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lunedì 27 gennaio 2020

E non aveva mai visto un albero. Letture per la giornata della memoria 2020: le memorie indicibili di chi fu un bambino deportato.


 Ed ecco, come ogni anno che torna la giornata della memoria.

 Diciamoci il vero, le ultime due sono state abbastanza vissute con la morte nel cuore, come se la memoria dopotutto non fosse servita a niente e fossimo già pronti a ricominciare tutto.

 Lo dico proprio con lo sconcerto di chi non si capacita. 

Non è che dobbiamo avere tutti le stesse idee o andare per forza d’accordo, ma certe cose, come la condanna dell’odio e della discriminazione, il rispetto per gli altri, sono questioni universali alla base della civiltà e che trascendono il credo politico.

 Non capisco proprio e non capisco mai la base ideologica dell’odio, non ne vedo il senso, non ne capisco il motivo. 

 Tuttavia, se il fascino del male seduce, è compito di chi non lo comprende andare scoprirne le origini per estirparlo o, in alternativa, mettere coloro che, in astratto, lo trovano affascinante, davanti all’orrore che produce.

 E’ quello che per anni hanno fatto i sopravvissuti ai campi di concentramento. 

 Molti, spesso dopo un silenzio durato decenni, hanno poi iniziato a portare la loro testimonianza in giro per l’Italia.

 Tuttavia il tempo passa e ormai i sopravvissuti sono rimasti, per ragioni anagrafiche, pochissimi. 

Chi continuerà a parlare quando non ci saranno più?

 I libri.


 Perciò oglio solo fornirvi un elenco di possibili letture che hanno per protagonisti i più indifesi: coloro che furono deportati da bambini.

 Probabilmente tutti coloro che hanno letto "Se questo è un uomo" ricorderanno la terribile storia del piccolo Hurbinek, il bambino nato in un campo di concentramento. 

 Semiparalizzato, ma con uno sguardo vivissimo, era incapace di parlare perché nessuno glielo aveva insegnato. Non aveva genitori e lo tiravano su gli altri deportati, anche se l'unico che si diede la pena di seguirlo attivamente fu un ragazzo ungherese, Henek, che cercò di trarlo dal suo mutismo.

 Hurbinek morì troppo presto per riuscire a pronunciare una parola di senso compiuto, ma fino all'ultimo lottò per farlo. Non vide mai nulla fuori. Levi lo chiama, "un figlio della morte": 


 Decine di migliaia di bambini, non tornarono. I pochi che lo hanno fatto, hanno spesso voluto lasciare un ricordo. Perché il tempo, ostinato, passa, e la storia diventa una leggenda, un racconto crudele che non può essere esistito davvero. Ed è allora che i mostri tornano.

 Esiste un libro Einaudi, “La Shoah dei bambini” di Bruno Maida che racconta come fu uccisa l’infanzia di chi un giorno si addormentò bambino e il giorno dopo si risvegliò ebreo.

 Vegliate e meditate gente e leggete, anche quando si racconta l’indicibile.

 A voi.


TATIANA e ANDRA BUCCI:

 Tatiana e Andra Bucci (all’anagrafe Liliana e Alessandra) sono due sorelle che vennero rastrellate assieme a tutta la famiglia materna (di origine ebraica bielorussa, mentre il padre era cattolico italiano) per essere deportate ad Auschwitz.

  Lì, vennero separate, come accadeva di prassi, dalla madre e condotte in un kinderbloch, un blocco separato a parte, dove venivano sistemati i bambini che, tra le altre cose, fungevano da serbatoio di cavie umane per gli esperimenti del dottor Mengele.

 La loro fortuna fu quella di essere praticamente identiche: scambiate per gemelle, risultavano particolarmente preziose allo scopo. 

 Assieme a loro venne sistemato anche il cuginetto Sergio De Simone, figlio anch’esso di un militare, italiano e cattolico (sottolineo per mostrare quanto sia stupida l’indifferenza, tanto certe cose a noi non possono toccare né interessare).

 Per una serie di circostanze fortunate, tra le quali uno straordinario spirito di adattamento alle circostanze e una sorvegliante che le prese a benvolere, riuscirono a sopravvivere.

 Evitarono anche la trappola nella quale cadde invece il cuginetto. 

 Un giorno venne chiesto ai bambini: “Chi vuole vedere la mamma faccia un passo in avanti”. Loro rimasero immobili.

 I venti bambini che caddero nella trappola furono infatti torturati nel laboratorio di Mengele e uccisi.

 Quando il campo fu liberato, rimasero un anno in un orfanotrofio di Praga, quindi spostate in un innovativo centro d’accoglienza inglese, dove alcune psicologhe le aiutarono ad elaborare i traumi.

  Nel frattempo la madre riuscì, con molta fatica a rintracciarle (durante le loro visite al campo si raccomandava sempre che non dimenticassero i loro nomi e cognomi) e, infine, a ricongiungersi con loro.

 Hanno raccontato la loro storia in un libro, “Noi bambine ad Auschwitz” ed. Mondadori ed esiste anche un libricino per bambini “La storia di Andra e Tati” ed. De Agostini.

Per conoscere quale fu la tristissima e orribile sorte a cui andò incontro il loro cuginetto, reo di voler solo rivedere la sua mamma, c’è “Chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti” Proedi ed. che raccoglie le storie dei venti bambini barbaramente torturati.

Le sorella Bucci hanno anche reso onore alla memoria del cuginetto, scrivendo, assieme ad Alessandra Viola, "Storia di Sergio" ed. Rizzoli.


SAMI MODIANO:

 Ebreo italiano di Rodi, isola del dodecanneso dove si trovava una fiorente comunità ebraica di origine italiana, venne deportato assieme agli altri 2000 ebrei presenti sull’isola, nell’estate del 1944 quando i tedeschi ne presero possesso.

 Stipati in condizioni disumane su tre imbarcazioni, vennero condotti nei campi di concentramento Germania.

 Modiano, che all’epoca aveva quattordicenne  fu salvato dalla prontezza del padre già all’arrivo, quando, nelle file che conducevano i sommersi alle camere a gas, suo padre riuscì a trarlo nella fila dei salvati.

 Né il padre né la sorella ne uscirono vivi. Lui stesso deve la sua sopravvivenza alla bontà di alcuni compagni di prigionia. 

 Divenuto amico fraterno di un ebreo italiano, quel Piero Terracina scomparso da pochissimo, la cui famiglia venne completamente sterminata (si erano salvati dal rastrellamento del ghetto, ma vennero in seguito denunciati da una spia), rischiò di finire il suo viaggio nella marcia mortale da Birkenau ad Auschwitz, quando i nazisti ripararono dall’arrivo dell’armata rossa.

 Svenuto nella neve, fu tratto in salvo da alcuni compagni sconosciuti e in seguito ammassato tra i cadaveri ove si risvegliò. 

 Riuscì quindi a camminare fino ad un fabbricato del campo dove incontrò Piero Terracina e Primo Levi e una dottoressa russa si prese cura di lui.

 Dei 2500 ebrei di Rodi tornarono indietro 31 uomini e 120 donne. Modiano racconta che alla speranza della liberazione iniziale, subentrò un’altra sensazione: “ad un certo momento, quando stai in quell’inferno, ti rendi conto che da Birkenau non c’era nessun’altra via di uscita che la morte”.

Per questo in molti sceglievano di suicidarsi lanciandosi contro il filo spinato elettrificato. 
Suo padre, che alla morte della figlia prediletta perse ogni speranza, decise un altro modo: si fece ricoverare in ambulatorio. Chiunque vi entrava non ne usciva mai più.

Ha raccontato la sua storia nel libro “Per questo ho vissuto” ed. Rizzoli

Su Piero Terracina e altri deportati italiani potete cercare “La strada di casa” di Elisa Guida ed. Viella e “Il libro della Shoah italiana”  di Marcello Pezzetti ed. Einaudi.
 Inoltre esiste un libro con DVD: "Dopo il buio la luce. Piero Terracina incontra gli alunni dell'istituto comprensivo B. Bonfigli di Corciano" ed. Morlacchi.


ALBERTO SED:

 E' inimmaginabile anche la storia di Alberto Sed, ebreo romano deportato assieme alla madre e alle tre sorelle: Angelina, Emma e Fatina. 

Tra i pochi minori italiani sopravvissuti all’olocausto, Alberto, orfano di padre, riuscì a sfuggire al rastrellamento degli ebrei romani, salvo essere trovato (o più probabilmente denunciato) poco dopo.

  All’arrivo ad Auschwitz, sua madre e sua sorella Emma vennero uccise immediatamente nelle camere a gas.
 Sua sorella Angelica fu fatta sbranare dai cani poco prima della fine della guerra, l’altra sorella, Fatina, sopravvisse al campo, ma dopo aver subito gli esperimenti atroci del dottor Mengele che la segnarono profondamente. 

 Alberto riuscì a sopravvivere, ma ci si domanda quanta immensa forza debba aver avuto per riuscire a condurre infine una vita col ricordo perenne di quel che fu costretto a subire.

 Dopo decenni di silenzio si decise infine a parlare per portare la sua testimonianza nelle scuole, raccontando orrori che ci sembrano inimmaginabili. 

 Come l’ammissione di non essere mai più riuscito a prendere in braccio un bambino, neanche i suoi figli, per il terrore di quando le SS lo costringevano a lanciarli in aria per ucciderli, in un agghiacciante tiro a segno.

 Potete leggere la sua storia in “Sono stato un numero” di Alberto Sed. Ed. Giuntina.


 Sono certa vi siano molte altre storie, in primis quella della senatrice Liliana Segre, alla quale il padre chiese scusa per averla messa al mondo.
 Non dimentichiamo. Non dimentichiamo. Non dimentichiamo. 

Se è successo una volta, può succedere ancora.

2 commenti:

  1. Cosa prendo per la biblioteca delle scuole medie? "Se questo è un uomo" naturalmente lo abbiamo, gli altri li abbiamo tutti.

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    1. Io ti consiglierei fumetti, ne avevo fatta una selezione per la giornata della memoria del 2018 https://www.facebook.com/pg/idoloridellagiovanelibraia/photos/?tab=album&album_id=1349204571812859 sicuro ne sono usciti altri nel frattempo! Pensa che Magneto degli X Men ha una storia che inizia in un campo di concentramento (c'è anche in uno dei migliori film degli X-Men quando lo interpretava Fassbender). I ragazzini credo lo leggeranno senza sbuffare.

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