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giovedì 15 giugno 2017

Non di sola avventura e antichi vasi vive il lettore uomo! La nobile arte del chicken -lit tra Volo, Gungui e Verga. Perché anche gli uomini hanno un palpitante cuore.

 Chiunque abbia studiato Verga alle superiori, ossia davvero chiunque, potrà ricordare la reticenza con cui i professori si riferivano ai suoi primi lavori.

 La mia professoressa che era bravissima, ma aveva diciamo idee particolarmente decise su alcuni aspetti della letteratura italiana (Carducci faceva orrore al grido di "Noi con la pargoletta mano e in Francia Baudelaire!", Dante uber alles, manieristi alla Giovan Battista Marino tutti al rogo e Tasso troppo erotico).

 Verga era una delle sue vittime o, perlomeno, lo era quella sua prima, ai suoi occhi, vergognosa produzione.

 Cosa faceva il buon Verga? Scriveva appassionate e ardenti storie d'amore che in genere finivano malissimo.

 Prendiamo "Eva", storia di una ballerina che rinuncia agli splendori del palcoscenico per amore, salvo rendersi conto che il suo amato era affascinato proprio da quelli. Oppure "Tigre reale", una contorta storia di doppio tradimento a base di contesse russe, cugini innamorati, bambini in fin di vita e ardimenti vari (ovviamente con morto finale).

 Ecco, di questa produzione, la mia professoressa non voleva parlare. Troppo vergognoso era che il padre del verismo avesse indugiato, in gioventù, in amorazzi e amorini.

 In generale non è che si studia mai in letteratura la narrativa di puro intrattenimento. 

 Dell'esistenza di un best seller ante litteram come "I beati Paoli" ho saputo ben dopo le superiori e i vari Moschettieri, "Conte di Montecristo", "Ivanhoe" ecc. li ho letti per conto mio.
 Non so, forse faceva brutto sapere che Dumas si dilungava perché veniva pagato a puntate e non perché sentiva "l'urgenza" o "il sacro fuoco" della scrittura o anche "l'inveterato studio" o "i continui rimandi letterari con la tradizione precedente".

 Se poi almeno Dumas o Stevenson venivano almeno accennati per meriti storici, il più commerciale di tutti i generi, la cosiddetta "narrativa rosa" non viene mai nominata, orrido spettro composto da trame tutte uguali, donzelle sospiranti e villosi uomini.

 Io non sarò ipocrita, non ne leggo e non mi piace.

 Ogni tanto su fb posto delle trame che trovo particolarmente assurde, ma lo faccio per un motivo: penso che per quanto io non ne legga e non mi piaccia, anche la narrativa d'intrattenimento possa essere fatta bene e abbia, come tutti i generi, una soglia verso il basso che è un po' triste superare (tipo la ragazza che si sente moderna, ma dopo aver rifiutato uno spasimante, lo trova di colpo affascinante perché lui è abbastanza ricco da offrirle un posto di lavoro).

 In ogni caso, non penso che chi legge narrativa rosa sia uno sciocco, anche io leggo tanta narrativa d'intrattenimento, di altri generi. Invidio chi riesce a mantenere un costante livello culturale altissimo, ma ammetto che faccio fatica a leggere sempre classici o nuovi romanzi americani o alta letteratura.
 Certe volte devo decomprimere.

 A questo punto, dopo questo lungo preambolo, arriviamo al titolo del post: la nobile arte del cock lit.

Persino i romanzi del ciclo bretone e
di quello arturiano avevano l'amore come tema portante,
 assieme all'avventura.
 Che le donne leggano più degli uomini è un dato di fatto, che sia sempre così è un altro. Il tracollo arriva durante o subito dopo le superiori: gli uomini fanno un picco verso il basso allucinante.
 Perché?

 Uno dei motivi potrebbe proprio nascondersi nell'esistenza stessa della narrativa rosa. 

 Le donne che continuano a leggere non è che si assestano tutte su letture alla Joyce o alla Mishima, moltissime si gettano sul fortunato filone della narrativa rosa, ossia narrativa leggera e d'intrattenimento (tra l'altro, negli ultimi anni, cavalcatissimo nell'under 18 che, non a caso, sta diventando un sottofilone della rosa, escludendo i lettori maschi a priori).

 Si può discutere sul fatto che non necessariamente, nonostante il nome, la narrativa rosa debba avere un pubblico femminile, ma capisco anche che come io non riesco a trovare appassionanti storie in cui donzelle svenevoli si gettano tra le braccia del primo imprenditore venuto, neanche un uomo trovi particolari elementi d'identificazione.

Cosa rimane allora d'intrattenimento agli uomini? Avventura alla Wilbur Smith o Cussler, il romanzo storico alla Manfredi, tanti gialli (almeno quelli) e fumetti (ovviamente non tutti i fumetti) se ne leggono.
 Il guaio è che, a scanso di tutti i miti sulla virilità, non è detto che se sei un uomo devi per forza amare le ricostruzioni romanzate di "300" o le storie di pirati o di archeologi che portano in salvo l'antico vaso mentre si fanno la collega di turno.

 Magari ci sono uomini che un chick lit non se lo leggerebbero, ma il libro di un uomo medio di 30-40-45 anni, con molti dubbi sulla vita, amori che vanno e vengono fino all'apparizione del GRANDE amore, dubbi sul fatto di avere progenie o meno, insomma un libro in cui riconoscersi lo comprerebbero.

 Magari l'hanno già fatto decretandone il successo. Magari l'autore si chiama Fabio Volo.

 Ecco, direi che come recitava Moretti, le parole sono importanti. Esiste una parola per definire il genere d'intrattenimento leggero a base amorosa (ma non sempre sempre) rivolto alle donne, ma non esiste una parola per quello maschile. Non esiste il filone e i libri, non molti ma molto venduti, rischiano di perdersi nella massa.

Partendo dalle massime biblioteconomiche per le quali "ogni lettore ha il suo libro" e "ogni libro ha il suo lettore", buttare un libro nei millemila che uno può trovare in libreria senza dare un orientamento al lettore è suicidarlo.

 Esiste, secondo me, un pubblico di uomini che vuole storie d'intrattenimento, anche sentimentali, in cui riconoscersi, ma che non trova quasi niente. Sì Volo, i nuovi libri di Fausto Brizzi, il vecchio Cattelan, ma davvero poca roba.

 Il nuovo libro di Gungui, "Tutto il tempo che vuoi", ed. Giunti, secondo me, fa parte di questo nuovo genere che, parafrasando i "chick lit", chiamerei "chicken- lit".

In un primo tempo volevo chiamarlo cock-lit, ma ho scoperto
che anche cock è una parolaccia
 Sono stata a un incontro tra autore e blogger e mi sono trovata un po', molto, fuori posto. Non è un brutto libro ovviamente, ma non è un libro che io avrei letto.

 Si tratta della storia di Franz che ha una lunga relazione da cui vorrebbe un figlio e lavora come editor.

 Un giorno la compagna, dopo mesi che questo figlio tarda ad arrivare, lo lascia e, per giunta Franz perde il lavoro.
 Che fare? Inizia quindi un anno fatto da nuove relazioni, un forse nuovo lavoro da cuoco a domicilio, un nuovo Grande amore e tante avventure.

 Il tono è leggero, le blogger presenti all'incontro tutte donne. Eppure il libro affronta, tra gli altri temi (senza pesantezze eh), quello dei nuovi compagni di madri separate e la sterilità maschile. Temi che, va bene tutto, ma parlano di certo anche a un pubblico maschile.

 Mi sono resa conto quindi che il libro doveva essere guardato da un'altra prospettiva
 Io non lo avrei mai letto, ma sono certa che molti uomini lo farebbero se non lo trovassero avvolto dalla confezione di "libro per lettrici" o "narrativa rosa".

Capisco che è un genere di vendita certa, ma è anche vero che finché non si allargherà la base dei lettori, non si venderà mai di più. Venderai sempre la tua sicurezza e magari ogni tanto un titolo sarà particolarmente fortunato.

 Ma cosa accadrebbe se si formasse un nuovo genere? Se il chicken-lit avesse non dico pari, ma anche solo la metà del successo della sua controparte femminile.

 Ho provato a chiedere a Gungui quale pubblico immaginasse per il suo libro.

 Prima, d'istinto credo, mi ha risposto che "In Italia i lettori sono le lettrici". Poi però, quando ho fatto presente che è un libro che tratta temi molto maschili, ha aggiunto "Facendo ricerche per il libro sulla sterilità, mi sono reso conto che ne parlano quasi solo donne, i maschi sono pochissimi. Da un lato è un argomento tabù, ma dall'altro sono convinto che ci sia un'emotività maschile che non trova risposte nei libri".

 Ecco, penso che bisognerebbe arginare quel tracollo post superiori che hanno gli uomini nella lettura. Forse se uno smette di pensare per loro storie solo piratesche o quiz su Totti si può fare un passo avanti.
 Insomma, può essere che, anche se non lo dicono ancora apertamente, che pare brutto, anche gli uomini siano dei sentimentali.

 Che la battaglia per l'istituzione del cock lit abbia inizio!

2 commenti:

  1. Forse chicken-lit è ancora troppo femminile. Propongo la rooster-lit!

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  2. Ero convinta che chick-lit fosse già l'abbreviazione di chicken (pollastrella) literature. Ai tempi de "Il diario di Bridget Jones" mi pare la si chiamasse ancora per esteso.
    Proporrei buck-lit, essendo "buck" un riferimento generico ai maschi di varie specie animali (almeno secondo Word Reference) ^^

    Comunque, mio padre, grande ammiratore di Verga, i suoi libri sentimentali-e-sfigati li possiede tutti. Negli anni mi ha più volte caldamente invitata a leggerli, ma io me ne tengo ben lontana (come da Liala) XD
    E, a proposito delle protagoniste della letteratura rosa, il mio manuale di critica storico-letteraria del liceo (sì, avevamo una prof originale, e accanto all'antologia ci affiancò pure quello; peraltro un condensato dell'originale, visto che in realtà si trattava di un manuale per universitari) una paginetta sulle scrittrici di letteratura rosa che spopolavano fra '800 e '900 ce l'aveva. Così come, del resto, ne aveva sulle poetesse di corte e dei salotti dei secoli precenti. In effetti era un libro piuttosto completo e all'avanguardia, ai tempi (conteneva, tra l'altro, acuti ridimensionamenti di "Pinocchio" e "Cuore"; giusto perché davvero toccava tutti i tipi di letteratura! ^_^)

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