono per appiccare lo stesso rogo), durante il nazismo si appiccavano roghi di libri al suono di un inquietante inno che recitava:
 "Le rivoluzioni genuine non si fermano davanti a nulla. Nessuna area deve ritenersi intoccabile, pertanto voi state facendo la cosa giusta consegnando a mezzanotte lo spirito diabolico del passato".
 I libri non sono un oggetto qualsiasi, rappresentano forse l'unico oggetto magico del pianeta, in grado di intrappolare non solo parole, ma il passato stesso, le anime, gli esseri umani, E come persone causano in altre persone, intolleranti, malvagie, desiderose di controllare e manipolare il prossimo, un odio incontrollabile, in grado di ispirare annientamento e distruzione.
 Di cui sotto ci sono alcuni episodi gustosi che non conoscevo o mi hanno colpito nel libro (poi ci farò qualche altra puntata di rieduchescional libraia), tenete cari questi oggetti, mi raccomando.

SANTA WILBORADA (o VIBORADA):
 Forse non tutti sanno che anche i bibliofili hanno la loro santa patrona, Santa Wilborada. La santa che portava tale dolce nome nacque nel 900 d. C. in Germania, da una famiglia nobile. Donna di grande eloquenza e bontà, nonché erudizione, decise di farsi monaca e visse per lunghi anni nel monastero di San Gallo. 
 Qui, tra una preghiera e un ricamo, scoprì che poteva avere delle visioni del futuro (siamo sempre nel campo del medioevo maggggico) e iniziò ad usare questo suo potere contro i suoi "nemici", tendenzialmente uomini che mettevano in dubbio le sue capacità o corrotti.
 Erano i tempi non tranquilli delle scorrerie degli Ungari e dei monasteri preda di scorrerie in quanto ricchi di doni, reliquie, ori, cibo e libri minuziosamente copiati dai monaci. 
 Una notte santa Wilborada sognò qualcosa di spaventoso e ordinò di seppellire i volumi della biblioteca in un unico punto. Il giorno dopo. un'incursione ungara portò la distruzione nel monastero di San gallo. Wilborada che si era rifiutata di fuggire, fu uccisa con grande violenza. La leggenda vuole che sotto il suo corpo venisse trovato il nascondiglio dei libri che aveva ordinato di seppellire, come se avesse voluto proteggerli un'ultima volta.
 In Svizzera viene considerata la patrona dei librai e delle librerie. La sua iconografia la vede apparire sempre con un libro in mano (e un'alabarda nell'altra).

LA BIBLIOTECA DI ALESSANDRIA: 
In molti pensano che la biblioteca di Alessandria sia bruciata in un unico grande incendio, appiccato per l'occasione dal dubbioso generale Amru su ordine del califfo Omar I.
 Tuttavia, già all'università questa storia mi veniva presentata come una leggenda. La biblioteca d'Alessandria aveva avuto appunto un inizio sfolgorante sotto Tolomeo, generale di Alessandro Magno, proclamatosi faraone, ed una serie di ottimi bibliotecari fino al 147 a. C., quando, in un caos politico dinastico, il nuovo imperatore decise che basta eruditi, era l'ora di piazzare a capo della biblioteca un militare.
 La biblioteca a quel punto subì per i secoli successivi una serie di attacchi, depauperazioni, razzie e incendi di varia natura e mano:
1) I Romani, (tra un assedio e un attacco e l'altro).
2) I cristiani.  I quali in un attacco di fanatismo uccisero anche Ipazia, figlia del bibliotecario Teone.
3)Terremoti.
4) Colpo di grazia islamico nel 600 d. C.
 Diciamo che tutti, per motivi vari, che andavano dal furto, alla disattenzione, al fanatismo, ci hanno messo del loro per  radere al suolo una delle grandi meraviglie dell'antichità.

LA STEGANOGRAFIA:
Cos'è? Si tratta della criptazione di un messaggio che due interlocutori non vogliano che gli altri, ovviamente, capiscano, inserita in un altro messaggio, innocuo.
  Esempio facile facile: io scrivo un cartello "Ceretta istantanea a orsi" per dire Ciao al mio vicino di casa, il quale, sapendo che deve leggere solo le prime lettere delle parole, capirà subito il messaggio, mentre il resto del vicinato mi crederà impazzita.
 L'abate tedesco Giovanni Tritemio, pseudonimo di Johannes Heidenberg, scrisse un trattato di Steganografia in tre volumi che iniziò a circolare ancor prima della pubblicazione (e che sosteneva gli fosse stato dettato in sogno) e, preso dal panico, per l'utilizzo che già se ne stava iniziando a fare, il buon Tritemio bruciò. Furono infine pubblicati tre volumi, postumi, che nascondono un'interessante storia alla Indiana Jones. 
 Se i primi due volumi erano infatti chiaramente dei metodi crittografici di varia natura e complessità, il terzo conteneva solo numeri, tanto che, visti i poliedrici interessi del buon abate che se la intendeva anche di magia, si credeva fossero formule magiche senza un vero significato. Due ricercatori, Thomas Ernst e Jim Reeds scoprirono invece una ricorrenza nella ripetizione dei numeri e poterono ricavare un codice alfanumerico nascosto in quelle che sembravano elucubrazioni magiche per noi senza senso.
 Tritemio aveva criptato il suo libro, una genialata se ci si pensa: un libro di crittografia criptato.

BRECHT:
 Molti conoscono le più famose poesie di Brecht sul periodo nazista. Mai giorno fu più adatto per la sua "Die Bucherverbrennung" sul rogo dei suoi libri ad opera del regime hitleriano.

  Quando il regime ordinò che in pubblico fossero arsi

i libri di contenuto malefico e per ogni dove
furono i buoi costretti a trascinare
ai roghi carri di libri, un poeta scoprì
- uno di quelli al bando, uno dei meglio - l'elenco
studiando degli inceneriti, sgomento, che i suoi
libri erano stati dimenticati. Corse
al suo scrittoio, alato d'ira
e scrisse ai potenti una lettera.
 Bruciatemi! scrisse di volo, bruciatemi!

Questo torto non fatemelo! Non lasciatemi fuori! Che forse

la verità non l'ho sempre, nei libri miei, dichiarata? E ora voi

mi trattate come fossi un mentitore! Vi comando: bruciatemi!
  
 Lo so, in molti obietteranno che il digitale ci salverà, ma non è così semplice. Ho in mente un bel posto sulla manipolazione delle masse e sul sapere che si vuole diventi virale. Vi do solo due titoli per riflettere: i due libri con maggiore diffusione nella storia del mondo sono stati la Bibbia e "Il libretto rosso di Mao". Per ora, the end.