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giovedì 11 febbraio 2016

C'è un nesso tra la mancanza di una narrativa rosa al maschile e il dislivello tra lettori e lettrici? Il caso Alice Sheldon vs Fausto Brizzi e la sua moglie vegana (con una spolverata di sindrome di Stoccolma).

 Uno dei temi che mi prometto sempre di trattare (e che poi, come faccio spesso, rimando all'infinito) è se esista effettivamente una differenza tra quello che leggono le donne e quello che leggono gli uomini. Per togliere ogni indugio vi dico già come la penso: NO.
 Io ho sempre letto quello che mi piaceva e anche parecchio a periodi, ci sono stati anni in cui leggevo molti romanzi mainstream diciamo, alle superiori ho fatto il pieno di classici, per un po' di tempo mi sono appassionata a saggistica random, ora sono nel periodo fantascienza, domani chissà. So bene cosa non mi piace (la narrativa rosa o la psicologia, per dire) e non faccio alcuna differenza tra autrici e autori.
 Tuttavia so bene che ci sono uomini che leggono pochissime autrici (o non le leggono) e che considerano interi settori, come la narrativa rosa, prettamente femminili.
 Per quel che riguarda il primo pregiudizio non credo ci sia soluzione se non l'intelligenza e la voglia di mettersi in discussione. A livello razionale bisognerebbe, da lettore forte almeno, capire che se nel tuo paniere ci sono dieci libri dieci di autori maschi, forse c'è qualcosa che non stai notando a livello inconscio. 
 Ok, può accadere che quella volta che entri in libreria ti piacciano solo libri di autori maschi, ma allora dovrebbe accadere anche di comprare solo autrici donne (prescindendo dai classici, dove comunque tra Austen, Woolf, sorelle Bronte, Dickinson, Plath ecc, non si può dire che manchi la scelta). Il punto è che la storia della letteratura insegna che questo non è un bieco pregiudizio, fior fior di autrici hanno dovuto fingersi uomini per riuscire a convincere il non gentil sesso a prendere in considerazione i loro libri: è successo ad Anne Bronte o Mary Ann Evans aka George Eliot. 
Il caso più eclatante fu di certo quello che coinvolse la scrittrice Alice Sheldon che per per vari anni scrisse sotto il falso nome di James Tiptree jr  guadagnandosi l'ammirazione dei colleghi maschi, solitamente poco propensi a riconoscere il talento delle colleghe.
  Sul fatto che potesse essere una donna ci furono alcune illazioni, ma la cosa venne fuori solo dieci anni e molti premi dopo lasciando arrabbiate svariate scrittrici di sci-fi che avevano scritto sempre col nome femminile lottando per rompere il pregiudizio che le donne non fossero in grado di scrivere di fantascienza. Gli uomini rimasero perlopiù allibiti per non essersi accorti dell'inganno, poiché molti fan e colleghi corrispondevano regolarmente con lei senza essersene mai resi conto, ci furono anzi autori, come Silverberg, che si spinsero a scrivere: "C'è qualcosa di ineluttabilmente virile nella scrittura di Tiptree". Per la serie Epic Fail.
L'autrice ebbe modo di spiegare la sua decisione:
Io sono entrata nel campo della fantascienza come un uomo, cioè per meglio dire con uno pseudonimo maschile, nel quale mi sono a tal punto identificata che persino il mio agente, Bob Mills, credeva che fossi un uomo. Ci fu una ragione iniziale per questa scelta, anzi due, per essere precisi. 
In primo luogo, non volevo far sapere ai miei colleghi di università che scrivevo (sono una psicologa sperimentale in pensione); ero già nota per aver appoggiato quelle che allora venivano considerate come bizzarre teorie etologiche, mentre i miei colleghi erano fedeli seguaci di Hull, e la notizia che scrivevo fantascienza avrebbe dato un colpo decisivo alla mia rispettabilità. 
In secondo luogo – e questa è la ragione principale – ero sicura che non sarei riuscita a pubblicare le mie prime storie. Ero preparata a passare i tradizionali cinque anni a tappezzare le pareti con le lettere di rifiuto."
 A margine è significativo notare una cosa che già notava l'autrice all'epoca: una volta confessata la sua vera identità non visse più un premio. Eppure, diceva con amarezza, la sua scrittura non poteva essere talmente peggiorata.
  Questo discorso, non ci crederete, ha qualcosa a che spartire con Fausto Brizzi e il suo "Ho sposato una vegana". 
 Il motivo è che il libro del regista non racconta la storia d'amore con una donna sostenitrice feroce di un regime alimentare, non è un vero memoir: per costruzione, linguaggio, ritmo e modo di trattare l'argomento, siamo infatti dalle parti del romanzo rosa per uomini.
 Ebbene sì. L'avesse scritto una donna, 'sto libro troneggerebbe nella sezione della rosa e con una copertina dai disegni stile fidanzatini di Peynet e i colori pastello. 
 L'ha scritto Brizzi e si sono limitati ad un cuore formato da sedani (o porri, forse porri). Il contenuto e il successo (è tra i primi dieci in classifica) dimostra che la narrativa d'amore per uomini in stile chick-it (come si direbbe? Galletto-it?) dimostrano che se ci fossero più libri del genere gli uomini non si dimostrerebbero per niente diversi dalle donne.
 Perché è questo che è "Ho sposato una vegana": un chick-lit al maschile.
 Brizzi nei suoi vari film descrive sempre questo universo maschile fatto di uomini un po' bambinoni (ma fondamentalmente buoni e ancora attaccati ai sogni dell'infanzia) che si legano a donne che sembrano arpie intente principalmente alla conservazione feroce del nido.
 La loro vita senza le non troppo dolci metà sarebbe teoricamente perfetta, ma per motivi misteriosi (penso l'amore) senza costesse non stanno stare.
Il mondo di questi uomini è fatto di calcetto, passioni che si trascinano dall'adolescenza, cene con gli amici, belle ragazze che non possono rimorchiare perché impegnati con la suddetta arpia.
 La differenza con le donne alla ricerca di un principe azzurro che le domini, nonostante una vita potenzialmente già appagante, è davvero inesistente. Si sostituiscono le scarpe col calcetto e stiamo sempre lì.
 Nel libro Brizzi racconta la sua storia d'amore con l'attuale moglie, un rapporto che, senza erotismo, gira dalle parti delle 50 sfumature. Lì mr Grey costringeva Ana a pratiche per cui non provava nessun vero interesse tanto da piangere come un vitello, qui la moglie di Brizzi costringe un marito che non prova nessuna voglia di diventare vegano ad esserlo per forza.
 Durante la lettura l'unica cosa che ti viene in mente è: Fausto scappa!! 
Lei potrà pure essere bionda e bellissima, ma nel momento in cui lo vedi costretto a ingozzarsi di tortellini di nascosto, a litigare per una mozzarella fresca, a spazzolare i catering dai set cinematografici e a sospirare come Oliver Twist davanti ai polli allo spiedo, allora c'è qualcosa che non va. Intendiamoci, il punto non è essere o meno vegano, ma essere o meno costretto. 
 Brizzi racconta la faccenda pensando che sia una tragicomica storia d'amore, tu pensi sia una tragicomica sindrome di Stoccolma e, come tutti sappiamo, la sindrome di Stoccolma non è molto divertente.
 In qualsiasi caso, il punto non è come Brizzi abbia deciso di scegliersi la moglie, ma il libro che ha scritto: un romanzo rosa per uomini
 Secondo me, superare il pregiudizio per cui gli uomini "leggono meglio" o "leggono fantascienza o romanzi d'avventura o storie di guerra" potrebbe aprire nuove frontiere. 
 Nelle statistiche di lettura, c'è una domanda che meriterebbe una risposta: perché c'è uno straordinario divario tra lettrici donne e lettori uomini?
Perché la storia che la lettura sia vista come un'attività femminile (ho sentito anche questa teoria da molti), regge fino ad un certo punto.
 Voglio dire, se hai 16 anni e sei circondato da idioti brufolosi che inneggiano all virilità posso anche capire, se nei hai 40 magari dovresti iniziare a pensare con la tua testa.
14 punti percentuali di differenza (e se ben ricordo sono anche aumentati di un
punto percentuale)
 Secondo me, il problema è un altro (tra gli altri): manca un intero segmento di mercato, quel segmento di cui meriterebbe di far parte il libro di Brizzi e di cui, in definitiva, fa parte anche la produzione di Fabio Volo. Gli uomini non leggono la narrativa rosa perché non è tarata sui loro interessi (perché dovrebbero leggere gli psicodrammi di una stylist a Parigi?) non perché la considerano troppo cheap per i loro gusti. Invertendo i fattori di genere, il risultato di trama vedrete che non cambierà.
 Perciò, tirando le fila: fossi nelle case editrici punterei di più sui chick lit per maschi e se leggete solo autori maschi (o donne) fate lo sforzo di lanciarvi in un'autrice donna nel campo magari che preferite (ce ne sono ottime in TUTTI), potreste scoprire che eravate solo abituati male. 
Ah, Brizzi, scappa.

Ps. In questi giorni sono in ferie! Risposterò con regolarità da martedì o giù di lì!

10 commenti:

  1. Ho sempre sostenuto che i libri di Volo sono dei rosa scritti da un uomo e che se fosse un'autrice, starebbero nella stessa zona di Il diavolo veste Prada e della Kinsella. Purtroppo, però, la mia osservazione vien presa come derogatoria e liquidata al massimo con il solito "ma te sei fissata con la discriminazione", quando si tratta semplicemente di un'osservazione su cosa definisce unlibro di genere, in più di un senso.

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  2. Ultimamente riflettevo sull'esistenza di un topos che a me personalmente fa abbastanza accapponare la pelle, che ho riscontrato - ma magari altrove non c'ho fatto caso, eh - unicamente in libri scritti da uomini, ovvero la presenza di una coppia che boh, a me pare proprio disfunzionale. Che lui è uno spirito libero, giammai ancorato alle cose materiali, un eterno ggggiovine e lei invece lo vuole "risolvere" lavorativamente. Me ne vengono in mente tre così, manco a doverci riflettere, tutti presi in mano nell'ultimo anno. Due così orrendi che non li ho recensiti perché non amo scrivere stroncature. Non penso sia una coincidenza.
    Comunque boh. Sì, il discorso fila, anche se ci sarebbe da chiedersi come fare a posizionare una simile produzione. Cioè, come fai capire ai donzelli-target che quelli sono romanzi rosa in modo che nel contempo non si inibiscano? A parte facendo finta che non li siano e puntando l'attenzione sulla comicità come in questo caso, dico.
    Peraltro a me il titolo dà un fastidio immane. Perché qui non è che "hai sposato una vegana", hai sposato una stracciapalle. E mi irrita che le due cose vengano 'sì tranquillamente accostate, a guisa di metafore.
    (comunque spero si sia capito dalla conversazione su fb che il mio astio era per il titolo del romanzo e non per te che l'avevi segnalato, eh xD)

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  3. Curiosamente, di questo romanzo esiste l'omologo a visioni capovolte: lui vegano salutista ecozoico e chi più ne ha più ne metta, che cerca di convertire lei, rendendole la vita impossibile, condizionandola con ricatti emotivi sessisti, costringendola a chiamare il figlio "Olmo" e ad accogliere in casa una nutria antigienica, sporca e aggressiva.
    La storia è in parte vera, e il romanzo - molto gustoso - si intitola "Straziami, ma di tofu saziami", di Paola la Rosa e Paola Maraone. Benché sia nella trama sostanzialmente identico al libro di Brizzi, e stilisticamente anche scritto in modo più avvincente con maggior tridimensionalità dei personaggi (nei limiti consentiti da una trama del genere) ha avuto molto meno successo e l'ho visto isolato nella libreria della mia città tra il mai abbastanza vituperato "My dilemma is you" e "Amore, zucchero e cannella".

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  4. OT ma non troppo: tra l'altro lei non è manco una vera vegana: in un programma di cucina ha detto che mangia le uova, quindi non capisce un'acca di ciò che significa. Poi si è comportata come una maestrina insopportabile, e lui faceva la vittima. 'Sti due mi hanno stancata già da un bel po'.

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  5. Io ho un utente anziano che legge solo romanzi d'amore... Però ci ho messo una vita a capire che quando chiedeva "romanzi storici" non intendeva "Guerra e pace"

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  6. Fausto, scappa!
    Ma, se non scappi, vuol dire che ti sta bene così, e allora piantale di frignare :P

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  7. Esistono uomini che scrivono romanzi rosa. Leggendo il post mi è venuto in mente Mike Gayle, ma anche il primo Hornby. Non ho mai letto niente di Fabio Volo, ma dalle trame, sembrerebbero romanzi rosa.

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  8. In ritardo, arrivo anche io a commentare.
    Questa è una questione ampiamente dibattuta. Io penso che ci sia una differenza fra quello che scrivono gli uomini e quello che scrivono le donne. Non in senso qualitativo, ma in senso del genere che uomini e donne sembrano preferire.
    Non mi fraintendere, non dico che le donne non saprebbero scrivere come si deve un romanzo thriller o di fantascienza, così come gli uomini sono capacissimi di scrivere qualcosa di romantico. Dico solo che è più probabile trovare un nome di uomo in cima ad un giallo, così come è più probabile trovare un nome di donna su un romanzo young adult.
    Ma riguardo alla lettura è un altro paio di maniche.
    Uomini e donne leggono cose diverse? Assolutamente no. Però sono fermamente convinta che le donne siano meno schizzinose degli uomini e scelgano le loro letture con una mente più aperta.
    Inoltre si vede molto maschilismo nell'editoria perché, come dici tu, quando autori uomini scrivono romanzi rosa non vengono mai, nelle librerie, messi sotto lo scaffare del 'Rosa'. Perché il 'rosa' viene inteso come qualcosa di facile, basso, un po' mediocre, carino ma tutto lì. Vuoi che un autore uomo sia "carino ma tutto lì"? Le donne invece a quanto pare possono esserlo, almeno secondo gli editori e i distributori.
    Quello che dovremmo fare, secondo me, è abolire il termine rosa nelle librerie. Rosa è un colore, non genere. Rosa, ora come ora, è negativo. Quindi prendiamo tutti i libri 'rosa' scritti da donne e mettiamoli assieme a quelli di Fabio Volo, Federico Moccia, David Nicholls, sotto il cartello di "Letteratura romantica". E forse gli uomini (e anche alcune donne) si renderanno conto che non si deve scegliere un libro a seconda del sesso dell'autore, ma a seconda di quanto ci incuriosisce.

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    1. Ne parla anche Maylis de Kerangal sul giornale "D" di Repubblica, di questa settimana:
      http://d.repubblica.it/attualita/2016/02/15/news/maylis_de_kerangal_star_letteraria_si_racconta-2969915/

      Per una donna essere scrittrice è sempre un po’ più difficile che per un uomo. Maylis de Kerangal ne è convinta: «Spesso gli scrittori hanno compagne si occupano di tutti gli aspetti pratici della vita quotidiana, mentre il contrario non avviene quasi mai». E sebbene nella sua famiglia i ruoli domestici siano equamente condivisi, vuole citare Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf, «un libro che insiste molto sull’indipendenza delle donne scrittrici, sottolineando l’importanza dell’autonomia finanziaria». Ma in letteratura, aggiunge, oggi l’uguaglianza tra i sessi non è solo questione di tempo o di legittimità: «Domina ancora un’insidiosa divisione dei ruoli, frutto di una forma di misoginia strisciante. Agli scrittori sono per lo più riservate le grandi questioni del rapporto con la realtà, la politica, la scienza, mentre dalle scrittrici ci si aspettano sempre romanzi centrati sulle emozioni, la psicologia, il privato. In questa visione, gli uomini costruiscono il mondo, mentre le donne lo “sentono”. Io scrivo contro questa divisione dei ruoli, occupandomi senza problemi di tecnica, scienza e politica, universi considerati tipicamente maschili.» Nascita di un ponte, che ha al centro un cantiere, operai, gru, calcestruzzo, è stato spesso presentato come un romanzo “virile”, aggettivo non esente da una sfumatura di rimprovero. E in Riparare i viventi il percorso del cuore, metafora della vita ma soprattutto organo vitale, è seguito negli aspetti tecnici, chirurgici, logistici, bioetici, dopo una ricerca sul campo che ha portato De Kerangal anche in sala operatoria. «Per me non esiste uno specifico della scrittura femminile, perché ciò significa rinchiudere la scrittura delle donne nell’ambito dell’intimità e delle emozioni. Il che non fa bene né alle donne né alla letteratura»

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    2. Io, però, nello scaffale di letteratura romantica mi aspetto di trovarci Manzoni e Rilke! ;) (oi, peraltro, l'Alessandro, con quella storia di matrimoni contrastati, redenzioni stappacuore... Reintitoliamolo "Fughe d'amore e capponi alle spezie" e via!)
      Scherzi a parte, la ragione per cui è più comune trovare giallisti uomini e 'rosiste' donne, è indotta, non innata. Vengono pubblicati più autori maschi di gialli, tanto è vero che non è poi strano che si scopra, presto o tardi, che un autore era in realtà un'autrice (cosa successa spesso anche in fantascienza, altro genere altamente 'di genere'). Questo succede non perché sia più naturale per gli uomini scriver di morti, indagini, assassinii e complotti e per le donne di matrimoni, pene di cuore ed equivoci comici, ma perché gli editori (seguendo il mercato, non perché sono malvagi, eh) favoriscono un genere rispetto all'altro, per i diversi generi (sto giochino del doppio significato mi piace, ma giuro che è l'ultima volta che lo fo...).
      D'accordo in pieno che "rosa" è una bruttissima definizione, ma comedy taglia fuori un sacco di roba e chick-lit è una definizione orrenda. Detto che romantico va bene, ma fa venir in mente il viandante sul amre di nebbia più che Nicholas Sparks (toh! un uomo che scrive rosa senza onta né problemi! eccicredo..con i milioni che ci ha fatto...), toccherà trovare una nuova definizione che non allontani nessuno e accomuni tutti. Mica facile!

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