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giovedì 30 agosto 2018

"Quando dici "Unione civile". Il simpatico siparietto che si ripete 9 volte su 10, se non 10 su 10.

 Un po' per la tendenza delle persone ad ascoltare solo vagamente quel che spesso dice il prossimo, un po' perché si tratta ancora di una cosa "nuova", spesso dire il cacofonico "mi unisco civilmente" in luogo di "mi sposo" crea simpatici siparietti, il cui senso alla fine è uno: puoi chiamarlo come ti pare, ma poi, alla sostanza, la gente la differenza non la vede proprio (sì, lo so che non è ancora il matrimonio egualitario, ma apriremo questo lungo capitolo in un altro lungo capitolo).


martedì 28 agosto 2018

Letture dell'estate 2018, parte I. Quando la serendipità ti tradisce: "Il senso di Smilla per la neve" e "Il libro delle anime", due pessimi affari.

 L'unione civile si avvicina, ho un po' di ansia, ma, soprattutto, ho fatto delle ferie non ferie a casa dei miei genitori per confezionare manualmente bomboniere, segnaposto e tutte quelle amenità che avevo giurato e spergiurato non ci sarebbero state al mio matrimonio, ma poi che fai, non le fai?

 La mia scusa peraltro reggeva: è un'unione civile, è già abbastanza non convenzionale, da non poter essere convenzionale neanche volendo, ma la cruda verità è ben altra, un'unione civile con tutti i crismi è identica a un matrimonio con tutti i crismi (sai che scoperta in effetti), con l'eccezione che almeno non puoi cedere sul punto Chiesa (ma non avrei ceduto manco da etero).

 Comunque, non mi sono rilassata molto, ma ho letto parecchio e, per la prima volta, in modo quasi assolutamente casuale. 

 Non avendo avuto il tempo di passare in biblioteca, ho dovuto affidarmi ad acquisti di fortuna all'usato in un assurdo negozio suburbano che sarebbe piaciuto molto a Stephen King: un capannone sulla Braccianese pieno zeppo di mobili di modernariato polverosi e usati e una quintalata di libri.

 C'ero finita con mia sorella per cercare, incredibilmente, delle lanterne decorative per la cerimonia.
 Immaginavo uno di quei colpi di fortuna da raccontare ai posteri, "Pensa, ho trovato 10 lanterne in perfette condizioni per soli 10 euro!", ho trovato solo armadi di vent'anni fa (e le lanterne alla fine ho rinunciato a cercarle) e tre libri di cui andavo molto orgogliosa. Prima di leggerli.

 I primi due li trovate recensiti di cui sotto, il terzo "Creature del buio" di Stephen King, lo recensirò nel prossimo post altrimenti, al solito, si finiva per scrivere un poema epico.

 Immagino si evinca che sono un po' agitata.

 Bando alle ciance! 
Let's go!


IL SENSO DI SMILLA PER LA NEVE di Peter Hoeg:

 Non so come descrivere questo romanzo che divenne (ora lo so, incomprensibilmente) al tempo un best seller tale da meritare persino un film.

 Trattasi di un incredibile (nel senso che non ci si può credere) giallo che sfocia nel fantastico, con un inizio incalzante, una parte intermedia inutile come una sdraio al polo nord e un finale totalmente assurdo, ed entra a pieno titolo in quei gialli nordici senza un vero senso d'esistenza.

 La storia inizia quando Smilla, una glaciologa per metà danese e per metà eschimese che si trova a dover affrontare la morte di un suo giovanissimo amico, un bambino eschimese di nome Esajas, precipitato da un tetto mentre correva.

 Il fatto che un bambino mortalmente sofferente di vertigini sia precipitato da un palazzo non insospettisce gli inquirenti che bollano il tutto come "tragica fatalità".

 Tuttavia Smilla non ci sta, in quanto glaciologa sa leggere la neve e intuisce che il bambino stava scappando da qualcuno, ma chi?

 Per un po' tutto porta a pensare che l'omicidio sia legato alla morte del padre di Esajas, deceduto a seguito di un'intossicazione alimentare durante un'esplorazione governativa artica (!).

 Pur con qualche dubbio, dopo un avvio d'indagine abbastanza normale, la storia parte per una tangente incomprensibile. 

 Tutto perde senso quando, ad un certo punto, Smilla (che ha trovato il tempo di andare a letto con un meccanico, se non erro, dislessico) s'imbarca senza un motivo comprensibile su una nave che va verso l'artico e rimane invischiata in una sordida faccenda di marinai corrotti (come un secondo libro nel libro), per poi giungere in fretta e furia verso un finale folle che potete leggere nello spoiler di seguito se vi ho fatto passare la voglia di aprire questo libro durante il resto della vostra vita.

SPOILER

 Giunta nell'artico, Smilla scopre la verità sulla famosa intossicazione alimentare artica: un meteorite caduto al polo nord aveva causato la mutazione di un verme che, introducendosi nel corpo del malcapitato umano, finiva per ucciderlo, com'era accaduto agli sveturati marinai.
 Tuttavia Esajas, bambino prodigio in grado di imbarcarsi di nascosto sulla stessa nave del padre, pur avendo contratto la bestia aliena era riuscito a non morire ed era perciò tenuto sotto controllo dal governo.
 Purtroppo veniva tenuto sotto controllo male perché era precipitato dal tetto proprio durante una visita di controllo.
 Sì. avete letto bene: vermi mutanti.

 FINE SPOILER


 L'unico lato positivo, perché nonostante tutto ce n'è uno: 

 Se leggete i romanzi ambientati nelle "colonie" danesi, posso assicurarvi che qualsiasi simpatia vaga per il tenero popolo nordico verrà a perire.

 
A fine agosto quando l'estate mi sembra interminabile, inizio
 a bramare distese innevate
Ho letto due gialli ambientati alle isole Faroe
che, sommati, a questo qui di Hoeg in Groenlandia, restituiscono un ritratto impietoso: i danesi appaiono come dei predatori di risorse naturali senza cuore che trattano le popolazioni locali con sufficienza.

 O meglio, gli abitanti delle isole Faroe sembrano i cugini zotici di campagna che però uno  alla fine sopporta, gli inuit appaiono come gli indiani d'America: sradicati dai loro luoghi, resi fragili, spesso dipendenti dall'alcol, con un livello d'istruzione mediamente più basso dei danesi che in fondo in fondo li disprezzano e discriminano.

 Se c'è un vero lato positivo che rende "Il senso di Smilla per la neve" un libro che va letto almeno a metà è la descrizione di questa fetta di mondo a noi completamente ignota.

 Il mondo degli inuit, le loro sofferenze, il loro rapporto con l'Europa, le peculiarità sono tutto ciò che rende questo libro, incomprensibile caso di successo, almeno interessante.

 Il più grande mistero resta comunque come un libro del genere possa essere diventato, all'epoca, un best seller mondiale. Inspiegabile.


 IL LIBRO DELLE ANIME di Glenn Cooper ed. Tea:

 Ci sono alcuni libri che leggi a causa del mestiere.

 Dopo un po' di anni che lavori in libreria e vendi incessantemente gli stessi titoli ti sorge il dubbio che in fondo possano avere un loro perché.

In alternativa, alla trecentesima volta in cui ti chiedono: "Ma me lo consigli?" o "Di che parla?" pensi che invece di limitarti a ripetere in modo convincente la quarta di copertina, forse dovresti andare oltre la poker face e sforzarti di leggerlo.

 "Il libro delle anime" di Glenn Cooper è uno di questi tragici romanzi e, probabilmente, se non fosse stato l'unico libro sottomano durante un'imprevista permanenza di un'ora e mezza nella stazione di Viterbo con un caldo assassino, non lo avrei mai finito.

 Ora posso dirvelo con cognizione di causa, non è pregiudizio snob: è realmente pessimo, un'americanata degna del camerlengo folle di Dan Brown.

 La storia credo sia l'ideale seguito de "La biblioteca dei morti" che non leggerò e racconta le gesta di un poliziotto con una moglie poliziotta divenuta bocconcino solo per sedurlo e che vuole continuare a lavorare dopo la nascita del figlio (tutto ciò che sappiamo di lei).

 Lui, precocemente in pensione, muore di noia e si fa convincere da due anziani ad andare in Inghilterra a comprare un prezioso manoscritto battuto all'asta su cui ci sono nomi e date, date e nomi.

 Cosa accade? 

 Che egli compra il libro e inizia ad indagarne il contenuto in una sorta di piccola caccia al tesoro all'interno del maniero degli ultimi proprietari del tomo un anziano e sua nipote, ultimi discendenti di una nobile casata inglese.

 Di flashback in flashback veniamo a scoprire che il libro è passato per le mani di Shakespeare, Calvino e Nostradamus (i flashback nella loro follia sono forse la parte scritta meglio) e che è stato prodotto da una schiera di monaci dagli occhi verdi che si riproducevano tutti identici tramite violazione di sistematica di suore (giuro).

 After caccia al tesoro arriva il momento da blockbuster in cui il poliziotto in pensione prende definitivamente la forma di Nicolas Cage in modalità cacciatore di templari e finisce nell'idiozia totale.

 Nel senso, se fosse un libro con una vaga ombra di verosimiglianza, il protagonista non finirebbe civttosamente intervistato da una giornalista tutta complimenti, ma morto con una pietra al collo in fondo al mare.

 Insomma, certi libri, se proprio non ti viene di leggerli, c'è un motivo.

Vi anticipo che purtroppo con King non mi è andata meglio sigh sigh

sabato 25 agosto 2018

domenica 12 agosto 2018

Candida I dolori della giovane libraia come miglior sito letterario ai Macchianera Awards 2018!

Mentre mi rotolavo in spiaggia e cercavo lanterne da giardino per l'unione civile su internet, mi è venuto in mente di non aver ancora adeguatamente vessato i lettori del blog affinché votino I dolori della giovane libraia come miglior sito letterario ai Macchianera Awards di quest'anno.

 Come fare?

 Andare al link:


Inserire l'url de I dolori della giovane libraia nella sezione "miglior sito letterario":
 http://idoloridellagiovanelibraia.blogspot.it

 Votare almeno 8 categorie affinché il voto sia valido.

Incassare i miei ringraziamenti.

 Il tutto entro il 25 agosto!











sabato 4 agosto 2018

"La libreria in estate" le accaldate cartoline dalla libreria summer edition tra bagni, sepolti in casa e diritti.

Ed ecco a voi la serie di cartoline dalla libreria summer edition che volevo fare da almeno un mese e mezzo!!
 Potrebbe esserci la seconda parte, intanto godetevi questa prima infornata!

 "La libreria in estate", le accaldate cartoline dalla libreria!







mercoledì 1 agosto 2018

I tenebrosi e fumettosi consigli (più o meno) per l'estate 2018! "L'attrazione" di Lucas Harari, "Utsubora" Nakamura e "Profondo nero" di Dario Argento ft Dylan Dog.

 Eh lo so, sono sparita, so anche che l'estate è alle porte e non ho ancora finito i consigli.

 Mettiamola così, visto che passerò le mie ferie a confezionare bomboniere e segnaposto, al contrario degli scorsi anni, il blog non sparirà da questi schermi, ma continuerà a funzionare a intermittenza e penso e spero con vari fumetti!

 Considerate che non sono ancora riuscita a mettere piede in biblioteca per saccheggiare la sezione dei gialli da ombrellone.

 In ogni caso eccovi tre consigli estivi legati da varie cose: sono tutti e tre fumetti, sono tutti e tre a tema noir/horror e sono tutte e tre novità!

 Sì, magari non leggete fumetti, ma credetemi, almeno il primo potrebbe comunque essere nelle vostre corde!


 Buona lettura recensoria!



UTSUBORA di Nakamura Asumiko ed. Coconino press:


 E' bellissima e molto particolare questa graphic, purtroppo divisa in due parti (la seconda uscirà in autunno) che dà la curiosa sensazione di essere più adatta alla forma romanzo che fumetto.


 La storia parte dalla morte di una giovane e bellissima aspirante scrittrice, Aki, che si sarebbe gettata dal palazzo senza senza una comprensibile motivazione.


  Il suo appartamento non svela niente, anzi, sembra quasi che fosse lì solo di passaggio e nessuno sa niente di lei.

 Tra i numeri da chiamare in caso di emergenza ce ne sono due: quello della sua gemella Miki e del famoso romanziere Jun.

 All'inizio sembra che l'unico rapporto tra Jun e Aki fosse quello che intercorre tra una fan piuttosto piacente (Jun è single e vive con la nipote) e un romanziere famoso e potente. 

 Pian piano diventa chiaro che la questione aveva intrecci ben più complessi e affonda oscure propaggini nella stesura del nuovo romanzo di Jun: Utsubora.

 Iniziano quindi tre indagini parallele: quella di Jun e di Miki, che a loro volta s'indagano vicendevolmente nel tentativo di capire chi realmente sia l'altro (Miki è davvero la sorella di Aki o è Aki stessa? Jun è realmente innocente in questa storia o c'è la sua mano dietro il suicidio?), quella della polizia che non è convinta si tratti di un suicidio e quella del dipendente della casa editrice che inizia a nutrire seri sospetti su chi sia il vero autore di "Utsubora".

 La storia ha dalla sua dei tratti puliti e sottili, molto onirici e il disegno aiuta nell'atmosfera così rarefatta e inquietante.

 Tuttavia, forse per puro piacere di lettrice, mi sarebbe piaciuto che ad avere l'idea di questa graphic fosse stato un romanziere.


 E' esattamente il genere di storia che amo e che non si trova praticamente mai in giro nel panorama editoriale: un noir sospeso, molto ben sospeso, nel sovrannaturale che però, in genere, alla fine, di sovrannaturale ha solo le atmosfere.


 E dirò la verità il tema del doppio, molto sbandierato, non mi sembra neanche il centro della narrazione che, secondo me, si concentra su un tema molto attuale: quanto conosciamo davvero gli altri?

 Avete presente quell'inquietudine che vi assale quando intervistano parenti e amici di chi è macchiato di un qualche delitto e notate una sincera incredulità?

 Per la serie: possibile che abbia sempre ignorato la vera natura di qualcuno che vedevo tutti i giorni, con cui sono cresciuto, con cui ho condiviso parte della mia vita?

 Ecco, "Utsubora", a mio parere, sembra parlare più che altro di quel grande mistero che sono e rimangono per sempre gli altri.

 Belli i personaggi, anche tutti i comprimari, dalla nipote di Jun ai poliziotti. Nulla sembra lasciato al caso e tutti sembrano pedine poste nel punto esatto di un'invisibile scacchiera.
 Si nota la maestria dell'autore nella totale assenza di sotto trame superflue o dialoghi riempitivo, la  storia che procede spedita verso un punto che però, purtroppo, dovremo aspettare l'autunno per scoprire quale sia.

 Una bella bella bellissima sorpresa. Consigliatissimo anche a chi, generalmente, non ama i fumetti. Credetemi.


L'ATTRAZIONE di Lucas Harari ed. Coconino Press:


 E' molto particolare, molto geometrica questa storia rarefatta e silenziosa che ha un ottimo spunto di partenza e alcune debolezze (peccato) nella trama.

 Tutto parte quando l'alter ego dell'autore, professore di architettura, incontra un suo tesista, Pierre, che non vede da un po'. 

 Il ragazzo sembra essersi arenato sulla tesi incentrata su un edificio che lo ossessiona: un albergo svizzero, progettato da Peter Zumthor.

 Pierre è convinto che l'albergo nasconda un segreto, ma non riesce a capire né quale potrebbe essere né il perché di questa peculiare convinzione che lo ha portato ad abbandonare momentaneamente gli studi, convinto che dietro questa inquietudine si nascondesse qualcosa di poco sano.

 Ovviamente, come in tutti i thriller psicologici che si rispettino, Pierre dismette il buonsenso e si mette in viaggio, arrivando in questo paesello perso sulle montagne, tra la neve e il silenzio.

 Nell'albergo, dove si trovano delle lussuose terme, incontra un famoso architetto che di dimostra, di colpo, interessatissimo alle sue ricerche pretendendo i suoi appunti e arrivando ad aggredirlo.

 Anche lui è ossessionato dal segreto dell'albergo, ma al contrario di Pierre, che oscuramente sente di avere una pista, non riesce a capire dove debba iniziare a cercare.

  La storia, che scorre esattamente come un film, tanto che potrebbe sembrare uno storyboard preparatorio, riesce a comunicare quel senso di isolamento che i luoghi un po' fuori dal mondo sanno dare.

 Sì, c'è tanta gente, sì, c'è un paese con abitanti che lo prendono in simpatia, sì, conosce una ragazza, ma è come se Pierre fosse sempre solo e soprattutto lontano da tutti.

 Hai per Pierre continuamente quella stessa ansia che ti prende mentre guardi i film horror e la futura vittima sacrificale rimane sola.

 Sei lì che gli strilli: cretino dovevi andare nel bosco con qualcuno, non dovevi aspettare il misterioso sconosciuto da sola, non devi rimanere sola in casa!

 Solo che Pierre non rimane quasi mai solo, eppure per tutto il tempo è come se lo fosse e avesse scritto in fronte "vittima sacrificale".

 Veniamo alla parte poco convincente: per tenere in piedi un thriller sovrannaturale di un certo rispetto, una cosa bisognerebbe evitare, ossia i cliché.

 Il vecchio che tutti credono pazzo che però conosce la leggenda anche no. Come anche no, l'esplicita rappresentazione del sovrannaturale, anche un macchiettistica e lo stesso segreto beh, si poteva fare di meglio.

 Le cose fanno più paura quando sono solo immaginate e puoi cullarti sul filo del dubbio.

 Grazioso, per appassionati d'architettura e di montagna.


PROFONDO NERO di Dario Argento (per Dylan Dog):


 Lo sapevo bene che Dario Argento non poteva permettersi di intorbidare Dylan Dog con storie particolarmente sconvenienti o particolari morbosi, tuttavia, anche se la storia parte da uno spunto interessante e termina in un mondo molto Darioargentoso, il tutto è davvero troppo troppo floscio.

La storia comiuncia quando Dylan, per vari motivi, si trova casualmente ad una mostra di foto BDSM. E' un torbido mondo nel quale, a quanto pare, Dylan, nonostante le sue innumerevoli conquiste non ha mai bivaccato.

 Rimane conturbato dalle foto di una particolare modella alla quale lo legano sogni a base di frustini così inizia a cercarla per scoprire che ella è sparita da qualche giorno.

 Quando viene ritrovata cadavere, inizia la sua ricerca (e qui, devo dire, c'è proprio la caduta di stile che immagino volesse essere ironica, ma anche no) di un mysterioso mr. Grey.

 Allora, le atmosfere ci sono. 

 A me non piacciono nelle storie Bonelliane i tratti poco bonelliani, ma Roi praticamente salva quasi da solo capra e cavoli: se non ci fosse lui a rendere tutto evanescente e torbido con abbondante uso d'inchiostri e penombre, il risultato sarebbe stato ben peggiore.

 Il problema è la storia. Cioè, se tu vuoi fare una cosa con BDSM e frustini, sogni erotici di Dylan che mai egli si sarebbe aspettato nella sua purezza di partorire, se vuoi infilarci storie strane del passato e via discorrendo, tutto ok, ma calca la mano.

 Altrimenti sembra tutto un vorrei ma non posso.

 E' come leggere Dario Argento col freno a mano tirato, una versione ripulita diciamo: senza ansia, senza particolari splatter, senza neanche quell'erotismo torbido che nei gialli all'italiana andava "punito" e che effettivamente viene punito anche qui, ma senza quel senso del peccato che in realtà, diamocela tutta, compiremmo anche noi.

 E' tutto molto superficiale e non appassiona mai. Molto deludente.

  Non credo che i lettori di Dylan siano delle educande perciò: perché?

 Se chiami Dario Argento si suppone che oltre al nome vuoi anche altro, quindi la domanda è: è Dario che si è contenuto o gli hanno detto "guarda datti una regolata"? E ha senso darsi una regolata? Mah.