Chissà com'è che siamo preoccupati |
Ieri ho trovato su Repubblica un video in cui un giornalista tedesco chiedeva a sua sommità e ciccionazzosità G. R. Martin se avesse intenzione di finire "Il trono di spade". Egli, non proprio finemente gli ha risposto con un bel dito medio alzato a mò di "Mòbbasta con questa domanda, me la state a tirà".
In effetti nessuna vuole tirarla al nostro uomo con la coppola e barba favorito, tuttavia dovrebbe ritenere legittimo che i fan qualche terrore che non sapremo mai chi caspita scalderà con le sue regali chiappe il trono di spade, possano avercelo. Manda avanti questa serie da inizio anni '90 e pubblica con ritmi elefantiaci peraltro aggiungendo libri su libri in corso d'opera. Credo che tutti sperino si renda conto di essere un sessantacinquenne con un giropanza da colesterolo a mille e si faccia qualche domanda sul perché stiamo lì a ricordarlo tutte le sere nelle nostre preghiere alla Madonna perché non defunga sotto i colpi dei grassi cattivi.
Già la morte di per sé è una brutta cosa, ma lo diventa ancor di più quando muore uno scrittore, perché assieme a lui muoiono tutti i libri che non ha scritto.
Certo c'è modo e modo di lasciare incompiuto un libro, con motivazioni differenti ed eventi esterni, ma si può anche avere cura del lettore se si sente approssimarsi la fine. Come e perchè?
Ecco di seguito alcuni casi famosi di libri incompiuti!
ALBERT CAMUS, "Il primo uomo":
Se non avete letto questo libro DOVETE leggerlo. Credo che rimarrà per sempre uno dei più grandi rimpianti che la letteratura mondiale potrà mai avere.
Opera autobiografica di Camus, rimase incompiuto a seguito del terribile incidente stradale in cui morirono lo scrittore e il suo editore, il celebre Gallimard. Camus, per chi non lo sapesse, proveniva da una poverissima famiglia di coloni francesi in Algeria. Cresciuto lì assieme alla madre quasi sorda e alla nonna, una sorta di matriarca tirannica che grazie alle botte e alla severità riusciva però a mandare avanti una famiglia numerosa e indigente, scrive questo libro nel tentativo di ricostruire la figura del padre, morto quando era piccolissimo. La storia si concentra tutta sull'infanzia del piccolo Jacques, alter ego dell'autore, curioso e intelligente, povero e circondato da questa famiglia che si sente francese pur avendo messo a malapena piede in Francia. Interessante la sensazione di alterità vissuta, ma non pienamente consapevole che lo accomuna anche ai ricordi della Duras in Indocina.
Tuttavia ciò che secondo me rende straordinario questo libro è il percorso scolastico di Jacques. Senza soldi, senza un padre, senza figure di riferimento si innamora dei libri e a loro deve tutto. A loro ed a un maestro caparbio che lo prende assieme ad un altro pugno di ragazzini, i migliori, convincendo le famiglie che li vorrebbero subito a lavoro, a continuare a studiare fino a vincere una borsa di studio. Vi voglio a non piangere alla scena del maestro che li accompagna agli esami e compra loro la merenda, che li consiglia, li spinge, li segue, fa quello che dovrebbe fare un vero maestro. E i libri fanno ciò che dovrebbero fare i libri: insegnare, istruire, permettere di sfuggire alla miseria, della mente, del mondo, della propria vita.
Tutte le volte che penso ad un'epidemia di e-reader penso a questo libro e capisco che non sono uno strumento democratico. Leggetelo (soprattutto leggetelo perché è un capolavoro) e capirete perché.
Tristemente incompiuto o forse magico proprio per quello.
CHARLES DICKENS, "Il mistero di Edwin Drood":
Un affascinante caso di libro incompiuto è questa opera di Dickens, non tanto perché sua quanto perché sua e di genere giallo. Sostanzialmente Dickens morì prima di aver svelato chi fosse l'assassino. La storia è incredibilmente contorta, sostanzialmente zio e nipote sono innamorati della stessa ragazza, Rosa, e quando il nipote (Edwin Drood) sta per impalmarla, improvvisamente finisce nel nulla. Che fine ha fatto? E' morto? Non lo sapremo mai dalla sua viva penna, ma il mistero del libro è talmente affascinante che più autori si sono cimentati nella stesura del finale nel corso sfornando almeno 200 finali diversi. Fruttero e Lucentini ci scrissero anche un libro di successo "La verità sul caso D." in cui hanno immaginato i più famosi investigatori della letteratura indagare a loro modo su questa sparizione ingarbugliata e nel 2009 Mathhew Pearl scrisse un libro dal titolo molto newtoniano "Il ladro di libri incompiuti" in cui il finale della storia si intreccia con un altro giallo, quello della morte di un collaboratore dell'editore del libro mutilo.
Anche qui comunque c'è un caso dantesco. Un tipografo del Vermont, quattro anni dopo la morte di Dickens scrisse il finale della storia sostenendo gli fosse stato dettato dal fantasma dello scrittore.
Chissà, in ogni caso nel 2012 la casa editrice Gargoyle l'ha ristampato. Cercarlo e tentare di immaginare il proprio finale potrebbe essere un bel gioco per l'estate.
IRENE NEMIROVSKY "Suite Francese":
Irene Nemirovski per cui io non nutro particolare simpatia scrittoria (ottima scrittrice insopportabili le trine dei suoi romanzi), morì ad Auschwitz nel 1942 dopo esservi stata internata lo stesso anno. Il marito, catturato qualche mese più tardi, morì al suo arrivo nel campo di concentramento. Le due figlie vennero salvate e affidate ad una famiglia, allontanate dalla nonna materna (donna terribile con cui la stessa Irene aveva un pessimo rapporto) e per moltissimi anni nutrirono nei confronti dei genitori una sorta di rancore. Gli rimproveravano infatti di non aver fatto nulla per salvarsi nel momento in cui, a detta loro, era ormai evidentissimo che gli eventi stavano precipitando: perché rimanere così ostinatamente a Parigi nel pieno della guerra invece di scappare? Per questo motivo non aprirono per molto tempo una valigia che la madre aveva loro affidato carica di scritti. Quando infine lo fecero pensarono che quella mole di fogli fosse un diario e non lo lessero. Fu solo dopo altri anni che infine decisero di aprirli e vi scoprirono le prime due parti di un romanzo che avrebbe dovuto constarne di cinque: "Suite Francese". Incompleto, venne dato alle stampe nel 2004 e viene considerato il suo capolavoro.
BEPPE FENOGLIO, "Il partigiano Johnny":
Stroncato da un male incurabile ad appena 40 anni, Fenoglio lasciò incompiuta l'opera a cui probabilmente era più affezionato: "Il partigiano Johnny". La storia, resa famosa anche dal bel film, racconta le vicissitudini vissute da Johnny (un alter ego dell'autore) durante la guerra di liberazione e finisce in un modo che alcuni considerano vago, ma per me è chiarissimo (eviterò di spoilerarvelo se ancora non lo avete letto). Il romanzo non vide la luce che dopo la morte di Fenoglio ad opera di una complessa operazione filologica dell'Einaudi che mescolò due stesure diverse dell'opera, entrambe incomplete in alcuni punti. Lo stesso titolo è frutto dell'editore e non dell'autore.
Altra opera incompiuta dell'autore, ma sarebbe meglio dire abbozzo, riguarda "Appunti partigiani 1944-46", una delle primissime stesure sull'esperienza partigiana di Fenoglio. In seguito molti degli episodi qui riportati furono inseriti dall'autore nelle opere successive.
STIEG LARSSON, "Trilogia Millennium":
Qualche anno fa, la moda del momento era leggere assolutamente assolutamente e per forza la trilogia Millennium di Larsson. Mi regalarono il primo tomo, che ero molto curiosa di leggere, "Uomini che odiano le donne" e mi piacque moltissimo. Il finale era un po' troppo da filmone americano, con salvataggio all'ultimo minuto, stanza delle torture e via dicendo, tuttavia la storia era ben congegnata (l'idea che il mistero si nascondesse dietro il fotografo e non nella foto era un'intuizione felicissima) e soprattutto il personaggio di Lisbeth Salander tanto surreale quanto fichissimo (quale lesbica non ha sognato una ragazza così?). Tuttavia il secondo, iniziato bene, aveva preso in un tempo rapidissimo le proporzioni di un'immensa caxxata. Lisbeth Salander era una superwoman che poteva lanciare calci volanti su una moto, risolvere teoremi matematici rimasti insoluti per secoli, sconfiggere enormi organizzazioni criminali dedite alla tratta delle bianche e millanta altre cose. Cioè manco Rambo. Comunque, nell'immaginario di Larsson, quella che a noi è rimasta come una trilogia, doveva essere in realtà una serie di almeno dieci volumi, di cui al momento della morte aveva già progettato il quarto (anche in parte scritto) e il quinto. Ok, Larsson poteva non aspettarsi di morire di infarto a 50 anni, ma poteva almeno avere il buon gusto di lasciare un testamento. I diritti delle sue opere non sono rimasti infatti alla compagna con cui aveva vissuto 32 anni e che aveva partecipato in parte alla creazione delle trame, ma al padre e fratello con cui non aveva nessun rapporto e che hanno totalmente escluso la signora da qualsiasi beneficio e decisione. Non erano infatti sposati e l'unico testamento che il buon Stieg aveva pensato bene di lasciare risaliva al 1977 e vi si diceva che tutti i beni dovevano andare al partito comunista svedese. La compagna tempo fa disse in un'intervista di avere abbastanza materiale per mandare alle stampe il quarto libro incompiuto, ma nulla si è più saputo.
PENSACI GIACOMINO:
La categoria "Pensaci Giacomino" è dedicata a tutti coloro che avrebbero dovuto pensare o hanno pensato ad una loro precoce dipartita e si sono attrezzati per l'eventualità.
Il padre sommo fu ovviamente Dante Alighieri di cui in un primo tempo sembrò che la Commedia fosse rimasta incompiuta, mancavano infatti tredici canti. Leggenda vuole che i due figli maschi del sommo vate perquisissero lo studio del padre in ogni dove, smontassero mezza casa, frugassero ovunque, ma niente. Poi otto mesi dopo, uno dei due, Jacopo, sognò suo padre che lo conduceva in una parte della casa e gli indicò una parete. Il giorno dopo il solerte figlio sfondò la parete e tadan ecco i tredici canti. Rimane un mistero il perché Dante dovrebbe aver murato l'ultima parte della sua opera, ma vabbeh, non è un problema nostro.
Un luminoso esempio di "Pensaci Giacomino" è invece il nostro adorato Andrea Camilleri. Conscio che per quanto non si voglia pensare all'evento, primo o poi esso giungerà, Camilleri ha già scritto l'ultimo libro di Montalbano "Riccardino". Esso giace nella cassaforte della Sellerio, pronto per essere mandato alle stampe dopo la sua morte, per non lasciare il commissario nostro privo di un finale. L'idea nacque in Camilleri dopo la morte improvvisa del suo amico, lo scrittore Vazquez Montalban, stroncato da un infarto nell'aeroporto di Bangkok senza la possibilità di porre una degna fine alle avventure del suo detective, Pepe Carvalho.
Questo sì che si chiama rispetto del lettore, forse un certo ciccionazzo americano dovrebbe prendere esempio.
Dimentichi l'ultimo libro della saga della Guida Galattica per Autostoppisti, scritta da un altro!
RispondiEliminaIn realtà troppi ce ne sono purtroppo :(
EliminaBellissimo articolo, pieno di notizie interessanti che anche il buon Martin farebbe bene a leggere, eheh! ;)
RispondiEliminaIn tema di scrittori di gialli previdenti c'è anche Agatha Christie che scrisse Sipario, l'ultima avventura di Poirot ben prima di morire.
RispondiEliminaCamilleri è il mio nonnino d'elezione!
RispondiEliminaUomo intelligente, ha pensato anche a questo. Bravo!
Stephen King riceveva spesso lettere da persone che volevano sapere come andava a finire la serie della Torre Nera (tra cui, diceva, anche una donna malata di cancro che temeva di morire prima del tempo). Tenuto conto del famoso incidente stradale, King a momenti entrava nella lista!
RispondiElimina