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venerdì 13 ottobre 2017

La paranza! Un giallo e due graphic rimaste indietro nella mia latitanza recensoria: Mare Nero di Ruju, il novello Corto Maltese e la seconda opera di Labadessa.

Peter Basch Reading the news - New York, 1950
 Finalmente, dopo una vita, posto qualche nuova recensionee, finalmente, dopo una vita torno a leggere cose che non siano fumetti o gialli di rapina.

 Il libro è stato consegnato ed è ora di darsi alla pazza gioia libresca di ottobre! 

 Ho già letto "Gotico americano" di Bloch ora devo finire la raccolta di racconti "A cinema col mostro" (prossime venture recensioni).

 Intanto inizio a recuperare quelle passate. Non quelle importanterrime, ma la paranza che mi è capitato di leggere in questo periodo di magra, ma che, devo ammettere, non è stata affatto malvagia.
 Inizio con questa prima infornata! Riuscirò a smaltire gli arretrati.

Let's go!


 MARE NERO di Pasquale Ruju ed. E/O:

 Un giallo grazioso scritto da uno degli autori di Dylan Dog che mi sento di consigliare principalmente a sardi e amanti viscerali della Sardegna.

 Non perché è ivi ambientato tra la Barbagia e la Gallura (la casa del protagonista affaccia sull'isola di Tavolara, ma, se ho ben capito, dalla parte opposta al paese di mio nonno), ma perché certe dinamiche isolane sono ben comprensibili solo a chi sull'isola molto ci ha vissuto e non solo per brevi vacanze.

 Il protagonista è Franco Zanna un paparazzo di mezz'età un tempo astro nascente del giornalismo d'inchiesta. Da anni, senza ragioni ben definite, vive in un paesello vicino alla costa Smeralda dal quale è facile fotografare star, celeb, starlette e prezzemoline che infestano il litorale sardo per tutta la lunga bella stagione.

 La storia comincia quando la splendida rossa che ha paparazzato assieme a un celebre conduttore tv (che nel mio immaginario, senza ragioni sensate, ha la faccia di Flavio Insinna) gli piomba in casa per raccontargli una storia di locali alla moda e tanta tanta droga.

 Una storia similissima peraltro a una che attribuivano a un oscuro e gigantesco albergo nato dall'oggi al domani dalle parti di casa di mio nonno che alla costa Smeralda è vicinissimo.

 Ed è così che si dipana una sorta di action movie in salsa sarda con assalti in stile banditi, banditi veri di quasi ottant'anni che vivono in ville nascoste nel cuore della Sardegna (non so se ci siete mai stati, il far west non è molto dissimile a livello di deserto e paesaggio) e un interessante colpo di scena finale.
 Un giallo leggero che si legge in pochissimo e fa venire voglia di prendere la prima nave (sì nave) e sbarcare sulle bellissime coste sarde che sempre mancano a chi ci è stato tanto.


"MEZZA FETTA DI LIMONE" di Mattia Labadessa ed. Shockdom:

 Se nel pulviscolare e sempre più affollato panorama fumettoso italiano, a mio parere, c'è qualcuno da tenere d'occhio, ebbene quello è Mattia Labadessa (sì è il suo cognome, sì anche io ho creduto a lungo fosse un curioso nickname).

 Chi frequenta i social, soprattutto fb, avrà di certo visto in qualche condivisione  l'uomo rosso dalla testa d'uccello che si arrovella sui grandi misteri della vita.

 E avrà avuto sicuramente modo di apprezzare la grande originalità di Labadessa che, sostanzialmente, è un giovine ancora in grado di farsi quei trip mentali in cui annegavamo durante l'adolescenza, sospesi tra l'assurdo, il ridicolo e quella sinistra saggezza che durante l'età adulta svanisce nel nulla, spesso anche dai nostri ricordi.

 Che a sedici anni fossimo tutti più illusi lo sappiamo tutti, ma che fossimo in grado di perderci in ragionamenti folli e al tempo stesso lucidi, tendiamo a dimenticarlo.

 Labadessa ce (e se) lo ricorda benissimo, nelle sue strip e in questo libro che racconta la serata di un gruppo di amici. Una serata in cui si fanno le stesse identiche cose, si mangia nello stesso posto, si bevono gli stessi drink, ci si ammazza di canne, si balla, si perde il coraggio di rivolgere la parola a una ragazza che piace. E tutto sembra sempre immobile. In modo inquietante. In modo rassicurante.

 E' una piccola grande graphic che alterna tanti momenti ispirati ad altri (meno) un po' fiacchi. Anzi, in verità è proprio l'idea alla base che risulta fiacca rispetto alla resa brillante.

 La domanda trita e ritrita del: perché facciamo sempre le stesse cose? Perché non usciamo dalla nostra "zona di sicurezza" (come si ama chiamarla ora all'americana)?
 Ecco, la domanda di fondo non è all'altezza delle risposte, animate da una scintilla che se Labadessa non perderà con gli anni lo porteranno lontano.

 Oh, è ottobre 2017, io l'ho detto.


"EQUATORIA" di Juan Diaz Canales e Rubén Pellejero ed. Rizzoli Lizard:

 Avevo un'amica che all'inizio dell'università sviluppò una sorta di ossessione, direi carnale, per Corto Maltese.
 Era l'amore della sua vita e si crucciava non esistessero uomini del genere a questo mondo, tanto impavidi e belli.

 Comprò tutta la collezione di Pratt e me la passò, così io, alla veneranda età di ventuno anni, appresi con sconcerto di aver colpevolmente ignorato questa pietra miliare del fumetto italiano per un tempo indecente.

 Della produzione CortoMaltesiana in realtà prediligo quella meno esoterica  in cui esisteva una trama in grado di delineare bene l'idea alla base del personaggio di Corto.

  L'idea di un uomo grande non tanto (o non solo) per i suoi esotici viaggi, ma per la profonda civiltà che lo accompagnava in sempre nuove battaglie: contro il colonialismo, contro gli sfruttatori, contro gli occupatori.

 E, in genere, dimostrava che tutto il bene e tutto il male non siano mai sempre e solo da una parte (ma che, nonostante questo, ci sia sempre una parte giusta da cui stare, che no, non è tutto uguale).

 Quando ho visto "Equatoria" a lavoro non ero molto convinta della bontà dell'operazione.

 Resuscitare personaggi che sono stati molto grandi non è mai una bella idea per due ragioni: la prima è che un personaggio rimane del suo autore e qualsiasi manipolazione successiva è appunto una manipolazione, la seconda è che questo andare continuamente a pescare nel passato non permette mai di guardare più avanti e creare cose nuove e originali.

 Una tendenza, peraltro, particolarmente spiccata in questi nostri correnti anni.

 Alla fine ho ceduto e devo ammettere che si è rivelato molto migliore del previsto. L'operazione filologica sia scritta sia disegnata è davvero davvero ammirevole.

 I due autori riusciti nella rara impresa di rendere un omaggio a Pratt senza essere però manichei o risultare posticci. 

 E' una storia con tutti gli elementi prattiani: il viaggio in un esotico ignoto, il razzismo, momenti magici e surreali, grandi personaggi del passato realmente esistiti, la storia e la Storia. Senza, davvero, mai essere banali o risultare falsi.

 La trama vede Corto partire per l'Africa con la bionda giornalista Aida alla ricerca di un prezioso e leggendario manufatto. Il suo viaggio andrà a intersecarsi con Churchill in visita ad Alessandria d'Egitto, il poeta Kavafis e gli orrori coloniali nel cuore dell'africa nera.

 Mi sento di consigliarlo a tutti, tranne ai fanatici del buon Corto che certo non perdoneranno il peccato di hybris di chi ha profanato un mito. 
 Noi altri godiamoci una storia avventurosa nella viva speranza che presto qualcuno inventi un personaggio talmente indimenticabile da poterci permettere di lasciar stare i morti.

 E voi? Ne avete letto qualcuno? Testimoniate!

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