Pagine

domenica 1 settembre 2013

La poetessa sturm und drang per eccellenza: Sylvia Plath. O anche quando un diario diventa un falso storico.

 Non amo molto la poesia. Lo dico. Sono un tipo molto più da romanzi. C'è qualcosa nella poesia che mi sfugge completamente e credo abbia a che vedere con una parte del mio carattere: come vi sarete accort* dai miei numerosi post sui clienti non sono la regina della pazienza. Ritengo che la poesia abbisogni di una riflessione che non sono disposta a dedicargli perché non ho voglia di soffermarmi preferendo leggere subito altro. Ecco. 
 Posta questa premessa personale che capisco troverete assolutamente inutile, oggi voglio consigliarvi un'autrice che in verità non avrebbe nessun bisogno di essere consigliata, essendo essa una sorta di mostro sacro: Sylvia Plath.
 Sylvia Plath rientra a pieno titolo in quel bacino di poeti e poetesse maledetti, molto sturm un drang, tormentatissimi a livello personale, morti giovani e suicidi. La sua prevedibile vita è (assieme al talento ovvio) probabilmente la chiave del suo grande successo post-mortem. Personalmente io l'ho scoperta grazie ad un libro non di poesia: "Le lettere alla madre" che vi consiglio molto pur essendo purtroppo fuori commercio.
 Dico purtroppo perché sono un documento molto interessante per chi volesse davvero capire questa autrice, di cui sono invece ancora in stampa per Adelphi "I Diari".


 Può sembrare un controsenso, ma ve li consiglio e non ve li consiglio. Ve li consiglio se non conoscete assolutamente questa autrice e volete farvi un'idea su di lei. Soprattutto nella parte pre-matrimonio sono molto interessanti per comprendere i suoi strani stati d'animo (i biografi a posteriori sostengono soffrisse probabilmente di una sindrome bipolare) fatti da allegrie incredibili e depressioni profondissime. Si scopre che l'ispirazione poetica istantanea è solo una leggenda e il suo lavoro frutto di un impegno incessante e maniacale. In più, a grandi linee, si evince la parabola della sua breve vita. 
 E qui veniamo al motivo per cui i "Diari" non sono consigliabili. Sono stati infatti ampiamente  rimaneggiati da suo marito, il poeta Ted Hughes, che nei pochi brani su di lui che ha avuto il buon gusto di lasciare non fa certo una figura lusinghiera. 
 Aggiungo poi, per chi lo ignorasse, che la Plath si uccise dopo un periodo di profondo sconforto causato dall'abbandono di Hughes. Alla sua morte lui, che era ancora legalmente suo marito, distrusse i suoi diari degli ultimi anni e molti altri brani che lo riguardavano, adducendo come scusa che per i loro due figli sarebbe stata molto dura leggerli. E' vero che la Plath asseriva che:
 "Ogni donna ama un fascista / lo stivale sulla faccia / e il cuore brutale / di un bruto a te uguale"
(e aggiungerei, avrebbe anche potuto parlare per sé sola), ma bisogna affrontare questi "Diari" con la consapevolezza che, da un certo punto di vista, sono un falso storico.
 Per chi volesse ignorarla personalmente e volesse invece considerarla solo come poetessa/scrittrice consiglio il bellissimo "La campana di vetro", l'unico romanzo che scrisse, anch'esso autobiografico, sul suo periodo di tirocinio in un giornale a NY con tentativo di suicidio annesso.
 Ah, ultimamente noto che nella sezione di critica letteraria stanno spingendo molto una sorta di Sylvia Plath de' noantri: la poetessa milanese Antonia Pozzi, anch'essa molto tormentata, anch'essa morta suicida nel campo dell'abbazia di Chiaravalle, anch'essa provvista di uomo (suo padre) pronto a rimaneggiare le sue opere.
 Incuriosita, ho letto alcune sue poesie, ma per ora ho solo capito che amava molto la montagna, perciò mi riprometto di leggere la sua biografia "Per troppa vita che ho nel sangue" di Graziella Bernabò ed. Ancora.
. Sembra ben scritta, qualcun* l'ha già letta e ha opinioni in merito?
 Buona domenica poetica!

2 commenti:

  1. La amo.
    La amo disperatamente.
    La incontrai su internet, in una di quelle citazioni riportate a cavolo su un social network. Quel nome, Sylvia, catturò la mia attenzione inspiegabilmente ... sarà stata la i greca...
    Insomma, mi fu regalato "I Capolavori di Sylvia Plath", edizioni Oscar Mondadori, con tanto di testo originale a fronte. Inutile dire che con il cuore e la testa ho letto solo la parte in inglese. Viceversa il mio spirito critico e puntiglioso non ha fatto altro che inveire sulla traduzione in italiano (anche se non troppo scadente).
    Tutto questo per dire che Sylvia Plath è fra le poche poetesse (dopo la Szyborwska) di cui mi sono innamorata perdutamente, quasi carnalmente. Ricordo ancora come "Medusa" mi colpì talmente tanto da farmi piangere, come se fossi troppo piena di lei da far traboccare tutte quelle parole sotto forma di lacrime.

    RispondiElimina
  2. Sto facendo la mia tesi di laurea su Sylvia Plath...Sto traducendo alcune delle sue poesie e la amo. E' più un amore-odio, ma le sue poesie mi sono entrate dentro. Con il lavoro poi di traduzione che sto facendo le ho praticamente studiate, ogni minima sfumatura, ogni parola con un significato diverso, ogni rima, ogni assonanza. Ed è un po' come se ormai me le sentissi mie. Prima della tesi nemmeno la conoscevo, ma mi ricordo che ero all'Anglo-american Bookshop di Roma e l'ho scovata su uno scaffale. Ho sfogliato il libro, "The Collected Poems", ho letto qualche frase e mi ha subito catturato. E ho deciso che avrei voluto lavorare sulle sue poesie. Poi andando avanti, leggendola, conoscendola, alla fine me ne sono innamorata.

    RispondiElimina