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venerdì 23 gennaio 2015

La libertà personale ai tempi di internet, quando la strada del diavolo rischia di essere lastricata di buone intenzioni. Tra Berlusconi, Eggers e Zerocalcare e la temibile anagrafe italiana, una riflessione libresca sull'erosione delle nostre possibilità.

Anche se sembra un tempo mitologicamente lontano, fino a non troppi anni fa, stavamo qui a scannarci se pubblicare o meno le intercettazioni di Berlusconi & co. (quelle non inerenti strettamente alle indagini), fosse lecito o meno. 
Per avere un saggio delle estreme conseguenze delle intercettazioni vedere
"Le vite degli altri"
Marce del popolo viola, dibattiti, parecchio voyeurismo e finto shock davanti al fatto che in pvt gli esseri umani non parlino sempre in modo Oxford. 
 Mi rimase molto impressa una vignetta di Staino in cui un magistrato guarda nel buco della serratura di una stanza dove si sta commettendo un reato e veniva accusato di compiere a sua volta un reato perché non poteva guardare. Il senso era: usare in modo non completamente autorizzato le intercettazioni era reato o meno? 
 Mi ricordo che, nell'enfasi del periodo, in cui Veronica Lario si stracciava le vesti, venivano elette dubbie pin up nei consigli regionali e il ministro lo faceva una velina, intercettare sempre e comunque e pubblicare, sembrava dovesse essere la cosa più giusta.
 In questi sei anni i mezzi di comunicazione hanno avuto un'impennata favolosa. Social network, cellulari che si connettono sempre e comunque a internet, condivisioni a palla di ogni lembo della propria vita sono diventate così familiari che ormai l'intercettazione sembra quasi fuori moda.
  Condividi perché è bello, twitta perché è fico, metti foto perché è amoroso. Ed è tutto gratis! Io non sono una complottista (e manco paranoica visto che altrimenti non avrei un blog e fb), ma per me rimane valida la regola insegnatami mio padre: se qualcuno ti regala qualcosa preoccupati, perché nessuno fa niente per niente.
Ciò che risulta sospetto però è la magggggia con cui i donatori di codeste cose cercano di farti passare il tutto.
 Qual è insomma la contropartita che i giganti della rete hanno in cambio di tutto ciò che gratuitamente ci donano?
 Premetto che questo non è un post per parlare tecnicamente di questo, ma eticamente e vorrei farlo con due libri: "Il cerchio" di Dave Eggers e "Dimentica il mio nome" di Zerocalcare.
 Romanzo vagamente distopico il primo, graphic novel ampiamente autobiografica il secondo, si raccordano però su un punto: quanto l'aggressività dei mezzi di comunicazione contemporanei sta erodendo non solo la nostra privacy e la nostra libertà, ma le nostre possibilità?
 "Il cerchio" di Eggers non mi ha particolarmente colpito, ma ha alcuni spunti di riflessione interessanti. Dovrebbe essere sostanzialmente una solta di prequel a base di internet di "1984" che dovrebbe rispondere alla domanda: cosa porta un intero pianeta all'annullamento totale della privacy e in tal modo della libertà dell'individuo? 
 Il problema è che Eggers non è Orwell e materiale tanto incandescente gli brucia le mani impedendo al libro di decollare nonostante la lunghezza.
Dave Eggers
Vediamo la trama.
Mae Holland è una ventenne che ha finito il college, non ha particolari passioni se non il kayak ed è l'unica figlia di una coppia affiatata in cui il padre soffre di sclerosi multipla e, visto il sistema sanitario americano, soffre parecchio perché non ha accesso a tutte le cure. Un giorno una sua amica dell'università, Annie, misterioso personaggio che non viene mai sviscerato degnamente (è ricca ok, viene da una famiglia snob ok, è gelosa dei successi di Mae stop), la raccomanda per entrare a far parte dell'azienda per cui lavora: "Il Cerchio". 
 Il cerchio è una sorta di azienda che racchiude in sè il 90% dei motori di ricerca e dei social network esistenti, un po' come se fb, google, twitter, youtube ecc si fondessero in un enorme macrocosmo. Mae è felicissima perché ha un super stipendio e suo padre può finalmente curarsi, ma non sa che lavorare per il Cerchio vuol dire anche partecipare 24h su 24 alla vita sociale virtuale: deve insomma postare, fotografare, condividere, scrivere, cliccare, interagire di continuo e infine farsi riprendere da una telecamera.
 Eggers si perde per pagine e pagine a raccontarci di continuo le interazioni di Mae, e nel frattempo aggiunge personaggi bidimensionali qui e lì: c'è l'ex di Mae che fa lampadari con le corna di cervo, idealista e propugnatore del diritto alla privacy, c'è un misterioso tipo giovane coi capelli bianchi che ogni tanto appare si fa una sveltina con Mae e poi se ne va, c'è un disadattato tormentato da un tragica storia familiare il cui sogno è chippare tutti i bambini della terra perché non accadano loro mai cose drammatiche.
 Il libro teoricamente dovrebbe vedere l'escalation del coinvolgimento di Mae, sempre più soldatino del sistema, e al contempo quella del potere del Cerchio che sottomette a suon di scandali tutti i governanti che non diventano "trasparenti". Se non riprendi tutto quello che fai di continuo vuol dire che hai qualcosa da nascondere, se hai qualcosa da nascondere vuol dire che ti vergogni di quella cosa, se ti vergogni di quella cosa allora non dovresti farla, quindi, fatti due conti se qualcuno ti controlla allora non farai mai qualcosa che non dovresti fare.
Dopo questo libro guarderete gli uffici dell'anagrafe con nuovi occhi. Ecco ove
si annida il potere totalitario!
 Momento di maggior dubbio cosmico sulla rapidissima corsa al controllo del pianeta (oltre ad ovvi dubbi quali: se tutti stanno sempre su internet chi lavora i campi? Chi alleva le bestie? E le zone del pianeta dove non c'è internet? Boh), è quando l'impennata avviene per una cosa per noi italiani assurda: l'iscrizione automatica della popolazione ai registri elettorali. 
 Negli Usa hanno 'sta cosa che sei tu che devi andare a iscriverti ai registri elettorali, non è come da noi che l'anagrafe ti spedisce la tessera elettorale in automatico e tutti i comuni hanno il registro degli aventi diritto. Ad un certo punto il Cerchio tira fuori la genialata di introdurre una cosa che la, a quanto pare avanzatissima e potentissima, anagrafe italiana possiede dall'istituzione della Repubblica, ed è un attimo che il controllo totale della popolazione è completato.
 Il libro perciò soffre di: personaggi bidimensionali, (la stessa Mae è poco interessante e sembra una cretina con manie di grandezza), scarse argomentazioni (fantastico quando Mae viene convinta della bontà di non nascondere niente con la frase "Se tutti i gay della terra avessero detto di essere omosessuali subito sarebbero stati accettati, nessuno avrebbe mai potuto perseguitare il 10% della popolazione mondiale", per la serie dimentichiamoci dei numeri dell'olocausto), un climax mal condotto. 
Tuttavia è interessante per i dubbi che instilla e pone: davvero non abbiamo niente da nascondere? E perché ci teniamo a nascondere alcune cose? Ciò che commettiamo ed è magari illegale (come, faccio presente è stato illegale essere gay in paesi come la Gran Bretagna), è da considerarsi DAVVERO illegale? Chi è che decide dove si ferma il diritto di conoscere e il diritto di farsi i cavoli degli altri?
 E' molto interessante, o forse si potrebbe dire che è lo spirito dei tempi, il fatto che "Dimentica il mio nome" di Zerocalcare, si concentri più o meno sullo stesso concetto, affrontandolo però in un modo più malleabile. Al contrario di Eggers che evidentemente si sopravvaluta, Zerocalcare prende la questione della limitazione della libertà partendo non dal cuore del sistema, ma dai suoi ricordi personali.
  Alla morte dell'amata nonna materna, una piccola signora francese dai capelli biondi e l'animo artistico, Zerocalcare rievoca la sua complessa storia familiare: la nonnina infatti, rimasta orfana assieme alla sorella, venne piazzata in un orfanotrofio nella Provenza degli anni '20 e lì recuperata da una nobile russa in esilio che ne fa la sua protetta.
 La domanda che giustamente Zero si pone è: come si fa a passare dalla nobiltà russa in Francia a Rebibbia? E scavando scavando (SPOILER SPOILER) scopre che il presunto nobile inglese sposato dalla nonna a 17 anni era una sorta di truffatore. Si spacciava con abilità per altre persone per godere di una vita agiata e avventurosa, seguendo tuttavia delle regole etiche molto precise e facendo affidamento su altre persone della sua stessa "tribù".
 Il punto però è che spacciarsi per un nobile inglese prima della seconda guerra mondiale, quando il telefono era ancora un lusso, i telefonini non esistevano, il computer ma che è, la macchina fotografica chi ce l'ha e via dicendo, era un conto. Farlo adesso che viviamo in una società sempre più rigida e in ansia da controllo è un altro.
 Perciò Zero si domanda: in nome della rassicurazione e della tranquillità quanta avventura, quante possibilità stiamo cedendo? Se, come dice Eggers, quando siamo osservati non ci comportiamo certo come quando non lo siamo, ci rendiamo conto davvero di ciò a cui stiamo rinunciando in cambio di maggior sicurezza? 
Per la cronaca l'immagine della tizia in felpa mi è venuta
in mente leggendo le profonde istanze di Julia Reda
Ora, io che sono una che viene regolarmente caxxiata dalla sua dolce metà perché non guardo il cellulare per ore
e trovo che le mail siano un sistema di comunicazione favoloso, ma anche una delle più grosse fonti di litigio della terra. Trovo straordinario che fb possa aiutare a comunicare quando si abita a mille mila km di distanza, ma anche folle che conceda a persone che non vedi dalle elementari o preferiresti dimenticare di rintracciarti.
  Inoltre che Amazon cerchi di appellarsi a me e al mondo per farsi abbassare il prezzo degli ebook perché la conoscenza deve essere alla portata di tutti, che venti-trentenni con la felpa e lo sguardo da missionario mi dicano che "bisogna cambiare le regole del copyright perché il sapere deve essere di tutti" (come mangiano quelli che producono il sapere? Con la riconoscenza?) mi porta ad essere naturalmente diffidente verso quella la rivoluzione dei mezzi di comunicazione già avviata che tutti ci vogliono far passare per necessaria e portatrice solo di cose splendide e meravigliose.
 Se c'è una cosa che il libro di Eggers riesce a comunicare benissimo è che la strada del diavolo è lastricata di buone intenzioni. Puoi convincere le masse con le cattive (e allora dovrai sempre temerle) o con le buone, facendo loro credere che si sta procedendo per il meglio, che si lavora per loro, che chi protesta è contro il bene comune, il progresso, la conoscenza per tutti.
 Non c'è peggior pericolo di chi pensa di stare dalla parte del bene, sempre e comunque.

(Ps. considero codesto post in pendant con uno che scriverò al termine di "Rete padrona" rimanete su questi schermi. In poche parole: Eggers ve lo consiglio se vi va un romanzo non troppo pesante e un po' diverso, Zerocalcare ve lo consiglio sempre e comunque).

1 commento:

  1. Dove si firma per sottoscrivere tutta la parte da Ora, io che sono una che viene regolarmente caxxiata a Non c'è peggior pericolo di chi pensa di stare dalla parte del bene, sempre e comunque.?

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