Ed ecco, by night, il post del giorno. Come ogni fine settimana mentre si baila io posto.
Dunque ecco una vignetta fresca fresca di questa intensa settimana. Lunedì ci sono stati i funerali di Umberto Eco e come sapete molta gente è andata a rendergli omaggio. Io ero in libreria. Questi i risultati.
Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Il comunicato".
(Ps. Animalisti non prendetevela con me, i visoni non li ho uccisi io e non so neanche se fossero veri).
Pagine
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sabato 27 febbraio 2016
mercoledì 24 febbraio 2016
Milano la misteriosa. Davvero c'è poco da vedere nella città meneghina? E soprattutto, davvero non ci sono fantasmi? Sposine adultere, eretiche femministe, dame velate e Dario Argento per scoprire il lato oscuro della nebbiosa.
Milano è una città molto strana.
Strana perché quando ci vieni per la prima volta, guardi il Duomo, bello, guardi il castello sforzesco, bello, e poi ti pare di aver già finito di vedere il resto (sì, capatina alla Scala e al massimo se qualcuno te ne ha svelato l'esistenza, ai Navigli e Brera).
Quando vaghi per Roma hai quella sensazione di bulimia di splendore che ti fa passare sopra tutto il resto, mezzi pubblici ballerini e folli in primis.
Se sei un turista ed è bel tempo sei quasi felice di doverti fare a piedi i chilometri di scarpinata tra piazza della Repubblica, Colosseo, Altare della Patria, Trastevere, Pincio, Campidoglio...
Più cammini più non sai dove andare e cosa fare per perderti meno cose possibile.
Quando vaghi per Roma hai quella sensazione di bulimia di splendore che ti fa passare sopra tutto il resto, mezzi pubblici ballerini e folli in primis.
Se sei un turista ed è bel tempo sei quasi felice di doverti fare a piedi i chilometri di scarpinata tra piazza della Repubblica, Colosseo, Altare della Patria, Trastevere, Pincio, Campidoglio...
Più cammini più non sai dove andare e cosa fare per perderti meno cose possibile.
Milano no. Non ha nulla di così splendidamente evidente e ti chiedi, vista la storia, anche un po' come sia possibile. Dopo un po' che ci vivi lo scopri: i motivi sono due.
Il primo è che i milanesi, da brave persone pragmatiche, hanno sempre avuto la mania di buttare giù le vestigia del passato. "Oh, questa chiesa in mezzo ad un papabile snodo stradale impiccia, buttiamola giù", "Oh, questo palazzo medievale sorge proprio dove vorrei costruire un nuovo teatro, buttiamolo giù" e via dicendo. Butta oggi e butta domani, ovvio che rimane ben poco.

Tutto quello che puoi sperare è che un milanese di buon cuore prenda a benvolere la tua causa e ti conduca per mano alla scoperta di giardini segreti, ville liberty che amano confondersi nei quartieri, chiese con effetti ottici ben riparate da negozi grandi marche e via dicendo.
Ho deciso, fosse mai che veniste a Milano, di stilare un breve elenco di libri che potrebbero aiutarvi a scoprire il lato nascosto, anzi per la precisione il lato più fantasmagorico della città.
Si sa che tra le città italiane le più esoteriche rimangono in assoluto Torino e Napoli, ma anche Milano ha le sue leggende, misteri e fantasmi, magari sconosciuti anche a chi ci abita.
Si sa che tra le città italiane le più esoteriche rimangono in assoluto Torino e Napoli, ma anche Milano ha le sue leggende, misteri e fantasmi, magari sconosciuti anche a chi ci abita.
LA DAMA VELATA:
Fine '800, al posto dell'attuale Parco Sempione sorgeva un boschetto abbastanza intricato.
Verso sera cala la nebbia (all'epoca ancora calava, pare fittissima) e ogni tanto qualche giovane si attarda per il bosco. Cammina cammina il giovane di turno incontra una donna che sembrerebbe bellissima, con un forte odore di violetta, vestita a lutto e con un velo sul volto che si avvicina seducente, invita il ragazzo nel suo palazzo e lo conduce all'interno.
La nebbia impedisce di capire che palazzo sia e dove sorga, capiscono, più o meno dal tragitto percorso, che non si sono allontanati molto. A fatto strano si aggiunge fatto strano: la dama è velata e le pareti della sua casa listate a lutto, come se fosse appena morto qualcuno.
Verso sera cala la nebbia (all'epoca ancora calava, pare fittissima) e ogni tanto qualche giovane si attarda per il bosco. Cammina cammina il giovane di turno incontra una donna che sembrerebbe bellissima, con un forte odore di violetta, vestita a lutto e con un velo sul volto che si avvicina seducente, invita il ragazzo nel suo palazzo e lo conduce all'interno.
La nebbia impedisce di capire che palazzo sia e dove sorga, capiscono, più o meno dal tragitto percorso, che non si sono allontanati molto. A fatto strano si aggiunge fatto strano: la dama è velata e le pareti della sua casa listate a lutto, come se fosse appena morto qualcuno.
Com'è, come non è, i due passano la notte insieme, ma la dama non si toglie mai il velo e nessuno sa cosa si nasconda sotto. Poi un giorno, un giovane, trova il coraggio di alzarlo e cosa ti trova al posto del viso? Un teschio marcescente. Ovviamente scappa, ma poi si rende conto, come tutti gli altri, di impazzire d'amore per questa donna che non riusciranno mai più a ritrovare.
Furono talmente tante le segnalazioni su questa dama velata che vennero fatte delle spedizioni notturne per capire se esistesse e dove sorgesse questo palazzo. Alcuni dicono si tratti di un palazzo in via Paleocapa che costeggia l'attuale Parco Sempione e che molti vogliono infestato e darebbero persino una spiegazione alla dama cadavere: una malattia che le avrebbe consumato i tratti del volto costringendola ad una vita falsamente sovrannaturale.
Una delle leggende più famose di Milano.
THOMAS DE QUINCEY e DARIO ARGENTO:
Forse non tutti sanno che la trilogia delle tre madri di Dario Argento, "Suspiria", "Inferno" e "La terza madre", trae origine da un libro dello scrittore inglese Thomas De Quincey. Costui lo scrisse dopo aver passato, a suo dire, una terribile notte sovrannaturale in una casa che si diceva stregata in Via degli Imbonati (proprio in piazzetta San Fedele dietro Palazzo Marino).
Il palazzo originale, che adesso non esiste più, distrutto dalle bombe della seconda guerra mondiale, aveva una nomea lugubre a causa di un presunto fatto di sangue avvenuto al suo interno: una giovane, murata viva per aver rifiutato di farsi suora, si era lì uccisa lanciando una maledizione sulla casa. Questo avveniva tra '500 e '600, il palazzo subì poi un incendio e venne poi restaurato del conte Imbonati diventando la sede dell'accademia dei Trasformati. Le dicerie non si diradarono con l'avvento di illustri poeti e scrittori tra le stanze, anzi aumentarono, perché molti raccontavano di suoni strani, lamenti, piccoli eventi sovrannaturali le cui notizie si sparsero per l'Europa fino a giungere a metà '800 alle orecchie di De Quincey.
Lo scrittore passò quindi una notte nel palazzo e narrò di aver sognato tre donne, la Mater Lacrimarum, nostra signora delle lacrime, la Mater Suspiriorum, nostra signora dei sospiri e infine, la più giovane e terribile, la Mater Tenebrarum, nostra signora delle tenebre. Le tre donne lo tormentarono tutta la notte con incubi e racconti.
Lo scrittore passò quindi una notte nel palazzo e narrò di aver sognato tre donne, la Mater Lacrimarum, nostra signora delle lacrime, la Mater Suspiriorum, nostra signora dei sospiri e infine, la più giovane e terribile, la Mater Tenebrarum, nostra signora delle tenebre. Le tre donne lo tormentarono tutta la notte con incubi e racconti.
Qualcuno dice che in parte c'entrasse il consumo abituale d'oppio da parte dello scrittore, chiunque può giudicare leggendo il libro che ne trasse: "Suspiria De Profundis".
IL DIAVOLO E LA CARLINA:
Pare che il Duomo di Milano, la terza chiesa Europea per grandezza (ovviamente San Pietro vincit omnia), sia stata costruita per una strana richiesta del demonio.
La leggenda, un po' stramba, racconta che il diavolo nel 1386 apparisse a Gian Galeazzo Visconti per ordinargli di costruire una chiesa piena di immagini demoniache, pena l'inferno. Fu così che il signore di Milano si alzò e ordinò la costruzione del Duomo che durò i suoi 500 anni, alla faccia dell'efficienza nordica. In effetti molti, tra dipinti e soprattutto sculture, sarebbero i demoni, resta il dubbio delle ragioni della richiesta.
La leggenda di Carlina invece vede protagonista una giovane originaria di Schignano, un paesello vicino Como dove usava vestire le spose a lutto in nome di un antico inganno che veniva ordito ai danni del signore del luogo: volendo lui usufruire dello jus primae noctis lo si confondeva vestendo le sposine di nero (uno scemo se ci cascava davvero).
Insomma Carlina, vestita a lutto e il neosposo, vanno a fare una specie di viaggio di nozze a Milano e salgono in cima al Duomo. C'era ovviamente nebbia e le statue erano particolarmente angoscianti per Carlina che già era angosciata di suo: concessasi ad un uomo prima del matrimonio, era incinta di un bambino non del marito. Vuoi i sensi di colpa, vuoi il terrore procurato dalle statue che parevano accusarla, si lanciò giù dal Duomo, suicida. Il corpo non venne mai ritrovato e si dice che appaia nelle foto dei neosposi che hanno la felice idea di scattarsi una foto davanti alla Chiesa.
MARCHESE ACERBI:
Nel libro "Milano esoterica" di Antonio Emanuele Piedimonte molto spazio viene dato al satanismo a Milano.
C'è un caso emblematico perché rimasto talmente famoso da aver dato vita ad un detto meneghino a quanto pare un tempo in voga "il diavolo in porta romana". Durante la peste del '600, la gente moriva e il marchese Ludovico Acerbi, nel suo ricco e sontuoso palazzo in Porta Romana, dava feste.
Non solo non moriva, ma se la spassava allegramente. Usciva sulla sua carrozza trainata da grandi cavalli neri, festeggiava, sbevazzava e guardava dalle sue finestre la gente che moriva e si disperava.
Lui non si ammalava e neanche i suoi ospiti, c'era una sola soluzione possibile per il volgo: il diavolo abitava in porta Romana.
Verità? Leggenda? Pare che un curiosissimo caso di omonimia abbia visto due Ludovico Acerbi gestire lo stesso palazzo l'uno dietro l'altro (chiunque abbia giocato di ruolo a Vampiri sa che è un bell'escamotage per ereditare le proprie ricchezze) Palazzo che fu risparmiato, al contrario dei vicini, dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Pare che il Duomo di Milano, la terza chiesa Europea per grandezza (ovviamente San Pietro vincit omnia), sia stata costruita per una strana richiesta del demonio.
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"Quelli che Milano" di Giancarlo Ascari e Matteo Guarnaccia è molto molto grazioso |
La leggenda di Carlina invece vede protagonista una giovane originaria di Schignano, un paesello vicino Como dove usava vestire le spose a lutto in nome di un antico inganno che veniva ordito ai danni del signore del luogo: volendo lui usufruire dello jus primae noctis lo si confondeva vestendo le sposine di nero (uno scemo se ci cascava davvero).
Insomma Carlina, vestita a lutto e il neosposo, vanno a fare una specie di viaggio di nozze a Milano e salgono in cima al Duomo. C'era ovviamente nebbia e le statue erano particolarmente angoscianti per Carlina che già era angosciata di suo: concessasi ad un uomo prima del matrimonio, era incinta di un bambino non del marito. Vuoi i sensi di colpa, vuoi il terrore procurato dalle statue che parevano accusarla, si lanciò giù dal Duomo, suicida. Il corpo non venne mai ritrovato e si dice che appaia nelle foto dei neosposi che hanno la felice idea di scattarsi una foto davanti alla Chiesa.
MARCHESE ACERBI:

C'è un caso emblematico perché rimasto talmente famoso da aver dato vita ad un detto meneghino a quanto pare un tempo in voga "il diavolo in porta romana". Durante la peste del '600, la gente moriva e il marchese Ludovico Acerbi, nel suo ricco e sontuoso palazzo in Porta Romana, dava feste.
Non solo non moriva, ma se la spassava allegramente. Usciva sulla sua carrozza trainata da grandi cavalli neri, festeggiava, sbevazzava e guardava dalle sue finestre la gente che moriva e si disperava.
Lui non si ammalava e neanche i suoi ospiti, c'era una sola soluzione possibile per il volgo: il diavolo abitava in porta Romana.
Verità? Leggenda? Pare che un curiosissimo caso di omonimia abbia visto due Ludovico Acerbi gestire lo stesso palazzo l'uno dietro l'altro (chiunque abbia giocato di ruolo a Vampiri sa che è un bell'escamotage per ereditare le proprie ricchezze) Palazzo che fu risparmiato, al contrario dei vicini, dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.
LA FALSA MADONNA E GUGLIEMA L'ERESIARCA FEMMINISTA:
Nella Chiesa di Sant'Eustorgio, in fondo a corso di Porta Ticinese, sono conservate due cose molto particolari: le reliquie dei re Magi e uno strano affresco in cui appaiono un bambinello e una Madonna provvisti di due grosse corna da caprone.
Quest'opera che, diciamoci il vero, in epoca contemporanea sarebbe irriproducibile, si rifaceva ad una leggenda cristiana che vedeva san Pietro protagonista.
La leggenda narrava che mentre il santo era intento a celebrare la messa, il diavolo avesse assunto le sembianze della Madonna col bambinello, dimenticando però di nascondere le corna.

La leggenda narrava che mentre il santo era intento a celebrare la messa, il diavolo avesse assunto le sembianze della Madonna col bambinello, dimenticando però di nascondere le corna.
San Pietro si accorse non senza troppa difficoltà che qualcosa non andava e alzata l'ostia lo scacciò.
Una seconda leggenda che si interseca con la storia della santa inquisizione milanese e il periodo delle eresie, vuole il dipinto posseduto dallo spirito di una monaca: Guglielmina la Boema.
Di questa donna, condannata dall'inquisizione (e dal rogo dei documenti dell'inquisizione di Milano) ad una sorta di damnatio memoriae, non si sa molto e ciò che rimane è molto contrastante: da una parte sembra si trattasse di una donna tranquilla dalla vita particolarmente santa e le amicizie importanti che ne decretarono, post-mortem, una sorta di culto. Sepolta nell'abbazia di Chiaravalle, gli stessi monaci le avevano innalzato un altarino e molti si recavano in pellegrinaggio.
Da un'altra parte ebbe un ruolo di rilievo in un'eresia stranamente femminista.
Pare che avesse portato un'eresia assai in voga in nord Europa che prevedeva la ricerca di Dio non mediata dai sacerdoti, ma da ogni singola persona.
Inoltre diceva che Dio potesse assumere anche un'incarnazione femminile e la sua più grande innovazione risiedeva principalmente nel ruolo ecclesiastico della donna: un corpo femminile non visto solo come luogo di peccato o procreazione, ma di contatto col divino. Aggiungetevi un rifiuto dello storico ruolo di inferiorità della donna all'interno della Chiesa e la frittata è fatta.
Pare che avesse portato un'eresia assai in voga in nord Europa che prevedeva la ricerca di Dio non mediata dai sacerdoti, ma da ogni singola persona.
Inoltre diceva che Dio potesse assumere anche un'incarnazione femminile e la sua più grande innovazione risiedeva principalmente nel ruolo ecclesiastico della donna: un corpo femminile non visto solo come luogo di peccato o procreazione, ma di contatto col divino. Aggiungetevi un rifiuto dello storico ruolo di inferiorità della donna all'interno della Chiesa e la frittata è fatta.
In realtà ciò che la decretò eretica fu quello che fecero due suoi seguaci: una suora, Maifreda, e Andrea Saramita, un grande fedele di Guglielmina (da notare che i seguaci di questa eresia erano sia uomini che donne curiosamente).
Entrambi si spinsero ad affermare che Guglielmina fosse l'incarnazione dello spirito santo cose che lei, in vita, rifiutò sempre di affermare. Il climax si raggiunse quando Maifreda si spinse a celebrare, nelle vesti di sacerdote, messe con tanto di ostie consacrate: una donna che diceva messa!
Entrambi si spinsero ad affermare che Guglielmina fosse l'incarnazione dello spirito santo cose che lei, in vita, rifiutò sempre di affermare. Il climax si raggiunse quando Maifreda si spinse a celebrare, nelle vesti di sacerdote, messe con tanto di ostie consacrate: una donna che diceva messa!
Ne seguì un processo che vide Maifreda, Saramita e altri seguaci condannati al rogo e il disseppellimento della povera Guglielmina, i cui resti furono bruciati post-mortem.
Se volete saperne di più di questa strana storia esiste un libro di Luisa Muraro, "Guglielma e Maifreda". Il libro è fuori commercio, ma potete trovare il pdf qui: "Guglielma e Maifreda".
E voi conoscete qualche altra leggenda? Ne avevate mai sentito parlare? Raccontate!
E voi conoscete qualche altra leggenda? Ne avevate mai sentito parlare? Raccontate!
martedì 23 febbraio 2016
In morte di Umberto Eco. Quando muore una persona che è già un personaggio, cosa ricordiamo di lui? Ecco cosa ricordo io. Chissà dove sarei se un fatale pomeriggio di molti anni fa non avessi visto un certo film.
Non mi piace fare gli ossequi ai morti e neanche amo la propensione all'agiografia.
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Ill. di Tullio Pericoli |
Fatale perché, nel frattempo, l'ondata social che impone di farsi una foto col libro del morto di turno si sarà ormai spenta e l'infinita processione che nei giorni precedenti era venuta a chiedere la bibliografia del defunto come fosse il pane, sarà ormai in gran parte scomparsa.
Scrissi anche un post su ciò che accade quando muore uno scrittore, un misto di amarezza e senso di colpa da lettore assai curioso e difficile da combattere.
Tuttavia questa volta non è morto uno scrittore, è morto Umberto Eco, una persona che non si poteva neanche ben catalogare come scrittore perché apparteneva a quella schiatta di personaggi che non puoi credere che esistano mentre esisti anche tu.
Mi spiego meglio. Pochi anni fa morì Claude Lévi-Strauss nel mio ignorante sconcerto. Ignorante perché francamente ignoravo fosse ancora vivo.
Nel mio immaginario, infatti, uno dei padri dell'antropologia non poteva che appartenere a quel mitico passato che ci raccontano i libri. Quando si studia, la consapevolezza che Leopardi o Manzoni abbiano davvero passeggiato su questa terra è certa e al contempo labile perché i giganti della letteratura del passato finiscono, in un curioso cortocircuito letterario, per introiettare qualcosa di romanzesco.
Sono esistiti, sì, ma in un passato dal sapore favoloso.
Nel mio immaginario, infatti, uno dei padri dell'antropologia non poteva che appartenere a quel mitico passato che ci raccontano i libri. Quando si studia, la consapevolezza che Leopardi o Manzoni abbiano davvero passeggiato su questa terra è certa e al contempo labile perché i giganti della letteratura del passato finiscono, in un curioso cortocircuito letterario, per introiettare qualcosa di romanzesco.
Sono esistiti, sì, ma in un passato dal sapore favoloso.
Anche Umberto Eco ha l'onore di appartenere a questo passato che non è lo stesso in cui vivremo noialtri. Gli studenti del futuro lo studieranno con la stessa vaga idea che sì, un tempo aveva camminato su questa terra, e insegnato al Dams (ad Andrea Pazienza!), ed era stato uno dei più importanti studiosi di semiotica del mondo e aveva scritto un best seller medievale, "Il nome della rosa" (e anche l'antenato colto dei vari Dan Brown "Il pendolo di Foucault") partecipato al gruppo '63 e scritto un manuale su come stendere una tesi di laurea che dall'introduzione della riforma Moratti ha perso gran parte del suo significato.

Umberto Eco in realtà io l'ho visto due volte. Una ad una presentazione surreale in Feltrinelli in cui era venuto ad introdurre un libro di Gianfranco Marrone "Stupidità", un saggio, appunto, sulla stupidità umana. In realtà il povero Marrone aveva finito per tacere ed Eco si era lanciato in una breve lezione su come vivessimo in una pericolosa epoca in cui lo stupido non ha nessuna percezione della sua condizione. L'arroganza degli ignoranti di cui parlavo appena due post fa in merito alle Unioni Civili.
Il quid surreale lo diede una sciura col colbacco leopardato che si alzò durante gli interventi recitando un'incomprensibile osservazione che, ai suoi occhi, doveva metterla in luce come soggetto particolarmente intelligente e finì, invece, per gelare il sangue a molti, compreso Eco che cercò di rispondere in modo coerente. Gli idioti che sbandierano intelligenza erano arrivati fin lì, fin sotto al banco della sua presentazione, e in un curioso paradosso pirandelliano non si accorgevano in nessun modo di presenziare ad un evento dato in loro onore. C'era di che aver paura e potrei giurare che la ebbe.
La seconda volta in realtà non l'ho proprio incontrato. Ero in fondo a viale Magenta a Milano e l'ho visto passeggiare quieto e massiccio. L'ho seguito per un po' non sapendo bene cosa fare. O meglio, lo sapevo cosa volevo fare, dirgli qualche parola, quanto mi piacessero i suoi libri e quanto, soprattutto, "Il nome della rosa" avesse segnato la mia vita, ma poi, dopo qualche decina di metri mi ero sentita una cretina abbandonando l'impresa. Ci mancava solo che un pover'uomo dovesse sorbirsi i deliri di tutti i fan che incontrava. Insomma, un po' di rispetto.
In realtà il motivo principale per cui mi ha colpita tanto la morte di Umberto Eco risale al primo incontro metafisico che ho avuto con lui.
Avevo tredici anni e vidi, non so bene perché, il film tratto da "Il nome della rosa", ricordo che la cosa che mi impressionò di più in assoluto fu il grande cuore di bue che Adso trova dopo aver fatto l'amore con la ragazza sconosciuta.
Subito dopo, per un curioso caso del destino, mio padre mi annunciò che a breve sarebbe nata la mia attuale sorella Young Adult, rendendo quel pomeriggio inquietante e indimenticabile.

Subito dopo, per un curioso caso del destino, mio padre mi annunciò che a breve sarebbe nata la mia attuale sorella Young Adult, rendendo quel pomeriggio inquietante e indimenticabile.
Come scrivo spesso, il mio sogno di bambina era diventare archeologa, ma, fin da subito, i miei pragmatici genitori tentarono la dissuasione: un lavoro molto faticoso, in viaggio per posti scomodi e pericolosi e soprattutto un lavoro che fanno pochissimi fortunati. Cosa sarebbe stato di me se avessi dedicato i miei studi universitari all'archeologia per poi trovarmi nel mondo del lavoro con una laurea non spendibile?
Così, virai verso un compromesso accettabile. "Il nome della rosa" aveva acceso in me la curiosità per i manoscritti, i libri antichi, le miniature da decifrare, le misteriose scritture da decriptare. Quando scoprii che esisteva un polveroso e misconosciuto indirizzo di laurea che si dedicava allo studio dei testi e dei documenti antichi quasi non potevo crederci: quindi era davvero possibile dedicare la propria vita ad una cosa del genere!
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La biblioteca de "Il nome della rosa" |
Concorsi bloccati, lunghi anni di studio ulteriore difficili da permettersi senza adeguato denaro di sostentamento e, in generale, i casi della vita, mi hanno portato molto lontano da quelle biblioteche antiche e polverose dove speravo di lavorare.
Sono sempre in mezzo ai libri ed è molto più di quello che possano dire tanti miei ex colleghi dell'università, ma il rimpianto per ora ce l'ho (poi oh, non sono ancora decrepita quindi magari ce la posso ancora fare anche in questa Italia perennemente bloccata).
In qualsiasi caso posso affermare che se non avessi letto "Il nome della rosa" difficilmente avrei preso una decisione del genere e la mia vita di certo sarebbe stata molto diversa.
Immagino sia anche per questo che non mi capacito che Umberto Eco sia morto. Emanava, come pochi personaggi, un'aria curiosamente immortale.
Quella di chi possiede una sorta di eterno che impedisce di crederlo vivere e morire, assieme a noi.
domenica 21 febbraio 2016
Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Famiglie moderne".
Alla fine di questa faticosissima giornata vi lascio un cose realmente avvenute in forma di vignetta che avevo già citato a parole su fb.
I tempi cambiano e alcune persone hanno poche idee, ma confuse.
Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Famiglie moderne"!
I tempi cambiano e alcune persone hanno poche idee, ma confuse.
Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Famiglie moderne"!
venerdì 19 febbraio 2016
Farsi sul serio un'idea sulle Unioni civili. Non be stupid e leggi se non sai: sei libri per scoprire le mysteriosissime unioni civili e l'ancor più mysteriosa stepchild adoption. Forza, forse tra altri sette secoli ce la faremo anche noi.
In questi giorni ero carica di belle speranze e ho avuto, come molti, l'ennesima mazzata:
le unioni civili sono ancora impantanate nella melma.
E' meglio se taccio quello che penso di alcuni gruppi politici, però mi rendo conto che giochini di potere a parte (e i giochini di potere sulla vita delle persone sono le cose più disgustose e meschine che si possano fare), la confusione sull'argomento regna sovrana.
In verità mi rendo anche conto che regna sovrana perché, fondamentalmente, a molte persone non interessa davvero farsi un'opinione sul tema, c'è quella che si dice "l'arroganza dell'ignorante".
Quando qualche anno fa la Diesel fece una campagna pubblicitaria molto provocatoria, "Be stupid" non stava in fondo pescando nel niente. Adesso la moda è insultare dicendo che sei un signorino, hai la laurea e quindi ti credi meglio di chi ha studiato alla celebre università della vita.
Quello che mi domando sempre è perchè se questa università della vita è davvero più difficile di quella normale, perché tutti non si impegnino di più a conseguire una laurea nella seconda.
Comunque, voglio sperare che nella melma indistinta ci sia ancora qualcuno che non ha le idee ben chiare, ma è desideroso di farsele, perciò metto anche qui un post scritto per LezPop qualche giorno fa, ma che ci tengo abbia la massima diffusione sulle regole guida per scegliere i libri sullo, a quanto pare, spinoso argomento delle famiglie omosessuali.
- Che non ho ancora ben capito cosa abbiano di spinoso rispetto alle altre famiglie, considerando che io alle superiori avevo una compagna di classe il cui padre aveva avuto due figli da due donne, sorelle tra loro, creando un cortocircuito di fratelli-cugini -
Fido che i lettori di questo blog non abbiano bisogno di questo post, ma magari ha parenti e amici che non sarebbe male ne usufruissero.
Se avete tutti amici e parenti concordi allora mi rassegno a credere che tutta la gente contraria alle unioni sia in parlamento e sulla pagina di Repubblica.it.
Mettendo infatti come parole
chiave: diritti-famiglia-omosessuale, vi appariranno accanto a libri
di rilievo giuridico, vere e proprie porcherie sulla teoria gender.
Ovviamente visto che l'indicizzazione non è manuale, ma frutto di un
algoritmo che pesca a seconda di keywords, questi sono i risultati.
Abominevoli. Come fare a capirne la bontà? Innanzitutto, non siete esperti e non
sapete come regolarvi, potete usare un metodo molto semplice:
guardate la casa editrice.
Altro sistema: l'autore.
Una cosa che ODIO è quando pescano un omosessuale a caso, con un
alto tasso di omofobia interiorizzata e gli fanno scrivere un libro
in cui condannano lo “stile di vita gay” e le unioni omosessuali. Visto che non siamo una tribù e manco un gruppo etnico con
specifiche tradizioni e usanze, pescare un gay dal mucchio ha la
stessa autorevolezza del pescare un etero dal gruppo.
"L'ABOMINEVOLE DIRITTO" di Gabriele Strazio e Matteo M. Winkler ed. Il Saggiatore:
Professore di diritto
civile alla Sapienza di Roma, coautore della carta dei diritti
fondamentali dell'Unione Europea, dopo aver scritto “Il diritto di
avere dei diritti”, Rodotà si concentra sul valore delle leggi che
regolano i rapporti amorosi tra persone.
Lo fa ad ampio spettro puntando il dito contro un nodo fondamentale: come può il diritto arrogarsi il diritto di definire quale amore è degno di questo nome e quale no? Un'istituzione giuridica può decidere la validità del sentimento degli individuo? E può porvi differenze? Il matrimonio omosessuale sconvolge molti non solo per una questione di omofobia, ma perché va a toccare questioni più complesse, in primis il nostro rapporto nei confronti dell'uguaglianza tra i cittadini e al nostro atteggiamento nei confronti della libertà altrui.
E' meglio se taccio quello che penso di alcuni gruppi politici, però mi rendo conto che giochini di potere a parte (e i giochini di potere sulla vita delle persone sono le cose più disgustose e meschine che si possano fare), la confusione sull'argomento regna sovrana.

Quando qualche anno fa la Diesel fece una campagna pubblicitaria molto provocatoria, "Be stupid" non stava in fondo pescando nel niente. Adesso la moda è insultare dicendo che sei un signorino, hai la laurea e quindi ti credi meglio di chi ha studiato alla celebre università della vita.
Quello che mi domando sempre è perchè se questa università della vita è davvero più difficile di quella normale, perché tutti non si impegnino di più a conseguire una laurea nella seconda.
Comunque, voglio sperare che nella melma indistinta ci sia ancora qualcuno che non ha le idee ben chiare, ma è desideroso di farsele, perciò metto anche qui un post scritto per LezPop qualche giorno fa, ma che ci tengo abbia la massima diffusione sulle regole guida per scegliere i libri sullo, a quanto pare, spinoso argomento delle famiglie omosessuali.
- Che non ho ancora ben capito cosa abbiano di spinoso rispetto alle altre famiglie, considerando che io alle superiori avevo una compagna di classe il cui padre aveva avuto due figli da due donne, sorelle tra loro, creando un cortocircuito di fratelli-cugini -
Fido che i lettori di questo blog non abbiano bisogno di questo post, ma magari ha parenti e amici che non sarebbe male ne usufruissero.
Se avete tutti amici e parenti concordi allora mi rassegno a credere che tutta la gente contraria alle unioni sia in parlamento e sulla pagina di Repubblica.it.
Dunque, se fate una rapida
ricerca sui più grandi siti di vendita di libri online noterete un
abominio frutto dell'indicizzazione.
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Questa la mia reazione ogni volta davanti all'abominio. Tra l'altro l'attore che fa Sheldon è gay e sarà d'accordo con me |
Grosse case editrici,
come Mondadori o Feltrinelli o case editrici giuridiche serie non
faranno MAI libri sulla questione gender e non perché sia in atto un
perfido komplotto della lobby gay, ma perché hanno una loro
credibilità.
E' ovvio invece che un libro delle edizioni SanPaolo o
Fede&Cultura avranno riferimenti ad un universo cattolico che al
momento è privo di qualsiasi obiettività (voglio evitare di essere polemica, si vede eh?) nei confronti del tema e
difficilmente potrete una visione non di parte della cosa. Che va
benissimo se cercate qualcuno che confermi la vostra idea cattolica,
ma certo non vi servirà a nulla se state cercando di farvi un'idea
ad ampio spettro della questione.
![]() |
'Sta storia del fantomatico gay che ogni tanto spiega le nostre usanze tipiche mi fa sempre alieni che rapiscono l'umanoide a caso per farsi spiegare come va sulla terra |
Puoi beccare
l'eterosessuale più aperto della storia, come il più bigotto. A
nessuno verrebbe in mente di usare quello che dice un etero come la
voce dell'intera popolazione eterosessuale.
Per farla breve se sei un etero che va cercando misteriosi meandri antropologici su come ci muoviamo, mangiamo e dormiamo sappi che non esiste. Facciamo le stesse cose che fai tu, perciò no, i libri scritti da gay che non si accettano per motivi personali, non possono definire in nessun modo un gruppo di persone né meriterebbero di essere pubblicati, a mio parere.
Per farla breve se sei un etero che va cercando misteriosi meandri antropologici su come ci muoviamo, mangiamo e dormiamo sappi che non esiste. Facciamo le stesse cose che fai tu, perciò no, i libri scritti da gay che non si accettano per motivi personali, non possono definire in nessun modo un gruppo di persone né meriterebbero di essere pubblicati, a mio parere.
Ecco, mi pare che queste
linee guida si dovrebbero usare per qualsiasi argomento della terra
su cui ci si vuole fare un'idea degna di questo nome. L'autorevolezza
delle fonti è l'unica cosa che può salvarci dall'abisso della
bufala e della cattiva informazione, e dovrebbe essere un preciso
dovere di tutti abbeverarsene copiosamente.
Di seguito i titoli.
"PRESIDENTE LA MIA E' UNA FAMIGLIA" di Rosaria Iardino ed. Alpine Studio.
Cos'è davvero una
famiglia arcobaleno? Come nasce? Davvero i gay rubano i bambini dalle
culle (e per fortuna non li mangiano come i comunisti)? E che cos'è
la famosa stepchild adoption?
Quello che molti non
capiscono è che votando a favore della stepchild adoption non si sta
improvvisamente dando il via libera a famiglie con genitori same-sex,
perché quelle famiglie esistono già! Si stanno solo dando più
tutele a quei bambini che già esistono e hanno diritti dimezzati:
cosa succede se il genitore biologico muore? Se i due genitori si
separano? E come impatta sulla vita quotidiana essere figli di un
solo genitore, ma averne due?
Un tempo erano proibite
le unioni tra persone bianche e di colore e i figli di tali coppie
erano ferocemente attaccati (come è accaduto alla scrittrice Alice
Walker, l'autrice de “Il colore viola”, prima persona di colore a
contrarre matrimonio con persona di “diversa ascendenza” del
Mississipi). Un tempo le ragazze madri e i loro bambini vivevano una
vita di ostracismo. Le famiglie arcobaleno sono la grande battaglia
di civiltà del nostro tempo.
"L'ABOMINEVOLE DIRITTO" di Gabriele Strazio e Matteo M. Winkler ed. Il Saggiatore:
C'è qualcuno,
chiaramente in malafede e chiaramente ignorante, che ogni tre per
due, dice che le coppie di fatto già godono di tutti i diritti e non
servono altre leggi (rimane misterioso allora perché esista
l'istituto matrimoniale), ma è davvero così?
Il Saggiatore ha in
catalogo un libro molto completo su quello che davvero le leggi NON
prevedono per Gay e Lesbiche, relegandoli a cittadini di serie B. Il
libro è un excursus storico a tutto campo sulle discriminazioni
subite tramite l'emanazione di legge contro l'omosessualità o
pratiche sessuali precipue (la famosa sodomia) in tutto il mondo.
Il focus è poi sull'Italia, ancora bloccata nella melma creata dalla mancanza di un forte rivendicazione laica delle istituzioni.
Adesso possiamo aggiungere, creata anche da una forte rivendicazione d'intelligenza da parte dei legislatori.
Il focus è poi sull'Italia, ancora bloccata nella melma creata dalla mancanza di un forte rivendicazione laica delle istituzioni.
Adesso possiamo aggiungere, creata anche da una forte rivendicazione d'intelligenza da parte dei legislatori.
Il libello di Nicla
Vassallo fa parte di una serie di instant book della Laterza che
cercano di spiegare in modo semplice, veloce e ragionato le
affermazioni dogmatiche del nostro tempo che godono di grande
diffusione popolare e di pessime basi teoriche.
In poche parole, proprio come nel medioevo, molti prendono per buoni slogan senza sapere di cosa stanno parlando (sì, anche io non ho più fiducia nella scuola dell'obbligo).
La filosofa si prende l'improbo compito di dimostrare che non esistono oggettive e valide motivazioni per opporsi al matrimonio omosessuale se non una: l'eterosessualità come dogma.
In poche parole, proprio come nel medioevo, molti prendono per buoni slogan senza sapere di cosa stanno parlando (sì, anche io non ho più fiducia nella scuola dell'obbligo).
La filosofa si prende l'improbo compito di dimostrare che non esistono oggettive e valide motivazioni per opporsi al matrimonio omosessuale se non una: l'eterosessualità come dogma.
"DIRITTO D'AMORE" di
Stefano Rodotà ed. Laterza:

Lo fa ad ampio spettro puntando il dito contro un nodo fondamentale: come può il diritto arrogarsi il diritto di definire quale amore è degno di questo nome e quale no? Un'istituzione giuridica può decidere la validità del sentimento degli individuo? E può porvi differenze? Il matrimonio omosessuale sconvolge molti non solo per una questione di omofobia, ma perché va a toccare questioni più complesse, in primis il nostro rapporto nei confronti dell'uguaglianza tra i cittadini e al nostro atteggiamento nei confronti della libertà altrui.
"HELLO DADDY" di Claudio Rossi Marcelli e "LA CONTA DEI GIORNI" di Isabel Allende:
Ora, io non vorrei turbare le anime belle, ma addirittura un telefilm per ragazzi, "Glee" terminava con la protagonista incinta per aiutare i suoi due migliori amici, sposati e gay. Una ragazza che sta per vincere il più importante premio teatrale del mondo, sposata, raggiante e non una povera schiava lobotomizzata.
La cosa più triste di tutto il dibattito sulla maternità surrogata, oltre all'orrida strumentalizzazione che ne è stata fatta visto che NON è compreso nel ddl Cirinnà, è aver trattato i padri come gente di passaggio e le madri surrogate come delle dementi.
La cosa più triste di tutto il dibattito sulla maternità surrogata, oltre all'orrida strumentalizzazione che ne è stata fatta visto che NON è compreso nel ddl Cirinnà, è aver trattato i padri come gente di passaggio e le madri surrogate come delle dementi.
Io non capisco perché si debbano imporre le proprie decisioni ad altri, perfettamente coscienti di quello che stanno facendo.
Dovremmo preoccuparci piuttosto che tutti abbiano la possibilità di scegliere, che nessuno sia sfruttato (e in tutti i campi, anche quello lavorativo che se te ne freghi del bracciante che muore sotto il sole, ma frigni per le madri surrogate dell'altra parte del mondo, Houston abbiamo un problema).
Visto che tutti si sono dimenticati che la stragrande maggioranza dei famosi uteri in affitto sono in affitto da parte di coppie etero e che la stragrande maggioranza dei bimbi figli di coppie gay sono figli di lesbiche che usano il loro stesso utero, anzi i loro due, per farvi capire come funziona questo tragico affitto vi consiglio due libri.
Dovremmo preoccuparci piuttosto che tutti abbiano la possibilità di scegliere, che nessuno sia sfruttato (e in tutti i campi, anche quello lavorativo che se te ne freghi del bracciante che muore sotto il sole, ma frigni per le madri surrogate dell'altra parte del mondo, Houston abbiamo un problema).
Visto che tutti si sono dimenticati che la stragrande maggioranza dei famosi uteri in affitto sono in affitto da parte di coppie etero e che la stragrande maggioranza dei bimbi figli di coppie gay sono figli di lesbiche che usano il loro stesso utero, anzi i loro due, per farvi capire come funziona questo tragico affitto vi consiglio due libri.
"Hello Daddy" in cui Claudio Rossi Marcelli, giornalista di Internazionale, racconta la storia della famiglia costruita col compagno e tre bimbi, e "La somma dei giorni" di Isabel Allende, in cui l'autrice de "La casa degli spiriti" parla dell'amicizia profonda tra suo figlio, la sua nuova compagna sterile e una donna che si propone di essere la loro madre surrogata (si PROPONE e non riesce tra l'altro a rimanere incinta).
Quello che non si capisce è che non esiste l'assoluto, esistono le persone. Dovremmo ricordarcelo, quando gridiamo slogan scomposti che feriscono come coltelli.
Quello che non si capisce è che non esiste l'assoluto, esistono le persone. Dovremmo ricordarcelo, quando gridiamo slogan scomposti che feriscono come coltelli.
Aggiungo i già recensiti "Figli dell'arcobaleno" di Samuele Cafasso ed. Donzelli e "Il più bel giorno della mia vita" di Sebastiano Mauri.
giovedì 11 febbraio 2016
C'è un nesso tra la mancanza di una narrativa rosa al maschile e il dislivello tra lettori e lettrici? Il caso Alice Sheldon vs Fausto Brizzi e la sua moglie vegana (con una spolverata di sindrome di Stoccolma).
Uno dei temi che mi prometto sempre di trattare (e che poi, come faccio spesso, rimando all'infinito) è se esista effettivamente una differenza tra quello che leggono le donne e quello che leggono gli uomini. Per togliere ogni indugio vi dico già come la penso: NO.
Io ho sempre letto quello che mi piaceva e anche parecchio a periodi, ci sono stati anni in cui leggevo molti romanzi mainstream diciamo, alle superiori ho fatto il pieno di classici, per un po' di tempo mi sono appassionata a saggistica random, ora sono nel periodo fantascienza, domani chissà. So bene cosa non mi piace (la narrativa rosa o la psicologia, per dire) e non faccio alcuna differenza tra autrici e autori.
Tuttavia so bene che ci sono uomini che leggono pochissime autrici (o non le leggono) e che considerano interi settori, come la narrativa rosa, prettamente femminili.
Per quel che riguarda il primo pregiudizio non credo ci sia soluzione se non l'intelligenza e la voglia di mettersi in discussione. A livello razionale bisognerebbe, da lettore forte almeno, capire che se nel tuo paniere ci sono dieci libri dieci di autori maschi, forse c'è qualcosa che non stai notando a livello inconscio.
Ok, può accadere che quella volta che entri in libreria ti piacciano solo libri di autori maschi, ma allora dovrebbe accadere anche di comprare solo autrici donne (prescindendo dai classici, dove comunque tra Austen, Woolf, sorelle Bronte, Dickinson, Plath ecc, non si può dire che manchi la scelta). Il punto è che la storia della letteratura insegna che questo non è un bieco pregiudizio, fior fior di autrici hanno dovuto fingersi uomini per riuscire a convincere il non gentil sesso a prendere in considerazione i loro libri: è successo ad Anne Bronte o Mary Ann Evans aka George Eliot.
Il caso più eclatante fu di certo quello che coinvolse la scrittrice Alice Sheldon che per per vari anni scrisse sotto il falso nome di James Tiptree jr guadagnandosi l'ammirazione dei colleghi maschi, solitamente poco propensi a riconoscere il talento delle colleghe.
Sul fatto che potesse essere una donna ci furono alcune illazioni, ma la cosa venne fuori solo dieci anni e molti premi dopo lasciando arrabbiate svariate scrittrici di sci-fi che avevano scritto sempre col nome femminile lottando per rompere il pregiudizio che le donne non fossero in grado di scrivere di fantascienza. Gli uomini rimasero perlopiù allibiti per non essersi accorti dell'inganno, poiché molti fan e colleghi corrispondevano regolarmente con lei senza essersene mai resi conto, ci furono anzi autori, come Silverberg, che si spinsero a scrivere: "C'è qualcosa di ineluttabilmente virile nella scrittura di Tiptree". Per la serie Epic Fail.
L'autrice ebbe modo di spiegare la sua decisione:
" Io sono entrata nel campo della fantascienza come un uomo, cioè per meglio dire con uno pseudonimo maschile, nel quale mi sono a tal punto identificata che persino il mio agente, Bob Mills, credeva che fossi un uomo. Ci fu una ragione iniziale per questa scelta, anzi due, per essere precisi.
In primo luogo, non volevo far sapere ai miei colleghi di università che scrivevo (sono una psicologa sperimentale in pensione); ero già nota per aver appoggiato quelle che allora venivano considerate come bizzarre teorie etologiche, mentre i miei colleghi erano fedeli seguaci di Hull, e la notizia che scrivevo fantascienza avrebbe dato un colpo decisivo alla mia rispettabilità.
In secondo luogo – e questa è la ragione principale – ero sicura che non sarei riuscita a pubblicare le mie prime storie. Ero preparata a passare i tradizionali cinque anni a tappezzare le pareti con le lettere di rifiuto."A margine è significativo notare una cosa che già notava l'autrice all'epoca: una volta confessata la sua vera identità non visse più un premio. Eppure, diceva con amarezza, la sua scrittura non poteva essere talmente peggiorata.

Il motivo è che il libro del regista non racconta la storia d'amore con una donna sostenitrice feroce di un regime alimentare, non è un vero memoir: per costruzione, linguaggio, ritmo e modo di trattare l'argomento, siamo infatti dalle parti del romanzo rosa per uomini.
Ebbene sì. L'avesse scritto una donna, 'sto libro troneggerebbe nella sezione della rosa e con una copertina dai disegni stile fidanzatini di Peynet e i colori pastello.
L'ha scritto Brizzi e si sono limitati ad un cuore formato da sedani (o porri, forse porri). Il contenuto e il successo (è tra i primi dieci in classifica) dimostra che la narrativa d'amore per uomini in stile chick-it (come si direbbe? Galletto-it?) dimostrano che se ci fossero più libri del genere gli uomini non si dimostrerebbero per niente diversi dalle donne.
Perché è questo che è "Ho sposato una vegana": un chick-lit al maschile.
Brizzi nei suoi vari film descrive sempre questo universo maschile fatto di uomini un po' bambinoni (ma fondamentalmente buoni e ancora attaccati ai sogni dell'infanzia) che si legano a donne che sembrano arpie intente principalmente alla conservazione feroce del nido.
La loro vita senza le non troppo dolci metà sarebbe teoricamente perfetta, ma per motivi misteriosi (penso l'amore) senza costesse non stanno stare.
Il mondo di questi uomini è fatto di calcetto, passioni che si trascinano dall'adolescenza, cene con gli amici, belle ragazze che non possono rimorchiare perché impegnati con la suddetta arpia.
La differenza con le donne alla ricerca di un principe azzurro che le domini, nonostante una vita potenzialmente già appagante, è davvero inesistente. Si sostituiscono le scarpe col calcetto e stiamo sempre lì.
Nel libro Brizzi racconta la sua storia d'amore con l'attuale moglie, un rapporto che, senza erotismo, gira dalle parti delle 50 sfumature. Lì mr Grey costringeva Ana a pratiche per cui non provava nessun vero interesse tanto da piangere come un vitello, qui la moglie di Brizzi costringe un marito che non prova nessuna voglia di diventare vegano ad esserlo per forza.
Durante la lettura l'unica cosa che ti viene in mente è: Fausto scappa!!

Brizzi racconta la faccenda pensando che sia una tragicomica storia d'amore, tu pensi sia una tragicomica sindrome di Stoccolma e, come tutti sappiamo, la sindrome di Stoccolma non è molto divertente.
In qualsiasi caso, il punto non è come Brizzi abbia deciso di scegliersi la moglie, ma il libro che ha scritto: un romanzo rosa per uomini.
Secondo me, superare il pregiudizio per cui gli uomini "leggono meglio" o "leggono fantascienza o romanzi d'avventura o storie di guerra" potrebbe aprire nuove frontiere.
Nelle statistiche di lettura, c'è una domanda che meriterebbe una risposta: perché c'è uno straordinario divario tra lettrici donne e lettori uomini?
Perché la storia che la lettura sia vista come un'attività femminile (ho sentito anche questa teoria da molti), regge fino ad un certo punto.
Voglio dire, se hai 16 anni e sei circondato da idioti brufolosi che inneggiano all virilità posso anche capire, se nei hai 40 magari dovresti iniziare a pensare con la tua testa.
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14 punti percentuali di differenza (e se ben ricordo sono anche aumentati di un punto percentuale) |
Secondo me, il problema è un altro (tra gli altri): manca un intero segmento di mercato, quel segmento di cui meriterebbe di far parte il libro di Brizzi e di cui, in definitiva, fa parte anche la produzione di Fabio Volo. Gli uomini non leggono la narrativa rosa perché non è tarata sui loro interessi (perché dovrebbero leggere gli psicodrammi di una stylist a Parigi?) non perché la considerano troppo cheap per i loro gusti. Invertendo i fattori di genere, il risultato di trama vedrete che non cambierà.
Perciò, tirando le fila: fossi nelle case editrici punterei di più sui chick lit per maschi e se leggete solo autori maschi (o donne) fate lo sforzo di lanciarvi in un'autrice donna nel campo magari che preferite (ce ne sono ottime in TUTTI), potreste scoprire che eravate solo abituati male.
Ah, Brizzi, scappa.
Ps. In questi giorni sono in ferie! Risposterò con regolarità da martedì o giù di lì!
sabato 6 febbraio 2016
Il bestiario dei lettori I: il Lettore Integralista. Ritratto di una creatura integerrima, flagello dei librai di catena, adoratore dei classici e mortale nemico di altri suoi simili, fiero lupo solitario della carta stampata.
Dopo aver classificato clienti e anche colleghi blogger, ieri mentre sonnecchiavo a lezione (siccome appartengo alla fiera generazione della "formazione continua", continuo a formarmi anche post-università, volente o nolente), ho pensato che manca ancora un bel bestiario dei lettori, tenere creature di cui anche io faccio parte e che non per forza incrocio a lavoro, ma anche nella vita quotidiana.
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Nel mio immaginario il "lettore integralista" ha come icona il personaggio interpretato da Jack Nicholson in "Qualcosa è cambiato" |
Per aprire le danze ho pensato di iniziare con un lettore non proprio popolare tra i suoi simili amanti della carta stampata: il lettore integralista (abbreviato in LI per non ripeterlo settemilamiliardi di volte).
Il lettore integralista è una delle specie di lettori più insopportabili e più necessarie alla filiera libro.
E' necessario in quanto lettore forte e grande acquirente, costantemente interessato alle novità e che spesso diventa sponsor accanito di libri pubblicati da microcase editrici che si occupano di argomenti che definire di nicchia sarebbe un complimento.
Insopportabile perché ha una sorta di grandeur che al confronto la grandeur francese viene declassata al grado di semplice spocchia.
Lui non legge come tutti i poveri mortali, lui LEGGE. Dotato di un'autostima enorme e di un'indefessa fiducia nella propria intelligenza, il lettore integralista ha una serie di amici lettori integralisti e talvolta tiene dei blog letterari talmente sofisticati che le masse a stento riescono a capire il senso del tema trattato (ovviamente in un trionfo di subordinate e citazioni da far venire mal di testa a Cicerone).
Come si comporta, dove vive, cosa fa e soprattutto cosa legge costui?
LE LIBRERIE:
Il lettore integralista è integralista pure nella scelta delle librerie. Poco avventuroso, ha alcuni luoghi rassicuranti gestiti da librai che giudica competenti e alla sua altezza e, di solito, ne sono anche amici.
Solo loro sono degni di dissertare con loro dei massimi sistemi, di ordinare il volume introvabile e, persino, gesto audace sopra ogni limite: di consigliarli.
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Il panico del libraio all'avvistamento del lettore integralista |
Puoi dire infatti di aver conquistato un LI il giorno in cui lui verrà da te con fare apparentemente disinvolto chiedendo: "Ha qualcosa da consigliarmi?".
Ovviamente tale immane fortuna è appannaggio dei librai indipendenti (e molti di essi, esasperati, ne farebbero volentieri a meno), perché il LI non mette quasi mai piede in una libreria di catena, luogo in cui risaputamente lavorano dei mentecatti con la terza media presa alle serali.
Le poche volte in cui è costretto a mettere piede in questi supermercati del sapere (lui che si nutre solo alle gastronomie dell'anima) ci tiene a rendere i presenti consci del grande onore che viene loro accordato.
Il LI ci tiene infatti a mettere in chiaro che considera il libraio di catena alla base della catena alimentare del sapere, una sorta di robot con sembianze umane privo di spirito e intelligenza. Questa convinzione della mancanza di anima del libraio di catena si rende più chiara quando egli non si pone il problema di insultarlo liberamente o di sottolineare che egli non sa niente, che di sicuro non conosce l'autore tal dei tali e che anzi, di certo, in realtà non legge. In compenso ne sottovaluta la pazienza di Giobbe.
METODI DI SELEZIONE LETTURE DEL LETTORE INTEGRALISTA:
Il lettore integralista non è un lettore alla moda. Se c'è una cosa davvero apprezzabile di costui è che ha gusti personali molto spiccati che subiscono scarsamente le influenze esterne.
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Il Venerabil Jorge, un esempio estremo di Lettore Integralista, da non prendere in considerazione |
1) Il lettore integralista che legge solo i classici. Ne appare un esempio in "Norwegian wood" di Murakami": il migliore amico di Watanabe, un ragazzo con principi morali diciamo volubili, ma con principi libreschi molto perentori. Non leggeva autori che non fossero morti da almeno una cinquantina di anni perché solo la prova del tempo può dirci se essi valgano o meno.
Ecco il precetto di codesto tipo di lettore è lo stesso: perché mai dovrebbero perdere tempo dietro a contemporanei di certo dimenticabili, quando ci sono centinaia di classici di valore che attendono di essere letti. Una teoria anche condivisibile.
2) Il lettore integralista che legge solo cose per cui prova un vero interesse. Sì, voi direte, lo fanno tutti i lettori. In realtà vi accorgerete che generalmente nella vita di un lettore comune c'è un altissimo tasso di serendipità, libri presi alla bancarella perché sembravano interessanti o costavano poco, bookcrossing, una copertina accattivante, un amico che te lo presta a scatola chiusa.
Il LI no. Lui legge solo cose di cui sa vita, morte e pure miracoli. Si è informato su internet, sa tutto della biografia dell'autore, l'anno di prima edizione e le analisi critiche che ne sono state fatte.
No serendipity, please.
No serendipity, please.
CASE EDITRICI e GENERI LETTERARI:
Il lettore indie e alla moda legge case editrici indipendenti o autori in voga di cui parlano tutti. Il lettore integralista no, lui legge solo certificato.
Ha perciò delle storiche case editrici che ama molto, anche se non manca mai di notarne le cadute di stile e di pontificare che "Un tempo il livello era diverso". Tra le più mainstream possiamo citare l'Adelphi, ma costui è anche un grande sostenitore delle pubblicazioni della fondazione Lorenzo Valla o Scheiwiller o la Leo Olschki.
Le ragioni di tale scelta sono dovute al fatto che il LI legge moltissima critica letteraria e saggistica (le uniche pubblicazioni contemporanee di un certo livello ai suoi occhi). La narrativa di genere viene percepita come un'autentica debolezza, un guilty pleasure nella maggior parte dei casi da celare.
Se leggerà gialli, il LI leggerà Simenon o, al limite, Sciascia. La fantascienza che è? Se magna? Il fantasy è un abominio a meno che non si tratti di Tolkien che può essere sempre giustificato con qualche motivazione politica.
Fortunatamente per lui Mary Shelley, Stevenson e Stoker hanno messo mano all'horror in tempi non sospetti, ma letture del genere rimangono comunque uno svago che si concede di rado, come un cioccolatino di tanto in tanto durante una lunga dieta.
RAPPORTO CON GLI ALTRI LETTORI:
Al contrario di molti altri tipi di lettore che ignorano cordialmente i loro simili, il LI ha pochi amici e molti nemici.
I rari amici sono altri lettori forti di livello medio-alto, gente che magari cede spesso ai cioccolatini dell'anima trascurando la sacra via di chi fa della lettura una disciplina paramilitare.
I rari amici sono altri lettori forti di livello medio-alto, gente che magari cede spesso ai cioccolatini dell'anima trascurando la sacra via di chi fa della lettura una disciplina paramilitare.
I nemici sono tutti gli altri. Agli occhi degli altri lettori infatti il LI è come quel vecchio che nel palazzo tutti detestano perché o si fa gli affaracci altrui denunciandoli all'amministratore condominiale o pone veti di ogni genere dai bambini in cortile ai gatti in casa.
Il LI detesta infatti i lettori forti che però leggono solo generi discutibili e trascurabili come la narrativa rosa o d'avventura. Wilbur Smith gli causa crisi d'orticaria, Sophie Kinsella sudori freddi.
Non sopporta i lettori che leggono magari bene, ma solo in talune circostanze, come le vacanze o periodi particolarmente propizi. Un vero lettore o lo è sempre o non lo è mai.
Considera al limite del mentecatto i non lettori, vera e propria specie inferiore che è inutile trarre dal proprio stato di cattivo selvaggio.
Anzi, guarda chi cerca di addomesticarli all'uso della carta stampata come un missionario sciroccato che dovrebbe spendere meglio il proprio tempo: a cosa serve che una persona legga un libro l'anno e che quel libro sia l'autobiografia di Zanetti? Piuttosto è meglio che non infanghi il buon nome della categoria e se ne stia fermo!
Il LI non partecipa a gruppi di lettura e non presta mai i suoi libri. Egli è un lupo solitario, sacerdote consapevole e orgoglioso del culto letterario.
IL LATO POSITIVO: Se incrociate un vero LI e riuscite a carpirne la fiducia, avrete accesso ad un mondo di autentiche chicche letterarie. Il livello culturale di base che vi si chiederà è molto elevato, ma sarà un'esperienza assai stimolante e ricca di nuovi orizzonti. State solo attenti a non passare al lato oscuro. Il suo.
E voi ne conoscete qualcuno o (peggio ancora) lo siete voi stessi?? Testimoniate!
mercoledì 3 febbraio 2016
Piccole recensioni tra amici (ormai medie in realtà)! Un abuso di credulità popolare in età classica e un giallo che rispetta il test di Bechdel: Luciano di Samosata e Giulia M. Ciarpaglini su questi schermi.
In questo periodo sto avendo una fatica immane a organizzarmi con gli orari e anche per leggere faccio i salti mortali.
Ormai sono diventata una specialista dello sfruttare pure il singolo minuto di attesa sulla banchina della metro o i trenta secondi in ascensore (o altri luoghi discutibili, tempo fa avevo scritto un post sui "posti più strani dove avessi mai letto").
Vabbeh, passerà pure questo. Nel frattempo ecco a voi un "piccole recensioni tra amici" che ormai è diventato un "Medie recensioni tra amici".
Oggi si va di classici e di gialli. Non so perché, ma ultimamente fatico a leggere gli autori contemporanei e sto riscoprendo il mio vecchio amore per gli autori classici (greci, che anche alle superiori preferivo di gran lunga Greco a Latino).
Smetto di cianciare e vi lascio ai libri. Ah, sono stellette piene al primo e tre stellette su cinque al secondo. E coi voti è andata.
ALESSANDRO o IL FALSO PROFETA di Luciano di Samosata ed. Adelphi:

Vabbeh, passerà pure questo. Nel frattempo ecco a voi un "piccole recensioni tra amici" che ormai è diventato un "Medie recensioni tra amici".
Oggi si va di classici e di gialli. Non so perché, ma ultimamente fatico a leggere gli autori contemporanei e sto riscoprendo il mio vecchio amore per gli autori classici (greci, che anche alle superiori preferivo di gran lunga Greco a Latino).
Smetto di cianciare e vi lascio ai libri. Ah, sono stellette piene al primo e tre stellette su cinque al secondo. E coi voti è andata.
ALESSANDRO o IL FALSO PROFETA di Luciano di Samosata ed. Adelphi:
Questo libriccino piccino picciò proviene da un tempo assai lontano ed è interessante e avvilente per vari motivi.
Luciano fa infatti un resoconto di un caso di credulità popolare identico in modo inquietante a ciò che avviene quotidianamente in un mondo in cui ci siamo tutti scoperti medici e scienziati senza laurea e spesso preferiamo seguire come pecore enormi cialtronate (o medici miracolosi ovviamente osteggiati da qualche komplotto!1!) che ascoltare qualcuno che ha studiato una scienza esatta.
Il protagonista di questa vicenda è tale Alessandro, un intelligente truffatore e, diremmo ora, sfruttatore della credulità popolare. Dopo un inizio in salita come prostituto bisessuale, trova una certa stabilità economica diventando l'amante di una donna dell'Epiro, compaesana della madre di Alessandro Magno, Olimpiade.
Il fatto non è irrilevante perché pare che nell'Epiro le persone avessero una certa dimistichezza con i serpenti e li trattassero un po' alla stregua di animali domestici (Luciano suggerisce che questo fosse il motivo della leggenda per la quale Alessandro Magno sarebbe stato concepito dalla madre assieme a Zeus in forma di serpente). Imparò quindi a maneggiare queste bestie con familiarità e, sviluppando un po' di tecniche da ciarlatano e finto mago apprese da un suo precedente amante, mise su, assieme ad un complice, il suo ambizioso piano: fingersi una divinità minore, un unto degli dei diciamo.
Innanzitutto scelse con cura il luogo dei suo misfatti: una città dell'attuale Turchia, Abonutico, che Luciano ci dice non essere famosa per l'intelligenza dei suoi abitanti, particolarmente ottusi e creduloni. Poi, escogitò uno stratagemma che imitava i grandi misteri, con un falso uovo manomesso per contenere un serpente a mostrare la benevolenza del dio che si pregiava di rappresentare: Glicone. Tale dio parlava attraverso un finto serpente che Alessandro maneggiava nell'oscurità rendendolo plausibile.
In breve tempo conquistò un favore sempre crescente e i soldi iniziarono a scorrere copiosi: si sparse la voce che poteva curare qualsiasi malattia, che i suoi auspici si avveravano sempre, il futuro per lui non aveva segreti ed era capace di grandissime magie in grado di guarire gli infermi e vincere battaglie.
In breve tempo conquistò un favore sempre crescente e i soldi iniziarono a scorrere copiosi: si sparse la voce che poteva curare qualsiasi malattia, che i suoi auspici si avveravano sempre, il futuro per lui non aveva segreti ed era capace di grandissime magie in grado di guarire gli infermi e vincere battaglie.
Convinse un ricco romano assai credulone, Rutiliano, a sposare sua figlia dicendo non solo che era un ordine degli dei, ma che era indubbiamente un onore grandissimo, essendo costei nientemeno che la figlia della dea Selene. In un crescendo di isteria collettiva, venne assurto ad un grado divino, senza che nessuno, o quasi riuscisse ad arginare tale delirio.
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Statuetta del dio Glicone |
E ora potete capire perché questo piccolo, prezioso, pungente libro sia avvilente: non ci restituisce nessuna speranza nel genere umano. Un genere pronto a diventare massa senza razionalità davanti a chi fa due trucchi di primo acchito plausibili, ma ad un'osservazione più attenta senza sostanza.
Purtroppo gli epicurei sono sempre minoranza, le maggioranze preferiscono soluzioni più semplici, l'intervento del trascendente, spiegazioni oracolari nascoste dietro calcoli e medicine inesistenti a secoli di ricerche scientifiche.
A lavoro vedo libri che propongono di guarire le malattie recitando stringhe numeriche come mantra. Capite bene che se in duemila anni non ci siamo evoluti nonostante la scuola dell'obbligo, forse è il caso di iniziare a pensare che il genere umano non sarà mai epicureo, ma sempre schiavo di nuovi alessandri, pronti a sfruttare le nostre debolezze, la nostra ignoranza e, soprattutto, la nostra infinita presunzione.
ASSASSINIO ALLA CASA DELLE DONNE di Giulia M. Ciarpaglini, Luciana Tufani editrice:
Non molti credono, conoscono quello che è conosciuto come "il test di Bechdel".
Alison Bechdel che, in una tavola del suo storico "Dykes to Watch Out for" osservava come quasi nessun film era in grado di rispettare tre regole:
Fu inventato senza, credo, poterne immaginare la diffusione dalla fumettista americana
Alison Bechdel che, in una tavola del suo storico "Dykes to Watch Out for" osservava come quasi nessun film era in grado di rispettare tre regole:
Fu inventato senza, credo, poterne immaginare la diffusione dalla fumettista americana
1) La presenza di almeno due personaggi femminili di cui si conosca il nome.
2) Il fatto che le due donne debbano anche interagire tra loro e non solo con gli altri personaggi maschi.
3) L'argomento delle conversazioni delle due donne non devono essere gli uomini.
Pensateci, quanti film conoscete che rispettano questa regola? Pochetti eh.
Voi direte che sono molto limitanti.
E allora come mai se ci pensate, ne esistono a bizzeffe in cui gli uomini sono la quasi totalità dei personaggi intenti a salvare il mondo, risolvere gialli, vincere gare sportive e fare altro in cui le donne in genere appaiono solo di striscio, giusto per una storia d'amore al volo?
Voi direte che sono molto limitanti.
E allora come mai se ci pensate, ne esistono a bizzeffe in cui gli uomini sono la quasi totalità dei personaggi intenti a salvare il mondo, risolvere gialli, vincere gare sportive e fare altro in cui le donne in genere appaiono solo di striscio, giusto per una storia d'amore al volo?
Nei libri le cose vanno ovviamente meglio, ma rimane comunque stupefacente leggere un romanzo, un giallo nello specifico, in cui ci siano praticamente solo donne e scarsi uomini di contorno nominati come comparse. Donne sono le vittime, donna l'assassino (non è spoiler assicuro), donna è l'ispettrice, tutte donne le amiche.
All'inizio della storia c'è una minaccia plateale in un ristorante ad una donna che viene trovata morta pochi giorni dopo vicino al centro di documentazione femminile di Ferrara. Abitava lì vicino, i tre quarti della cittadina aveva motivi per detestarla, i moventi quindi innumerevoli.
Nel giro di poco si scopre che una delle donne del Centro è introvabile: ha visto qualcosa? E' lei l'assassina? E' stata rapita? L'ispettrice Mara Valdambrini cerca di dissipare le nebbie in un gruppo di amiche per la pelle, senza disdegnare Livia, collaboratrice del centro con un rapporto talvolta troppo stretto col vino.
Il giallo è un (quasi) esordio ben scritto, con una storia non farraginosa che tiene fino alla fine.
Ha un solo problema che però può essere facilmente risolto in un eventuale (e francamente spero ci sia) seguito: i personaggi sono troppi e/o troppo poco caratterizzati, col risultato che si entra in confusione coi nomi.
Ha un solo problema che però può essere facilmente risolto in un eventuale (e francamente spero ci sia) seguito: i personaggi sono troppi e/o troppo poco caratterizzati, col risultato che si entra in confusione coi nomi.
La mia impressione è che l'autrice, probabilmente volendo ricalcare in parte le sue amicizie (è lei stessa una collaboratrice del centro di documentazione di Ferrara) abbia infilato troppi personaggi di contorno non necessari che rubano spazio alla protagonista, Livia, molto ben delineata.
Ecco, io attendo il seguito, con meno personaggi e più particolari gustosi, più descrizioni, più ciccia da romanzo e meno dalla realtà insomma.
Una variazione del giallo molto graziosa.
E se vi stizzisce il fatto che siano tutti personaggi femminili, provate a fare il test di Bechdel ai vostri libri e scoprirete che ne avete letti una caterva che non lo passano, solo che non ci avete mai fatto caso.
E se avete letto o leggerete fatemi sapere!
E se vi stizzisce il fatto che siano tutti personaggi femminili, provate a fare il test di Bechdel ai vostri libri e scoprirete che ne avete letti una caterva che non lo passano, solo che non ci avete mai fatto caso.
E se avete letto o leggerete fatemi sapere!
lunedì 1 febbraio 2016
"Cloud Atlas", i supermercati notturni e la valanga di cui non siamo consci di far parte. Perché siamo tutti uniti da un'immensa rete che attraversa epoche e luoghi come una trappola.
Una cosa che sembra completamente estranea al nostro tempo individualista, è la concezione che, in un qualche modo, le scelte di un singolo possano avere conseguenze sulla società.
Da una parte è una cosa un po' triste perché si abdica al proprio diritto, al desiderio e anche alla speranza (per quanto ok, quasi sempre impossibile e infondata, quasi) di poter contribuire a mutare il corso degli eventi.
Da una parte è una cosa un po' triste perché si abdica al proprio diritto, al desiderio e anche alla speranza (per quanto ok, quasi sempre impossibile e infondata, quasi) di poter contribuire a mutare il corso degli eventi.
Da un'altra è una questione assai più pericolosa perché impedisce di concepire un bene e un male che vada oltre al nostro bene e al nostro male. Contiamo solo noi, la collettività non è affar nostro e comunque non esiste più.
Non voglio fare discorsi retorici perché molti pensano che giustamente la collettività di loro se ne strafreghi ed è per questo che pensano solo al proprio orto. Ma spesso pensare agli altri è anche pensare a noi stessi.
Farò un esempio che non riesco a togliermi dalla testa. In questi mesi anche in Italia è approdata una novità di cui, evidentemente, sentivamo la necessità: i supermercati aperti 24/7. Per avere il diritto di comprare in ogni secondo della giornata quello che riteniamo ci serva, della gente viene fatta lavorare anche in piena notte (i commessi e, mi auguro, anche la sicurezza).
Personalmente la trovo una roba inquietante: che senso ha stravolgere il ritmo sonno/veglia e la vita di un tot di persone solo perché vogliamo farci una birra o ci siamo scordati di fare scorta di pannolini?
Poi io mi sono chiesta, ma questi che ora si trovano a lavorare la notte (lo so che i medici ci lavorano da sempre, ma ammetterete che è un'urgenza diversa), se hanno dei figli piccoli o dei genitori anziani, a chi li lasciano? Così ho iniziato a pensare che, se un giorno lavorare di notte rappresentasse una piccola fetta di mercato abbastanza corposa, inizierebbero a nascere asili nido notturni, e uffici postali notturni e negozi per chi lavora negli altri negozi o prende l'abitudine ad andar per negozi la notte. Alla fine insomma, non si tratterebbe più di una microscopica fetta di commessi, ma di un mondo ben più vasto.
Lo so, non è una pensata particolarmente originale e ci è stato scritto di recente un saggio "24/7" (by Jonathan Crary ed. Einaudi) su come il capitalismo tenti di arrambare l'ultimo ostacolo al consumo perpetuo: il sonno. Non dovemo dormì o dobbiamo dormire meno o dobbiamo dormire a turno, perché si possa consumare mediamente sempre. Poi che la vita sociale o familiare diventi impossibile un po', romanamente, 'sticaxxi, la liquefazione della società non sono cavoli del capitalismo, bellezza.
Due settimane fa, in preda ad un raffreddore cosmico, ho visto "Cloud Atlas" (tratto dall'omonimo libro di David Mitchell), un film che mi era stato ampiamente sconsigliato da molti perché troppo lungo e troppo confuso. In effetti, nelle sei storie che si incrociano, su diversi piani temporali, non è semplicissimo cogliere il legame che talvolta sembra persino pretestuoso o flebilissimo.
Per chi non lo avesse visto o letto, si tratta infatti di sei racconti che si snodano dagli anni '30 a un futuro post-apocalittico in cui, dopo una guerra fratricida, siamo tornati ad uno stato quasi primitivo.
Nel mezzo ci sono un pianista bisessuale dissoluto e di talento, una giornalista che sventa una catastrofe nucleare programmata, un medico inglese ai tempi delle colonie che rischia la morte per un tradimento, un anziano editore che scappa da un ospizio in cui è stato rinchiuso con l'inganno e, probabilmente, la storia più interessante: quella di Sonmi, una cameriera clone coreana di un futuro in cui gli esseri umani sono ormai visti come consumatori e campano sullo sfruttamento di masse clonate-
A parte un continuo rimando di citazioni e una lievissima imbeccata che si possa trattare della reincarnazione della medesima persona in sei diversi momenti della storia, il libro e il film non danno adito a nessuna evidente correlazione e, immagino, deve essere stato questo a indisporre la maggior parte degli spettatori/lettori.
In realtà penso che questa volontà sia la cosa più interessante in assoluto. "Cloud Atlas" esplora il genere fantascientifico in un modo molto affascinante.
In genere le ucronie e le distopie si concentrano su uno spaventoso risultato o su un delirante mondo parallelo (che ci dimostra però quanto in realtà sia delirante anche il nostro). Vediamo insomma le derive e i risultati delle nostre azioni, ma i motivi sono sempre macroscopici e mai microscopici. E' sempre la massa che indirizza la storia e mai il singolo che si sente responsabile della valanga.
"Cloud Atlas" invece punta il dito contro il singolo.
Il pianista che vuole solo comporre il suo sestetto prima di suicidarsi non può immaginare che forse la sua morte avrebbe potuto deviare il corso della storia: magari il suo amante, il giovane fisico Sixsmith avrebbe compiuto diverse scelte e non sarebbe giunto a partorire un programma nucleare potenzialmente letale. E cosa sarebbe successo se il padre della giornalista Luisa Rey non avesse dato un calcio alla granata che salvò l'uomo che trent'anni dopo salverà sua figlia intenta a sventare una catastrofe nucleare programmata? Cosa sarebbe accaduto se un insignificante editore da quattro soldi non avesse tentato una fuga tragicomica da un orrendo ospizio ispirando un film destinato a diventare un inno alla libertà degli oppressi?
Il pianista che vuole solo comporre il suo sestetto prima di suicidarsi non può immaginare che forse la sua morte avrebbe potuto deviare il corso della storia: magari il suo amante, il giovane fisico Sixsmith avrebbe compiuto diverse scelte e non sarebbe giunto a partorire un programma nucleare potenzialmente letale. E cosa sarebbe successo se il padre della giornalista Luisa Rey non avesse dato un calcio alla granata che salvò l'uomo che trent'anni dopo salverà sua figlia intenta a sventare una catastrofe nucleare programmata? Cosa sarebbe accaduto se un insignificante editore da quattro soldi non avesse tentato una fuga tragicomica da un orrendo ospizio ispirando un film destinato a diventare un inno alla libertà degli oppressi?
Ed è stato un bene che una giovane clone scoprisse la verità su un mondo consumista che per anni poteva vedere solo tra i tavoli di un fast food? Ossia un mondo di consumatori col diritto di consumare concessogli da un chip "anima" e di uomini destinati alla povertà e alla follia nei sobborghi di città devastate dall'inquinamento. Un mondo in cui i cloni sono visti come schiavi senza anima e volontà e vengono genomati apposta per scavare in caverne radioattive o stare in piedi sedici ore a servire ai tavoli senza stancarsi. Cloni che si nutrono inconsapevolmente dei loro simili, a cui viene promesso un eden quando ormai sono troppo usurati per servire ancora, e che vengono invece uccisi per fornire proteine nutrienti.
E' stato un bene che, (si suppone nel libro), questo abbia contribuito a scatenare una guerra devastante che ha riportato la terra ad uno stato primitivo, ma meno corrotto? In cui le radiazioni ovunque hanno creato un ambiente ostile e società prerurali?
Il libro è godibile per tanti motivi, perché ha un interessante uso della lingua, diversa per ogni epoca storica, e perché propone tanti generi differenti, dal comico allo sci-fi.
Ci chiede se siamo davvero innocenti in quel che stiamo facendo, ci domanda se ci stiamo accorgendo di quello che stiamo facendo e in quale rapporto ci sentiamo con gli altri. Riteniamo la nostra società giusta? La riteniamo immodificabile? Ci sentiamo davvero un tassello di un enorme puzzle o viviamo come Sonmi, ignari di ciò che accade oltre le mura della nostra vita?
Allo stesso tempo è terribile perché pone tante domande.
Allo stesso tempo è terribile perché pone tante domande.
E ci cala nell'inquietante sensazione di vivere in uno dei sei strati lasciando che il mondo inizi a sembrare immerso in una distopia. Leggiamo di persone che davanti a bambini africani che estraggono cobalto per i nostri pc sono solo in grado di commentare "E' il capitalismo, bellezza" (giuro), ci rendiamo conto che gli ospizi, per persone di un secolo fa rappresentano una deriva uscita dai loro peggiori incubi (un luogo dove raccogliamo le persone anziane in attesa che muoiano), ci sentiamo impotenti davanti a situazioni internazionali che sembrano sempre più disperate e immaginiamo nei nostri incubi flussi migratori che ci renderanno schiavi e sottomessi.
Siamo già immersi in una delle storie di "Cloud Atlas", quello che non sappiamo è come incideremo in quelle future. Vivere è sempre una splendida e terribile responsabilità.
L'ideale colonna sonora del post di oggi (e che forse spiega meglio, ciò che volevo dire col post):
L'ideale colonna sonora del post di oggi (e che forse spiega meglio, ciò che volevo dire col post):