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mercoledì 6 marzo 2019

Piccole recensioni tra amici! Giappone lgbt ne "La locanda degli amori diversi" e amori che non decollano in "Tutte le ragazze con una certa cultura hanno almeno un poster di Schiele appeso in camera".

Olivia de Havilland (1935)
 Finalmente eccovi scodellate due nuove recensioni, nel frattempo ho letto un bel po' di altri libri e chi mi segue su Instagram sa che ogni tanto ne parlo in allucinanti dirette che finiscono di solito con me che litigo col cellulare che s'impalla e non mi fa chiudere il video. Ne verrà apprezzata, immagino, l'irripetibilità.


 I libri di oggi sono due romanzi scorrevoli e freschi, quelli che si leggono in gran poco negli sprazzi di tempo, cosa che, ultimamente, sto apprezzando particolarmente.




 Bando alle ciance perché ho cianciato abbastanza: a voi!



LA LOCANDA DEGLI AMORI DIVERSI di Ito Ogawa Beat edizioni:

 Era parecchio tempo che avevo adocchiato questo romanzo che, in verità, aveva ben due motivi per piacermi: Giappone e tematica lgbt.

 Tuttavia avevo sempre rimandato la lettura per altri due altrettanto validi motivi: il precedente libro di Ito Ogawa "Il ristorante dell'amore ritrovato" era uno strano concentrato di melassa che finiva con un piccione arrosto (un piccione non d'allevamento specifico), e ormai ho una sorta di rifiuto immediato per tutti libri con storie lgbt che portano la dicitura "diverso" nel titolo.

Basta.

 Ormai in libreria avevo persino sviluppato un sesto senso per i libri in cui apparivano romanzi gay non solo dai pietosi titoli, ma anche dalle fumose quarte di copertine piene di allusioni tra il drammatico e il pietistico.

 Giovanni si accorge che la vita può diventare "speciale" quando incontra "una persona".

Adele scopre che la parte più vera di sé è anche la più "segreta", ma l'amore la sorprenderà in modi incredibili.

 Vi do una notizia: il mondo è bello perché è vario, ma a nessuno fa piacere sentirsi dire che è "diverso", questo perché "diverso" non corrisponde a "speciale" nell'immaginario comune, ma a qualcuno che non è "normale", nell'accezione negativa del termine.

 Comunque. Poiché a inizio mese ero un po' giù di morale, ho deciso di andare in libreria a colpo sicuro e ho preso, oltre alla versione italiana de "La mia prima volta" di Kabi Nagata (l'unico fumetto mai letto in vita mia in inglese), anche questo romanzo, certa che comunque, mi avrebbe distratto un po'.
 Ebbene. Il romanzo è molto grazioso, parla di due donne, una sui venti, l'altra sui trent'anni, che si conoscono, si amano immediatamente e insieme decidono di andare a vivere in una parte del Giappone rurale e un po' spopolato da cui tutta la gente scappa, ma in cui, sembra, si viva in pace col mondo e la natura (peraltro lo fanno in parecchi manga, tipo anche "Wolf children", sembra sia la soluzione adatta se vuoi sparire).

 Lì, mettono su una famiglia felice assieme a due bambini: un maschio, nato dal precedente matrimonio della più donna grande, la femmina, concepita dalla più giovane in un rapporto occasionale precedente. Negli anni, le due aprono una sorta di ryokan gay friendly (quindi il titolo è pure sbagliato perché non ci vanno solo "gli amori diversi").

 Cose apprezzabili: la storia d'amore trattata nella sua quotidianità con i frequenti riferimenti ai problemi della comunità lgbt giapponese, priva di qualsiasi tutela. In un paese in cui sposarsi è ancora praticamente d'obbligo e in cui matrimonio e amore ancora non devono per forza coincidere (anzi, anche no, hanno ancora gli incontri combinati per ovviare al problema dei single), l'omosessualità è vista come una sorta di capriccio del singolo che potrebbe essere vissuto in privato e in contemporanea a un rispettabile matrimonio eterosessuale, se proprio.

 Ho devo dire, anche amato il fatto che il libro sia diviso in quattro macrocapitoli che permettono di vedere le storie da quattro punti di vista: le due donne, e ciascuno dei figli.

Cose disprezzabili: il finale.
  Il finale rovina tutto il libro perché è troppo strong e perché è affidato al personaggio più insopportabile dei quattro: la figlia femmina che non solo è viziata da morire, ma si lascia andare anche ad un castello di inquietanti supposizioni che non trovano alcun riscontro nei libri precedenti, inquinando, di fatto, quella che fino a quel momento era stata una storia d'amore stupenda.
 Il libro comunque vale la pena, soprattutto se amate i due punti di forza alla base: Giappone e comunità lgbt.


TUTTE LE RAGAZZE CON UNA CERTA CULTURA HANNO ALMENO UN POSTER DI UN QUADRO DI SCHIELE APPESO IN CAMERA di Roberto Venturini Sem edizioni:


 Se non amo i titoli con l'oscura parola "diverso" , è pure che vero che ho sviluppato un'antipatia per i titoli minimal: "Amore", "Espiazione", "Orrore", "Sole".

 Sono una jattura per i lettori e per i librai perché si tratta del tragico caso in cui il titolo non solo non basta, ma è perfettamente inutile: ci saranno altri 1000 libri che si chiamano così o quasi e senza l'autore (sperando che non si chiami pure lui Mario Rossi), è praticamente impossibile scovarli.

Poi in generale a me piacciono quei titoli strani e un po' evocativi, perciò lo ammetto, questa storia di Roberto Venturini, mi aveva attratto principalmente per il suo nome alla Lina Wertmuller.

 La storia è una storia d'amore come tante: inizia in un modo fantasmagorico per poi arenarsi nei noiosi campi della quotidianità.
 Qualcuno mi aveva detto, dopo aver postato la foto del libro su facebook, che è un libro carino che non decolla mai. E' vero. 

 Però c'è la sensazione che non decolli perché racconta di una storia d'amore che non decolla, una di quelle che capita di vivere a molti.

 Conosci qualcuno con cui stai benissimo, ti entusiasmi, pensi che sia la persona giusta che più giusta non c'è, ma poi, ad un certo punto ti accorgi che il volo pindarico, romanticamente intrecciando i corpi alla Paolo e Francesca, non prende quota.

 Voli sì, ma sempre basso, e a un certo punto, quella quota che dovevi prendere la perdi e niente, il grande amore viene declassato a storia di media importanza, arrivederci e grazie.

 E' in effetti una parte poco romanzata dell'amore (ed è comprensibile visto che l'amore è il sentimento romanzato per eccellenza): quelle storie che non hanno il briciolo di eternità che permettono a due persone di funzionare magnificamente insieme, anche se non necessariamente per tutta la vita.
 Non è tempo perso, ma diciamocelo, capita pure di pensare che è tempo che avremmo potuto spendere meglio, magari anche solo troncando prima.

 Venturini rende tutto più interessante con un linguaggio pop pieno di citazioni anni '80-'90 che forse sul finale (onestamente non all'altezza del libro, un po' da "sogno dello scrittore") diventa un po' troppo pesante, ma ci può stare.

 In ogni caso il libro è carino, soprattutto all'inizio, quando c'è meno melassa e il protagonista inizia a malvagiare sulle persone che incontra.
 Mi riconoscevo molto in questo modo di "pensar male" delle persone e mi ha anche sollevato sapere che i miei pensieri non sono poi così strambi (anche se malvagi).

 Grazioso, per trentenni (chi ha più o meno anni credo faccia proprio fatica a capirlo, tipo Zerocalcare, ma ancora più pop), secondo me funzionava anche senza il riferimento alla ciclotimia.

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