Pagine

lunedì 16 gennaio 2017

Artistiche dolci metà. Quattro compagne di grandi artisti che non si sono lasciate schiacciare dal genio e hanno brillato oltre l'amore e la morte.

Uno dei personaggi più interessanti de "I mandarini" di Simone de Beauvoir è Paule, la compagna dello scrittore Henry Perron.

L'immagine è presa dal film su Modigliani. Purtroppo non ho
trovato libri sulla tragica storia della sua compagna, Jeanne
Hèbuterne, pittrice, che si suicidò, incinta, subito dopo la morte
del pittore
 Bellissima e teatrale, la conosciamo nel momento in cui la sua relazione è nella fase calante. Noi lo sappiamo, lei lo sa e fa qualsiasi cosa per impedirlo. Tuttavia quello che sia lei che noi sappiamo sin dall'inizio è che ha già perso.

 Ed è successo per molti motivi, il primo dei quali è che l'amore quando finisce, finisce davvero e non c'è niente che possa riportarlo indietro.

 Il secondo è che talvolta l'amore finisce perché la passione scema e i nodi vengono al pettine: quello che un'abbagliante bellezza poteva celare, ciò che un fortissimo trasporto poteva occultare, appare in tutto il suo sconcertante errore agli occhi di chi smette di amare.

 Paule sa di non essere all'altezza di Henry, ma fa di tutto perché appaia il meno evidente possibile. Tuttavia il dramma di una persona che si vede sfuggire dalle mani un amore di cui sapeva sin dal principio non essere all'altezza è qualcosa di particolarmente tragico e ingiusto.

 Il perché lo state pensando anche mentre leggete queste parole: l'amore dovrebbe bastare a sé stesso e non dovrebbe conoscere simili giochi meschini.
 Eppure le vite delle donne che condivisero le vite di grandi artisti sembrano confermare la regola: erano spesso persone eccezionali, muse, talvolta ancore di salvezza, altre nemesi.
 Le restanti volte rimangono una pallida nota biografica inghiottita dalle maglie della storia.

 L'idea di questo post dedicato ai libri scritti da o su le compagne di grandi artisti è nata dopo aver trovato l'ennesimo libro su Alma Mahler, una figura peculiarissima e purtroppo poco conosciuta che pure ossessionò i giorni di molti geni.

 Purtroppo manca la par condicio (ossia i mariti), ma quando scriverò il post sui libri sulle donne artiste sarà abbastanza chiaro il tristo perché.
 Detto ciò, pronti a scoprire queste splendenti dolci metà?


ALMA MAHLER:

Una donna bellissima si aggirava per l'Austria a cavallo tra l'800 e '900 collezionando mariti e amanti così importanti che Liz Taylor te dico fermete. Quella donna aveva nome Alma Schindler, ma ai più è nota col cognome del marito preferito: Alma Mahler.

 Compositrice e pittrice, si sposò col compositore Gustav Mahler che però morì lasciandola vedova e con una figlia (una seconda era già morta) a 32 anni.
 Andò oltre e si sposò con Walter Gropius, uno degli architetti fondatori della Bauhaus. 

 Questo non prima di aver avuto anche una breve relazione col pittore Oskar Kokoshka che rimase talmente ossessionato da lei da farsi costruire una bambola con le sue fattezze quando si lasciarono (se cercate l'immagine su Google di questo manufatto la trovate anche, è inquietantissima, altro che film horror).

 Quello con Gropius non fu un matrimonio molto felice. Nacque una figlia che morì giovane e terminò quando Alma conobbe lo scrittore di origine ebraica Franz Werfel per il quale divorziò da Gropius.

 A questo la Storia entra nella storia di Alma Mahler e non sotto le spoglie di un nuovo appassionato intellettuale, ma col volto del nazismo. La Mahler e Werfel sono costretti a fuggir,e prima in Francia e poi negli Stati Uniti dove lui nel 1945 muore.

 Definitivamente vedova, scrive un'autobiografia che non fuga il mistero di questa donna bellissima e irresistibile. Cosa attrasse fatalmente tanti geni novecenteschi? Chi era davvero questa splendida donna dagli occhi chiari?

 Vari i libri a cui potete rivolgervi per saperne di più:

 "La mia vita" di Alma Mahler-Werfel ed. Castelvecchi.
 "Alma Mahler" di Catherine Sauvat ed. Odoya.
 "Gustav Mahler" di Alma Mahler ed. il Saggiatore, una raccolta di ricordi e lettere.
"La creatura del desiderio" di Andrea Camilleri ed. Skira (sulla storia malatissima di Kokoshka).
 "La bambola di Kokoshka" di Afonso Cruz ed. La Nuova Frontiera.


LA VEDOVA BASQUIAT:

Meno male che c'è Francoise Gilot, altrimenti questo elenco di consigli sarebbe la fiera della vedovanza. Anche Susanne Mallouk, avvenente e intelligentissima, compagna del tormentato artista Basquiat, infatti, rimase precocemente vedova in pectore.

 Arrivò dal Canada a New York carica di ambizione e di belle speranze e lì conobbe Basquiat che da squatter stava per diventare uno degli astri nascenti dell'arte contemporanea. 

 Nel libro, "La vedova Basquiat" ed. Mondadori Electa, un collage di ricordi della Mallouk riportati e riscritti dalla scrittrice Jennifer Clement, si evincono chiaramente i motivi che l'hanno portata, dopo la morte dell'artista, a occuparsi di psicoterapia.

 Basquiat aveva molto talento, molti problemi (la droga in primis) e molti conflitti irrisolti (razziali in primis), era incapace di esserle fedele (con uomini e donne), ma la Mallouk rimase l'unica da cui continuava a tornare e ritornare, incapace di staccarsi davvero.

 Forse, azzardo, perché anche lei sembrava possedere un caratterino e un'originalità non da poco e per attrarre e sostenere il peso di un talento tanto grande, bisogna possedere per primi una sorta di personale splendore.


BELLA CHAGALL:

Pure i sassi, pure chi non sa niente di pittura, pure chi non è mai entrato in un museo (voglio essere ottimista va) sanno che Marc Chagall aveva una prima moglie, Bella, che amò tantissimo.

  La amò così tanto da riprodurla assieme a sè in numerosissimi quadri e da non dipingere più, (poi riprese e trovò anche un secondo amore), quando lei, tristemente, morì.

 Bella Rosenfeld e Marc Chagall, entrambi ebrei bielorussi, si conobbero giovanissimi, lui 23 anni lei appena 15, si sposarono, ebbero una figlia e rimasero sempre insieme fino alla morte di lei.

 Prima che anche loro, come Alma Mahler e Werfel, fossero costretti a spostarsi a Parigi e poi negli Stati Uniti per sfuggire alle maglie della guerra, prima che un'infezione virale la portasse via, era stata tra i soggetti preferiti del marito che la ritraeva bellissima, colorata e volante, come gli innamorati che, felici, non toccano mai l'amaro suolo di chi non conosce la felicità.

 Era una persona dolce e semplice, luminosa e gentile, come emerge da "Come fiamma che brucia" l'autobiografia della sua vita con Marc Chagall. La postfazione è dello stesso pittore che nel 1947 è ben lungi dal riprendersi dalla perdita dell'amata compagna e scrive:
 "La rivedo, qualche settimana prima del suo sonno eterno, fresca, bella come sempre, nella nostra camera in campagna. Sta mettendo a posto i suoi manoscritti: opere terminate, abbozzi, copie. Le chiedo soffocando la mia paura: "Perché tutto quest'ordine all'improvviso?". Mi risponde con un pallido sorriso, "Saprai allora dove stanno le cose..."

 Tutto in lei era profondo e calmo presentimento.

[...] Gli uomini frettolosi di oggi sapranno penetrare nella sua opera, nel suo universo? più tardi altri verranno e forse sentiranno il profumo dei suoi fiori, della sua arte.

Il tuono rimbombò, un diluvio si abbatté alle sei di sera del 2 settembre 1944 quando Bella lasciò questo mondo. Tutto è divenuto tenebre."

FRANCOISE GILOT:

 La vita sentimentale di Picasso fu alquanto travagliata. 
 Ebbe varie relazioni importanti e tutte, eccezion fatta, per quella con Francoise Gilot che non a caso fu l'unica che lo lasciò (e non fu lasciata) ebbero dei risvolti drammatici per le sue compagne.

 La prima fu la moglie, la ballerina russa Olga che venne ripetutamente tradita e lasciata quando una delle amanti, la modella Marie-Thèrèse Walter, rimase incinta del pittore. Entrambe rimasero impigliate nello stesso economico filo: Picasso pur di non dividere i propri aver con Olga rimase sposato legalmente con lei fino al 1955 quando la ballerina morì di cancro. Per questo motivo (e altri) non sposò mai Marie-Therese che si suicidò poco dopo la morte del pittore, molti anni dopo.

 Dopo di lei venne la celebre Dora Maar, fotografa di talento, incline alla depressione che, contro ogni pronostico superò (sebbene tra mille difficoltà, tra le quali la clinica psichiatrica) la rottura col pittore che ebbe con tutte le sue donne un rapporto strettissimo in gran parte basato sul dominio e una certa sudditanza psicologica.

 Fu per questo che Francoise Gilot, giovane, fresca e bellissima pittrice francese, lo lasciò dopo una relazione di dieci anni e due figli. 

 Picasso non glielo perdonò mai, come non le perdonò il memoir, "La mia vita con Picasso" ed. Donzelli, che lei scrisse successivamente e lui cercò in tutti i modi di bloccare, perdendo tutte le cause.

 Un resoconto dal quale il pittore esce come un genio che sapeva adorare le sue compagne, ma al tempo stesso era guidato dalla volontà di soggiogarle e annientarle.

 Francoise Gilot è ancora viva, vegeta e caparbia. Si è sposata altre due volte e dice di non aver mai conosciuto la paura e di aver fatto, in vita sua, tutto ciò che desiderava. 
 Non ha il talento geniale di Picasso e neanche quello tormentato di Dora Maar, ma dal suo libro si evince un dono non meno importante: sapeva vivere e ha vissuto, senza rimpianti e senza lasciarsi schiacciare da nessuno e da niente, fino alla fine.
 E non è poco.

7 commenti:

  1. Viva, vegeta e caparbia. Che meravigliosa descrizione di una donna!

    Ora però sono curiosa, da sola non ci arrivo: perché mancano i mariti di donne celebri?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ipotizzo: perché se solo ti azzardavi a diventare moglie, non c'era verso che poi tu avessi lo spazio per coltivare un tuo talento personale. Se volevi seguire le vie dell'arte, toccava restare zitella e, probabilmente, anche additata da tutti come quasi-poco-di-buono e scandalo antisociale.
      Ipotizzo male?

      Elimina
    2. No, non ipotizzi male, infatti ci sarà un post gemello sui mariti delle artiste e non sarà altrettanto allegro.

      Elimina
  2. Bellissimo post, interessante e originale :)
    Sono curiosa di leggere quello dedicato ai mariti, a questo punto, anche se immagino che non sia facile trovarne qualcuno. Purtroppo supportare la moglie o compagna è un idea... diciamo moderna. Dubito che in passato un uomo avrebbe permesso alla propria moglie di coltivare passioni artistiche, per non parlare poi di quello che sarebbe acceduto se lei avesse avuto successo. Un uomo meno importante della propria moglie? Che imbarazzo, povero lui!

    RispondiElimina
  3. Lo so che questo post era volto a raccontare figure femminili poco o nulla conosciute, la cui vita spesso passò in sordina a causa dell'assordante chiasso di quella dei propri mariti. Ma, ovviamente, non posso fare a meno di pensare a Frida Khalo, non solo in quanto artista ma anche in quanto compagna di Diego Rivera. Ormai Frida è così mainstream che quasi nessuno ha più bisogno di riferimenti bibliografici a cui appigliarsi, però mi sembra giusto nominarla :)
    Piuttosto, un bel post sulle donne di grandi scrittori? Non sarebbe interessante? Quasi quasi lo faccio anche io!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sto preparando anche un post sulle donne artiste e i loro mariti. In effetti ero indecisa se metterci anche Frida Kahlo se non altro perché la sua storia è straconosciuta. Di certo è un ottimo e raro esempio di coppia nella quale marito e moglie artisti, entrambi geniali, entrambi con caratteri fortissimi, hanno forse litigato come pazzi, ma si sono sempre sostenuti artisticamente a vicenda, senza entrare nei soliti meccanismi di relazione come forma di dominio.

      Elimina
  4. Mi viene in mente anche Mary Shelley, l'autrice di Frankenstein!

    Ho letto La mia vita di Alma Mahler credo a 17 anni. Bellissimo, pareva di essere a Vienna, vedevo i palazzi stile Secessione, i mobili biedermayer, l'ascensore di ferro battuto (questo l'ho visto davvero all'hotel Edelweiss di Vienna), i salotti con questi artisti e letterati...e no nmi sono stupita di leggere che Alma Mahler aveva anche avuto una relazione con una donna, studiavamo Wilde a scuola, pensavo già allora che questi ricchi artisti potevano fare quello che volevano...e che a Vienna fossero già "avanti" come mentalità :)

    RispondiElimina