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lunedì 23 febbraio 2015

Il marketing e i libri: 'sto matrimonio s'ha da fare, si è mai fatto, si sta facendo o non si farà mai? Le falle nel sistema viste dalla libreria: titoli per lettori sbagliati, copertine che tanto chissenefrega, "casi" montati male e fascette pericolosissime.

 Premetto che codesto post, che tocca una delle corde più inquietanti e inquiete del settore editoriale, è basato sul totale empirismo ossia sulla sensazione personale et il riscontro che ho in libreria quando lavoro. 
 
E' l'editoria baby
Poiché comprendo che nulla posso contro dei gigagrafici finanziari
che indubbiamente le case editrici pagheranno per ottenere da consulenti preferibilmente laureati alla bocconi o da esperti di comunicazioni provenienti direttamente dallo Ied/Iadap, prendetelo come una specie di mini vademecum della suocera in salsa libresca. Che così fa arguto, non mi prendete troppo sul serio e magari, dico solo magari, qualcosa posso vagamente azzeccare.
 Il marketing del libro è una cosa che inquieta tantissimo gli editori, o comunque così appare da fuori, per chi vende i libri. Non si capisce se è perché chi se ne occupa prende il libro per un bene di consumo come un altro (quindi preparare una campagna per un nuovo romanzo o i nuovi cappelli di HM diventa un po' identico), se perché magari non si riesce ad evincere cosa passa per la capoccia del cliente-lettore (fondamentalmente perché non lo si incontra mai, per quello ci sono ovviamente i librai, raramente interrogati in merito, manco non fossero una parte attiva della filiera) o se perché esiste una monumentale idiosincrasia tra il mondo dei lettori immaginato e quello reale.
 Oh, un motivo ci deve essere, altrimenti non mi spiego come mai ogni volta che mi si pare davanti una campagna per la promozione della lettura o di un'ondata di sconti, mi sembra di trovarmi davanti a una pubblicità progresso (con la stessa non proprio convincente sensazione).

LO SPAVENTEVOLE, MA SOLITAMENTE BANALE, TITOLO: 
Esempio a caso. Peraltro ve lo dico è
controproducente per un altro motivo:
se il cliente non ricorda null'altro, se non
che il titolo è "Buio" o ha la parola "Buio"
dentro. Si rischia di non trovare mai il tomo
a cui esso si riferisce.
Il titolo fa parte del pacchetto "Quando vendi qualcosa l'abito fa il monaco".
 Quindi, è vero che grandi autori, che so, di gialli, possono permettersi la singola parola "ASSASSINO" o "LAMA" con la certezza di essere venduti, tuttavia 'sta cosa non può essere rapportata a chiunque. 
 Io non so precisamente cosa istighi le case editrici a mettere un titolo piuttosto che un altro, se rispettino la volontà dell'autore, se seguano le strategie di marketing cercando di infilarsi di rapina in una moda fortunata (ne avevo parlato ne "Lo strano caso delle traduzioni italiane dei titoli stranieri" ) o se suona più un titolo di un altro, tuttavia se tutto ciò viene fatto senza considerare il vero target dei lettori del libro o anche, oserei dire, il senso del ridicolo, finisce che o lo comprano le persone sbagliate (e ciò non è bene perché "ogni lettore ha il SUO libro", non quello di un altro) o non finisce in mano a quelle giuste. 
 Esempio su tutti, una recente vittima della mia presa per i fondelli su fb. A lavoro trovo questo libro con una tipa che salta la corda in copertina e il titolo "La verità, vi spiego, sull'amore", frase scelta per la copertina: "Sai volare?" "No, ma faccio dei salti altissimi".
 Non avevo la minima idea di chi fosse l'autrice e il mio cervello l'aveva immediatamente immagazzinato come una saga familiare (idea nata dalla foto vagamente vintage) al femminile, con amore e zuccherosità e prese di coscienza sui grandi significati della vita.
 Poi, dai lettori della pagina, ho scoperto che l'autrice tiene un blog dal significativo titolo, Ti asmo, che insomma non rievoca proprio cupcake e zuccherosità e cassate da sfornare con la nonna.
 Perciò keep calm e pensate a un titolo col (giusto) effetto un tempo ci sapevano fare ("Quer pasticciaccio brutto de via Merulana", "Il castello dei destini incrociati", "Il sentiero dei nidi di ragno" ecc.). Tocca avere un talento anche per questo.

LA COPERTINA SERVE O NO?: 
Delle copertine ho parlato ogni tanto. Talvolta, giusto talvolta, anche in Italia ne fanno di assai belle (alcune case editrici più di altre), la stragrande maggioranza delle volte sono inquietantemente banali, assurde o sbagliate.
 Analizziamo. La copertina banale con la tipa di spalle, i fiori al vento, il mare di fronte ormai è tipo il bollino di qualità di qualsiasi trama del filone amoroso Garzanti. E' talmente codificata che pure le case editrici non Garzanti si sono adattate anche perché sanno di arpionare le sciure giuste. Può essere triste, ma funziona e ha un senso. dem le indistinguibili copertine del filone erotico, sempre lì con una bocca bene in vista. Se volete comunicare all'appassionato del genere che quel libro è del filone, le copertine tutte uguali possono non essere una cosa sbagliata.
 Il punto è che ci sono dei libri che vorrebbero e dovrebbero essere unici, come "Sottomissione" di Houellebecq o "1Q84" di Murakami, cioè autori pesanti che meritano di essere trattati in un certo modo (e  all'estero ricevono tale trattamento, andate a cercare la bellissima copertina inglese de "L'incolore Tsukuru" di Murakami e ne riparliamo). Invece "1Q84" che fu spintissimo all'epoca dell'uscita, ebbe la stessa copertina abbastanza orrenda, anonima ed identica, per entrambi i libri (usata peraltro per un altro libro di cui, pietà non ricordo il titolo) e quella di Houellebecq ha dato vita ad una recente querelle riportata da Il libraio. Poiché risultava identica o quasi a quella di un precedente romanzo di Silvia Ballestra, sempre ed. Bompiani, è stato domandato ecco, perchè? E parte della risposta è stata: 
 "Il punto è che gli editori (che pure spesso hanno le idee confuse) e i lettori sanno che una copertina non è l’immagine che la abita"
 Ok, per carità, però con le enormi possibilità a livello visivo consentite ormai dal web che permette a decine di migliaia di fotografi e illustratori di venire alla luce, è davvero necessario proporre sempre le stesse cose? L'abito non fa il monaco, ma una bella copertina magari fa vendere (un pochino) di più. 

DA GRANDI MEZZI DERIVANO GRANDI RESPONSABILITA', LA PERICOLOSISSIMA FASCETTA:
La foto è by me
Le fascette,
tanto prese in giro (anche con dovuto successo), in realtà sono un ottimo elemento tanto pubblicitario quanto di costume. E' innegabile che se camminando ti ritrovi una faccetta con uno strillo degno di una proclamazione di guerra, se buttando l'occhio vedi vagamente che il libro è primo in Germania, secondo in Lussemburgo e terzo in Mongolia, magari il dubbio e la voglia di dare un'occhiata alla quarta di copertina ti viene. Il problema è quando la fascetta diventa un boomerang. 
 Innanzitutto non si può fascettare tutto allo stesso modo, se siamo tutti d'accordo che frasi come "Una storia d'amore, di cuore, di dolore" vanno bene per romanzetti che rimarranno in commercio per due anni a dire tanto, non si può riservare lo stesso trattamento a giganti della letteratura o alla saggistica seria. Secondo boomerang: il libro consigliato da qualcuno. Ok, ci sto che fascettare un consiglio di Saviano rende, però, c'è il serio rischio che fascettare un consiglio della Gamberale, per esempio, possa risultare respingente. Non tutti i "consigliatori" hanno lo stesso appeal. O meglio, io direi sempre di calibrare il consigliatore alla lettura: se ci si ritrova "Cime tempestose" consigliato da Bella ed Edward di "Twilight" il momento brivido lungo la schiena sorge spontaneo.

PURCHE' SE NE PARLI O ANCHE "I CASI LETTERARI IN ITALIA LO SONO ORMAI DAVVERO?":
  In Italia raramente un libro suscita ormai discussioni da far stracciare le vesti. 
 Pervivere il brivido di una querelle libraria dobbiamo aspettare ogni anno che Scurati manchi lo Strega di un soffio e se la prenda coi suoi rivali o che Elena Ferrante rifiuti di svelare ostinatamente la propria identità.
Antonio Scurati che mi rendo conto solo ora
di aver visto ad almeno una decina di presentazioni
senza avere la minima idea che fosse lui
 Dobbiamo attendere momenti penosi come Vespa che fa battute sessiste alla Avallone durante la premiazione (e la Murgia di conseguenza incavolata) o che Fabio Volo scriva un libro ovviamente letto dalle masse, cosa che ci scandalizzerà tutti. Di passioni alla Moravia-Morante (con tanto di triangolo Maraini), di romanzesche storie editoriali come quella della stampa de "Il dottor Zivago", di libri trascinati in tribunale alla Pasolini o Milani, non ce n'è più traccia.
 Il massimo che smuove le acque è il buon Saviano ancora accusato di aver dato una cattiva immagine dell'Italia all'estero e di Napoli in Italia.
 E allora, se la materia umanamente prima per alzare un casino intellettuale non c'è, che si fa?
 Si cerca di creare "il caso". 
Le case editrici puntano tantissimo a far passare un libro per "un caso". Era "un caso" anche "La solitudine dei numeri primi" (ad esempio libro dal bellissimo titolo) e non per aver risvegliato le coscienze, ma per la giovane età dell'autore vittorioso allo Strega. E' anzi sarebbe, ad esempio, un caso Zerocalcare, ma non perché è il primo fumettista da Pazienza che vende millanta copie, ma perché rappresenta un'Italia non rappresentata da nessuna parte.
 Su questo punto si potrebbero scrivere fiumi di critiche, di domande, di dubbi, di stupori. Qualcuno lo fa? No, perché sembra che in generale "il sistema" non sia neanche più in grado di crearlo IL CASO. Lo crea su motivi essenzialmente numerici: numero di copie, di traduzioni, di vendite, sul fatto che era nato sul web e finito con successo sul cartaceo. Il caso è il numero, non è più l'anima.
 E allora se ne parla pure di questo esordiente x che ha venduto tre edizioni di seguito, ma finito lo stupore iniziale, non rimane niente, neanche il ricordo. 

 E voi? Siete concordi? Pensate sia un post inutile? La copertina manco la guardate? I titoli neanche li leggete e scegliete guidati da una rabdomanzia interna? Testimoniate!

4 commenti:

  1. Concordo pienamente su tutto!!!!

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  2. Leggo il blog TiAsmo e ti posso assicurare che il titolo si allinea bene con il suo contenuto.

    Per le fascette segnalo: fascettanera.blogspot.it

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  3. Concordo su tutto, la copertina è la prima cosa che mi attira quando entro in libreria, anche da lontano c'è sempre qualcosa che mi attira e mi fa avvicinare per leggere il titolo (secondo elemento fondamentale). Con la fantascienza nei decenni passati hanno fatto degli scempi epocali...come si fa a pubblicare lo stesso libro con titoli diversi?? Mi è capitato più volte di comprare doppioni...ormai mi fido solo del titolo originale.
    Sulle fascette vorrei stendere un velo pietoso: uno spreco di carta, a mio giudizio.
    E non dimentichiamoci del dorso: se il titolo è scritto con un font orrido e/o troppo piccolo ritrovare i libri sullo scaffale diventa un'impresa!

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  4. e niente, io ti adoro! la copertina è indubbiamente la prima cosa che noto, e spesso la valuto in negativo, sia nella versione "ammazza che schifo di copertina, dev'essere uno schifo pure il libro" che in quella " mmmh questa copertina tutta caruccia non mi convince, il libro dev'essere una schifezza"!. Da poco mi è stato regalato un romanzetto da niente (per capirci, non ricordo più nemmeno titolo e trama) da un'amica che candidamente mi ha detto: eh, l'ho scelto per questa bella copertina verde con le pecorelle che brucano l'erba, mi ha ispirata troppo! Orrore.
    Per quanto riguarda le fascette concordo, non tutti i consigliatori sono uguali e talvolta il consigliatore che raccomanda un libro sortisce l'effetto opposto, per cui forse forse meglio niente!

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