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mercoledì 11 maggio 2016

Piccole recensioni tra amici! Assurdi poliziotteschi napoletani, cavalli di ritorno, night club cinesi e Qiu Xiaolong e l'ennesima delusione di Banana Yoshimoto (perché?? Sigh).

Chi segue regolarmente il blog sa che il simbolo delle Piccole
recensioni tra amici è l'incantevole Creamy a causa della
fissazione che hanno molti blogger nel recensire i libri
distribuendo stellette
Allora, ricapitolando, ho ancora in coda la recensione di "Americanah" (tra un po' mi scade indegnamente anche il prestito in biblioteca), il fumetto di Marie Kondo e, se seguite fb, sto diventando una persona tecnologica che tenta persino di capire il magico mondo delle gif (per ora ho imparato a scrivere sopra quelle che esistono, imparerò pure a farle spero).

 In tutto questo leggo e accumulo le solite letture di paranza che abbisognano di un piccole recensioni tra amici degno di questo nome.

 Di cui sotto potete ammirare due gialli e sigh la recensione dell'ultimo inutile libro di Banana Yoshimoto. In realtà proprio ieri, mi pare, su La Repubblica, ne ho letta una assai favorevole che vedeva tra le righe della nostra amata giapponese cose che, francamente, non mi pare ci siano.
 Ma, de gustibus non dispudandum est.
 Detto ciò, buone recensioni!


IL PRINCIPE ROSSO di Qiu Xiaolong ed. Marsilio:

 E' la nuova avventura del poliziotto Chen Cao che, integerrimo, tenta di trovare giustizia in una labirintica Cina contemporanea.

  Come ho detto in varie recensioni precedenti, nonostante la qualità dei gialli, ciò che rende davvero degni di lettura i libri di Qiu Xiaolong è la cornice in cui sono ambientati: un mondo difficilmente interpretabile e, a tratti, incomprensibile ai limiti del fantascientifico.

  La Cina odierna ha avuto infatti la straordinaria capacità di innestare un sistema economico capitalista in una sorta di oligarchia che usa simboli, veterostruttura partitica, linguaggio e sì, anche valori da un certo punto di vista, del vecchio sistema comunista.

 Posso assicurarvi che il risultato, appare se non altro da questi libri, è una somma micidiale del peggio dell'uno e del peggio dell'altro, il tutto nascosto dietro una facciata quieta e sorridente.
  Forse anche per questo, ho guardato la puntata del programma di Severgnini "L'erba del vicino" che metteva a confronto Italia e Cina con un certo sconcerto: Xiaolong forse non restituisce un ritratto complessivo ottimale del suo paese d'origine (neanche "Gomorra" alla fine parla dell'Italia in toto), ma se avete visto anche voi la trasmissione sembrava uscita dal MinCulPop cinese.

 Detto ciò, questo nuovo libro non ha una grande trama a livello giallistico. O meglio ce l'ha, ma è estremamente laboriosa, anche per la scelta stilistica operata dall'autore, interessante per un romanzo giallo, ma assai pericolosa: il protagonista sa di essere al centro di un intrigo, ma non sa perché e deve capirlo.
 Al cinema è un meccanismo che funziona alla grandissima, su carta bisogna stare molto attenti perché perdere il filo per il lettore è un attimo. 
 E così, devo ammettere, è successo a me: ad un certo punto non capivo più a chi dovessimo dare i resti e solo sul finale finale ho capito qualcosina. 
 Tuttavia, anche se la tensione non è la solita, non mancano i soliti elementi storici e sociali interessantissimi: la scoperta dell'opera lirica cinese, i sistemi sottili e sordidi per far fuori funzionari scomodi, ma inattaccabili, il mondo dei night club (mitico il momento in cui si scopre che le dark room con uomini di colore si chiamano "Obama club") e il decadimento generale di un mondo che è passato dal comunismo assoluto a chiedere enormi somme di denaro anche solo per mantenere una tomba in stato decoroso.
 Mettetelo da parte per l'estate, vi servirà.


IL GIARDINO SEGRETO di Banana Yoshimoto ed. Feltrinelli:

 Penso sarà il trentamilionesimo post in cui cerco di infilare la recensione di questa ennesima, dimenticabile, prova della nostra ormai fu Banana Yoshimoto.
 Il volumetto nulla è che l'incomprensibile terzo libro di una saga che non si comprende bene cosa la renda tale.

 La protagonista è infatti sempre la stessa Shizukuishi una ragazza vissuta tra i monti con la nonna a coltivare piante in grado di avere influssi benefici sulle persone e che, al momento di amore geriatrico della nonna, si ritrova sbattuta nella grande Tokyo dove, sostanzialmente, deve imparare a vivere.

 Penso che la cara Banana abbia riciclato l'idea da un suo vecchio racconto contenuto in "Lucertola" (una bella raccolta di racconti sottolineo, "Strana storia sulla sponda di un fiume" era considerevole): lì una ragazza aveva sempre vissuto in una comunità isolata sui monti gestita da una sorta di setta giapponese (i suoi libri sono pieni di strane sette, sarebbe bello leggere un saggio su questo fenomeno).

 Ad un certo punto, aveva deciso che basta, era il momento di andare nella grande città e lì aveva trovato lavoro e l'amore, nelle vesti di un ragazzo molto fragile in grado di costruire oggetti dotati di una qualche forma di potere energetico (creava oggettini che influenzavano benevolmente la vita delle persone).

 Nella nuova saga questo personaggio non è più il suo fidanzato, ma il suo datore di lavoro, un ragazzo dal fisico fragile e gay con un robusto compagno che va e viene dall'Italia (soprattutto da Torino, città magica per eccellenza).
  Bisogna dire che i momenti in cui i due interagiscono sono i migliori della serie, ma rimangono comunque molto deboli, come se, ripeto ogni volta, ormai avesse perso quel mordente un po' sinistro e rivoluzionario (nei confronti di una società molto rigida) che pervadeva le sue prime opere.

 In questo terzo libro, la relazione instaurata col giardiniere in procinto di divorzio nei primi due libri, finisce in vacca a causa di un antico amore. Ne segue un viaggio.
 E' meglio del secondo tomo, ma tocca anche dire che difficilmente poteva fare di peggio perché il livello era davvero davvero scadente, pessimo. C'erano momenti in cui la protagonista parlava col televisore che va bene la visione panteistica della vita, ma c'è un limite a tutto.
 Continuo a cascarci sperando in un colpo di coda alla "Kitchen", stupida me che non mi disilludo mai.


IL CAVALLO DI RITORNO di Beppe Lanzetta ed. Cento Autori:

 C'è un genere poco esplorato in Italia che è quello dell'assurdo totale.
 Il maggior esponente contemporaneo è indubbiamente Andrea Pinketts che unisce alla oggettiva follia delle trame, anche una forte sperimentazione stilistica e lessicale.
Manca ancora il post su Pinketts 
 Purtroppo, è il caso di dirlo, dopo di lui, il diluvio.
 Mi ha fatto perciò molto molto molto piacere scoprire che la serie di gialli del commissario Peppenella by Beppe Lanzetta, rientra perciò in questo filone a cui si dà ingiustamente poco spazio (suppongo per ragioni di marketing).

 Inizio a leggere questo romanzo con la convinzione di trovarmi dalle parti de "La squadra" e scopro che sono atterrata nel pianeta di Christopher Moore.

 Il commissario c'è, grasso, divoratore di kebab e tracannatore di birra, vedovo e provvisto di una figlia che non si augurerebbe al peggior nemico, circondato da collaboratori imbucati da onorevoli e proverbialmente incapaci.

 Il nemico c'è: Napoli stessa. Una città che si rifiuta ostinatamente di sottoporsi a qualsiasi regola, nel male e anche nel bene che può fare lo stato: per la serie, ok, un 150 anni fa avete cacciato i borboni, ci sono state due guerre mondiali, un referendum per la repubblica e svariati altri eventi degni di nota, ma noi non è che siamo stati mai convinti a rinunciare alla nostra città-stato.

 I coprimari latitano un po', come se questo primo libro fosse stato concepito per essere unico.

 La storia parte con una dose di sangue: due ragazzini di nome Diego entrano in casa di un vecchio custode intento in un rapporto omosessuale con un marchettaro arabo e nel tentativo di spaventarlo (per ritorsione) fanno un casino e lo ammazzano.
 Da quel momento in poi delirio is coming. I due Diego appartengono infatti a una banda chiamata "Banda della merda" formata da 87 adolescenti maschi tutti chiamati Diego e gestiti da un vecchio delinquente che usa la tecnica del "cavallo di ritorno".
 Ossia: io ti rubo una cosa e tu invece di denunciare il fatto ai carabinieri, paghi una sorta di piccolo riscatto per riaverla indietro. Se ti rifiuti, puoi dire addio a ciò che ti hanno rubato.
 Il punto è che si passa dal cavallo di ritorno per macchine di lusso a cavalli di ritorno per statue e monumenti: il comune di Napoli pagherà per riavere il Cristo Velato o la statua di Dante?
 E poi, c'entrano o non c'entrano questi 87 Diego con la scia di sangue che vede agire una sorta di serial killer in città, intento a lasciare cadaveri in ogni dove con dodici coltellate?

 Rifiuti tossici, malattie fulminanti, cognati ammalati, crociere disastrose, turchi con l'infarto, veri e propri uffici della camorra, anziane viziose, carusielli, custodi, traffici di statue, kebab, albanesi e infinite altre cose scorrono come un film di cui cerchi di capire disperatamente il bandolo.
 Il bandolo alla fine c'è e, bisogna ammettere che è la parte più debole della trama.
 Una delle regole del romanzo giallo è che l'assassino deve comparire, ma, per quanto apprezzi la teoria de "La promessa" di Durrenmatt (ossia che il caso possa governare i delitti in modo completamente casuale rendendo vano qualsiasi tentativo di arrivare alla scoperta dell'assassino con la logica), però, insomma, secondo me una soluzione molto più logica e apprezzabile di chi fosse il serial killer ci poteva essere (tanto che alla fine pensavo di averci azzeccato e il brusco passaggio di mano mi ha spiazzato, ma male).
 In ogni caso, che dire, un poliziottesco alla napoletana a tinte forti. 
 Consigliato, a chi non cerca gialli beneducati (e io ho già il secondo)!

E voi avete ne avete letto qualcuno? Vi intriga qualcosa? Commentate numerosi!

2 commenti:

  1. Questo non l´ho letto, ma degli ultimi della Yoshimoto ho letto L'abito di piume, Il coperchio del mare, Delfini, Chie-chan e io... eh niente, dobbiamo accettare questa cosa che Kitchen é stato meraviglioso (io sono una fan anche di H/H e Sonno profondo) ma come scrittrice si é esaurita nel 2000.

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  2. Quanto adoravo Banana Yoshimoto! Poi gli ultimi mi sono piaciuti sempre meno. È da tanto che non leggo qualcosa di suo... forse devo cercare tra i suoi romanzi più datati, per vedere cosa mi è sfuggito.

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