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martedì 14 ottobre 2014

Italia, un paese di grandi polemizzatori. Le cinque polemiche più diffuse sulle librerie e la lettura, che l'importante è sempre gridare allo scandalo e mai trovare la soluzione.

C'è una cosa che in Italia piace fare sopra tutte le altre e non sto parlando del sesso purtroppo.
Se c'è infatti un diletto in cui noialtri italici eccelliamo, ebbene, quello è POLEMIZZARE
 Tutte le mattine trovo il modo di alzarmi e rendermi la vita tanto amara, nel momento in cui apro la pagina fb di questo blog e nel tentativo di rilinkare quattro o cinque articoli decenti, mi imbatto in una montagna di porcherie. 
 E' il web baby, se tutti avessero qualcosa di intelligente da dire, il mondo sarebbe un posto paradisiaco. Tuttavia dopo una serie di fumantine arrabbiature pre ore dieci del mattino, ho deciso che posso se non altro condividere con voi un piccolo elenco delle polemiche su libreria/lettura/lettori più diffuse che mi diano modo di rispondere virtualmente per le rime a qualsiasi "untore della cultura" passi per codesto blog.
 Cos'è un "untore della cultura"? Una figura purtroppo non mitologica più o meno sempre esistita durante la storia, ma che sta vivendo il suo apice nella nostra sventurata epoca. Esso ama gridare in vesti da Savonarola alla prossima fine di: lettori, librerie, librai, carta, cultura, arti varie ed eventuali. Non c'è pace, non c'è rimedio, non c'è perdono per nessuno, e chi prova ad opporsi alla prossima ventura fine del mondo culturale, è solo un povero illuso.
 Generalmente il Savonarola di turno è sempre accompagnato da un codazzo di commentatori accesi e molto accaniti, "Hai proprio ragione, per questo ho smesso di provare!" "Gli illusi che tentano sono tutti rakkomandati!" "Ke skifo la gggente che ti critica, Tu dici solo la VERITA'".
 Verità che non è mai accompagnata da una soluzione fattibile del problema o della polemica, che è più facile sparare proposte sui massimi sistemi o mostrare sconsolamento che rimboccarsi le maniche.
 Ma vabbeh, prima che scada nel retorico, ciucciatevi le polemiche che più mi danno ai nervi in assoluto!

LIBRERIA DI CATENA VS LIBRERIA INDIPENDENTE: 
Chissà se si sono mai visti casi di amore tra due appartenenti
a specie tanto diverse.
Questo dibattito tiene impegnata una quantità di gente che mi spaventa. 
 Generalmente funziona che la libreria di catena è vista come una multinazionale simile alla Monsanto, e la libreria indipendente come le quattro mura piene di amore, bambini e buoni sentimenti che lotta indefessamente per la divulgazione della cultura. 
 Come ho ripetuto svariate decine di volte, trattare il libro come una comune merceologia è sbagliato: il libro non è solo un cubo fatto da carta e non è solo contenuto. Tuttavia pensare che la vendita di libri renda automaticamente dei benefattori dell'umanità mi pare un filino eccessivo. Mi manca poi l'ulteriore passaggio del diventare benefattore dell'umanità, ma solo se possessore di un'attività in proprio indipendente e di piccole dimensioni. Si può essere dei librai perfettamente incapaci e ignoranti et scortesi pur essendo indipendenti (ne ho conosciuti e non pochi), anche se, ne convengo, non ha molto senso visto che in caso di fallimento oltre al posto di lavoro ci si rimettono anche un mucchio di soldi. Al contempo non è assolutamente vero che le persone che lavorano in librerie di catena siano dei mentecatti che fissano il soffitto come capre in cerca di una risposta alla domanda: "Potrebbe darmi l'ultimo libro di Alessandro Manzoni?".
 Il manicheismo buono-cattivo non ha mai giovato a nessuno, anche se, concordo è molto più facile concepire il mondo così che pensare esistano conclamate sfumature (e non di grigio).
 La polemica comunque è sentita in tutto il mondo, basti pensare che persino Hollywood ha sentito la necessità di raccontare lo straziante amore contrastato tra l'erede di una catena di librerie e una tenera libraia bionda e circondata da bambini: si trattava di Tom Hanks e Meg Ryan in "C'è post@ per te", un francamente non memorabile film precedente all'intervento di chirurgia plastica molesta sulla faccia ormai bombata della cara Meg.

LA NON VOGLIA DI LAVORARE:
 La non voglia di lavorare è una grande hit che fa sempre il paio con "le corporazioni che proteggono gli scansafatiche da anni"
 Allora, non starò qui a sviscerare la complessa questione del lavoro, dei carichi che esso comporta e del bordello totale in cui le vigenti normative sui contratti hanno ormai gettato tutti noi. Il punto è questa mitologica accusa che in genere trova le sue vittime più comuni nella pubblica amministrazione.
 Il morbo dell'accusa di non-lavoro è passato però col tempo anche a chi lavora nel privato. Generalmente i non- aventi-voglia-dilavorare sono quelli dei settori in crisi o che, a causa della crisi, finiscono per fallire. Ai librai (ma questo è un destino che condividono con tutto il settore del commercio) si chiede di: non avere orari, non avere domeniche, non avere giorni di riposo, far giungere prima di subito caterve di libri ordinati il giorno prima, non fare la pausa pranzo, non prendere un caffé in otto ore di lavoro, non sedersi mai in anche dieci ore di lavoro, non uscire a respirare mezza boccata d'aria o fumare trenta secondi una sigaretta e avere sempre il sorriso sulle labbra. Si pretendono cioè servizi superiori a costo non aumentato (anzi ribassato) mentre il terrore di essere fotografati dal primo tizio di turno voglioso di postare su internet una foto di un libraio reo di prendersi un caffé in orario di lavoro, cresce esponenzialmente.
 E' evidente che tali privilegi sono loro garantiti dalle "corporazioni" (la famosissima corporazione dei librai), altrimenti filerebbero come agnelli.

IN ITALIA SI LEGGE SEMPRE MENO:
 E' un evergreen del nostro infelicissimo paese che invece di essere accompagnato da proposte ha sempre un coro di peana e prefiche e che si strappano i capelli piangendo con ululati altissimi.
Il film "Tutti i santi giorni" ben dimostra che non si può pretendere
che le persone leggano in età adulta, se all'età adulta ci
arrivano in condizioni mentali precarie
Quando qualcuno vuole fare l'intellettuale, la frase ha effetto migliore è: "In Italia si legge sempre meno".
 "Oooooh com'è infelice questo paese! La gente non legge!" o l'alternativa è "La gente legge Fabio Volo. Dovete leggete solo Salinger, capirete la vita!". Più di ogni altra polemica questa smaschera il grande problema italiano della totale mancanza di coordinazione dalle parti: perché la gente legge poco? Perché i libri costano? Perché è pigra? Perché non ha tempo? Sbagliato.
 La gente legge poco perché, è il caso di dirlo, il livello collettivo è basso
 E' basso perché da noi non esiste NESSUNA cultura della lettura. Gli unici che osano farti leggere sono gli insegnanti e c'è gente che dopo quarant'anni scrive sul suo blog che è rimasto TRAUMATIZZATO dalla lettura forzata dei "Malavoglia", per non parlare delle madri che si stracciano le vesti se i figli sono costretti a leggere due libri durante le vacanze. Per educare gli italiani alla lettura servono investimenti che partono dalla nascita a tutto campo, a casa, a scuola, in biblioteca, sui genitori, sui nonni, sugli insegnanti. Hai voglia a dire che la colpa è delle librerie che impilano libri spazzatura o si macchiano dell'orrendo crimine di venderti un caffé mentre acquisti Tolkien, la gente leggerà sempre meno e sempre meno e sempre meno.

I LIBRI COSTANO TROPPO: 
Alcuni in effetti manco le lamine d'oro di Pyrgi
Talvolta concordo. E' vero che alcuni libri hanno dei prezzi assurdamente alti
 Edizioni economiche che vengono 20 euro (per non parlare di quelle mai fatte), graphic novel che va bene tutto, ma devi vendere un rene per entrarne in possesso, saghe che a conti fatti ti ci compravi una cucina nuova. 
 Tuttavia questo che è un cavallo di battaglia polemico di chi non legge (non leggo perché costa troppo) è in realtà un problema dei lettori forti, che vorrebbero tutto e devono limitarsi per forza di cose. I prezzi medi infatti si aggirano sui 15-16 euro (dico medi) con picchi verso l'alto e talvolta verso il basso. Quanto fa? Due pause pranzo fuori? Un ventesimo di una borsa di Louis Vuitton? 15 caffè presi a casa la mattina invece che al bar? Le polemiche hanno un senso se sono mirate, non se sparano nel mucchio. Si è mai visto protestare qualcuno per il prezzo medio delle magliette di H&M? Eppure, credo di poter affermare con ragionevole certezza che dietro di esse c'è molto meno lavoro che dietro un'opera a stampa dello stesso valore.

LE LIBRERIE TEMPLI DEL SAPERE ORMAI SVALUTATI: 
 O tempora, o mores! Se potessero tornare quei bei tempi d'oro in cui i libraio era come Yoda, i libri solo ed esclusivamente di alto livello, i bestseller non esistevano e soprattutto, a quanto pare, gli esercizi commerciali non avevano bisogno di guadagnare, ma facevano tutto per la gloria.
 Concordo anche io che il capitalismo ha esasperato e snaturato tutto, ma c'è anche un'altra dura verità da accettare: Gutenberg ha inventato la stampa aiutato dai fondi di un banchiere (che l'ha poi fregato) per fare soldi, da quando esiste il libro a stampa, certo ci sono stati gli illuminati (e in epoche più spirituali della nostra indubbiamente erano un pochino più diffusi), ma il desiderio comune del commerciante di libri era sempre l'amico denaro. E' per lo stesso motivo che non hanno senso gli inviti ai librai a non vendere determinati titoli perché poco culturali o troppo mainstream. Il punto non è che si vendono quei titoli, ma quanto il libraio è bravo a venderne anche altri, meno in vetrina, meno conosciuti e diecimila volte più belli.
 Ne parlai diffusamente in un post un annetto fa e ve lo ripropongo: La mysteriosa epoca d'oro delle librerie.

 Scusate, mi sono dilungata, trattasi della grafomania causata dall'astinenza da vacanza. E comunque la cartina tornasole per decretare che in Italia nulla cambia mai è la canzone di Rino Gaetano "Ma il cielo è sempre più blu". Il giorno che non ci sembrerà fresca di una settimana, allora forse avremo fatto mezzo passo in avanti. Io credo almeno.

10 commenti:

  1. Ti confesso che fra i traumatizzati dai Malavoglia ci sono anche io. :-)

    Leggere è un'attività che mal sopporta costrizioni e doveri e se è vero che gli insegnanti devono obbligare a leggere, è anche vero che dovrebbero farlo in modo tale da farlo sembrare un gioco. Leggere è anche un'attività imitativa: se intorno al giovane nessuno legge è difficile che inizi a farlo di sua spontanea volontà.

    Poi è fisiologico che quando si è molto giovani leggere sia una rottura o che la lettura abbia i suoi periodi.

    Io, nel mio piccolo, sono stato molto fortunato nel periodo scolastico e oggi mi posso considerare un lettore medio forte.

    Sul prezzo dei libri... È vero che ci sono cose decisamente troppo care, come le graphic novel o novità da 20 euro, come dici, ma se uno ha voglia di leggere e non si fossilizza sulle cose che non può permettersi, oggi non abbiamo mai avuto così tanto da leggere a basso prezzo, pirateria esclusa.

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    1. Sì beh, ma per dire girava la graphic novel di "V per vendetta" a 40 euro. 40. Mi sembra un attimo eccessivo. Ci sono dei libri che puoi anche non leggere, ma altri uno vorrebbe averli per il proprio piacere. Francamente 40 euro era un furto.
      Per quel che riguarda leggere come attività imitativa, proprio per quello servirebbe un investimento su tutti e non solo a pezzi su qualcuno da qualcuno a scuola. Per la cronaca io ho trovato "Mastro don Gesualdo" una delle cose più pallose della mia vita, ma insomma, si vivono traumi scolastici peggiori ;)

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    2. concordo in parte con entrambi.
      anch'io sono rimasta traumatizzata da diverse letture del liceo (il ventre di parigi, per dirne uno, una palla allucinante), soprattutto perchè mi impedivano di leggere qualcosa che davvero mi interessava (e di cui mi sarebbe rimasto qualcosa, a differenza del libro sopracitato, di cui ricordo poco o niente).
      risento molto del prezzo dei libri, dato che non amo le biblioteche e spesso devo comprare l'ultima uscita, e sinceramente alcune case editrici sono proibitive, sebbene io spenda volentieri 15-20€ per un libro che so essere buono, se ho qualche dubbio magari evito di spenderci troppo. e non ho ancora preso V per Vendetta perchè costa una follia!

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  2. Bel post, complimenti, ci sono un sacco di grandi verità. Non ho mai capito la questione di "librerie grandi di catena" vs "piccole librerie", come se nelle prime non ci fosse mai il libraio appassionato e nelle seconde mai quello che ti guarda come se tu fossi un mentecatto che ha osato interrompere il suo prezioso sudoku. Io sono a favore delle grandi librerie, se mi consentono di trovare libri che cerco facilmente, magari con sconti e occasioni. C'è da dire che è una vita che non compro più libri però, a parte qualche ordine mirato da Amazon, e per alcuni motivi: 1) le biblioteche sono una cosa meravigliosa. Non compro mai a scatola chiusa un libro, preferisco comprarne meno ma avere solo quelli a cui tengo, e poterli leggere prima è di grande aiuto. Fortunatamente vivo in una città con uno sfracello di biblioteche. 2) Sono un'appassionata di fantascienza. Lo scaffale di fantascienza della libreria media è uno spettacolo deprimente.
    Per questo compro da amazon, se devo: alcuni dei libri più belli che io abbia mai letto sono fuori catalogo (almeno in Italia).

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  3. La gente legge poco perché, è il caso di dirlo, il livello collettivo è basso.
    E' basso perché da noi non esiste NESSUNA cultura della lettura. Gli unici che osano farti leggere sono gli insegnanti e c'è gente che dopo quarant'anni scrive sul suo blog che è rimasto TRAUMATIZZATO dalla lettura forzata dei "Malavoglia", per non parlare delle madri che si stracciano le vesti se i figli sono costretti a leggere due libri durante le vacanze.


    APPLAUSI!!! Standing ovation!
    (Anche se "I Malavoglia" E' oggettivamente traumatico :P Infatti, potendo scegliere, io integralmente mi lessi il Mastro Don. Che sì, è noioso, ma meno deprimente, forse).

    Per il resto, il prezzo assurdo di certi fumetti si deve al fatto che il settore dell'editoria fumettosa soffre di dinamiche ancora più strampalate, dilettantistiche, rovinose e perverse di quello dell'editoria 'normale'. E ha iniziato a piangere crisi con 20 anni di anticipo sull'altra.

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  4. Concordo pienamente con quanto scrivi a proposito della lettura in Italia e credo che i genitori abbiano un ruolo non secondario nell’indirizzare i passatemi dei figli. Sono entrata in case senza nemmeno un libro, ma con la televisione sempre accesa. Esistono contesti in cui i libri sono per natura associati allo studio. Il concetto di piacere non è assolutamente veicolato.
    I libri costano troppo? Dipende dalle priorità. Io sono sempre stata una gran lettrice e, anche in periodi di magra, ho preferito tagliare su altre spese piuttosto che rinunciare ai libri. C’è chi preferirebbe farsi esportare un rene piuttosto che saltare la puntatina del sabato in discoteca e chi invece decide di spendere i propri soldi in altro modo.
    Le due considerazioni poste qui sopra, messe insieme, mi portano a concludere che, in un’epoca in cui qualunque informazione è disponibile gratuitamente, l’ignoranza sia una scelta. La lettura dovrebbe essere indirizzata dai genitori ma, una volta adulto, un individuo è perfettamente in grado di decidere autonomamente se indirizzarsi verso il football americano, il sadomaso o la lettura di un libro. Allo stesso modo, se uno non vuole spendere, può reperire romanzi in molti altri modi, in biblioteca e su internet. Tutto il resto è una scusa.

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    1. No beh, però alcuni libri costano davvero troppo. Io magari non dico gli illustrati o le novità, ma mi trovo delle "economiche" a 20 euro. Ma che economica è? Tanti libri non li compro neanche io perché anche rinunciando a tante cose non posso proprio permettermeli, e allora si va di biblioteca (a quel punto se devo fare una scelta, ammasso denaro per delle belle graphic novel).
      La lettura invece è una scelta, però è anche dimostrato che se non vieni educato a questa scelta difficilmente la fai da solo. I miei per dire non leggevano tanto, ma per paradosso avevano riempito casa di libri dandomi l'idea che fosse molto importante per me leggerli (e mio nonno leggeva tantissimo e mi comprava i libri). Conosco fior fior di persone che non hanno preso un mano mai e che trovano stupido farlo anche perché così gli è stato insegnato. Il frame del film di Virzì è per prendere in giro, ma anche no. Non so se lo hai visto, ma ci sono questa coppia di ragazzi, lui coltissimo (lei no) che hanno per vicini una massa di burini borgatari che non potrebbero mai farsi venire in mente di prendere in mano un libro, non è proprio nel loro ordine vitale. L'educazione alla lettura è davvero TROPPO fondamentale. In Italia invece di fare un piano serio, ci si lamenta solo che la gente non legge. Ma non è che nasciamo più stupidi degli altri paesi europei, semplicemente altri paesi europei con medie di lettura molto più alte, hanno capito che se vuoi creare una nazione di lettori lo devi fare sin dalla nascita con un concerto di intenti. In Italia esiste "Nati per leggere", nobili iniziative ora locali ora regionali e basta. Hai voglia a piangere la crisi dell'editoria, hai voglia...

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    2. Hai ragione sul fatto che la lettura debba essere indirizzata, ma è anche vero che nessun individuo è avulso dal contesto. C'è sempre la possibilità di aprirsi alla conoscenza e di entrare in contatto con altri ambienti. Nel momento in cui nasce un'aspirazione, un bisogno, una necessità, si va alla ricerca di qualcosa di più. Mio marito e mio cognato, ad esempio, si sono avvicinati alle lettura da soli e dopo i vent'anni... per questo, pur concordando sul fatto che le persone debbano essere indirizzate, credo che senza una concreta volontà di essere migliori i risultati siano minimi :)

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  5. Ci sarebbero tante cose da dire!

    Intanto di librerie indipendenti nella mia città ne sono rimaste poche, una sola che vende libri di tutte le età, ma: rifiuta presentazioni di libri di gente varia ed eventuale, perché hanno OSATO partecipare a un festival di destra; non organizzano mezzo evento; hanno sempre gli stessi libri, a parte certi best seller che sono costretti a tenere, visto che li richiedono; non hanno un orario chiaro di apertura; se prenoti un libro un filo meno comune, stai certa che non arriverà mai e perderai pure l'acconto; non hanno più un fornitore chiaro e a volte comprano i libri da siti di e-commerce.
    La gestiscono due pensionati e la figlia, una commessa più che libraia, non può fare niente senza prima l'autorizzazione bollata del padre.

    A me quelli che stanno tanto a dire cosa si DEVE leggere e cosa no, magari avendo letto 4 libri in croce, sanno troppo di gente dalle vedute larghe come quelle di un mulo bendato. Spesso fanno pure gli scrittori, dopo aver letto una sola saga di qualunque genere.

    Il costo dei libri a volte è vergognoso, ma a fare tanta polemica sono quelli che magari solo al bar per l'aperitivo quotidiano, mentre fumano la trentesima sigaretta... ecco, magari hanno scarsa capacità gestionale delle risorse.

    Per l'incentivazione della lettura bisognerebbe lavorare a tutti i livelli. Io non ho avuto un insegnante che mi "costringesse" a leggere e mi dispiace. Mio cugino dodicenne sì, ma sembra un condannato a morte diretto al patibolo. Quest'estate ha letto un capitolo al giorno, mai una pagina di più. Non era curioso di sapere come finisse. Ho provato a Natale a leggere a lui e alla sorella più piccola un libro a tema, ma è finita che l'ho letto a mia sorella, che di anni ne ha 24!
    Penso che bisogni iniziare dalla favola della buonanotte, dallo spegnere la tv la sera e leggere un libro, magari in famiglia tutti insieme. Le biblioteche ci sono, anche quelle scolastiche, ma sono deserte.

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  6. Italia, paese di santi, navigatori e polemici rompicoglioni. Con una maestosa sovrabbondanza di questi ultimi.

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