Pagine

giovedì 26 marzo 2015

Del perché non mi convince l'anonimato di Elena Ferrante: rimanere nell'ombra è lecito o quando scrivi non puoi più nasconderti? Per me è la seconda che ho detto, me l'hanno insegnato alle scuole medie e non lo rinnego.

 Le scuole medie sono un'età ingrata. 
 Sono sempre stata abbastanza convinta infatti che esse siano state create dal ministero della pubblica istruzione, o chi per lui, per isolare per tre anni in una sorta di limbo un branco di ragazzini scalmanati in preda agli ormoni della crescita.
 Non mi spiego altrimenti l'esistenza di tale istituzione dove ricevi un'infarinata di tutto, persino di educazione musicale e tecnica, ma fondamentalmente impari poco e niente.
 Una delle pochissime cose che ricordo dei tre anni scolastici peggiori della mia vita (come tutti quanti ho visto cose che mi sarei risparmiata abbondantemente), sono quelle indimenticabili finestrelle con la vita dell'autore al lato dei testi nelle antologie di italiano.
 Io e la mia migliore amica li studiavamo con solerzia, sospinte in quella dubbia attività che è la critica letteraria, da un grasso e rubizzo professore (bravissimo peraltro) dedito alle poesie in romanesco e alla raccolta delle nocciole, attività assai più redditizia dell'insegnamento.
 Leggendo la vita degli autori tutto diventava chiarissimo: Leopardi esprimeva il suo pessimismo cosmico vagando come un'anima in pena per mezza Italia lamentandosi di continuo, Manzoni ebbe una crisi agorafobica durante il matrimonio di Napoleone (ricordo anche l'indimenticabile nome di sua moglie, Enrichetta Blondel), Catullo era innamoratissimo di Clodia da lui poi trasformata in Lesbia, e boh chissà se Laura e Beatrice esistevano davvero, nel dubbio Dante e Petrarca le ammiravano da lontano.
 Insomma, delle medie ricordo principalmente questo: conoscere la vita degli autori rende assai più comprensibile e affascinante la lettura dei loro testi.
  di Elsa Morante, Moravia, Svevo. Ariosto e compagnia cantante, mi risuonano fastidiosamente nella mente tutte le volte che sento parlare della famosa Elena Ferrante.
Le finestrelle in alto a sinistra con le biografie
 Sono tre anni che chiunque in qualsiasi libreria consiglia la clarissima Elena e la sua tetralogia de "L'amica geniale" che io, almeno per il momento, volontariamente non ho letto.
 Ci sono due motivi per cui non mi convinco a concedermi alla Ferrante (cosa che certo non la traumatizzerà, ma oh, ce volevo scrive un post):
1) Anni fa lessi "I giorni dell'abbandono" (e vidi persino il terrificante film) e lo trovai di una bruttezza talmente profonda da farmi chiedere: perché?
2) Io, 'sta cosa che non vuole dire chi sia la trovo disturbante.
 Su questo secondo punto, comprendo, entriamo in un ginepraio di difficile gestione.
 Da una parte il non disvelamento della Ferrante mette il dito in una gigantesca piaga dell'editoria moderna dove ormai, spesso e volentieri la personalità dello scrittore o della scrittrice è assai più rilevante e interessante di ciò che scrive.
 Nel libro che ho brevemente recensito ieri, "Un giorno questo dolore ti sarà utile", la sorella aspirante scrittrice del protagonista, si lamenta per non aver avuto abbastanza tragedie personali: una sua compagna di classe al corso di scrittura creativa, anoressica e con famiglia disfunzionale magnum, infatti, aveva già la pubblicazione garantita.
 Ed è la stessa motivazione addotta dalla vera autrice di "Ingannevole è il cuore sopra ogni cosa", che mise su una farsa allucinante con la sorella del suo compagno facendola passare per J. T. Leroy, giovane sessualmente confuso con madre prostituta che lo aveva strappato all'amore della famiglia adottiva. Temendo di non essere abbastanza interessante, ingannò il proprio editore per anni. Editore che successivamente le fece causa, ma che realisticamente si sarebbe reso assai meno disponibile a pubblicarla se non avesse subodorato clamore mediatico. 
Da un'altra parte però ci sono due punti, secondo me, assai controversi su questa reticenza della Ferrante:
 1) Alimentando il misterioso mistero sulla sua figura sta facendo esattamente ciò che dice di non voler fare, ossia sta rendendo più interessante il personaggio dello scrittore. 
 Se fosse solo un'autrice  assai timida o non desiderosa per motivi personali di mostrarsi in pubblico, potrebbe fare come ha, per lunghissimo tempo, fatto il buon Salinger: starsene il più lontano possibile da chiunque e minacciare i suoi fan dalla sua isolata magione.
 Alimentare invece una curiosità che non si può fingere di non aver almeno minimamente calcolato rende la questione quanto meno sospetta.
 (Per essere chiari, non sono una komplottista che immagina un esercito di ghost writer a lavoro, per me può essere anche una sola persona che però è perfettamente conscia dell'effetto del suo non disvelamento e a me cose del genere non è che piacciano molto).
2) Il suo essere tanto misteriosa rende vano quell'esercizio letterario a cui, per lunghi anni, ci siamo dedicati alle scuole elementari, medie e superiori. Conoscere, nei limiti della privacy, la vita degli scrittori permette di dare ai testi che si leggono una doppia profondità, una chiave di lettura che può dare chiarezza a punti oscuri o renderne altri, puliti e luminosi, incomprensibili e inquietanti.
 Le poesie di Emily Dickinson saranno sempre belle, ma sapere che l'autrice era una donna che per trent'anni ha vissuto chiusa in casa della sorella getta un'ombra diversa sui suoi versi, quelle di Sylvia Plath rispecchiano una vita brevissima ed inquieta. "La Gerusalemme liberata" è frutto di un travaglio interiore del povero Tasso di cui tutti ricordiamo la celebre quercia romana e di Keats sappiamo che morì a venticinque anni profondamente innamorato.
 La scrittura, come tutte le arti, ma ancor di più, per le sue specifica gestazione, prolungata nel tempo e talvolta anche nello spazio,  ha un legame con la vita, non solo interiore, del suo autore, particolarmente profonda. 
Leggere un libro senza poter conoscere nulla dello scrittore, specialmente se essa è stata addirittura inserita in una lista dei cento pensatori più influenti del mondo, mi disturba.

 Chi è che sta pensando? Ho bisogno di guardarlo in faccia, di sapere. Mi sembra che così si possa avere un rapporto onesto tra scrittore e lettore, di reciproca necessaria fiducia per creare un legame, che, a prescindere da quel che si dice è ciò che chi scrive cerca, altrimenti non tenterebbe di far pubblicare il proprio libro o brucerebbe (come molti scrittori hanno fatto o desiderato fare) i suoi scritti.
 Perciò non dubito che leggendo la famosa tetralogia possa trovarla scorrevole e bella, ma non ce la faccio. Penso sempre a quelle finestrelle delle scuole medie e a me che in biblioteca, quando internet a casa era ancora un miraggio, stampavo ansiosamente tutte le informazioni possibili sulla mia scrittrice preferita, Marion Zimmer Bradley, e a casa conservavo tutto quello che la riguardava gelosamente, sognando in cuor mio di incontrarla un giorno (cosa precocemente impossibile visto che è morta nel 1999). Non lo facevo per un morboso bisogno di notizie, ma per sapere chi fosse quella donna che da qualche parte dall'altro capo del mondo era riuscita a spiegarmi tante cose di me.
 Avevamo qualcosa in comune? Cosa l'aveva resa speciale? Come erano nati i suoi libri? Perché scriveva proprio quelle storie?
 Quando scrivi non puoi più nasconderti.

 E voi cosa ne pensate di codesto tema a base di Ferrante?

mercoledì 25 marzo 2015

Piccole recensioni tra amici, il ritorno! Indiani, fili conduttori, speed date letterari, famiglie felici a modo loro e piene di arcobaleni e ragazzini con dubbi amletici, per una serie di stellati consigli.

Creamy simbolo della rubrica stellata
Dopo qualche giorno di colpevole assenza, in cui si sono sovraffollati decine di eventi e casini vari ed eventuali che mi hanno tenuto lontana dalla mia amata e quieta scrivania, torno a trasmettere regolari post. 

Ritorno con un "Piccole recensioni tra amici", l'unica rubrica che riesco a tenere con vaga regolarità, forse perché l'unica con un senso, ma bando agli indugi e alla stanchezza, ecco a voi le mie divaghevoli recensioni!




"NESSUN DIO IN VISTA" di Altaf Tyrewala ed. Feltrinelli:
 Un espediente narrativo molto particolare, secondo me davvero avvincente eppure (sempre secondo me) non abbastanza usato, è quello per cui i singoli capitoli appartengono a personaggi diversi che si passano la palla della narrazione in modo casuale.
  Mi spiego meglio: A parla e casualmente incontra B, il punto di vista allora diventa di B che incontra C e allora il punto di vista scala a C che poi incontra D e via così fino alla fine. 
 Generalmente il filo conduttore che lega i capitoli è così lieve che dopo un po' si stenta a ricordare dove e perché avevamo cominciato a leggere, ma se lo scrittore è davvero bravo si scopre che non è poi così importante. "Nessun dio in vista" è in parte così. 
 Breve il giusto, incalzante il giustissimo, molto veloce e vivido, descrive un'India moderna e inedita ed è opera di un giovane scrittore un po' bohemienne che riversa tra le righe una certa dirompente freschezza.
  Ci sono i soliti mendicanti, la miseria lungamente raccontata da numerosi film e la ricchezza opulenta, ma ci sono anche medici abortisti con madri credenti molto addolorate, storiche (e incomprensibili per molti cittadini) rivalità tra hindu e islamici, coppie che sperano in un futuro migliore, attacchi terroristici, misteri familiari e macellai.
 Ognuno di noi possiede un mondo, non esiste persona che non abbia una storia da raccontare, splendida o terribile che sia, e questo libro saltabeccando per una ventina di gradi di separazione che chiudono infine un'enorme cerchio, cerca di dimostrarlo con bozzetti di personalità, tutte ben riuscite. Come se fosse uno speed date letterario e ogni cinque minuti suonasse la campanella. Quante altre cose avrebbe potuto dirci il macellaio dal cuore tenero? E l'insegnante di poesia tossicodipendente? Meno male che ci siamo liberati del serial killer! Chi è il porssimo?
 Unica grossissima pecca: sarebbe servito un piccolo apparato di note. Molti riferimenti storici e culturali sono incomprensibili se non si è amanti del subcontinente indiano, anzi oserei dire alcuni capitoli (follia non spiegare neanche perché il nome di un personaggio dovrebbe suscitare cotanta ilarità o sgomento in tutti gli altri, ce voleva tanto?).
 Consigliatissimo agli amanti dei racconti e degli scrittori indiani, per tutti gli altri, se vi capita, non disdegnate.

"FIGLI DELL'ARCOBALENO" di SAMUELE CAFASSO ed. Donzelli:
 In Italia, poiché siamo indietro anni luce dalla civiltà, oltre a non esserci leggi a tutela dei diritti delle persone omosessuali, c'è e tocca dirlo, un'enorme confusione sulla tematica.
  In particolare, e ciò è tanto più assurdo e colpevole visto che si parla anche della vita di infanti e pargoli, si ha una grandissima confusione sulle famiglie omogenitoriali, trattate dai reazionari come una catastrofe che non dovrà mai avvenire, quando è una realtà che esiste già da anni e sta aumentando esponenzialmente.
 Samuele Cafasso ha scritto su di loro questo delizioso reportage composto da singole storie che gettano luce su un fatto tanto misterioso quanto semplice: numerose coppie gay, in mancanza di una normativa italiana, si rivolgono all'estero per avere un figlio. Le testimonianze raccolte, senza bisogno di molti filtri, rispondono a tante domande: come decide una coppia gay di avere un bambino? Cosa succede al genitore non biologico in caso di separazione o morte del compagno/a? Come reagiscono le persone quando vengono a contatto con una famiglia arcobaleno? A tutto c'è una risposta e non sempre è terribile. Gli italiani sono molto più evoluti di quanto non vogliano far credere, peccato che riescano a nasconderlo tanto bene.
  Tra le storie raccolte, due hanno un legame particolare con i libri e il loro potere. La prima è quella Francesca Pardi e della sua compagna che volevano spiegare ai loro quattro pargoli come fosse nata la loro famiglia, peccato che in Italia non esistessero libri per bambini figli di coppie gay. Dopo aver scritto una storia, rifiutata all'ultimo da una grande casa editrice, hanno fondato la loro casa editrice, Lo Stampatello, soggetta a ripetuti tentativi di censura nelle biblioteche comunali a opera di consiglieri estremisti. Stessa storia di censura bibliotecaria (su cui al Bologna Children Bookfair l'Aib ha organizzato un incontro apposito) le accomuna alla storia di Camilla Seibezzi, consigliera comunale a Venezia dove gettò scompiglio per aver acquistato presso la piccola libreria "Il libro con gli stivali" una serie di libri per bambini per le biblioteche scolastiche, il cui tema comune era insegnare ai bambini la lotta agli stereotipi e alla discriminazione. Un progetto che in Olanda sarebbe acqua fresca, qua momenti veniva giù il Veneto.
Parafrasando il buon Tolstoj che incipitava "Tutte le famiglie felici si assomigliano tra loro" e questo libro dimostra che non c'è niente di più vero.
 Consigliatissimo a chiunque senta di volerne sapere più di Salvini sul tema (cioè a tutti, pure al vostro cane).

"UN GIORNO QUESTO DOLORE TI SARA' UTILE" di Peter Cameron ed. Adelphi:
Io ce l'ho con questa misteriosa copertina
 Ve lo dico, un giorno questa lettura non vi sarà molto utile.
 Di Cameron non ho letto nulla, ma mi riprometto di farlo, intanto vi dico che questo molto celebrato libro, a cui è seguito uno strambo e non molto celebrato film americano di Faenza in cui bivacca persino Lucy Liu, a mio parere non vale questo granché. E' grazioso come romanzo di formazione da dare in pasto agli adolescenti, ecco anzi un tomo che varrebbe la pena di propinare ai ragazzini invece di quelle porcherie amorose o alle finte fanfiction di Amici by Chicco Sfondrini.
 E' la storia di un adolescente afflitto da un'inspiegabile mal di vivere che potrebbe essere attribuito a diversi fattori: una famiglia ricchissima in cui tutti sono concentrati (male) su loro stessi, un'eccessiva sensibilità che gli impedisce di avere rapporti di amicizia con i propri coetanei e quell'ansia per il futuro che, quando è nei limiti della sopportazione è normale, quando causa crisi di panico rischia di sfondare nel patologico. Tutta la storia corre sui binari del: questo ragazzino ha davvero qualcosa che non va o come diceva Calvino, "alle volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane"?
 La sua storia, breve e senza particolari sussulti, si svolge in una Manhattan iperprotetta, tra padre avvocato, madre gallerista che si sposa in modo seriale, sorella aspirante scrittrice e maldestri tentativi di attirare l'attenzione (e anche punizioni un po' troppo eccessive) mentre su tutto aleggia una piccola grande debacle personale di recente memoria.
 Carina l'idea, agrodolce la conduzione, splendida la scena del ricordo finale che, a mio parere, è l'unica che ha un vero valore letterario, come se in un film un po' televisivo, di colpo, ci fosse la scena da vero autore (scena ovviamente omessa nel film di Faenza).
 Quattro stelle se avete diciassette anni, tre meno meno se ne avete di più.
Da leggere in un viaggio in treno.

E voi ne avete letto qualcuno? Vi incuriosisce qualcosa? Testimoniate!


domenica 22 marzo 2015

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Ricerche".

Reduce da una bellissima gita in quel di Torino (e soprattutto da una visita al museo del cinema che è fantastico!), posto stancherrima, codesta vignetta.
 Alcuni clienti, come ormai ben sapete, si comportano come se si trovassero in "Alice nel paese delle meraviglie" e hanno un'idea della geografia interna ed esterna degna dello Stregatto: "Per andare dove dobbiamo andare, dove dobbiamo andare?"
 Ecco di cui sotto un'osservazione degna del Brucaliffo.
Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Ricerche".




venerdì 20 marzo 2015

L'illecita passione per le telenovelassss: inquietante fascinazione trash o archetipo narrativo che è sempre esistito e sempre esisterà? Orestiade, re Artù, Lancillotto, Anna Karenina e Josè Aureliano Buendìa ci rispondono (con la colonna sonora di Laura Pausini)

 Durante la mia ultima discesa alle terre natie, mia nonna mi ha introdotto inavvertitamente ad una nuova ossessione trash: "Il segreto". 
Premetto che io non sono mai stata un'amante di nessuna telenovela, né tanto meno lo è mai stata mia madre che le ritiene stupidaggini fonte di un male assoluto principale: i nomi insensati dati ai figli. Citava quale prova inconfutabile un esercito di bambine inopportunamente chiamate Topazia o Diamante.
 Il mio principale punto di contatto con tale inquietante pratica televisiva fu durante l'esame di terza media
 La mia migliore amica nonché compagna di banco con cui studiavo alacremente, era una grandissima fan di "Beautiful" che vedeva con sua nonna. Tentò anche di farmi appassionare, senza successo. Tuttavia, riuscì nell'impresa di costringermi a vedere quasi tre settimane di "Sentieri".
 Il mio ricordo di tale esperienza è ancora vivo perché, almeno in quel periodo, tale folle soap opera, andava ben oltre le frontiere del reale e dell'ammmmore, erano infatti presenti due personaggi da fantascienza: una tizia clonata e un'altra che, dall'oltretomba guidava verso il ritorno alla vita un personaggio in coma.
 Memore di ciò, la mia nuova passione per "Il segreto" mi pare quasi risibile visto che per ora la cosa più fantascientifica sono le sopracciglia e il trucco perfetto di tutti i personaggi femminili, pure le sguattere (anche se pure il prete modello è fonte di perplessità).
 Ma è davvero così disdicevole appassionarsi ad una serie in cui gli ingredienti principali sono i continui e surreali incroci amorosi tra gli stessi personaggi? In cui il potere e i legami familiari sono così contorti da non renderti più possibile ricordare chi è figlio di chu o nipote o marito o moglie?
 Vi dimostrerò che questa tendenza alla telenovela è stata sempre presente nella narrativa umana. Come? Scopritelo nell'elenco di seguito!

I MITI GRECI: 
Se cercate qualcosa di veramente contorto a livello di relazioni familiari, incesti, fratelli che sposano le mogli degli altri fratelli, mariti che mettono incinte innumerevoli amanti nei modi più assurdi e fantasiosi, resurrezioni, cambiamenti di sesso, ritorni dall'aldilà, vendette, sangue, gnocche stratosferiche, denaro, vita eterna e qualsiasi altra cosa possa venirvi in mente, ebbene, comprate un dizionario della mitologia greca.
Che gran popolo che erano gli antichi greci. Io trovo questo
vaso impressionante
 La sola passione di Zeus per qualsiasi donna piacente si muovesse sul globo terracqueo basterebbe a riempire i pomeriggi di qualsiasi casalinga, senza contare che la sua fissazione per forme di fecondazione sempre nuove (cigno che si unisce a donna, pioggia d'oro che si unisce a Vestale, lo so che era Giove, ma vale lo stesso, tori rapitori di donzelle) appagherebbe i più sordidi desideri delle fan di mr Grey.
 Se siete un autore tv in cerca di una nuova idea per una serie, basta aprire Eschilo e leggere con cognizione di causa le Orestiadi.  C'è tutto, moglie vendicativa, amante, figli di primo, terzo e secondo letto, giovani amanti votate alla tragedia e al vaticinio, figli che non reggono il confronto con i genitori, onore da difendere, suicidi particolari (mi riferisco al mito di Erigone che si impiccò generando un'epidemia di emulazioni tra le ragazze della sua età che terminò solo con l'invenzione dell'altalena, la quale dava la sensazione alle giovini di penzolare da un albero, senza la morte annessa. Lo so, è assurdo, ma se ci pensate geniale).

I CICLI CAVALLERESCHI:  
C'è un re chiuso nel suo castello, ha il potere, un esercito di cavalieri valorosi e fedeli, ma una moglie sterile e spaccapalle che oltretutto se la fa col suo migliore amico.
 Sto parlando di re Artù, l'insopportabile Ginevra e il prode Lancillotto (che non si nega anche una sospetta liaison gaya con Galeotto, quello che si prodigò per accoppiarlo con l'infedele regina). I cicli cavallereschi che, non per nulla, appassionavano dame di tutte le corti europee, davano sfogo a quel desiderio di illecito, di passione, di proibito, di avventura e magia che donzelle sognanti e donzelli aspiranti, anelavano nella loro vita.
 In re Artù, in tutto il ciclo bretone, nelle storie dei trovatori e trovieri, da Erec e Enide, il ciclo carolingio re, regine, mostri, magia, onore e passione correvano intrecciandosi ben oltre il confine del reale.
 Se volete leggere una rivisitazioni romanzesca, molto bella, straconsiglio il celebre "Le nebbie di Avalon" che rivisita la leggenda arturiana vedendola dal punto di vista di Morgana che, forse, non era cattiva come si è sempre creduto, ma agiva nell'ottica di un bene più grande. Tra isole incantate, amori perduti e soprattutto non corrisposti, aborti, figli illegittimi cresciuti da gente malvagia, santo Graal, rapimenti e menage a trois, c'è tutto per tenervi svegli la notte.
 E farvi chiedere: ancora, ancora, ancora.

GRANDI ROMANZI '700-'800:
 Cos'è "Il conte di Montecristo", pagato a pagine e perciò lunghissimo issimo issimo (passare le prime 100 o 150 è un'impresa, ma dopo entri in un mondo), se non una gigantesca e maestosa telenovela storica. Un uomo, buono e gentile, giovane e bello, sull'orlo della felicità amorosa, viene rinchiuso per anni in un sotterraneo lontano assieme ad un misterioso abate. Molto tempo dopo, vampiresco, astutissimo e assetato di vendetta, riesce a scappare e, colmo di ricchezze provenienti dal tesoro dell'abate, cerca i suoi persecutori. 
 Poteva essere "Kill Bill", ma per fortuna Dumas preferisce la narrazione degli intrecci tra i personaggi: ex fidanzate che si sono vendute al miglior offerente, bellissime donne esotiche e devote, una Roma abitata da briganti, figlie lesbiche in fuga e un intreccio a base di tradimenti e infedeltà che Dinasty se lo sogna.
 E questo è niente. Vogliamo mettere Anna Karenina? E la complicatissima nobiltà russa affrescata in "Guerra e pace"?
 Se pensate che abbia le visioni, pensate sempre che "Elisa di Rivombrosa" basò il suo intreccio principale su "Pamela" di Richardson (tanto che all'epoca vi fu un picco delle vendite del libro dovuto alla follia delle sciure).

CENT'ANNI DI SOLITUDINE:
 Molti mi prenderanno per un'eretica, ma non potevo non citarlo. 
 Un libro, sudamericano, in cui tutti i personaggi hanno gli stessi identici tre nomi costringendoti ad una maratona della memoria (o ad uno schema, come quello che mi ero fatta su un quaderno all'epoca dell'interrogazione alle superiori), dove ci sono donne bellissime che assurgono al cielo, gemelli che non si somigliano, bambini rapiti da animali e contorte dinamiche familiari da incubo, non può essere ignorato.
 Possiamo dirci ciò che vogliamo, ma anche un capolavoro della letteratura può attingere a piene mani da un archetipo narrativo popolare: natura selvaggia, famiglia problematica e con troppi parenti che figliano e si sposano, intrecci molestissimi tra tutti.
 "Cent'anni di solitudine", prossimamente sui nostri schermi con una sigla di Laura Pausini.

E voi avete qualche altro classico telenoveloso da segnalare? Non siate timidi!

venerdì 13 marzo 2015

Di cosa parliamo quando parliamo di narrativa rosa. Perché un'autrice donna che scrive d'amore e di cibo è per forza rosa rosa e un autore uomo scrive d'amore e di sicuro ironico? La vittima più illustre di codesto pregiudizio: Fannie Flagg.

Che esista la sezione di narrativa rosa questo lo sappiamo tutti. 

Che in questa sezione vengano stipati libri che potrebbero stare solo lì anche perché nella stragrandissima maggioranza dei casi sono stati scritti non su ispirazione, ma su commissione, per rispondere alle esigenze di un vasto pubblico pagante che adora il genere sappiamo pure questo.
 Non farò la Catone il censore della situazione perché lo trovo stupido: se l'editoria è anche un'industria e si riconosce un bacino di utenza altocomprante, perché non dar loro quello che vogliono? Perciò io non sono così ipocrita da dire che certe cose non dovrebbero essere stampate.
 Se le sciure e le ragazzine (e qualche uomo) amano il genere è giusto che abbiano quanto richiede, del resto se la vediamo da una certa ottica pure le storie di Lancillottp-Ginevra e re Artù possono essere viste come una telenovela ante litteram (peraltro, a prestissimo un posto sull'argomento).
 Ciò che non sopporto è che avvengano due cose:
1) Gli scrittori maschi che pure si applicano al genere, in ragione del loro sesso di appartenenza non vengano infilati nel settore ma nella narrativa "seria".
2) Che al contrario scrittrici donne serie vengano infilate nella narrativa rosa solo in quanto donne.
 Il secondo caso diventa ancora più spinoso nel momento in cui tali autrici donne si azzardano a parlare di cose ritenute prettamente femminili come l'ammmmore, la passione e la cucina.
Dalle sue foto su internet, Fannie Flagg sembra essere esattamente
come immagini dai suoi libri: molto allegra, molto ironica e
molto folle.
 Ho visto colleghi infilare Catherine Dunne nella sezione rosa e Moccia vicino a Moravia, ma, se è vero che noi non possiamo conoscere tutte le trame e quindi capita di errare, non comprendo come possano prendere cantonate i giornalisti che recensiscono i libri.
 Questo post è infatti nato dopo che questa mattina ho letto un articolo lancio per un libro, bellissimo, dato in allegato con il Corriere della sera: "Pomodori verdi fritti alla fermata di Whistle" di Fannie Flagg, al secolo Patricia Neal.
 Molte e soprattutto molti purtroppo non conosceranno questa deliziosa autrice del sud degli Stati Uniti dal cui libro più famoso fu tratto anni fa un grazioso film che tradiva però molto il senso (non però le atmosfere, ben rese) del libro.
 Mi ricordo che "Pomodori verdi fritti alla fermata del treno" era uno dei film di un pacchetto acquistato da la7 e credo prima ancora Tmc che di tanto in tanto lo riproponeva con gran gioia di mia madre che, essendo una donna con un gusto un po' particolare, amava il pezzo del braccio mancante del figlio di Ruth, trovandolo particolarmente poetico.
 La storia, per chi non la conoscesse, ma vi caldeggio ampiamente la lettura, parla dell'amicizia e poi dell'amore (nel film solo accennato, ma nel libro perfettamente esplicito) tra due donne, Ruth e Idgie. Ruth è dolce e buona, all'inizio ha una cotta per il fratello maggiore di Idgie, che è una ragazzina letteralmente scatenata, ma questi muore sotto le rotaie di un treno. Dopo la disgrazia si sposa con un tizio che sembra tanto a modo e invece si rivela dedito alla violenza domestica, passano gli anni Idgie cresce e scopre l'inferno in cui vive l'amica.. 

Nel frattempo, poiché siamo negli anni '20-'30 nel sud degli Stati Uniti, la tensione razziale è altissima, i neri vengono trattati come bestie, i razzisti (anche sotto le vesti del Ku Klux Klan) imperversano violenti senza punizione e con vaga riprovazione e non tutte le loro vittime sopravvivono.
  Ci sono soprattutto due personaggi che scompaiono dal film (in cui peraltro viene stravolto il finale e vanificata gran parte della trama), e sono fondamentali per la descrizione del contesto di odio razziale: sono i gemelli Jasper e Artis, figli di una coppia di colore, nascono il primo con la pelle più chiara e il secondo nerissimo.
 Vivranno la loro vita in modi diametralmente opposti: il primo calmo e ligio al dovere si costruirà una famiglia, il secondo, dall'indole inquieta rinfocolata dal razzismo che lo circonda, cercherà la pace in troppi luoghi sbagliati, nella città, nel jazz, nelle donne. Ma non c'è pace per chi non è capace di trovarla.
 Ebbene questo libro, scritto deliziosamente, che riesce ad unire la leggerezza di una piccola comunità molto unita, destinata alla fine a causa dell'imminente progresso tecnologico, ai travagli emotivi di una donna moderna che non riesce ad esserlo abbastanza, alla storia di quello che fu (e che è in parte ancora) il razzismo e la segregazione razziale nel sud degli Usa. Il tutto descrivendo una storia d'amore tra due donne con grazia, senza essere mai pedante o didascalica.
Ebbene, questo libro viene spacciato, anche grazie ad articoli come quello del Corriere, per qualcosa che non è: storia d'ammore (con uomini morti in questo caso) e di cucina. Lasciando così intendere che se sei donna e speri di scrivere di cose serie appoggiandoti al cibo e ad un linguaggio che è fintamente leggero, sei destinata a finire solo nelle mani della sciura di turno.
 Fannie Flagg è davvero un caso limite e particolare, ma apre a varie domande: cosa rende un libro un tomo di narrativa rosa? Basta la storia d'amore? Basta la presenza di un principe azzurro? Bastano i bei vestiti o il cibo?
 Dov'è esattamente il confine tra una trama per donnine festanti e amanti degli Harmony e quello delle romantiche che amano Mr Darcy e quindi fondamentalmente Jane Austen?
 Dumas scriveva romanzi d'appendice ("Il conte di Montecristo" farebbe invidia agli sceneggiatori di "Sentieri"), il figlio ci ha lasciato quel dramma coi fiocchi che è "La signora delle camelie", storia di amore, tradimenti, prostitute redente e morte.
 La risposta è ovviamente una: la differenza sta nel modo in cui le storie vengono scritte.
 Anche "L'insostenibile leggerezza dell'essere" è una storia d'amore drammatica, anche "Anna Karenina" parla di una donna innamorata, anche "Il dottor Zivago" assomiglia, in molte parti, alla sceneggiatura di un soggettista perverso (tutta la steppa russa, dieci personaggi che si incrociano di continuo manco abitassero a Vigevano).
Ho letto ben due libri di Federica Bosco
(ai tempi, inizio liceo) e non vedo la
differenza con le trame di Fabio Volo. Ma
proprio nessuna.
 Il punto è che per saperlo bisognerebbe leggerlo il libro, solo che molte e molti si precludono tale possibilità perché pungolati in una serie di inconsci pregiudizi. Intendiamoci, anche io mi perdo delle perle perché me le ritrovo sotto titoli, forme, copertine e settori sbagliati, non sono mica immune (e intendiamoci bis ci sono libri che PALESEMENTE non sono perle: quelli scritti con un intento specifico o su commissione come scrivevo all'inizio): 
Tuttavia, il caso della narrativa rosa diventa particolarmente odioso perché non esiste una narrativa blu, perchè si dà per scontato che un uomo scriva solo cose serie o se non serie di sicuro ironiche e divertenti. Non trovo altra spiegazione sul perché libri di gente come Volo o Cattelan invece di starsene tranquilli vicino alle loro omologhe donne, anche italiane, come la molto venduta Federica Bosco, nella narrativa rosa, vivano felici ne
 Voi direte: in libreria ci lavori tu, mica noi.
  Ma il punto è ancora più a monte: il pubblico che legge queste cose protesterebbe nel trovarlo nella narrativa rosa, perché suvvia, va bene tutto, ma sono ironici e sensibili maschi, non smielate donne sognatrici.
 Se pensate che mi stia facendo troppi problemi, cercate Fannie Flagg, leggetela e ne riparliamo. Poi, se avete tempo da perdere leggete un libro di Fabio Volo e uno di Federica Bosco. Se trovate una differenza che è una, a parte il sesso dell'autore, fatemi sapere.

giovedì 12 marzo 2015

Un pomeriggio di ordinaria follia. Ciclisti indisciplinati, Mario Merola, Tolkien, elfi e preti nel tragico fumetto: "La lingua elfica in città"

Uno dei motivi per cui raramente finisco per andare a presentazioni ed eventi che promettono anche di essere interessanti è che c'è un 80% di comprovate possibilità che essi mi deluderanno.
 Nonostante ciò, certe volte so che devo andare, un po' per il blog, un po' per me stessa, un po' come nel caso del fumetto per prendere aria.
 Il fumetto realmente avvenuto è la fedelissima trasposizione di quanto avvenutomi mercoledì. Un pomeriggio di ordinarissima follia che ha rinfocolato il mio livore di pedone verso i ciclisti che saranno per carità ecologicissimi, ma rispettassero una regola stradale che è una.
 Lo dico senza tema in quanto pedone regolarmente vessato sui marciapiedi.
 Tutto il resto è Tolkien, perciò beccatevi questo "La lingua elfica in città" e olè.



mercoledì 11 marzo 2015

Siamo davvero ciò che indossiamo? Un excursus culturale con grande sorpresone a righe per difendere la libertà di vestirci come ci pare, ma anche per renderci conto che è la cultura che ci suggerisce cosa è giusto indossare. Guerriere, regine, re, fiocchi, eroi, lana e diavoli per una simbologia che non accorgiamo di portare.

Ieri, mi ero svegliata, i casi della vita, con l'intento di fare un bel post (che slitterà a domani) sui libri dedicate ai libri sui personaggi storici e mitici femminili romani e greci poco conosciuti.
 Tuttavia, mentre postavo robe su fb mi si era palesato un articolo in cui alcune maestre d'asilo di Trieste venivano messe alla gogna dai cosiddetti benpensanti: pensate che per un giorno, 'ste povere donne, hanno pensato di non far colorare i bambini nei contorni o di controllare se si stessero prendendo a sassate in cortile (cosa che avveniva comunemente nel mio asilo, io ricordo di aver inseguito un mio amichetto con la pompa dell'acqua per due giri di asilo), ma di far vestire i maschi da principesse e le femmine da cavalieri.
 Scandalo. Ora, siccome sono stufa di questa cretinata del vestiario che traumatizza i bambini innocenti e candidi, ho deciso di scrivere un post che spero molta di questa gente evidentemente ignorante, legga.
 Qualche anno fa, nonostante abbia frequentato un ateneo gigantesco, mi ritrovai, al primo semestre, ad avere un solo corso di sociologia dei processi comunicativi da seguire (unico esame di sociologia fatto, classico esame riempicrediti che ti tocca fare e pure cicciuto): tutti quelli su editoria e affini iniziavano nel secondo e a me non restò che lui, un corso in storia e cultura della moda.
 Iniziai che volevo suicidarmi, Vi lascio immaginare il mio profondo interesse per il campo di ricerca. Tuttavia, vuoi che mi diedero una cosa come dieci e dico dieci libri da studiare, vuoi che l'esame era davvero impostato bene, in realtà mi rendo conto, che, negli anni, mi ha dato materiale critico per vedere con occhi completamente disincantati tutto ciò che riguarda l'abbigliamento.
  Non studiai infatti l'ultima collezione di Armani bimbo, ma come il vestiario sia esclusivamente un mero atto culturale.
 Siamo noi che culturalmente decidiamo che una gonna sia da femmina e un pantalone da maschio (come è stato abbastanza evidente nella storia), siamo noi che boh, abbiamo deciso che il rosa sia un colore da femmina e il blu da maschi (come se potesse un colore essere sessuato) e che imbellettarsi e truccarsi leziosamente sia una roba da femmine. Se guardiamo i quadri del re Sole, uomo che, basta leggere il recensito "Amanti e regine" in quanto ad eterosessualità non si faceva certo parlare dietro, vediamo un uomo imparruccato, infiocchettato e truccatissimo. Cosa direbbero gli attuali difensori della morale? Metterebbero il destino delle loro genti in mano ad un uomo evidentemente, secondo i loro parametri culturali, ambiguo?
 Non credo. Eppure l'infiocchettato re fu il più grande rappresentante dell'Ancién Regime.
 Perciò, visto che ormai mi pare che certa gente stia perdendo il lume della ragione, farò un breve elenco di personaggi e autori che hanno vestito panni considerati dell'altro sesso e darò loro pure la stilettata finale. Sciure religiose che vi coprite di righe, preparatevi a soffrire. 

DONNE GUERRIERE: 
Esempio di donna vestita con armatura scintillante, da cui mi sono pure travestita ai tempi delle scuole medie per un carnevale, che invece di stare a casa a cucinare e sottomettersi, pugnava in battaglia felice e festante, fu indubbiamente SANTA Giovanna D'arco. Una bambina non può avere come esempio santo una donna che ha salvato la Francia? Oppure l'armatura di Giovanna era rosa fucsia e ornata di merletti e noi non lo sappiamo? Perché dalle fonti storiche non risulta, anzi uno dei motivi per cui fu mandata al rogo fu per aver compiuti atti illeciti non consoni al suo sesso (vestirsi, tra le altre cose, da uomo).
 Altra donna guerriera a farle compagnia è Camilla, la vergine cantata da Eneide che fece strage di troiani finché il suo amore femminile per il gioiello la tradì rendendola ingorda. E dire che il padre l'aveva fatta crescere nei boschi giocando con spada e giavellotto consacrandola alla dea Diana.
 Ne "la Gerusalemme liberata" poema scritto da Torquato Tasso, uno che per il dissidio interiore con la chiesa cattolica uscì letteralmente pazzo, quindi non un eretico folle, guerreggiano sia nella fila dei crociati sia in quella degli arabi, due donne molto etero, ma anche molto combattive: Clorinda e Bradamante.
 E che dire di Yde, personaggio della Chanson de Roland che combatte vestita da uomo e a cui poi viene dedicato un poema di rara ambiguità in cui viene scomodata la volontà celeste pur di risistemare un'insistemabile faccenda (Yde viene data in "marito" alla figlia dell'imperatore e malgrado siano entrambe felici della cosa una era del sesso sbagliato per l'epoca).
 E tanto per dire, persino la Disney ha fatto crossdressing: ve la ricordate una certa Mulan che si traveste da uomo per salvare il padre dal servizio militare e infine salva la Cina? "Mulan" nella lista nera, subito!
  Se siete curiose e curiosi di esempi di donne costrette o felici di indossare abiti maschili vi caldamente consiglio il bel "Svestite da uomo" di Valeria Palumbo ed. Bur, quante cose scoprirete, che nulla hanno a che vedere coi bambini all'asilo.

UOMINI CHE FILANO E SFILANO:
Rrose Selavy
Una delle credenze più diffuse vuole che il crossdressing o travestitismo sia proprio o di donne desperade o di uomini gay, quest'ultimo pregiudizio probabilmente perché in troppi hanno l'errata idea che gli omosessuali abbiano in realtà confusione riguardo l'identità di genere.
 In realtà anche comprovati etero si diedero al crossdressing per motivi altri.
 Achille eroe muscoloso (e ok, bisex), si travestì da donna per fuggire alla guerra di Troia, mescolandosi con delle ancelle finché viste apparire le armi capì che ok, ci rimetteva la vita, ma vuoi mettere la gloria?
 E in quanti sanno che Eracle comprato come schiavo da Onfale, regina della Lidia, la servì fedelmente generando con lei tre figli, conducendo varie imprese guerresche, ma anche vestendosi da donna e filando per lei la lana?
 Marcel Duchamp aveva un alter ego donna, Rrose Selavy, da cui si travestì numerose volte e di cui ci rimangono vari scritti a sua firma. Legato ad una volontà di totale rottura degli schemi, lo stesso nome di Rrose è parlante (Eros c'est la vie) ed è un chiaro uso di simboli culturali in modo ironico e sovversivo nei confronti di una società normata. Se conosci gli strumenti puoi combatterli.
 Su wikipedia c'è poi una vasta letteratura per quel che riguarda i poemi dei paesi nordici e orientali, ma non mi sento di dissertare sull'argomento. Vi basti sapere che più di un eroe si è travestito nelle sue varie epopee.

STOFFE MALVAGISSIME:
 Tu amabile sciura di famiglia che gira con una maglietta con lo scollo a barca e ti credi tanto francesina, tu uomo virile e rampante indignato dal fatto che le maestre pretendano da tuo figlio che usi il tulle per una mattina della sua vita e intanto ti metti una bella giacca a righine nere, tu mamma solerte e sempre in preghiera che hai comprato un vestitino tanto carino e pieno di fiocchi a righe bianche e rosse, lo sapete che state usando LA STOFFA DEL DIAVOLO?
 Michel Pastoureau, autore di splendidi saggi sul medioevo e sul significato simbolico dei colori (il più famoso dei quali è "Blu"), ha scritto una storia dei tessuti rigati nella società occidentale, "La stoffa del diavolo" ed. Il Melangolo.
  Voi non lo sapete, ma quando vi sentite tanto eleganti coi vostri begli abiti a righe in realtà state indossando abiti storicamente appartenuti alle parti più bistrattate dalla società. Sapete tutti quei bei versetti a cui si rifanno gli integralisti? 
 Ebbene, il Levitico, ci rivela Pastoureau, ne ha anche per loro: "Non indosserai veste tessuta di due" (che poi se lo prendiamo alla lettera, anche il misto lana diventa peccato). 
La cosa, legata in parte alla fissazione ebraica della non mescolanza delle cose, secondo Pastoreau derivava anche dal fatto che un doppio colore impedisce di capire quale sia il vero fondo della stoffa, così in quanto cosa ambigua diventa malvagia. Chi si vestiva allora del tessuto favorito dal demonio?
 I bastardi, le prostitute, gli zingari e tutte quelle categorie considerate marginali nella società. Bisognerà aspettare che i re di Francia si sentano particolarmente modaioli perché le righe diventino da stoffa diabolica, un tessuto assai pregiato e di buongusto. Quindi, sciura, ti pongo questo enigma: ha ragione il Levitico o la moda? Voglio vedere come la metti.
 Da leggere per capire quanto siamo stupidi a credere che se ad un bambino piace il rosa dobbiamo gridare alla tragedia e allo scandalo.

Come si evince da tutte le storie ci sono vari motivi per cui personaggi e persone di entrambi i generi facciano del cosiddetto crossdressing e non sono tutti legati all'orientamento o all'identità sessuale, anzi.
 Il fatto che numericamente sembrano esserci state più donne che uomini dediti a tale pratica è una chiara spia della connotazione culturale del vestiario: fingersi un uomo, in un mondo che è sempre stato dominato quasi solo da uomini, voleva dire essere libere di viaggiare, lavorare, muoversi, scrivere, dipingere, voleva dire vivere riuscendo a sfuggire alle gabbie imposte dal ruolo di genere voluto dalla società.
 Al contempo, essere donne appropriandosi di simboli culturali maschili voleva dire appunto non vestirsi da uomo per sembrare un uomo, ma per  assumere i ruoli del potere storicamente e culturalmente riservati agli uomini.
 Lo dice anche in un'assai travisata frase, Judi Dench interpretando la regina Elisabetta I in "Shakespeare in love" (peraltro tutta una commedia sul topos delle mentite spoglie maschili) dice una battuta:
 "Io ne so qualcosa di donne che fanno un mestiere maschile, sì, buon dio, lo so e molto bene"
 E la regina da lei interpretata non non si veste da uomo e mantiene i suoi regali gioielli e vestiti, ma rifiuta un altro ruolo tipicamente femminile della società: moglie e madre. Che l'abbia fatto a malincuore per mantenere la libertà o ben felice non possiamo esattamente saperlo, di certo la sua erede Vittoria, molti anni dopo, non fu costretta a simili drastici provvedimenti e si sposò regnando indipendente e felice.
 I costumi della società cambiano, anche quelli che indossiamo, chissà che grasse risate si faranno un giorno gli uomini del 2300, che se ne andranno in giro imbellettati e infiocchettati come il re Sole e penseranno a quanto erano effemminati gli uomini del 2015, visto che nella loro cultura i vestiti virili di ora verranno riattribuiti al genere femminile. Io in realtà spero che tra 500 anni avremo smesso di baccagliare di cose del genere.


lunedì 9 marzo 2015

Cinque modeste proposte per liberarci dei non lettori: hunger games, lotterie, aliquote fiscali, la casa del grande lettore e un komplotto coi fiocchi. Perché, lettori, è ora di dire BASTA ad una società inquinata da chi si rifiuta di aprire un libro! (Ok, la follia è qui, grazie a Jonathan Swift)

Come tutti noi lettori e lettrici sappiamo bene, come benissimo sanno i cosiddetti operatori del settore e dell'intera filiera, colleghi e colleghe librai, editori, traduttori, scrittori (veri), correttori di bozze, editor, distributori e compagnia cantante, in Italia si legge poco.

Lettori è ora di ribellarsi!!
 I motivi, che effettivamente non ho ancora analizzato degnamente in nessun post, sono innumerevoli e vanno dalla completa mancanza di educazione alla lettura alla completa mancanza di educazione.

 In ogni caso, poiché sono stufa di vivere in un mondo di gente che non legge, di idioti che si credono intelligenti, di persone discutibili con laurea che non hanno mai aperto un libro non scolastico in vita loro e ci condannano ad una società priva di qualsiasi immaginazione, poiché sono stufa della pecoraggine imperante che porta orde e masse prive di qualsivoglia spirito critico credere al primo ciarlatano o alla prima bufala che passa, ecco che vi esporrò le mie drastiche idee per COSTRINGERE la gente a leggere.

 Siete pronti? Jonathan Swift sarà fiero di me, me lo sento.

HUNGER GAMES:

Suzanne Collins ci ha indicato la via.
La gente è in grado di sopportare qualsiasi cosa pur di preservarsi la vita o ottenere un posto nel paradiso dei privilegiati.

 Perciò se fossi il ministro dell'interno, di concerto col ministro dei beni culturali e della pubblica istruzione (ma in questo caso anche privata, anzi per i privati metterei che la possibilità di finire nell'arena siano decuple), chiamerei per l'occasione le regioni italiane distretti e pretenderei due tributi per ogni regione ogni anno (si graziano solo le due solite, Valle d'Aosta e Molise che per ovvie ragioni di popolazione daranno un solo tributo).

 Questi due tributi, che verranno pescati tra tutte le persone che non dimostreranno tramite test di aver letto almeno cinquanta libri durante l'anno, verranno spediti negli Hunger Games, dove potranno sopravvivere a prove durissime, avere aiuti e sperare di vincere il posto in paradiso solo se supereranno continue prove culturali all'ultimo sangue. 

 Posti in un'arena che potrà variare e assumere le fattezze di un'università, un convitto per studenti, una scuola privata gestita da preti o suore, un campus del Coni o un college, essi dovranno dimostrare di essere versati nella letteratura italiana e straniera e saranno costretti a scrivere in continuazione temi e versioni in prosa e critiche dei brani che il perfidissimo pubblico da casa sceglierà per loro tramite televoto.

 Chiunque perda le prove verrà eliminato.

 I concorrenti potranno altresì tendersi imboscate al suono di singolar tenzoie alla maniera degli stilnovisti, che forse i rapper si credono tanto fighi, ma il freestyle lo conosceva già Forese Donati che si batteva contro il buon Dante. Chi non riuscirà a comporre un sonetto in rima baciata su due piedi verrà sottoposto a regolare punizione decisa dal pubblico da casa. No pietà.

 Ne rimarrà soltanto uno.

LOTTERIA ITALIA:

Venghino i signori venghino alla nuova lotteria Italia!

 Non verrà più estratto un numero casuale di trecento cifre che potrebbe essere stato acquistato dalla casalinga di Voghera o dal pensionato di Nuoro, bensì verrà estratta una frase a caso di un libro dalla mano semplice di un bambino all'interno della solita gigapalla trasparente che ne ospiterà migliaia di altre.

 La prima persona in grado di comprendere da quale libro è stata tratta la magica composizione di parole dovrà consegnarla presso l'ufficio competente e aggiudicarsi il premio (l'autore e i suoi stretti conoscenti e parenti sono esclusi dalla partecipazione).

 La frase potrà essere estratta da QUALSIASI libro entrato in commercio in Italia nell'ultimo anno (valgono anche le riedizioni dei classici), perciò, va da sé che tanto maggiore sarà la quantità di libri letti, tanto più grandi saranno le possibilità di vincere il fantapremio da tremila strabiliardi.


LA CASA DEL GRANDE LETTORE:

Atto estremo da applicare in caso di estrema trucidezza e disperazione, "la casa del grande lettore" è un reality ideato per svergognare le masse caprine al limite dell'analfabetismo molesto.

Esse, ornate dei loro vestiti leopardati, da tatuaggi ovunque interno delle orecchie comprese e dai loro fondotinta color terra, verranno chiuse in una casa dove l'unica cosa da fare è leggere.

 Solo chi sarà in grado di finire l'intera biblioteca presente uscirà da lì vincitore di una ricchissima somma.

 Siccome piace tanto vedere la gente affamata sull'Isola dei famosi e i palestrati accoppiarsi su Jersey Shore, verranno applicate sanzioni e prove adeguate ai bisogni primari dell'uomo: i concorrenti potranno infatti nutrirsi e toccacciarsi solo al termine di un certo numero di pagine stabilito sadicamente dai telespettatori.

 Lezioni di professori e professoresse di italiano e letteratura severi ai limiti dell'umana sopportazione, intervalleranno le pene dell'inferno dei partecipanti, che, nel confessionale, dovranno rispondere alle domande di critica letteraria twittate in diretta dai loro fan.

 Il vincitore dovrà scrivere una dotta dissertazione su Dante o Manzoni prima di entrare in possesso del premio: una milionata di euro che per una volta nella vita essi si saranno meritati.

 (In caso di abbandono nel programma, i malacculturati di turno dovranno iscriversi alla facoltà di Lettere e sostenere tutti gli esami del primo anno con profitto, pena sanzioni pecuniarie e carcere duro).

TEORIA DEL KOMPLOTTO:

 Più una cosa è proibita più la gente la desidera spasmodicamente, altresì più una persona è idiota più si crede intelligente. 

Ebbene, seguendo queste due regole base, propongo a tutta la filiera di attuare una mossa a sorpresa: togliere (quasi) tutti i libri dal commercio.

  Essi saranno smerciati solo tramite mercato nero, a costo di grandi fatiche, panico, terrore, imboscate da parte delle forze dell'ordine e incarcerazione in caso di detenzione di materiale cartaceo proibito.

 Il governo emetterà una legge di cui le masse se ne fregheranno fino al momento dell'applicazione, sottovalutandone la portata (le parti della filiera, conniventi, taceranno, assieme ad esse taceranno anche gli intellettuali, che comunque, visto il loro impegno civile negli ultimi anni, non dovrebbero fare un ulteriore grande sforzo in merito): tutti i libri e gli ebook verranno dichiarati fuorilegge esclusa una lista di ferro regolarmente approvata.

 Da quel momento in poi gli unici libri disponibili saranno quelli firmati dalle starlette televisive e dai loro epigoni maschili, per tutto il resto ci sarà il mercato nero.

 Come un tarlo che si insinua nel cervello in molti inizieranno a pensare che forse e solo forse c'è un motivo per cui gli altri libri vengono proibiti e cercheranno di procurarseli con grande dispendio di denaro ed energie. Nasceranno delle brigate di resistenza di lettori coraggiosi e il culmine del progetto si raggiungerà quando personaggi di spicco nazionalpopolari come Maria De Filippi o Laura Pausini verranno colti con le mani nel sacco e processati sulla pubblica piazza.

 Il libro verrà allora visto come NECESSARIO  e l'Italia avrà la prima sommossa popolare per la difesa dei libri. Questo fino ad un ineluttabile revisionismo storico una trentina di anni dopo.


NO TAXATION IF YOU LEGGETION: 

Le tasse ti inseguono?

 Ti senti tartassato da uno stato che ti affligge con una pressione fiscale irrespirabile e si rifiuta di approvare una bella patrimoniale sui redditi alti e altissimi?

 Ebbene cosa faresti se sapessi che leggendo potresti abbassare significativamente la quota che devi (legittimamente) allo stato?

 Propongo perciò l'approvazione di un'aliquota che vari in base al numero di classici della letteratura letti nel corso dell'anno da far presente durante la dichiarazione dei redditi. Per comprovare la lettura bisognerà sottoporsi a test preparati da una task force governativa presso i caf.

 Chi verrà beccato a copiare analogicamente o da internet verrà immediatamente sanzionato.

 I costi per sostenere tale manovra verrebbero indubbiamente ammortizzati da un assioma inconfutabile: una nazione di cittadini istruiti è sicuramente più efficiente e civile di una nazione di cittadini pecore (senza nulla togliere ai nostri nonni e bisnonni che forse erano analfabeti, ma avevano innumerevoli competenze in altri campi lavorativi che attualmente ci sogniamo).

Tale regola verrebbe ovviamente applicata solo da un certo reddito in giù. Se c'hai i soldi devi pagare più degli altri comunque, pure se leggi.

 Questo post trova la sua naturale ispirazione ne "Una modesta proposta: per evitare che i figli dei poveri irlandesi siano un peso per i loro genitori o per il paese, e per  renderli un beneficio per la comunità", pamphlet satirico di Jonathan Swift.

Sottolineo quindi che si tratta di un post SATIRICO e VOLUTAMENTE ESAGERATO. Lo ripeto per chi non avesse intuito l'ironia che ormai qui non si è più sicuri di niente.

Ho voluto evitare di proporre il cannibalismo dei non lettori, se no ci ritroveremmo con troppa ciccia e un paese spopolato, anche se...

 Quale proposta trovate più convincente? E ne avete altre altrettanto folli?

venerdì 6 marzo 2015

Intervista a Héléna Marienské, autrice di "Libere" romanzo satirico e tostissimo sulla crudeltà di una società giudicante, sulla follia della libertà, sull'amore e su molto altro

 Qualche tempo fa ho recensito un libro francese molto particolare, tosto, che molto mi era piaciuto.
Copertina dell'edizione originale. Molto
provocatoria, ma se leggerete questo bel
libro capirete che un senso ce l'ha
  Era "Libere" di Héléna Marienské (se ti sei perso o persa la recensione e tutto il discorso sulla pornografia in generale puoi andare al linkkkk), storia di una ragazza bellissima nata in una famiglia borderline di estrema destra che diventa un'escort di successo per pagarsi gli studi e del suo incontro con una donna omicida seriale di mariti (storia folle, ma come sottolineato dall'autrice follemente satirica). 
 Come accade ogni tanto, mi parte la brocca e cerco di fare cose più grandi di questo blog: ossia ho cercato di intervistare l'autrice.
 Con un concerto di aiuti, tra cui, l'ENORME lavoro della mia amica Giulia, parigina da qualche anno che si è smazzata tutte le traduzioni (dalla mail per contattare la scrittrice alle domande fino alle lunghe risposte), l'intervista è qui tra noi.
 E devo ammettere che è davvero una splendida intervista, non per lodarmi da sola visto che ho ben poco merito, (se non quello delle domande che in nome del lavoro dietro mi sono sforzata di pensare adeguatamente), ma per l'impegno e la disponibilità messi dall'autrice nel rispondermi.
 La ringrazio tantissimo e spero davvero che l'intervista vi piaccia e interessi. E' un interessante spaccato di ciò che sobolle nella narrativa francese contemporanea, di cui, la casa editrice Clichy sta portando in questi ultimi anni, un più ampio e diverso catalogo anche sul suolo italico.
 Perciòòòò anche se non avete letto "Libere", anche se la storia vi sembra assurda, anche se tutto, questa intervista è da leggere, fidatevi (e ricordatevi sempre che, come ribadito dall'autrice il libro è molto satirico, perciò militanti della decrescita non create flame della morte)!
 Pronti? Via!

Com'è nata l'idea del romanzo?

Il mio libro è nato in maniera molto spontanea ed inaspettata. Rientravo da un viaggio con una valigia molto pesante, piena di libri, che una persona mi ha aiutato a trascinare fino in stazione. Visto il peso della valigia, il gentile sconosciuto ha esclamato “(questa valigia) pesa una come un asino morto!” (Espressione familiare che significa, pesa molto NdT).
Prendendo alla lettera quest’espressione ho cominciato a riflettere sul fatto che nella valigia ci sarebbe potuto essere davvero un cadavere e nessuno se ne sarebbe accorto. Da li’ in poi la mia immaginazione si é risvegliata: li’, sul treno, in mezzo a tutte le altre, la mia valigia conteneva un cadavere. Chi avevo ucciso? Perché? Come avrei potuto sbarazzarmi del cadavere? E se la polizia mi avesse scoperto? Il romanzo era appena nato.

Le due protagoniste del libro sono forti e hanno anche tratti fortemente negativi, eppure si finisce per stare per forza dalla loro parte. Per quale motivo, secondo lei, avviene questo? 

Foto dell'autrice, da internet

Forse perché le protagoniste sono, in effetti, più forti che negative. La loro forza, poi, si manifesta in maniera spesso inattesa e divertente: non è una forza sempre aggressiva (nel senso di “una forza sempre in opposizione alla situazione” NdT) ma che si esprime sempre con umorismo. Angèle e Annabelle sono due donne forti perché agiscono sempre secondo la loro volontà, seguendo I loro desideri ed i loro bisogni. Non hanno paura di sfidare in potere maschile ed è seguendo questa filosofia che Angèle uccide suo marito, divenuto ormai insopportabile, e lo taglia a pezzetti. Nonostante sia lui l’artista celebre, il capo famiglia, Angèle non lo sopporta più. La costringe a vivere in campagna, a mangiare bio, a seguire la filosofia della decrescita. Di fronte a questi soprusi, Angèle non ha altre possibilità che eliminare il problema alla radice, uccidendo il marito.

Annabelle invece, mostra la sua forza quando sceglie di lasciare in giovane età la famiglia e il suo entourage di estrema destra. Messa di fronte a come sopravvivere sceglie di prostituirsi ma, invece che subire il suo protettore, lo sfrutta trasformando così il suo prostituirsi in un atto di libertà, una performance artistica: è lei a scegliere lo scenario erotico, la messa in scena, I costume, gli accessori. E si diverte molto.
Dal mio punto di vista Angèle et Annabelle sono due donne forti ma positive anche se le loro azioni sono completamente immorali.

Perché ha scelto una storia lesbica come punto focale della trama? 

Perché una volta sbarazzatosi del marito, Angèle assapora la libertà e quest’ultima passa anche per una libertà sessuale. Angèle pensava di essere eterosessuale ma l’incontro con Annabelle è un colpo di fulmine. Il loro è un incontro puramente sessuale, Angèle non prova tenerezza nei confronti di Annabelle ma un desiderio erotico puro, selvaggio. Desidera fare l’amore con lei immediatamente, nel mezzo del vernissage. Successivamente il loro rapporto si evolve sviluppandosi in una amore profondo. Sono convinta che, anche se eterosessuali, in qualsiasi momento si possa sperimentare un’attrazione verso le donne. La vita è un’evoluzione continua.

Quali sono state le reazioni al suo libro in Francia? 

Ci sono state delle persone che, davanti al mio libro, hanno storto il naso a causa di una trama troppo shockante. Ma la maggior parte dei miei lettori non si sono sentiti disturbati da questa storia d’amore: in Francia la condizione degli omosessuali é decisamente migliorata negli ultimi anni anche se l’omofobia esiste ancora. L’approvazione della legge gay ha permesso a numerose coppie di sposarsi e ciò è impressionante: nessuno può ancora considerare l’omosessualità un atto aberrante o un vizio contro natura. E' una tendenza sessuale diversa da quella “canonica” ma altrettanto rispettabile.

Lei si ritiene femminista? Perché?

Si, mi considero femminista. Sono convinta che il ruolo delle donne nella società sia ancora subordinato a quello degli uomini ma a partire dalla seconda metà del XX secoli sono stati fatti enormi passi in avanti grazie alle battaglie di donne forti. Resta pero’ il fatto che esistono ancora grandi differenze tra uomini e donne a livello di responsabilità, salario lavorativo (mi piacerebbe sapere perché esiste ancora una tale differenza di salario per lo stesso lavoro). In effetti basta guardare la situazione mondiale per rendersi conto che le donne sono ancora vittime in molti paesi. Di fronte a simili orrori mi dico che essere femminista alla base significa essere solo avere umanità.

Il libro col suo titolo originale
Le piace il titolo scelto per l'edizione italiana, dalla casa editrice Clichy, “Libere”? 

Non sapevo quale sarebbe stato il titolo finale, l’editore mi ha fatto una meravigliosa sorpresa. Non avrebbe potuto trovare titolo migliore. I personaggi di questo romanzo sono liberi o che stanno per liberarsi (dal suo strato sociale per Annabelle, dal suo matrimonio per Angèle). Entrambe le donne sono libere da convenzioni sociali, norme dettate dalla morale: la prostituzione è un atto condannato dalla società, alienante, ciò non impedisce ad Annabelle di praticarla per pagarsi gli studi. Per quanto riguarda Angèle, la sua libertà è piuttosto morale. Entrambe sono ribelli. É il filo conduttore dei miei romanzi e di tutti i miei personaggi, la libertà è parte intrinseca del loro dna.

Nel suo libro la società occupa un posto molto crudele. Sembra che nessun personaggio abbia una sua innocenza, ha deciso volutamente di marcare i toni, oppure pensa davvero che la nostra sia ormai una società tanto corrotta? 

La corruzione non è un tema che tratto nel mio libro. C’è della violenza, certo, suggerita dall’omicidio del marito di Angèle. Anche Cesari, il poliziotto corso, mostra un lato violento quando esprime I pensieri sadici che Angèle gli suscita ma è piuttosto una violenza ironica, (deuxième degree in originale NdT)
 Il libro è una parodia dei romanzi polizieschi dove c’è sempre un cattivo. Cesari non è cattivo, è sadico a causa di una psicanalisi sbagliata che ha scatenato, per errore, le sue pulsioni sessuali. É una satira della psicanalisi fatta con umore: io stessa ho fatto della psicanalisi con soddisfazione quindi so di cosa sto parlando (e grazie a ciò ho potuto limitarmi ed evitare di esagerare nell’ironia incorrendo in censure).

Perché la scelta di scrivere un libro così fortemente sensuale? 
Ho un rapporto positivo e sano con la mia sessualità, ecco perché sono così a mio agio a parlarne. Nel libro evoco due forme di sessualità e “performance” sessuali: da un lato Annabelle e le sue performance artistico-sessuali (in quanto professionista del sesso) dall’altro l’amore sensuale tra le due donne, più intimo, fatto di piacere, amore, emozioni forti.

Si è ispirata a qualcuno nell'ideazione e descrizione dei personaggi? 

La mia prima fonte d’ispirazione sono probabilmente io. Questo romanzo non è assolutamente autobiografico, ma la libertà che esso evoca, questa mi appartiene. Detto ciò, ho un grande spirito d’osservazione, sono una persona silenziosa che ama osservare le persone. Mi piace ascoltarle parlare, cercare di comprendere la loro logica, anche e soprattutto se diversa dalla mia. L’osservazione degli sconosciuti mi offre un capitale umano che mi aiuta successivamente a costruire i miei personaggi. Altre volte i personaggi escono direttamente dalla mia immaginazione: non so, ad esempio, da dove sia uscito Cesari. Un personaggio mostruoso, un vero mostro, ma vi confesso, io l’adoro.


 In conclusione, non posso che sperare che l'intervista vi sia piaciuta. Ringrazio ancora l'autrice e la traduttrice infinitamente!