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mercoledì 12 settembre 2018

Piccole recensioni tra amici! Doppio colpo tra Giappone e Sardegna: "Stagione di cenere" di Pasquale Ruju e "La ragazza del convenience store" di Murata Sayaka.

 Finalmente, quasi al termine di questa estate tumultuosa, ho finalmente scovato qualche libro decente.

 Su fb mi si chiedeva di consigliare di nuovo qualche bel romanzo e, credetemi, non vedevo l'ora neanche io, ma ho davvero avuto una stagione sfortunata.
 Ora però ho infilato qualche buon colpo di seguito (e sono già di nuovo a secco perché quando i libri mi piacciono li leggo in pochissimo tempo, troppo poco).

 Ecco a voi un piccole recensioni tra amici doppiamente positivo!

Urrà per noi (soprattutto perché, con l'unione civile alle porte, ho i nervi super a fior di pelle)!


STAGIONE DI CENERE di Pasquale Ruju ed. E/O:

 E' davvero notevole questo secondo giallo di Pasquale Ruju e lo è ancora di più considerando che l'autore, a lungo sceneggiatore, non ha ancora abbandonato un certo modo un po' schematico di concepire la struttura del romanzo.

 Il protagonista, Franco Zanna, è un paparazzo già protagonista del precedente libro "Nero di mare".

 Ex reporter, in gioventù aveva osato fotografare un boss mafioso colluso con politici nordici in quel di Torino e, sotto minacce pesanti, era scappato in Sardegna abbandonando fidanzata dell'epoca incinta per non metterla in pericolo.

 Anni dopo, il trauma non scema ancora, fa il paparazzo in Costa Smeralda e vive una vita solitaria ed essenziale attorniato da una serie di coprimari che tradiscono un po' le origini fumettose dell'autore: la barista di una certa età col caratterino che te dico fermete, lo zio ex bandito sardo che vive ancora nascosto sui monti, la capa dell'agenzia a cui rivende le foto e la figlia lontana che riscopre il babbo (vi prego, davvero le scene padre-figlia dei romanzi gialli sono sempre di uno stucchevole agghiacciante con questi papini perdutamente innamorati della loro prole).

 La grande intuizione di questo secondo libro che in alcuni momenti ha dei guizzi particolarmente felici, è però il tema criminale: il fuoco.

 Siamo seri, in estate di solito chiunque abiti in determinate zone ha a che spartire con gli incendi.

 Io ho passato quasi tutte le estati della mia vita in Sardegna e, fino ai 22 anni per tre mesi filati.
 Questo ha donato persino a me la capacità di capire quando c'è un incendio nelle vicinanze: l'aria diventa davvero diversa, più rossa, innaturalmente calda, in un modo che è difficile da descrivere.

 Gli incendi diventano una cosa così quotidiana da non apparire neanche più come un evento evitabile, ma come qualcosa di routinario.

 Eppure la domanda permane: ma chi caspita è che appicca questi incendi? E perché?
Davvero sono piromani malati che non siamo in grado di scovare? E come fanno questi piromani malati a governare gli incendi? Tutti tutorial di youtube (che manco c'erano fino a 10 anni fa)?

 Ruju decide di dedicare il libro alla piromania criminale, agli intrecci oscuri tra finanza e devastazione del territorio che si nascondono dietro le innumerevoli pagine di giornale che ci raccontano di questo o quell'incendio.

 Parla di persone che di mestiere appiccano incendi e sanno governarli, proprio come maghi malvagi, per direzionarli esattamente dove vogliono, di canadair che scientemente sbagliano il luogo di scarico dell'acqua o che non ne caricano abbastanza, di gente che appicca fuoco per essere poi pagata per spegnerlo, di terreni da dichiarare edificabili, di pastori da ricattare, da centri commerciali da usare come riciclaggio di denaro sporco da costruire.

 E' un tema tanto originale quanto incredibilmente ignorato e la parte dell'indagine con alcuni personaggi meno stereotipati (il conducente del canadair) è davvero davvero felice.

 Riescono meno a Ruju, per ora, i personaggi femminili, le cui parti risultano poco convincenti, ma se migliorerà a questo ritmo, la serie di Zanna può diventare una delle migliori in giro.
 Io ci conto.


LA RAGAZZA DEL CONVENIENCE STORE di Murata Sayaka ed. E/O:


 Diffidate della falsa recensione di Vogue schiaffata in copertina, evidentemente fatta da qualcuno che ha letto il libro fino a pagina 50. 

 Questo libro non è spiritoso né tanto meno dolce, questo libro è una cosa inaspettatamente seria.

 La storia comincia come un romanzo qualunque di Banana Yoshimoto, soprattutto degli ultimi anni: una donna quasi quarantenne un po' disadattata tenta di affrontare la vita come può.

 Nei romanzi di Banana Yoshimoto, di solito, parlando con la tv per ringraziarla della compagnia e trovando qualcuno come te con cui condividere una certa solitudine sociale o dedicandoti a qualche hobby peculiare con tutte le tue forze, la questione si risolve in modo pacato, quieto e in armonia col mondo.

 La ragazza del convenience store, potremmo dire, è un romanzo di Banana Yoshimoto che finisce male.

 Keiko ha 37 anni, lavora in un convenience store da 18 (una sorta di piccolo supermercato aperto h24 7/7) e a suo modo è felice così.

  Ha capito molto presto che nelle maglie oppressive della società giapponese, dove dire una cosa fuori posto o non sforzarsi di corrispondere a un modello preimpostato è praticamente sacrilego, sarebbe stata una reietta.

 Oltre a essere strana, Keiko ha proprio una certa mancanza di empatia e di personalità, non riesce ad avere gusti personali e fa fatica a comprendere i sentimenti altrui.

 Tutto quello che vorrebbe è vivere in tranquillità continuando a lavorare secondo i ritmi del konbini dove ormai ha imparato a recitare un ruolo alla perfezione: la commessa perfetta e sempre sorridente.

 Intendiamoci, da una parte si intuisce che Keiko sia vessata dalla società, ma da un altro appare evidente che qualche problema ce l'abbia veramente ed è lì che scaturisce il dramma nascosto della vicenda.

 Se infatti, in una storia che corre su binari rassicuranti, arrivare a un momento di crisi e rottura vorrebbe dire per la protagonista uscire dal proprio guscio e risorgere a nuova vita, per Keiko non può esistere questa parabola, nonostante gli altri la pretendano ad ogni costo.

 Lei ha già compiuto il suo sforzo, con tutti i suoi limiti ha trovato il suo posto nel mondo e lì vuole stare: lavora in un konbini, le piace, vive sola, vuole bene a sua sorella, ha qualche amica anche se più per facciata che per reale affetto.
 Tuttavia agli altri non basta, c'è un prezzo sociale che Keiko deve pagare e il fatto che si rifiuti di farlo porta chiunque a imporle una pressione alla quale non è assolutamente in grado di resistere senza esserne danneggiata.

 Tutti pretendono che lasci il lavoro al konbini, non adatto a una donna adulta, e si sposi. Il tempo biologico stringe e, se non si riproduce, cosa ne sarà di lei?

 La pressione diventa tale da portarla a chiedere a un ex collega, un mezzo criminale la cui idea di rivolta contro il sistema è campare sulle spalle degli altri chiuso in casa, di sposarsi.

 Pensa che così, almeno, la pressione sociale sarà minore e, incredibilmente, scopre che è proprio così. A famiglia e amici non importa con chi stia, basta che stia con qualcuno e rientri nei canoni richiesti.

 Ma Keiko, oltre a trovarsi un mezzo criminale mantenuto in casa, scopre che non basta e che, dopo quella prima soddisfazione, gli altri chiedono di più

 Pretendono, a questo punto che l'uomo con cui ha deciso di accompagnarsi si migliori seduta stanre, che lei lasci il lavoro, che facciano dei figli.

 Come un mostro gigantesco, il mondo pretende un pedaggio sempre maggiore per concedere la propria autorizzazione alle esistenze dei propri abitanti.

 Keiko si trova così intrappolata tra desiderio di compiacere gli altri per essere lasciata in pace e la consapevolezza di non poter vivere in altro modo.

 In un libro normale il tutto si tradurrebbe in un momento di meravigliosa consapevolezza, ma in questo assume dei contorni vagamente drammatici e rende bene le enormi difficoltà di chi è troppo fragile per sopportare le pressioni che convogliamo ostinatamente verso il prossimo.

 Non tutti possiamo rinascere come le fenici, cosa succede a chi non possiede quella forza?
 Molto molto molto consigliato.



1 commento:

  1. Ho finito di leggere La ragazza del convenience store e condivido ogni parola della recensione, così come la critica alla frasetta di Vogue che veramente c'entra come i cavoli a merenda. Il finale mi ha dato un po' l'impressione di esser fatto un po' a tirar via, ma magari mi sbaglio

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