Le scuole medie sono un'età ingrata.
Sono sempre stata abbastanza convinta infatti che esse siano state create dal ministero della pubblica istruzione, o chi per lui, per isolare per tre anni in una sorta di limbo un branco di ragazzini scalmanati in preda agli ormoni della crescita.
Non mi spiego altrimenti l'esistenza di tale istituzione dove ricevi un'infarinata di tutto, persino di educazione musicale e tecnica, ma fondamentalmente impari poco e niente.
Una delle pochissime cose che ricordo dei tre anni scolastici peggiori della mia vita (come tutti quanti ho visto cose che mi sarei risparmiata abbondantemente), sono quelle indimenticabili finestrelle con la vita dell'autore al lato dei testi nelle antologie di italiano.
Io e la mia migliore amica li studiavamo con solerzia, sospinte in quella dubbia attività che è la critica letteraria, da un grasso e rubizzo professore (bravissimo peraltro) dedito alle poesie in romanesco e alla raccolta delle nocciole, attività assai più redditizia dell'insegnamento.
Leggendo la vita degli autori tutto diventava chiarissimo: Leopardi esprimeva il suo pessimismo cosmico vagando come un'anima in pena per mezza Italia lamentandosi di continuo, Manzoni ebbe una crisi agorafobica durante il matrimonio di Napoleone (ricordo anche l'indimenticabile nome di sua moglie, Enrichetta Blondel), Catullo era innamoratissimo di Clodia da lui poi trasformata in Lesbia, e boh chissà se Laura e Beatrice esistevano davvero, nel dubbio Dante e Petrarca le ammiravano da lontano.
Insomma, delle medie ricordo principalmente questo: conoscere la vita degli autori rende assai più comprensibile e affascinante la lettura dei loro testi.
di Elsa Morante, Moravia, Svevo. Ariosto e compagnia cantante, mi risuonano fastidiosamente nella mente tutte le volte che sento parlare della famosa Elena Ferrante.
Le finestrelle in alto a sinistra con le biografie
Sono tre anni che chiunque in qualsiasi libreria consiglia la clarissima Elena e la sua tetralogia de "L'amica geniale" che io, almeno per il momento, volontariamente non ho letto.
Ci sono due motivi per cui non mi convinco a concedermi alla Ferrante (cosa che certo non la traumatizzerà, ma oh, ce volevo scrive un post):
1) Anni fa lessi "I giorni dell'abbandono" (e vidi persino il terrificante film) e lo trovai di una bruttezza talmente profonda da farmi chiedere: perché?
2) Io, 'sta cosa che non vuole dire chi sia la trovo disturbante.
Su questo secondo punto, comprendo, entriamo in un ginepraio di difficile gestione.
Da una parte il non disvelamento della Ferrante mette il dito in una gigantesca piaga dell'editoria moderna dove ormai, spesso e volentieri la personalità dello scrittore o della scrittrice è assai più rilevante e interessante di ciò che scrive.
Nel libro che ho brevemente recensito ieri, "Un giorno questo dolore ti sarà utile", la sorella aspirante scrittrice del protagonista, si lamenta per non aver avuto abbastanza tragedie personali: una sua compagna di classe al corso di scrittura creativa, anoressica e con famiglia disfunzionale magnum, infatti, aveva già la pubblicazione garantita.
Ed è la stessa motivazione addotta dalla vera autrice di "Ingannevole è il cuore sopra ogni cosa", che mise su una farsa allucinante con la sorella del suo compagno facendola passare per J. T. Leroy, giovane sessualmente confuso con madre prostituta che lo aveva strappato all'amore della famiglia adottiva. Temendo di non essere abbastanza interessante, ingannò il proprio editore per anni. Editore che successivamente le fece causa, ma che realisticamente si sarebbe reso assai meno disponibile a pubblicarla se non avesse subodorato clamore mediatico.
Da un'altra parte però ci sono due punti, secondo me, assai controversi su questa reticenza della Ferrante:
1) Alimentando il misterioso mistero sulla sua figura sta facendo esattamente ciò che dice di non voler fare, ossia sta rendendo più interessante il personaggio dello scrittore.
Se fosse solo un'autrice assai timida o non desiderosa per motivi personali di mostrarsi in pubblico, potrebbe fare come ha, per lunghissimo tempo, fatto il buon Salinger: starsene il più lontano possibile da chiunque e minacciare i suoi fan dalla sua isolata magione.
Alimentare invece una curiosità che non si può fingere di non aver almeno minimamente calcolato rende la questione quanto meno sospetta.
(Per essere chiari, non sono una komplottista che immagina un esercito di ghost writer a lavoro, per me può essere anche una sola persona che però è perfettamente conscia dell'effetto del suo non disvelamento e a me cose del genere non è che piacciano molto).

Le poesie di Emily Dickinson saranno sempre belle, ma sapere che l'autrice era una donna che per trent'anni ha vissuto chiusa in casa della sorella getta un'ombra diversa sui suoi versi, quelle di Sylvia Plath rispecchiano una vita brevissima ed inquieta. "La Gerusalemme liberata" è frutto di un travaglio interiore del povero Tasso di cui tutti ricordiamo la celebre quercia romana e di Keats sappiamo che morì a venticinque anni profondamente innamorato.
La scrittura, come tutte le arti, ma ancor di più, per le sue specifica gestazione, prolungata nel tempo e talvolta anche nello spazio, ha un legame con la vita, non solo interiore, del suo autore, particolarmente profonda.
Leggere un libro senza poter conoscere nulla dello scrittore, specialmente se essa è stata addirittura inserita in una lista dei cento pensatori più influenti del mondo, mi disturba.

Perciò non dubito che leggendo la famosa tetralogia possa trovarla scorrevole e bella, ma non ce la faccio. Penso sempre a quelle finestrelle delle scuole medie e a me che in biblioteca, quando internet a casa era ancora un miraggio, stampavo ansiosamente tutte le informazioni possibili sulla mia scrittrice preferita, Marion Zimmer Bradley, e a casa conservavo tutto quello che la riguardava gelosamente, sognando in cuor mio di incontrarla un giorno (cosa precocemente impossibile visto che è morta nel 1999). Non lo facevo per un morboso bisogno di notizie, ma per sapere chi fosse quella donna che da qualche parte dall'altro capo del mondo era riuscita a spiegarmi tante cose di me.
Avevamo qualcosa in comune? Cosa l'aveva resa speciale? Come erano nati i suoi libri? Perché scriveva proprio quelle storie?
Quando scrivi non puoi più nasconderti.
E voi cosa ne pensate di codesto tema a base di Ferrante?