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lunedì 10 novembre 2014

Le vite degli altri o anche le terrificanti biografie che troppi autori smarmellano sui loro libri senza un vero perché. Le quattro tipologie da evitare assolutamente e un esempio di inarrivabile perfezione.

La frase "Giornalista di razza" mi fa pensare
solo a dei cani con pedigree e non è una bella cosa
Circa un annetto fa, feci un post sulle foto inquietanti che gli autori scelgono inopinatamente e misteriosamente di smarmellare sulle loro quarte di copertina o sul retro dei libri, ansiosi di spegnere in noi ogni ardore di lettori, permettendoci di collegare le loro facce perennemente sostenute da una mano inutile, al testo.
 Mi era sempre frullato nella mente un post collegato, sulle biografie inquietanti che essi amano scrivere con quel fare insopportabile da "No, non me la tiro, ok, in realtà me la sto tirando gnè gnè".
 Il colpo di grazia me l'ha dato la biografia dell'autore di un inquietante libro su Napolitano, "Il capo della banda", il cui grafico di copertina deve aver confuso una specie di saggio di politica con una specie di libro di fantascienza (oppure, mi piace pensare, ha tentato disperatamente di darci un indizio sull'autorevolezza del tomo che si accingeva a copertinare).
 Leggo sulla biografia di tale Tassinari che è, tra le altre cose, "Un giornalista di razza". Ebbene, tale frase non poteva rimanere impunita.
 Tenetela bene a mente mentre vi  e vi carrellerò le quattro cose più insopportabili che gli autori scrivono nelle loro biografie.

UNA VITA PAZZA PAZZA:
 E' la biografia in assoluto più diffusa ed è pericolosissima.
 Temo sia un male dei nostri tempi hipsterici in cui tutti ci tengono a far vedere quanto sono ironici, pazzi pazzi, ma in fondo in fondo grandi disprezzatori degli ironici pazzi pazzi. Non mi credete? Fate un giro per twitter quando fb va in down per dieci minuti, invece di avere notizie, avrete decinaia di battute argute e tutte uguali.
Una vita pazza pazza
 Come si credono terribilmente argute anche le vite degli autori che invece di dirci se hanno studiato qualcosa o scritto qualcos'altro, si lanciano in un riassunto delle tabelle per i siti di incontri su cosa ci piace e cosa no.
 Esempio tipo:
 "Armanda Davanda ama la cioccolata, il jazz e i topi che volano. Da bambina sognava sempre che un elefante rosa la rapisse per portarla nel paese delle fate, ma da grande ha imparato che un master alla scuola Holden paga molto di più. Le piacciono le bambole kokeshi e adora guardare il sole dalla sua collina preferita in Costa Azzurra. Ha una sorella sorella, un fratello fratello, un'amica cugina e un cane che adora (i gatti invece le fanno schifo). Si lava i denti con la salvia, è vegana, ma fa un'eccezione per i gamberetti. Odia le persone false ed è pura come l'acqua piovana".
 Biografie come queste ci svelano quindi che l'autrice di un romanzo ama i bambini, ma non gli uccelli, che si nutre solo di cose verdi e veste solo lana, come se della qual cosa potesse fregarcene una beneamata. Perché?

GEOGRAFIA PORTAMI VIA: 
Viviamo in un mondo dove osar permanere nello stesso luogo geografico non è più una scelta, ma una colpa.
 Se prima dei trent'anni non hai dimostrato di saper vivere in almeno cinque stati del mondo diversi (possibilmente anche continenti diversi) allora non sei nessuno (che poi tu ci abbia vissuto a spese dei tuoi senza lavorare un giorno della tua vita, pare secondario).
  Gli autori hanno introiettato benissimo il concetto, così, nell'ansia di apparire più cosmopoliti possibili, scrivono cose come:
 "Vivo tra Barcellona, New York, Pechino e Grosseto", non rendendo pienamente chiaro il concetto (cosa fa? Cambia casa ogni due mesi come la protagonista di "Chocolat"?).
 Oppure: "Romana di nascita, Venezuelana di adozione, Indiana nell'animo, Congolese per matrimonio, Danese per aspirazione, Genovese per il pesto, Russa per l'insalata, Inglese per la zuppa". 
 La quantità di gente che si "sente" indiana nell'animo è imbarazzante. 
 Sembra che un'intera generazione (principalmente donne, principalmente benestanti, principalmente comprese nel ruolo di intellettuali), non sia mai uscita dall'Ashram di beatlesiana memoria.
 Ulteriore variante è la posizione geografica familiare: "Padre kosovaro, madre marocchina, fratello di Barletta e nonno di Buenos Aires, marito di Fiumicino figlia nata a Nairobi", che certo, potrebbe avere un senso per spiegare le posizioni di un autore di un saggio di geopolitica, ma non quelle di un libro di giardinaggio.
 Geografia portali via.

IL CURRICULUM VITAE:
 C'è chi ha una vita pazza pazza e chi un curriculum vitae. 
 Avete presente quella storia che il cv non deve essere troppo lungo e troppo corto e troppo pieno e troppo poco pieno, e metti il volontariato, togli il volontariato e via dicendo? Ebbene, ormai la definizione di cv è talmente labile che persino gli autori vanno in crash riempiendo le loro biografie da libro di robe insensate. 
 Esempio tipo:
 "Mario Rossi nasce in provincia di Formia, da genitori di Castellammare di Stabia. All'età di nove anni vince un concorso di flauto nel suo paese e all'età di quattordici alla sagra della castagna si aggiudica un prosciutto. Forte di questo risultato, a diciotto anni diventa capobanda dell'orchestra di San Giorgio a Cremano e inizia a dare lezioni di pittura a olio. 
 A ventiquattro si laurea in infermieristica, ma il suo vero sogno è fare il pilota di aerei. A venticinque inizia a lavorare presso l'azienda ospedaliera San Carmine dei Carmini e tre anni dopo viene spostato al reparto ortopedia. Dopo venticinque anni di onorata carriera decide di farsi assumere in una clinica privata in collina. Tutti i medici lo stimano profondamente. Il suo numero di casa è 4384388989898, la sua mail mariorossi@scrivimitanto.it. "Un futuro in fiamme e senza infermieri" è il suo primo romanzo".
 I più grandi abusatori di tale biografia sono i militari, gli ex militari e gli avvocati, fosse mai che ci dimentichiamo quanto sò bravi, bòni e indispensabili.

LE FRASI COMPLETAMENTE A CASO:
 Queste biografie appartengono in genere a quegli stessi personaggi che poseggiano in foto enigmatiche in bianco e nero, con una mano davanti alla faccia, tre strati di barba a coprire il viso o un cappello calato fino agli occhi. L'idea credo debba suggerire del mistero, ma a me fa solo venire in mente che sarebbe decisamente più facile non mettere niente.
 Tecnicamente sono biografie che filano lisce fino ad una frase estemporanea e senza senso messa in mezzo così, ad caxxum.
 Esempi:
 "Enrico De Robertiiiis è un giovane avvocato di trent'anni, vive a Roma e sin da bambino ha dimostrato interesse per i diritti umani. Quando la Magica segna impazzisce e vorrebbe essere Totti. Questo è il suo primo romanzo."
 Oppure, "Irene Ireni ha 34 anni ed è un medico chirurgo, ha condotto questa indagine sull'immigrazione nella provincia di Cagliari. Ama le cozze, il cibo thai e fare parapendio."
 La frase messa in mezzo sembra un tentativo di umanizzare o rendere interessante un autore che in tal modo finisce per essere ricordato solo per un amante della Roma o delle cozze. Che, Ken Follett ci dice qual è il suo piatto preferito? O Stephen King ama ricordarci qual è il suo più grande mito cinematografico? No, perché, non se ne vede il bisogno.
 Fido che questo bisogno prima o poi non ce lo vedrà nessuno.

 Schifo tutto o amo solo la noiosetta biografia quindi? Ebbene no, si può scrivere una biografia folle e quella che Andrea Pazienza nel 1981 egli scrisse per Paese Sera ne è l'esempio:

Stesso discorso vale per le foto, cose del genere solo se siete
Andrea Pazienza.
Mi chiamo Andrea Michele Vincenzo Ciro Pazienza, ho ventiquattr’anni, sono alto un metro e ottantasei centimetri e peso settantacinque chili. Sono nato a San Benedetto del Tronto, mio padre è pugliese, ho un fratello e una sorella di ventidue e quindici anni. Disegno da quando avevo diciotto mesi, so disegnare qualsiasi cosa in qualunque modo. Da undici anni vivo solo. Ho fatto il liceo artistico, una decina di personali, e nel Settantaquattro sono divenuto socio di una galleria d’arte di Pescara: Convergenze, centro d’incontro e d’informazione, laboratorio comune d’arte. Sono miope, ho un leggero strabismo, qualche molare cariato e mai curato. Fumo pochissimo. Mi rado ogni tre giorni, mi lavo spessissimo i capelli e d’inverno porto sempre i guanti. Ho la patente da sei anni ma non ho la macchina. Quando mi serve uso quella di mia madre, una Renault 5 verde. Dal Settantasei pubblico su alcune riviste. Disegno poco e controvoglia. Sono comproprietario del mensile Frigidaire, mio padre, anche lui svogliatissimo, è il più notevole acquarellista ch’io conosca. Io sono il più bravo disegnatore vivente. Amo gli animali, ma non sopporto di accudirli. Morirò il 6 gennaio 1984."
 Tecnicamente essa contiene tutti gli elementi che ho (d)enunciato, ma letterariamente è un esempio perfetto. Le biografie all'Andrea Pazienza possono funzionare senza tema di ridicolo solo se le scrive Andrea Pazienza, tutto il resto è WTF,

E voi? Cos'è che non sopportate delle biografie degli autori apposte sui libri?

1 commento:

  1. E quando invece è l'editor, o chi per esso, a fare dei pasticci? Come nel caso della scrittrice canadese dichiaratamente lesbica che, chissà perché, "Attualmente vive in Canada con il marito".

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