Pagine

venerdì 9 giugno 2017

"Tu sei la mia giovinezza". Quando chi è stato giovane con noi diventa lo specchio della nostra vita, attuale o possibile.. Una recensione (non buonissima) di "Swing time" di Zadie Smith.

 Anni fa, per un compleanno che era in verità davvero giovane, avevo 23 anni, una delle mie migliori amiche mi regalò un taccuino.



 Aveva scritto una frase che ho provato a cercare sul web senza successo, ma, andando a memoria diceva "Tu sei la mia giovinezza" ed era tratta da una lettera che Van Gogh aveva scritto a Gauguin (ho anche chiesto all'interessata, ancora mia amica, ma essendo decine di migliaia di km lontana dal libro non ha potuto controllare).

 Nella vita succedono molte cose, affrontiamo molti periodi bui e altri luminosi, viviamo mille battaglie e prendiamo decisioni difficilissime. 

Tante persone ci sono accanto, eppure rimaniamo sempre intimamente legati a coloro con cui abbiamo condiviso l'infanzia e l'adolescenza.

 Talvolta nel male, ossia non riusciamo a dimenticare in nessun modo il male che persone che non vediamo per i successivi 50 anni ci hanno fatto, spesso, fortunatamente, nel bene.

 Gli amici che hanno condiviso con noi l'infanzia, ma ancor più l'adolescenza e la prima giovinezza sono quelli che travalicano il loro ruolo di amico.

  Non sono solo amici, loro sono altro, sono la nostra giovinezza.

 E se è bello poter dire di qualcuno "Tu sei stato la mia giovinezza", raramente lo è dire a un altro "Tu sei stato la mia età adulta".
 Con questo non voglio sminuire gli amici che ci si fa dopo i 22 anni, ma semplicemente collocarli in un'altra dimensione, peraltro molto esplorata dai libri.

 Il migliore amico con cui condividiamo la soglia dell'esistenza è spesso fonte di numerose trame che hanno come base la Grande Amicizia, quella che ti segna per la vita, il legame indissolubile che spesso va oltre e sostituisce il Grande Amore.

 La variabile più struggente dei libri sulla Grande Amicizia non è secondo me quella in cui uno dei due muore (molto esplorata), ma quella in cui i due, trascinati dalle correnti della vita, finiscono per diventare lo specchio l'uno dell'altro.

 Partiti dalla stessa base e magari con sogni simili, uno riesce e l'altro no, oppure entrambi falliscono o entrambi vincono, ma la vita in qualche modo li allontana. Passano gli anni e non ci si vede, ma nel cuore rimane sempre la stessa domanda, "Cosa sta facendo il mio amico? Perché non lo chiamo? Sarà sempre uguale?" e in realtà vogliamo dire "Cosa sta facendo la mia giovinezza?" e abbiamo paura di capire che quelli ormai irrimediabilmente cambiati, in peggio, siamo noi.

 Il libro di Zadie Smith, "Swing time" parte da un'amicizia di questo genere.

 La protagonista della storia (senza nome) è una ragazza figlia di una donna di colore e di un uomo bianco, la sua migliore amica, Tracey, ha la madre invece bianca e il padre di colore (un particolare di cui non ce ne fregherebbe giustamente niente se la componente razziale non avesse, come in tutti i libri della Smith, un ruolo fondamentale).

 Mentre la madre della protagonista è una di quelle rare figure materne che non si lascia schiacciare dal ruolo, ma lo vive anzi come una sorta di "cosa" che ha dovuto fare nella sua vita, rimandando i suoi veri obiettivi (politica, attivismo, istruzione), la madre di Tracey è invece la classica madre che riversa sulla figlia tutte le sue speranze: lei ha fallito, sua figlia invece splenderà anche per lei.

 Ecco, dico subito che preferisco la prima madre. Non ho mai capito chi, appena ha un figlio, resetta completamente i primi 30 anni della sua esistenza e si dedica al suo nuovo ruolo anima, corpo e sangue, dimentica della sé stessa precedente.
  Non è possibile che la persona che sei stata prima venga risucchiata in un gorgo e che a nulla siano valsi i tuoi studi, sogni e speranze.

 Ho sempre pensato che fosse più sano un approccio come la madre della protagonista (che da bambina non la capisce, ma da adulta sì) che vive la maternità come complementare alla sua esistenza, fatta di molte e molte altre cose.

 La parte iniziale, quella dell'amicizia scolastica tra le bambine è forse la migliore: le due diventano migliori amiche, le tensioni familiari di entrambe, un quartiere di periferia un po' disastrato, ma non completamente disagiato, i sogni che forse un giorno le divideranno.

 Meno convincente secondo me è il distacco: Tracey scopre di avere un grande talento di ballerina e puf la loro amicizia di colpo si dirada, per poi apparire in modo sporadico per tutto il libro.

 La protagonista diventa infatti adulta e si ritrova a fare da assistente a una pop star di nome Aimee che è in tutto e per tutto identica a Madonna.

 Io non so davvero come Madonna non abbia querelato o se non altro diffidato la Smith perché le ha praticamente solo cambiato nome. 

 Per il resto tra matrimoni, fissazioni per l'Africa, adozioni internazionali dubbie, mariti e matrimoni falliti, figli ecc. è la biografia esatta di Madonna.

 La storia di Aimee serve per proiettare la protagonista svariate volte in Africaalle prese con un progetto benefico che la pop star vorrebbe operare nel paese. Ovviamente nonostante tutta la buona volontà nulla va per il verso giusto.


 Ci sono sprazzi interessanti su quel che accade nella magmatica Africa nera: la "rotta alternativa" che molti prendono, ossia la lunga scalata verso l'Europa, come lo sono quelli la radicalizzazione islamica di molti giovani che vedono in un'estremizzazione della religione una sorta di distacco dal vecchio, come se darsi regole rigidissime li rendesse in qualche modo più moderni e migliori dei loro avi, ancora attaccati a quelli che loro ritengono vecchiumi del passato.

 Ecco, ci sono in questo libro almeno tre libri diversi che non legano.

 Uno sarebbe stato un pessimo libro ("Le memorie della giovane assistente di Madonna"), uno sarebbe stato un bel libro ("La grande amicizia tra due donne così diverse e così unite"), uno sarebbe stato un ottimo libro ("La tumultuosa Africa nera nel 2017").

 Tutto insieme è una cosa inconcludente che non ho ben capito dove volesse andare a parare.
 Il finale è posticcio, non si capisce perché due che non si vedono da 30 anni e che non hanno più condiviso cose fondamentali dai 15 dovrebbero cercarsi così tanto.

 Voglio dire "Tu sei la mia giovinezza" vale se tu sei stato DAVVERO la mia giovinezza, non per chiunque, e il problema di questo libro è che Tracey all'inizio sembra davvero importante, ma poi è come se diventasse chiunque. La classica persona di cui dici "Sì, guarda la frequento, ma solo perché siamo amiche da quando siamo piccole, altrimenti non le rivolgerei la parola".

 Questo tipo di amicizia non può reggere un libro intero.


Peccato Zadie, tu che in un bellissimo piccolo saggio, "Perché scrivere", scrivesti che ti odi quando sei pigra e cedi a descrizioni riviste e frasi fatte, sei finita in un libro manierato manierato.
 Io, se potessi farle giungere la mia opinione, vorrei solo dirle che leggerei tanto volentieri il libro sui tumulti dell'Africa nera, mi aiuterebbe a dissipare le nebbie su qualcosa che è così lontano e al contempo sta diventando così vicino.

 Comprendere il nocciolo di alcune questioni, gettare una luce lì dove c'è solo ombra e confusione può aiutare tutti ad avere comportamenti più civili e a capire in generale cosa sta succedendo in questo nostro mondo che sembra così tanto iperconesso, ma in realtà continua a ignorare cosa accade al vicino.

 Ha avuto libri migliori per raccontare amicizie alla periferia di grandi città (il bellissimo "Denti bianchi") e in verità i pezzi su Aimee non mi interessavano più di quanto non mi interesse una vera biografia di Madonna (ossia zero).

 So che il concetto di fondo era, una donna con così poca sicurezza in sé stessa, con le idee talmente poco chiare sulla sua identità da finire per essere sempre l'ombra di qualcun altro: la sua migliore amica d'infanzia, la sua madre militante, la pop star di fama mondiale di cui è assistente.

 Tuttavia il paragone non regge, anche io probabilmente sarei l'ombra di una pop star adorata di una divinità e di una madre come quella descritta nel libro, una dea d'ebano intelligentissima e dal carattere d'acciaio.

 La protagonista sembra solo una persona normale, proprio come tutti noi che non siamo poi così ombre, facciamo solo quel che possiamo e cerchiamo di essere felici, fallendo spesso, riuscendo ogni tanto.

 Lo specchio della narratrice non rimanda l'immagine di Tracey e il tema del doppio rimane labile come larga parte di questo pur ottimamente scritto romanzo.

2 commenti:

  1. " Non ho mai capito chi, appena ha un figlio, resetta completamente i primi 30 anni della sua esistenza e si dedica al suo nuovo ruolo anima, corpo e sangue, dimentica della sé stessa precedente.
    Non è possibile che la persona che sei stata prima venga risucchiata in un gorgo e che a nulla siano valsi i tuoi studi, sogni e speranze."
    Succede, non per scelta, e non a tutte. A me è successo, mi sono trovata a fare i conti con un prima confuso, a causa di una serie di lavori a tempo determinato che non mi hanno portata da nessuna parte, e un dopo in cui mi riconoscevo poco. È difficile tornare a essere me, e non (solo) mamma quando il me non era chiaro nemmeno prima.
    Può anche succedere che la maternità ti faccia cambiare prospettiva e priorità, o che ti permetta di scoprire lati di te che non conoscevi. Succede :)
    E sì, cadiamo nel cliché "non puoi capire se non sei madre", ma davvero ci sono cose che io stessa non avrei mai capito prima di diventare mamma. Non è questione di intelligenza, empatia o altro, è che se non ci sei dentro fino al collo non ci arrivi proprio ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mah, io non ho figli, ma ho una madre che appunto non si è saggiamente annullata per me, come le madri di molte mie amiche. Ho molti conoscenti che diventati genitori hanno preso la genitorialità come qualcosa in più alle loro vite e altri che invece ne hanno fatto la loro vita. In entrambi i casi ci sono dentro fino al collo (quindi, al contrario mio, mi pare di capire che ci "arrivino" eppure hanno due atteggiamenti diversissimi). Ecco, secondo me quando ti annulli per i figli c'è un serio problema che allo stato attuale sfocia in tutte quelle degenerazioni che sono le "madri informate", quelle che discutono coi medici dall'alto della loro "sapienza materna", quelle che rendono la vita impossibile agli altri genitori con problemi inventati come il gender, il linciaggio quotidiano dei prof (rei di non capire il genio del figlio), l'assurdità dell'homeschooling. E' una cosa che succede anche agli insospettabili, conosco una tipa fricchettona che è arrivata a postare articoli su come guardare i figli mentre giocano senza fargli capire che i genitori li stanno guardando. Cioè, è ovvio che nei primi anni di vita i figli ti assorbano moltissimo, ma, dopo, la faccenda rischia di scivolare nel "non ho più una vita perché la mia vita è mio figlio" e non lo trovo sano. Non lo trovano sano neanche molti genitori che conosco e che i figli ce li hanno. Molti, (non dico ovviamente te perché non ti conosco e non so nulla di te), insoddisfatti della propria vita vedono i figli come un punto d'arrivo o un destino, ma i figli, come diceva anche Gibran sono solo frecce che vengono lanciate lontano e lontano devono andare (e questo lo dico da figlia, grata che i miei abbiano fatto così). La maternità forse sarà pure una vocazione, ma non è la vita e prima o poi i nodi vengono al pettine per tutti, proprio come quelli della madre dell'amica della protagonista. Si è annullata per la figlia e la figlia avendola come modello cosa ha imparato? Nel libro, pare, proprio niente. Agli uomini, a cui è concesso avere una vita lavorativa (anzi è doveroso ce l'abbiano), questo annullamento non è mai richiesto e domandiamoci se questa maternità esasperata odierna non sia solo la coperta per ben altri problemi che citi anche tu: un sistema lavorativo basato sullo sfruttamento, l'impossibilità di realizzarsi in altro. I nostri nonni e le nostre nonne hanno lottato per andare avanti, a me sembra che noi, spaventati, tendiamo a chiuderci in ciò che abbiamo di più certo. E questo, no, non farà bene ai figli di nessuno che si ritroveranno un mondo ben meno agevole del nostro.

      Elimina