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mercoledì 6 luglio 2016

La ribellione non è un pranzo di gala. "Le tre sorelle" di Bi Feiyu, la colpevolizzazione della vittima e il prezzo delle regole ad ogni costo. Ciò che pagarono Rosemary, Frances e troppe ragazze ancora adesso.

Negli ultimi tempi, proprio come nei nostri peggiori incubi, la cronaca ha riportato ben due fatti di stupri di gruppo ai danni di ragazze da parte di loro coetanei o quasi.

Ciò che mi ha colpito di più, purtroppo, oltre al fatto in sé ovviamente, è il contorno.
Giovanna D'Arco


 IL SOLITO contorno.

 Passano gli anni, passano le indignazioni, le rivoluzioni, le critiche, i libri, i movimenti, l'abbassamento dell'analfabetismo, i tentativi di civilizzazione dell'essere umano, l'assalto alla società sessista, insomma passa tutto, ma quando succedono cose del genere assistiamo ancora allo stesso identico carosello, che prevede le seguenti immancabili fasi:

1) I colpevoli non sono davvero colpevoli perché insomma: sò giovani, non se ne sono accorti, erano lì per caso, pensavano che lei ci stesse, lei non ha gridato, lei non si è ribellata abbastanza (che io ogni volta li farei accerchiare da 6 armadi nerboruti e vorrei vedere che combinano), che potevano saperne che era spaventata a morte, non è che uno sta lì a chiedere ogni tre secondi se va tutto bene, poi insomma girava voce che 'ste cose le faceva e via discorrendo.

2) La vittima in fondo è colpevole: e se insomma non se ne andava in giro, se non se ne andava in giro in gonna, se non veniva da una famiglia un po' disastrata, se non aveva la "fama" di una che ci stava, se non accettava incautamente un appuntamento col fidanzato (col fidanzato eh, mica con uno sconosciuto), se non ammiccava troppo, se teneva le gambe chiuse, se non era donna.
 La cosa più grave della faccenda è che anche lei se ne autoconvince e finisce per essere l'unica che pubblicamente ammette di avere una colpa "E' stata colpa mia, non dovevo fidarmi", finisce per dire, soverchiata da vergogna e illazioni.

3) La stampa e i social network (imperdibile novità che ha aggiunto orrore all'orrore).
 Si parte con: "Ok, i mostri sono loro MA lei!"
 Lei è una poco di buono, alle brave ragazze queste cose non succedono, ci meritiamo quello che ci capita.

 OGNI volta, cazzarola, ogni volta mi tocca leggere un editoriale stramaledetto in cui pigliano una giornalista donna a caso, nel mucchio, che ci viene a dire che:
 "Eh ragazze, ma la malizia bisogna saperla gestire, la vera femminilità non è la gonna corta, ma il mystero nei nostri occhi."

 OGNI volta mi tocca leggere idiozie come "Eh, ma aveva tredici, quattordici o quindici anni, ma era una donna fatta che civettava", "Si vestiva in un modo, a quell'età, mica come noi, le caste brave ragazze di una volta", "Aveva fatto sesso già con tre ragazzi, dio mio, alla sua età!".

 E fatalmente arriviamo a quello a cui si è giunti anche stavolta: i ragazzetti che cascano dal pero e dicono, "Oh, vabbeh, quanto casino per una scopata in cui non ci eravamo accorti che lei non ci stava" e lei che, pressata da un mondo che finge di proteggerla e non fa che riempirla di dubbi e insinuazioni sulla sua colpevolezza, infine cede e dice "E' colpa mia, non dovevo seguirlo, non dovevo mettermi la gonna, non dovevo fidanzarmi, non dovevo uscire di casa".

 Poi accendiamo la tv e inveiamo tranquilli contro l'Isis che burqizza le donne.


In questi ultimi giorni mi è capitato di leggere un bellissimo libro ambientato durante la Cina maoista della rivoluzione culturale: "Tre sorelle" di Bi  Feiyu ed. Sellerio.

 Teoricamente pochi libri avrebbero potuto essere più lontani dal mio lungo e vagamente arrabbiato preambolo iniziale, invece le storie di Yumi, Yuxiu e Yuyang ci sbattono in faccia quello che si vede veramente dall'altra parte della barricata.
 Le tre sorelle sono in realtà sette e la storia inizia quando finalmente, dopo anni, nasce l'ottavo ambito figlio maschio.
 La sfinita madre si lascia improvvisamente andare all'apatia di chi ha atteso troppo e troppo tardi la libertà e il padre, che sarà praticamente la causa di buonissima parte dei loro mali, decide di finalmente chiudere bottega.
 Yumi, la prima figlia è, fortunatamente per lei, tostissima.
Suo padre, segretario della sezione del partito comunista nel micropaese contadino sperduto nel nulla dove si trovano, è un donnaiolo che non si cura dell'infamia che il suo comportamento getta sulla famiglia, in un mondo dove la reputazione per una donna è praticamente tutto.

 Succede infatti che, mentre lei si sta fidanzando con un ambitissimo aviatore, il padre si faccia trovare nel letto della moglie di un militare e scoppia un putiferio. Lui viene destituito dal ruolo di segretario e per le donne della sua famiglia inizia l'incubo.
 Yumi viene lasciata dall'aviatore, il suo cuore si spezza, ma, sapendo di essere destinata a risollevare in qualsiasi modo l'onore della famiglia, decide di sposare per convenienza un anziano con figli già grandi. Sarà una seconda moglie, ma sarà rispettata e soprattutto non farà la fine della povera Yuxiu.

 Se c'è un personaggio davvero tragico in questa storia è infatti lei, la sventurata e bellissima terza figlia, definita di continuo una "donna serpente" e uno "spirito volpe" perché rea di essere affascinante e piena di vitalità.
 Una ragazzina (perché anche se nel libro viene tralasciato quasi di continuo non avrà più di quattordici anni al massimo) condannata ad una fama di seduttrice di uomini solo perché ama civettare un po' (che poi civettare nella Cina maoista corrispondeva a sorridere più del solito), e che, in nome di una vendetta nei confronti del padre non solo subisce uno stupro di gruppo, ma ne viene bollata a vita, come se fosse una sua colpa esclusiva.

Le stesse sorelle la insultano, il paese la tratta come un'appestata, ormai è "rovinata" per qualsiasi uomo (l'ossessione per la verginità e la resistenza assoluta che le donne devono operare in merito nonostante le pressioni psicologiche maschili continue è enorme e schiacciante), 
 non le è più concesso non solo innamorarsi, ma sperare, aspirare a una vita che non sia l'ombra più assoluta.

 A quattordici anni la società l'ha già uccisa e non le resta che attendere una morte troppo lontana.

 Mentre Yumi è abbastanza forte da governare come può il suo destino (e quando non può la sua irritazione rasenta l'ira), Yuxiu non ha mai avuto questa possibilità, la sua stessa bellezza e la sua esuberanza gliel'hanno tolta. 
 Perché è questo che succede a chi osa contravvenire alle regole, a chi esce di casa, a chi ama vestiti più vistosi, a chi viene da una famiglia considerata non conforme o non abbastanza bene: in fondo in fondo se la va a cercare, in fondo ha un peccato originale di cui tutti possono approfittare rimanendo in qualche modo puri.

Dopotutto i  colpevoli stanno solo riparando a un torto, stanno rimettendo le cose al loro posto, forse in modo non ortodosso, ma è quello che noi ci aspettiamo succeda a chi non sta alle regole no? Vuoi giocare col fuoco? Il fuoco brucia.

 E mentre Yuxiu lotta contro tutti e rifiuta un suicidio onorevole, il mio cervello ha fatto un collegamento lontano nello spazio (anche se in effetti non nel tempo) con altre due ragazze che avevano la colpa di essere troppo brillanti ed esuberanti e che, in qualche modo, la società decise che bisogna rimettere a posto.

 Si tratta di Rosemary Kennedy, una delle sorelle del presidente John e di una giovane e intelligentissima attrice, Francis Farmer.

 La prima era la un po' troppo esuberante figliola di una famiglia che sulla reputazione basava praticamente un'ottima parte del suo potere

Rosemary Kennedy
 Affascinante e afflitta da un leggero ritardo mentale a causa di un parto condotto male, i genitori tentarono di tenerla a bada nel terrore che macchiasse con la sua sola presenza l'immagine perfetta di una famiglia con ambizioni presidenziali. 

 Prima ne nascosero la disabilità, poi quando divenne evidente che il suo carattere "irruento" rischiava di precipitarla in qualche relazione indesiderata, venne direttamente lobotomizzata. Non si riprese mai più e passò la sua vita in una villetta nel verde, assistita solo da una delle sue sorelle.

Venni invece a conoscenza della vita di Frances Farmer un po' di anni fa, quando lavoravo nella libreria precedente. Purtroppo ho dimenticato completamente in quale libro apparisse un capitolo a lei dedicato (e provando a ricercarlo non sono riuscita a individuarlo, se avete notizie scrivete nei commenti!), ma mi colpì moltissimo la storia di questa ragazza dall'intelligenza prodigiosa e dal destino infausto.

 Atea convinta, a quindici anni scrisse un saggio che le valse una borsa di studio per l'Unione Sovietica, dove si recò e studiò teatro. Al suo ritorno iniziò una promettente carriera cinematografica, sempre osteggiata da una famiglia che non la comprendeva e riteneva sconveniente qualsiasi cosa lei facesse. 
 Dopo un ottimo avvio, arrivarono le prime difficoltà, i primi litigi da star, le prime droghe e la sua carriera collassò come la sua vita. 
  Prima la sorella, poi la madre riuscirono a farla rinchiudere in un manicomio dove subì violenze e venne sottoposta a numerosi trattamenti (compresa, si dice, la lobotomia) che piegarono definitivamente l'animo e l'intelligenza di quella che era stata una ragazzina in grado di scrivere a 15 anni un saggio dal titolo "Dio muore" dal contenuto fortemente sovversivo.

 Ed è alla sovversione che dobbiamo pensare quando leggiamo ciò che sono in grado di sfornare i giornali e i commenti delle persone dopo episodi come gli stupri di gruppo.

 Quello che ci viene ripetuto quando si assolve tra le righe il colpevole è che questi sia solo seguendo un corso e un istinto naturale delle cose. 

 La colpa è della vittima che cerca di sovvertire le regole: che pretende di essere indipendente, libera, anche incosciente, senza che qualcuno la punisca per questo.

 Non abbiamo bisogno di qualcuno che ci dica cos'è la malizia e come usarla, ragazze, abbiamo bisogno di essere come Yuxiu quando grida al cielo, nel libro, tutta la rabbia di una donna che rifiuta di compiere un onorevole destino suicida, "Me ne frego della faccia! Io non muoio, dammela tu, se sei capace, una coltellata!"

 Il libro è scritto benissimo, il rapporto tra le due sorelle degno di un grande romanzo (la terza è isolata in un capitolo isolato, quasi fosse un libro a sé e anche lei, non credete, ha le sue gatte da pelare in un sistema scolastico che lasciava ragazzine in balia di insegnanti repressi e incapaci di gestire la tensione erotica con le allieve), il sentimento che lascia alla fine è quello di una grande rabbia mista ad un sentimento di ribellione.

 Ragazze, come diceva Audre Lorde, non era previsto che noi sopravvivessimo, ma è successo ed è ora di smetterla di chiedere scusa per questo.

12 commenti:

  1. In tema, c'è un racconto di Dacia Maraini (della raccolta L'amore rubato) in cui si parla dello stupro di una ragazzina di paese, adottando il punto di vista di più soggetti coinvolti (il padre, l'amica, i carnefici, il prete, il preside della scuola).
    Un post davvero molto bello :)

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  2. Che bel pezzo! E quante verità!
    Grazie, Libraia :)

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  3. A proposito della prima parte dell'articolo, ho letto di recente un testo che da quest'anno inserirei per obbligo nei programmi scolastici.
    Si tratta di una "lettera aperta" che la vittima di uno stupro ha scritto al suo aggressore e ha poi presentato come dichiarazione al processo. Processo in cui la difesa del ragazzo si basava tutta sul "non si era accorto che" e sul "è così giovane e promettente, se lo condanniamo troppo duramente gli roviniamo la vita".
    Ve lo linko, così se avete tempo (è lungo) e voglia (è molto duro) lo leggete anche voi.
    E lo fate leggere ad altri, e ad altri, e ad altri ancora, finché non succederà che almeno UNA persona si renderà conto di qualcosa che prima non aveva capito: http://www.ilpost.it/2016/06/11/lettera-stupratore-stanford/

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  4. Grazie, un pezzo che trasuda la giusta rabbia, oggi ci voleva

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  5. Può essere Hollywood Babylonia?
    https://it.wikipedia.org/wiki/Hollywood_Babilonia#La_figlia_della_furia

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    1. L'ha suggerito anche una lettrice su fb! Mi sa che era proprio quello!! Grazie mille :)

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  6. Bellissimo post, non si riflette mai abbastanza su certi argomenti e i risultati purtroppo si vedono ogni giorno. Grazie.

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  7. Su Frances Farmer esiste lo splendido film di Jessica Lange.

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  8. La questione della gonna, in particolare, è di gran rilievo. Eppure ricordo ancora i tempi in cui un eccessivo uso di pantaloni mostrava nelle ragazze una certa qual carenza di pudore femminile.
    Vestiti a parte sì, confermo: quarant'anni fa c'era ESATTAMENTE la stessa manfrina.

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  9. Libro letto su tuo consiglio, davvero molto ben scritto.

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