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venerdì 25 ottobre 2013

Che cos'è "Un lavoro vero"? Quello che ti fa guadagnare abbastanza o quello che desideri? Una graphic novel di Alberto Madrigal per sentirsi meno soli in mezzo alle grandi domande esistenziali.

 Poiché la nera mietitrice dell'influenza, ha colpito un consistente numero di miei colleghi, oggi mi sono ritrovata in cassa per un tot di tempo. Per passare le ore di tedio che si accompagnano alla mansione più insopportabile del lavoro in negozio, mi son portata dietro da leggere il libro della Clichy sui filosofi che, come detto sulla pagina fb, attendevo con ansia: "Il pianeta dei saggi" di Charles Pépin e Jul.
 Vi dirò, l'idea di mettere su una pagina un fumetto con protagonista il filosofo o la sua idea filosofica più famosa e accanto la spiegazione, è molto carina, inoltre la faccia di Sartre fumetto è fantastica. Tuttavia, il 70% dei filosofi presi in considerazione sono francesi, come i due autori, vi dico solo che ci hanno ficcato dentro persino De Sade, la cui filosofia mi sfugge. Francamente.mi aspettavo di meglio.
 Fortunatamente avevo adocchiato per caso una graphic novel con un titolo che mi sta a cuore "Un lavoro vero" di Alberto Madrigal, appena uscito per la Bao Publishing nella loro nuova collana "Le città viste dall'alto".
 In questi giorni grami, come molti miei coetanei penso, sto facendo i conti con l'amara sensazione del cercarsi un lavoro vero. Cos'è un lavoro vero? Una cosa che ti permette di campare, pare, senza aiuti esterni o senza dover fare facce da Oliver Twist davanti alle vetrine perché non ti puoi permettere niente. Se magari prima ti consigliavano di cercarti un lavoro vero quando facevi il pittore senza speranza, ora ti viene caldeggiato praticamente in ogni circostanza. C'è come una sorta di incomprensione linguistica tra la generazione precedente e la mia. Tu stai lì che ti affanni per arrivare a fine mese, cerchi lavoretti e controlavoretti, vedi amici che battagliano tra contratti a progetto, robe in nero e a cottimo, quando si erge la figura del genitore che spavaldo ti dice: "Ok, tutto bello, ma ora sei grande: quando ti trovi un lavoro vero?". E non sai cosa rispondere.
 A casa mia il lavoro vero è quello statale, qualsiasi lavoro non statale non è vero. 
 Ergo anche il posto fisso in libreria, specie se fatichi a giungere a fine mese, non può essere considerato un lavoro vero. Anche perché, per quanto io venda libri, nell'immaginario di molte persone, il negozio fa parte di quei lavori proletari di base: nessuno si augura che il figlio faccia il commesso, anche se lavorare in libreria non è come vendere tanga di pizzo.
 Così, pensando giustamente di farmi del bene, mi propongono concorsi su concorsi a cui partecipare. La cosa da una parte mi getta nello sconforto nero, dall'altra mi porta a pormi domande sul senso della vita: dove sto andando, dove andrò, che farò, il lavoro in libreria è un lavoro vero?
 "Un lavoro vero", la storia autobiografica di Madrigal è capitato a fagiolo in questo mio dramma tutto interiore (e capisco per chi un lavoro non ce l'ha, anche completamente inutile) e parte dal momento in cui lui si trasferisce dalla Spagna a Berlino per cercare di sfondare come fumettista. Sta lavorando da tempo ad un fumetto e cerca di proporlo agli editori durante alcune fiere, ma senza successo. Nel frattanto i soldi per la sopravvivenza berlinese finiscono. Siccome se non guadagni non è un lavoro vero e una storia invenduta è lavoro gratis e buttato nel cesso (anche se in realtà non lo è affatto), inizia a lavorare in uno studio che produce videogames e in effetti, agli occhi di tutti, fa proprio quello che voleva: disegna tutto il giorno. Ma non disegna più ciò vuole e il suo lavoro personale rimane fermo.
 Per un anno lavora, guadagna bene, ma si chiede in  continuazione: cosa fanno le persone con un lavoro vero coi soldi? Si comprano pezzi di torta, vanno al cinema, ma quando capiscono che devono fare un mutuo? E di ciò che si voleva fare prima che cosa resta? 
 C'è un momento in cui bisogna arrendersi e rinunciare a tutto? E' questo che vuol dire diventare adulti?
 Non vi dico come finisce la storia perché la graphic novel vale la pena di essere letta, ma siccome si tratta del cavallo bianco di Napoleone, potrete facilmente evincerne il finale. Inoltre, c'è anche una simpatica parte pseudoantropologica sul giovane italiano all'estero, visto che buona parte delle persone che lui conosce sono nostri simpatici connazionali emigrati in loco.
 Spero di non avervi tediato con questo post di dubbi, incertezze e perplessità esistenziali. Immagino che come tutte le grandi domande della vita anche le mie non abbiano una vera risposta, probabilmente tutto si risolverà da solo, in modo karmiko. Oppure rimarrò fregata o boh, ricorderò questi momenti con rimpianto. Lo dicono tutti. Speriamo.
Trovata su Internet. Pare che Madrigal fosse molto ottimista sul fatto di riuscire ad alzare il sedere dalla sedia durante il Lucca Comics, ma sia stato immediatamente dissuaso da questa speranzosa possibilità dal povero Zerocalcare...

7 commenti:

  1. mm sembra figo sto fumetto. lo cerchero'! grazie

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  2. AAA cercasi posto fisso, anche usato

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  3. Tuttavia, il 70% dei filosofi presi in considerazione sono francesi

    Fino a quale età della filosofia arriva? Secondo dopoguerra? C'è ad esempio Foucault? (Curiosità mia)

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    1. Sì sì, ci sono sia Foucault baby sitter che Sartre uomo senza amici. C'è Anche Lévi-Strauss...

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  4. Prova con R. Osborne, "Storia della filosofia a fumetti", Editori Riuniti, 2007; e se ti piace, anche "Le filosofie orientali a fumetti", dello stesso autore. :)

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