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mercoledì 1 agosto 2018

I tenebrosi e fumettosi consigli (più o meno) per l'estate 2018! "L'attrazione" di Lucas Harari, "Utsubora" Nakamura e "Profondo nero" di Dario Argento ft Dylan Dog.

 Eh lo so, sono sparita, so anche che l'estate è alle porte e non ho ancora finito i consigli.

 Mettiamola così, visto che passerò le mie ferie a confezionare bomboniere e segnaposto, al contrario degli scorsi anni, il blog non sparirà da questi schermi, ma continuerà a funzionare a intermittenza e penso e spero con vari fumetti!

 Considerate che non sono ancora riuscita a mettere piede in biblioteca per saccheggiare la sezione dei gialli da ombrellone.

 In ogni caso eccovi tre consigli estivi legati da varie cose: sono tutti e tre fumetti, sono tutti e tre a tema noir/horror e sono tutte e tre novità!

 Sì, magari non leggete fumetti, ma credetemi, almeno il primo potrebbe comunque essere nelle vostre corde!


 Buona lettura recensoria!



UTSUBORA di Nakamura Asumiko ed. Coconino press:


 E' bellissima e molto particolare questa graphic, purtroppo divisa in due parti (la seconda uscirà in autunno) che dà la curiosa sensazione di essere più adatta alla forma romanzo che fumetto.


 La storia parte dalla morte di una giovane e bellissima aspirante scrittrice, Aki, che si sarebbe gettata dal palazzo senza senza una comprensibile motivazione.


  Il suo appartamento non svela niente, anzi, sembra quasi che fosse lì solo di passaggio e nessuno sa niente di lei.

 Tra i numeri da chiamare in caso di emergenza ce ne sono due: quello della sua gemella Miki e del famoso romanziere Jun.

 All'inizio sembra che l'unico rapporto tra Jun e Aki fosse quello che intercorre tra una fan piuttosto piacente (Jun è single e vive con la nipote) e un romanziere famoso e potente. 

 Pian piano diventa chiaro che la questione aveva intrecci ben più complessi e affonda oscure propaggini nella stesura del nuovo romanzo di Jun: Utsubora.

 Iniziano quindi tre indagini parallele: quella di Jun e di Miki, che a loro volta s'indagano vicendevolmente nel tentativo di capire chi realmente sia l'altro (Miki è davvero la sorella di Aki o è Aki stessa? Jun è realmente innocente in questa storia o c'è la sua mano dietro il suicidio?), quella della polizia che non è convinta si tratti di un suicidio e quella del dipendente della casa editrice che inizia a nutrire seri sospetti su chi sia il vero autore di "Utsubora".

 La storia ha dalla sua dei tratti puliti e sottili, molto onirici e il disegno aiuta nell'atmosfera così rarefatta e inquietante.

 Tuttavia, forse per puro piacere di lettrice, mi sarebbe piaciuto che ad avere l'idea di questa graphic fosse stato un romanziere.


 E' esattamente il genere di storia che amo e che non si trova praticamente mai in giro nel panorama editoriale: un noir sospeso, molto ben sospeso, nel sovrannaturale che però, in genere, alla fine, di sovrannaturale ha solo le atmosfere.


 E dirò la verità il tema del doppio, molto sbandierato, non mi sembra neanche il centro della narrazione che, secondo me, si concentra su un tema molto attuale: quanto conosciamo davvero gli altri?

 Avete presente quell'inquietudine che vi assale quando intervistano parenti e amici di chi è macchiato di un qualche delitto e notate una sincera incredulità?

 Per la serie: possibile che abbia sempre ignorato la vera natura di qualcuno che vedevo tutti i giorni, con cui sono cresciuto, con cui ho condiviso parte della mia vita?

 Ecco, "Utsubora", a mio parere, sembra parlare più che altro di quel grande mistero che sono e rimangono per sempre gli altri.

 Belli i personaggi, anche tutti i comprimari, dalla nipote di Jun ai poliziotti. Nulla sembra lasciato al caso e tutti sembrano pedine poste nel punto esatto di un'invisibile scacchiera.
 Si nota la maestria dell'autore nella totale assenza di sotto trame superflue o dialoghi riempitivo, la  storia che procede spedita verso un punto che però, purtroppo, dovremo aspettare l'autunno per scoprire quale sia.

 Una bella bella bellissima sorpresa. Consigliatissimo anche a chi, generalmente, non ama i fumetti. Credetemi.


L'ATTRAZIONE di Lucas Harari ed. Coconino Press:


 E' molto particolare, molto geometrica questa storia rarefatta e silenziosa che ha un ottimo spunto di partenza e alcune debolezze (peccato) nella trama.

 Tutto parte quando l'alter ego dell'autore, professore di architettura, incontra un suo tesista, Pierre, che non vede da un po'. 

 Il ragazzo sembra essersi arenato sulla tesi incentrata su un edificio che lo ossessiona: un albergo svizzero, progettato da Peter Zumthor.

 Pierre è convinto che l'albergo nasconda un segreto, ma non riesce a capire né quale potrebbe essere né il perché di questa peculiare convinzione che lo ha portato ad abbandonare momentaneamente gli studi, convinto che dietro questa inquietudine si nascondesse qualcosa di poco sano.

 Ovviamente, come in tutti i thriller psicologici che si rispettino, Pierre dismette il buonsenso e si mette in viaggio, arrivando in questo paesello perso sulle montagne, tra la neve e il silenzio.

 Nell'albergo, dove si trovano delle lussuose terme, incontra un famoso architetto che di dimostra, di colpo, interessatissimo alle sue ricerche pretendendo i suoi appunti e arrivando ad aggredirlo.

 Anche lui è ossessionato dal segreto dell'albergo, ma al contrario di Pierre, che oscuramente sente di avere una pista, non riesce a capire dove debba iniziare a cercare.

  La storia, che scorre esattamente come un film, tanto che potrebbe sembrare uno storyboard preparatorio, riesce a comunicare quel senso di isolamento che i luoghi un po' fuori dal mondo sanno dare.

 Sì, c'è tanta gente, sì, c'è un paese con abitanti che lo prendono in simpatia, sì, conosce una ragazza, ma è come se Pierre fosse sempre solo e soprattutto lontano da tutti.

 Hai per Pierre continuamente quella stessa ansia che ti prende mentre guardi i film horror e la futura vittima sacrificale rimane sola.

 Sei lì che gli strilli: cretino dovevi andare nel bosco con qualcuno, non dovevi aspettare il misterioso sconosciuto da sola, non devi rimanere sola in casa!

 Solo che Pierre non rimane quasi mai solo, eppure per tutto il tempo è come se lo fosse e avesse scritto in fronte "vittima sacrificale".

 Veniamo alla parte poco convincente: per tenere in piedi un thriller sovrannaturale di un certo rispetto, una cosa bisognerebbe evitare, ossia i cliché.

 Il vecchio che tutti credono pazzo che però conosce la leggenda anche no. Come anche no, l'esplicita rappresentazione del sovrannaturale, anche un macchiettistica e lo stesso segreto beh, si poteva fare di meglio.

 Le cose fanno più paura quando sono solo immaginate e puoi cullarti sul filo del dubbio.

 Grazioso, per appassionati d'architettura e di montagna.


PROFONDO NERO di Dario Argento (per Dylan Dog):


 Lo sapevo bene che Dario Argento non poteva permettersi di intorbidare Dylan Dog con storie particolarmente sconvenienti o particolari morbosi, tuttavia, anche se la storia parte da uno spunto interessante e termina in un mondo molto Darioargentoso, il tutto è davvero troppo troppo floscio.

La storia comiuncia quando Dylan, per vari motivi, si trova casualmente ad una mostra di foto BDSM. E' un torbido mondo nel quale, a quanto pare, Dylan, nonostante le sue innumerevoli conquiste non ha mai bivaccato.

 Rimane conturbato dalle foto di una particolare modella alla quale lo legano sogni a base di frustini così inizia a cercarla per scoprire che ella è sparita da qualche giorno.

 Quando viene ritrovata cadavere, inizia la sua ricerca (e qui, devo dire, c'è proprio la caduta di stile che immagino volesse essere ironica, ma anche no) di un mysterioso mr. Grey.

 Allora, le atmosfere ci sono. 

 A me non piacciono nelle storie Bonelliane i tratti poco bonelliani, ma Roi praticamente salva quasi da solo capra e cavoli: se non ci fosse lui a rendere tutto evanescente e torbido con abbondante uso d'inchiostri e penombre, il risultato sarebbe stato ben peggiore.

 Il problema è la storia. Cioè, se tu vuoi fare una cosa con BDSM e frustini, sogni erotici di Dylan che mai egli si sarebbe aspettato nella sua purezza di partorire, se vuoi infilarci storie strane del passato e via discorrendo, tutto ok, ma calca la mano.

 Altrimenti sembra tutto un vorrei ma non posso.

 E' come leggere Dario Argento col freno a mano tirato, una versione ripulita diciamo: senza ansia, senza particolari splatter, senza neanche quell'erotismo torbido che nei gialli all'italiana andava "punito" e che effettivamente viene punito anche qui, ma senza quel senso del peccato che in realtà, diamocela tutta, compiremmo anche noi.

 E' tutto molto superficiale e non appassiona mai. Molto deludente.

  Non credo che i lettori di Dylan siano delle educande perciò: perché?

 Se chiami Dario Argento si suppone che oltre al nome vuoi anche altro, quindi la domanda è: è Dario che si è contenuto o gli hanno detto "guarda datti una regolata"? E ha senso darsi una regolata? Mah.

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