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martedì 17 novembre 2015

Like Sheldon Cooper! Vite stravaganti, morti e scoperte di se geni della fisica (e non solo), tra fughe in Russia, scomparse, mutismo cosmico, fissazioni per gli autobus, superstizioni poco scientifiche e parafuffologia.

 Dopo aver passato una mattinata all'insegna della ricerca inutile della garanzia della mia lavatrice (rotta), e aver scoperto che "il magico potere del riordino" che va tanto di moda ora, forse non è l'ennesima fuffata new age, ma un modo per non perdere tre ore della tua vita a cercare uno scontrino, tento di scrivere il post a tempo record (visto che alla fine ho pubblicato questo post a mezzanotte e mezza, come capirete, non ce l'ho fatta).
 Non nascondo che sono tre giorni che penso ad un post sensato sulla strage di Parigi, ma non sono certa di riuscire a farlo (ossia, se devo finire per scrivere ovvietà o stupidaggini preferisco non farlo), nel dubbio, ho deciso di dedicarmi ad una delle mie tipologie di post preferite: un breve elenco di chicche librarie gustose su un tema.
 Il tema del giorno, ispirato dall'uscita dell'edizione economica de "Il genio che visse due volte" di Fabio Toscano ed. Sironi sul fisico Lev Landau, genio sovietico poco gradito ai sovietici, riguarda le vite più o meno folli, di matematici e fisici più o meno folli.
 Il celeberrimo Sheldon di "The big bang theory" non è solo un personaggio di fantasia. Gli sceneggiatori probabilmente hanno scartabellato le biografie di vari scienziati per ottenere il più classico degli archetipi: il genio stravagante ai limiti della normalità.
 Non ne siete convinti? Leggete oltre e cambierete idea!


PAUL DIRAC:
Nella mia ignoranza scientifica, avrei continuato a misconoscere l'esistenza di Dirac se qualche anno fa non fosse uscito un corposo volume di Graham Farmelo, "L'uomo più strano del mondo".  
Premio nobel inglese di origine svizzera, Dirac fu tra i fondatori della meccanica quantistica (la qual cosa è l'unica che posso dirvi con cognizione di causa riguardo le sue scoperte scientifiche), ma, come molti geni, aveva le sue stravaganze, nella vita e nella matematica.
 Era infatti fissato con la bellezza matematica, tanto da considerarla parte integrante del suo lavoro e non nel senso che amava circondarsi di quadri e statue mentre disegnava formule: Dirac pensava che le equazioni stesse dovessero sprigionare bellezza. Come? Non lo so, ma se vi interessa è in commercio un suo saggio dal titolo "La bellezza come metodo" Indiana edizioni.
 Comunque, per riprendere le fila della vita di Dirac, dal libro di Farmelo si evince come le sue molte stranezze che alcuni attribuirono ad una sorta di autismo, avessero altre radici.
  Suo padre, un uomo autoritario e repressivo, condizionò molto il carattere che Dirac sviluppò: taciturno al limite del mutismo, riservatissimo e con problemi empatici non indifferenti (a giudicare dagli aneddoti era un  vero e proprio Sheldon, incapace anche di comprendere emozioni e toni se non apertamente spiegati). Tuttavia, ebbe buoni amici (a cui fece anche scherzi crudeli, come far recapitare un alligatore vivo), una moglie per ben 47 anni che ne era gelosissima, due figli e due figliastri. 
 Si racconta che pianse un'unica volta nella sua vita: quando morì Einstein.

NIKOLA TESLA:
 Se dovesse esistere un prototipo dello scienziato folle, ma geniale, la palma per la miglior interpretazione andrebbe indubbiamente a Nikola Tesla.  
 Ingegnere elettronico e fisico di origine serba e croata, studiò ingegneria a Vienna per poi partire per gli Stati Uniti con una lettera di raccomandazione indirizzata in suo favore a Thomas Alva Edison. Tra i due non fu amore, anzi, Tesla si sentì truffato quando non ritenne di essere stato adeguatamente pagato per una complessa invenzione che avrebbe fruttato all'azienda di Edison fior di quattrini.
 Si licenziò e gran parte della sua vita fu passata a inventare, immaginare e combattere, nemici veri e immaginari. Ebbe un gigantesco contenzioso con Marconi, non perdonò mai Edison, fu grandissimo amico di Twain e non ebbe mai tra i suoi interessi il denaro, (in compenso si premurò di deufradare scoperte non brevettate, come quelle del povero Galileo Ferraris) tanto che, in diversi periodi della sua vita, per far fronte a spese legali di vario tipo, visse in povertà o fu costretto a lavori umili.
 Le sue stravaganze che a posteriori sembrano un mix di disturbi ossessivo-compulsivi (odio per i gioielli, amore smodato per i piccioni,un rapporto inquietante con un piccione bianco e una certa ossessione per il numero tre e i suoi multipli) lo resero agli occhi della comunità più stravagante che attendibile.
Tutt'ora bisogna ammettere che la bibliografia che lo riguarda è a dir poco schizofrenica. Assieme alla sua breve autobiografia, ci sono libri di livello scientifico e altri che sfociano apertamente nella new age komplottista (bisognerebbe creare un nuovo termine per questa branca fuffologica).
 Nonostante le sue numerose scoperte e invenzioni, Tesla ebbe anche le sue fissazioni cosmogoniche: c'è tutta una parte delle sue teorie dedicate alla grande energia terrestre che affonda le sue radici in libri teosofici orientali, senza contare i suoi tentativi di comunicazione con gli alieni.
Se vi va di approfondire, sicuramente si consiglia la lettura della sua autobiografia, "Le mie invenzioni", ed. Piano B e di "Lampi" di Jean Echenoz, Adelphi edizioni (e se vi piaceranno sappiate che avrete di leggere).

UN GENIO NELLO SCANTINATO:
  Libro diverso dagli altri perché non dedicato ad un genio riconosciuto, ma ad un genio decaduto e perduto: Simon Norton.
Costui sarebbe rimasto nell'oblio di noi tutti che non ci interessiamo a cose matematiche come "la teoria dei gruppi", è arrivato sino a chi ha una laurea solo umanistica, grazie ad un suo inquilino: Alexander Masters. 
 Finito casualmente a coabitare con Norton, Masters ne scopre la vita: bimbo prodigio che si identificava con i numeri, studente di successo, ricercatore a Cambridge. Poi, un tracollo nervoso che lo porta a perdere il posto e a rinunciare alla matematica.
 Penseremmo tutti ad un uomo sull'orlo del suicidio e invece, secondo Masters, Norton se ne sta felice e appagato dalla sua nuova grande passione: il servizio dei trasporti pubblici inglese, che studia e testa con grande fervore.

WOLFGANG PAULI:
 Nato a Vienna, Wolfang Pauli visse e morì in Svizzera (ogni tanto succede qualcosa anche lì), fu uno dei padri della fisica quantistica e, grazie a studi che vanno oltre la mia comprensione, vinse il premio Nobel. 
La sua vita non fu particolare come quella di altri fisici, ma i suoi studi, che sconfinavano nella psicologia e parapsicologia sì. 
 Dal suo incontro con Jung, al quale si rivolse in seguito a forti problemi nervosi, nacque infatti un lungo studio sulla sincronicità e le coincidenze. Se ho ben compreso, perché la parapsicologia mi è ignota almeno quanto la fisica, Pauli e Jung (addirittura più Pauli di Jung) volevano dimostrare una sorta di connessione  cosmica dell'universo che porta tutto e tutti a influenzarsi a vicenda, questo tirando in ballo l'I-Ching e altre faccende assai poco scientifiche.
 Lo stesso Pauli fu vittima connivente di questa teoria se non altro peculiare. Gli venne attribuito infatti una sorta di potere jattorio sulle apparecchiature (generalmente assai costose) presenti nei laboratori dei fisici teorici.Esse pare si rompessero in sua presenza, e alcuni suoi illustri colleghi gli rifiutavano l'ingresso nei loro studi.
 Non so, ma tutto ciò è assai poco scientifico, ma forse mi fa finalmente comprendere tutti quei libri di parafuffologia scritti da gente con dottorati serissimi.

ETTORE MAIORANA E BRUNO PONTECORVO:
 C'è stato un momento storico in cui l'Italia sfornava geni della fisica come se fosse la cosa più semplice del mondo. E non geni qualunque, ma persone in grado di cambiare il corso degli eventi, come Fermi e altri artefici del proprio destino in un modo che nel nostro mondo ormai troppo convenzionale e programmatore sarebbe ormai impossibile.
 I due, indimenticati, più originali, furono indubbiamente Ettore Majorana e Bruno Pontecorvo.
 Sul primo sono stati scritti fiumi d'inchiostro, anche Sciascia rimase affascinato dal destino di questo ombroso e geniale fisico siciliano che mostrò un talento precocissimo, fu in via Panisperna e mostrò, durante un viaggio di studio a Lipsia, una non velata simpatia per il nazismo.
 La sua scomparsa, preceduta da preannunci di suicidio, ha dato vita ad ogni sorta di leggenda popolare. C'è chi lo vuole clochard a Roma, chi rinchiuso in un monastero, chi in Sudamerica e chi complice della Germania nazista. 
  Dulcis in fundo, la vita di Bruno Pontecorvo, la mia storia preferita, la più romanzesca, irripetibile, incredibile.
 Nel 1950, dopo essere sfuggito alle leggi razziali, escluso dal progetto Manhattan per le sue idee comuniste, dopo essere diventato un fisico di grande successo e aver ottenuto la cittadinanza britannica, Pontecorvo scompare assieme a tutta la sua famiglia. Riapparirà 5 anni dopo: si è trasferito in un Unione Sovietica, ma spergiura di non aver portato con sè documenti e ricerche segrete. Solo dopo molti anni gli verrà concesso di viaggiare per motivi di studio e, verso la fine della sua vita, confidò ad alcuni colleghi di essersi amaramente pentito del suo gesto. Una storia che sembra inventata, tra spionaggio, guerra fredda, nazismo, fascismo e atomica.

6 commenti:

  1. E' indubbiamente poco scientifico,ma che le nostre vite si influenzino l'un l'altra,secondo me è una grande verità!
    Perlomeno quelle con cui veniamo a contatto,nella vita vera o virtualmente.

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  2. Posso permettermi di chiedere cosa ci fosse di scientifico nella più accreditata fisica quantistica moderna prima della nascita di Einstein?

    "Scientifico" è un aggettivo che indica semplicemente un metodo, e questo metodo ci ha permesso di conoscere qualcosa in più di questa immensa e splendida realtà.

    Ma se lo usiamo come sinonimo di "vero", lo trasformiamo in un moto di chiusura, di discriminazione e di esclusione dal nostro mondo di tutto ciò che non è ANCORA stato verificato con metodo scientifico.

    Su questi presupposti la ricerca scientifica stessa avrebbe ragione di interrompere ogni indagine.

    Le indagini invece sono proseguite e, da diversi decenni, proprio la "scientifica" fisica quantistica ci spiega che la realtà degli esperimenti è influenzata dall'osservatore, il che legittima in linea teorica l'i-ching, spiega l'interazione tra Pauli e i macchinari e ci trasporta in un mondo assai più complesso e affascinante, nonché, purtroppo per gli scettici, un po' più vicino alla new age di quanto il buon Isaac avrebbe mai immaginato... :P

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    1. Da fisica le consiglio di aprire un libro di meccanica quantistica e capire cosa si intende con ''influenza dell'osservatore con l'esperimento'' e poi parlarne con cognizione di causa: scoprirà che l'i-ching non ha nulla a che fare con questa scienza, che non c'entra nulla nemmeno tra il complicato rapporto tra Pauli e i macchinari.

      Giovane libraria, ottimo post come sempre, leggo spesso ma non commento stavolta mi sono sentita tirata in causa.

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    2. Gli studi di Pauli che l'hanno condotto al premio nobel sono certa che nulla hanno a che spartire con l'I-Ching anche se non capisco niente di fisica. Anche per questo non comprendo come abbia potuto farsi trascinare in una questione parafuffologica con Jung (che è quello a cui si riferiva il post di cui sopra).

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    3. @AndreaGiongo, tieni presente che faccio fatica a considerare credibile anche la psicologia (in quanto non scienza esatta). Sono iper-razionalista ed essere circondata tutti i giorni da stramberie parafuffologiche sta accentuando questa mia già spiccata tendenza.

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    4. La prima parte del mio commento era riferita a andreagiorgio che sproloquiava di meccanica quantistica senza saperne nemmeno le basi, come molti purtroppo fanno :|

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