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giovedì 22 agosto 2013

"L'intervista" di Manuele Fior e "Vertigine" di Melissa P. Le vette (il primo!) e gli abissi mortali (il secondo) delle graphic novel italiane.

In Italia siam esterofili per un mucchio di cose. 
Tutto quello che vien da fuori è meglio fosse anche prodotto dall'asettica Svizzera (che con mio stupore qui al nord è vista come la terra promessa colma di ogni ben di dio, tipo il Vaticano a Roma), ma vabbeh è cosa risaputa e non sta a me ricordarlo per la settemilionesima volta.
 Eppur l'Italia, soprattutto negli ultimi anni, è un fiorire di graphic novel interessanti, escludendo a priori dal discorso i mostri sakri dei tempi che furono. Diciamo che da quel che arriva in negozio l'italica produzione si divide in due filoni (tutto si divide in due filoni lo so, non ci posso fare nulla): opere di buona volontà, ma scadenti in modo imbarazzante e opere veramente veramente veramente considerevoli. Non ci son vie di mezzo.
 Nel primo gruppo purtroppo van spesso a finire robe di denuncia sociale o storie istruttive di uomini e donne che si sono battuti per qualcosa. Ricordo, ad esempio, una graphic novel sull'imprenditore Libero Grassi, ucciso dalla mafia, che aveva tutte le migliori intenzioni, ma era insostenibile. C'erano dei disegni, francamente non troppo belli (ma de gustibus) e una sceneggiatura non da fumetto: lunga, verbosa, carica. Si finiva per avere l'impressione di leggere un libro illustrato e pure male.
 Non parliamo poi di abomini tipo la graphic novel con cugine lesbiche di cui una pure drogata che viene salvata dall'altra grazie all'aiuto della madre morta (ve lo giuro, o forse era un altro parente morto, ma insomma il tono era quello), di cui dobbiamo la sceneggiatura alla mai abbastanza sopravvalutata Melissa P.  Aveva nome "Vertigine" e se ve la siete persa non avete fatto un soldo di danno.


 La cito perché so quanto il popolo Glbt sia speranzoso di trovare prodotti di qualità con storie omosessuali rischiando di cadere nell'acquisto di porcherie del genere (allarme rosso donzelle!!).
 Un'opera che è uscita di recente e che mi ha assolutamente conquistato è invece "L'intervista" di Manuele Fior edita da Coconino Press, 17,50 euro molto molto ben spesi. 
E' stupenda. Ve la consiglio e riconsiglio.


 La storia si basa su un'idea affascinante: il conflitto generazionale nel 2048, praticamente quello che la mia generazione avrà con la successiva. Non è la solita utopia negativa, non ci sono guerre, sangue, morti o regimi reazionari a bloccarci le emozioni, i computer non hanno preso il sopravvento e neanche i robot. Semplicemente i nostri figli e nipoti saranno degli hippie poliamoristi che ameranno vivere in comuni in pieno stile anni '70 e noi ovviamente stenteremo a capirli. La loro utopia è vivere tutti assieme, uniti, stretti in un'unica emozione, senza gabbie imposte dalla società. Finirà tristemente com'è finito il periodo dei figli dei fiori?
 La chiave forse sarà nell'incontro tra uno psichiatra cinquantenne in crisi familiare e personale e una ragazza che dice di vedere e sentire cose che gli altri non vedono (e forse le vede davvero e forse no).
 Lo stile del disegno è essenziale e azzeccato, la storia scorre senza pesantezze in una ragnatela ben congegnata. Un prodotto italiano di cui andare fierissimi che nulla e nulla ha da invidiare agli autori stranieri.
 Perciò mollate quel golfino autunnale che stavate per comprare o quel cabaret di paste di cui sentivate la necessità: ci son libri su cui investire è molto meglio.


2 commenti:

  1. Pienamente d'accordo sul libro di Fior, forse non mi è piaciuto tanto quanto Cinquemila km al secondo ma assolutamente meritevole!
    Altrettanto d'accordo sono sull'autentica bruttezza del libri di Melissa P., cui avevo dato un'occhiata quando arrivò in libreria (e la cui doppia copia rimase sullo scaffale finchè non fu rispedita a casa...)

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    1. Non ho letto Cinquemila km, se mi dici che è addirittura migliore di questo, lo andrò a cercare prima di subito!
      Melissa P. se può consolarci è finita a fare gli oroscopi.

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