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sabato 31 maggio 2014

"Io e il mio responsabile". Lezioni di vita 1: "L'ascensore sociale parte II"!

Devo dire che non credevo ci sarebbe stata la curiosità di conoscere davvero il nesso tra Jennifer Lopez e l'ascensore sociale in Italia (ingenuità), visto che è sabato sera starete probabilmente bailando e bibiendo, ma eccovi la spiegazione.
Io e il mio responsabile. Lezioni di vita: "L'ascensore sociale parte II"



"Io e il mio responsabile". Lezioni di vita 1: "L'ascensore sociale"!

Ho già fatto apparire il mio responsabile (una persona diciamo particolare) in qualche vignetta. Viste le perle di saggezza che ama donarmi quotidianamente ho pensato, prima per scherzo, poi per meno scherzo, di inaugurare una sottosezione di vignette dal titolo "Io e il mio responsabile".
 In genere le perle migliori me le dona nel siparietto che si palesa tutte le sante volte che arrivano le novità: io mi lamento e lui entra in funzione pedagogica mostrandomi la giusta via dell'editoria e della vita. 
 Sostanzialmente abbiamo visioni della vita molto diverse.
 Per "Io e il mio responsabile": "L'ascensore sociale".




ps. La vignetta finiva meglio con la battuta e senza la spiegazione, ma se siete curios* di saperla ve ne renderò edotti.

giovedì 29 maggio 2014

Intervista a Gabriele Rubini aka Chef Rubio, noto alle masse per "Unti e bisunti"! Tra Vino, Dylan Dog, Ducasse e Murakami domande e risposte molto molto libresche!


Nel post di ieri raccontavo il mio sconvolgimento nell'apprendere l'esistenza di chef Rubio con appena un anno e mezzo di ritardo. Dopo aver visto praticamente tutte le puntate sul sito di DMAX e avendo appreso dell'uscita del fumetto su di lui, sull'onda dell'entusiasmo mi son detta, "Oh, proviamo a scrivergli per chiedere un'intervista".
 Come saprete se leggete il blog io non faccio spesso interviste. Un po' non sono capace, un po' mi perdo, un po' (la maggior parte delle volte) scrittori/disegnatori/fumettisti e via dicendo mi dicono che si faran risentire e niet nulla cosmico. 
 Il comune denominatore di quelle riuscite però è l'estremo garbo e celerità con cui le risposte mi tornano indietro.
 E' stato questo il caso di Gabriele Rubini aka Chef Rubio al quale ho spedito il mio pacchetto di domande non appena sono riuscita a trovare il suo introvabile fumetto "Food Fighter" ed. StarComics.  
Tuttora Frascati è da me nota
principalmente per lo vino bianco.
Oh tu lettore o lettrice del blog
(ma se sei lettrice etero o lettore gay mi pare strano che tu non ne abbia mai sentito parlare) che ti stai chiedendo chi mai sia costui, per amor di cronaca e informazioni ti riassumo che egli è: un giovine chef ex rugbista di livello proveniente dai castelli romani. Dalle mie parti i castelli erano famosi principalmente alle elementari per via di quell'istruttiva canzoncina sulle sagre del vino "Lo vedi ecco Marinoooo la sagra c'è dell'uvaaaaa" (che poi perché a un bambino di sette anni debba interessare l'abbondanza vinicola è un mistero). 
 Comunque, egli, abbandonata la carriera sportiva e divenuto uno chef di tutto rispetto, ha girato per il mondo per divenire infine il motore di "Unti e Bisunti", quel programma sul cibo di strada che per metà ti affascina perché scopri cose porcosissime e deliziose e per metà ti mette ansia perché temi che le di lui coronarie si intasino di grasso seduta stante.
 Fidatevi di una che non ha la tv, è un programma che vale la pena di esser visto, specialmente se i cuochi alla Cracco (ma anche alla provola Ruggiati) vi hanno un filino rotto le balls.

 Di seguito la sua gentilissima intervista a tema librario! 


Cosa leggevi da bambino?

Italo Calvino.
Le fiabe nordiche.
Dylan Dog.
Tira e molla.
Tolkien.

Sei un lettore forte?

Leggo molto.
Ora meno, un po' perché non ho più tempo per me, un po' perché mi si richiede un continuo e molteplice dispendio di tempo ed energie.

Hai un genere letterario favorito?

No. Mi piace leggere di tutto.
Però i romanzi storici , gli autobiografici, i reportage o le favole moderne raccontate da Murakami sono quelli che al momento mi catturano di più.

 Col programma “Unti e Bisunti” giri molto. Hai un libro che porti sempre con te?

Giravo. Ora la serie è finita e ho altri impegni per cui ogni tanto riesco a leggere.
Quando ero in giro comunque, anche se cercavo di portare con me dei libri, alla fine non riuscivo mai ad aprirli. Tra le mail a cui rispondere durante i transfer, e le 13 ore medie al giorno di riprese, finiva che non avevo né energia né la testa per leggere.

 E-reader o carta stampata?

Carta stampata per tutto ciò che è lettura impegnata e interessata. Tutto il resto per brevi assaggi furtivi.
So che, anche per ragioni ambientali, sarebbe bene cominciare ad entrare nell'ottica degli ebook, ma sono un romantico e la carta, per me, ha ancora il suo fascino mentre scorre sotto le dita.

Attualmente ogni casa editrice mette in catalogo almeno un libo di cucina (anche quelle più militanti), da cosa credi derivi questo enorme interesse attuale per il cibo?

Dalla disperazione inconscia di recuperare ciò che si è perso negli anni in materia di cibo. Sono rimasti in pochi quelli che fanno ancora la differenza in quest'ambito. Come, ad esempio, Marino, il bibliotecario dal carattere burbero dell'ALMA che sa consigliare in maniera saggia e sapiente quali libri e autori di cucina seguire o meno. Ne sa più di chiunque altro in materia, ha un carattere non facile ma è una bomba.
Non ci sono nuovi Artusi purtroppo, ma del resto se anche ci fossero, probabilmente non ci sarebbe lo spessore morale per apprezzarlo.

Un libro e/o un autore che vorresti assolutamente consigliare?

James Frey, "In un milione di piccoli pezzi".
Efraim Medina Reyes, "C'era una volta l'amore ma ho dovuto ammazzarlo".
Haruki Murakami, "Kafka sulla spiaggia".

E' stato creato un fumetto a tema spystory con te protagonista. Puoi parlarci del progetto? Com'è nato? Ci saranno altri numeri? Quanta parte hai avuto nella stesura dell'idea e della sceneggiatura?

Ho ricevuto la chiamata alle armi e prendendo la cosa un po' alla leggera ho dato il consenso.Poi, quando mi sono reso conto che la casa editrice faceva sul serio, mi sono sentito maggiormente chiamato in causa ed ho espresso la mia opinione riguardo contenuti e taglio.
Di lì il super team (testi di Diego Cajelli, disegni di Enza fontana ndr) che l'ha prodotto, ha fatto un lavoro eccellente creando un piccolo capolavoro da levigare. Come fumetto ha, secondo me, un potenziale pazzesco, ora sta ai lettori mostrare l'indice di gradimento. Qualora fosse alto si partirebbe secondo me con un'altra avventura, ma anche questa sarà una decisione corale e non da prendere ora. In linea di massima non escludo nulla.

Nel fumetto, i “buoni” sono un gruppo uscito paro paro da un centro sociale. Devo dire che vedendoti in tv avevo inconsciamente intuito che avessi una certa affinità col genere. E' un mondo da cui, negli ultimi anni, sono usciti artisti di talento, come Zerocalcare ed Elio Germano. Pensi che sia casuale o vi siano delle motivazioni più profonde?


Apprezzo chi si sbatte per il sociale chi lotta per le cause giuste e per i più deboli. Condanno fermamente gli abusi, di qualsiasi genere essi siano.
Esser affiancato anche se solo nella domanda a due artisti del genere mi fa sentire in forte imbarazzo e un po' fuori luogo.
Però nel mio campo faccio quello che Zerocalcare ed Elio fanno nel loro

In libreria la sezione dedicata alla cucina ormai straripa. Compri mai qualche libro sul genere? 

No quasi mai. In passato sì.
Di recente non mi è mai capitato se non all'estero per prendere qualche spunto da chef locali. Ho comprato, in passato, qualche libro di Hervé This chimico francese e libri di chef o ristoranti come il NOMA o Ducasse.

Un libro di cucina che ogni persona incapace, ma volenterosa di imparare dovrebbe avere in casa?

"I SEGRETI DELLA PENTOLA" di Hervé This.

Posso chiederti qual è l'origine del tuo amore smodato per le frattaglie?

Io amo tutto, frattaglie incluse.
Mi attraggono particolarmente per il loro gusto unico e complesso che lascia il segno ogni qualvolta lo si assapora.

Progetti libreschi e non prossimi venturi?

Se mai avrò tempo in futuro e, qualcuno vorrà sapere un po' di più del sottoscritto che non riguardi la cucina, mi farebbe molto piacere scrivere qualcosa.
In fin dei conti ancora non sento totalmente miei i libri scritti finora, perché, per un motivo o per un altro, sono stati tutti frutto di un lavoro corale.

Ed io come ben sai viaggio solo.

 Buone letture e buona visione. Se non lo conoscevate, ma l'intervista e le foto in rete vi han fatto venire voglia di vedere 'sto benedetto "Unti e Bisunti" sappiate che va in onda ogni Lunedì alle ore 22 su DMax (canale 52 del digitale terrestre). Non ve ne pentirete!
 (E se no fate come me e internet! E se no esiste il libro "Unti e Bisunti" ed. Sperling & Kupfer"!).

mercoledì 28 maggio 2014

Cibo, ricette e militanza. Tra Sartre, chef Rubio e Marinetti, tre libri per ricordarsi che ciò che se magna non ti rende più fico, ma sicuramente potrebbe renderti una persona migliore.

Non avere la tv rende lievemente aborigeni. 
 Nel senso che si può campare benissimo, anzi molto meglio, anche perché passata una certa età, a meno che non si abbia un gruppo di amici Mariadefilippidipendente raramente si incappa in un: "Oh, ma l'hai visto ieri sera questo?".
Finalmente qualcuno che ha capito a cosa serve il cibo:
a mangiarselo!
 Probabilmente per questo avevo potuto ignorare a lungo l'esistenza di Chef Rubio, un mio quasi coetaneo quasi proveniente dallo stesso luogo geografico. Durante l'ultima Pasqua, tornata a casa e in possesso di una tv, dopo aver tracannato una dose di "Il mio grosso grasso matrimonio gipsy" ecco che cambio canale e mi ritrovo in un mondo di unto, ciccia, tante frattaglie e finalmente nessun Cracco che mi fisso torvo credendosi fraccavolo da Velletri perché sa combinare l'uovo marinato col sangue col paté d'olive della Patagonia.
 Non avevo molta voglia di mettermi a vedere l'ennesimo programma di cucina, ma c'era qualcosa di stranamente coinvolgente nell'atmosfera. Gente di strada, cibo buono e non pretenzioso, addentamenti senza forchette d'argento e dei sani "vai a quel paese" che è quello che mi verrebbe da dire ogni tanto ai numerosi che ormai hanno preso l'insana abitudine di rimandare indietro il cibo quando si mangia fuori. A meno che non ci sia qualcosa di PALESEMENTE storto, educazione impone che te magni quello che ci sta, poi torni a casa lo sconsigli a tutti i tuoi conoscenti, fai recensioni roventi su trip advisor e non ci torni mai più neanche sotto tortura. Contribuivi insomma al suo fallimento, ma spedire indietro il cibo anche no.
Sartre ti chiedo umilmente perdono per averti citato
Rapita, ho fatto qualche ricerca scoprendo che chef Rubio andava in giro da almeno un anno di trasmissione, era un idolo delle folle internettiane e aveva anche scritto   qualche libro: uno di ricette da cuoco vero, uno ispirato alla trasmissione "Unti e bisunti" e che era in uscita un fumetto sulla sua ibrida figura cuoco/rugbysta (e da quel che dicono le amiche di mia sorella e il web in generale pare sia una combo erotica particolarmente riuscita) ed era protagonista di un fumetto a tema spy-story.
 In esso, egli eroico cuoco rugbysta dai sani valori alimentari si ritrova a combattere una megamultinazionale che possiede una gigantesca catena a metà tra un fast food e una sorta di incubo vegano in cui qualsiasi cosa è composta da soia. Ad aiutarlo, oltre ad una scienziata molto gnocca (sospettosamente in verità simile a Belèn), un gruppo di cuochi militanti uscito paro paro da un centro sociale, con tanto di agguerrita ex inclusa.
 Il rapporto tra industria del cibo e alimentazione, chimica e gusto, rapporti di potere tra multinazionali potentissime (come la Monsanto) e contadini, rende il cibo e la cucina pratiche molto più militanti di quel che non si crede. 
 In un celebre episodio Aron smosse l'animo filosofico di Sartre indicando un drink: "Se sei un fenomologo", gli disse, "puoi parlare di questo cocktail ed è filosofia". Parafrasandolo: "Se fai politica militante, puoi parlare di cibo ed è militanza".
  Per provare che il nesso esiste senza ricorrere a libri sulle ecomafie ho scelto per voi tre testi graziosi, divertenti e molto istruttivi! Let's go!

"CUCINA DI GUERRA" ed. Stampa Alternativa di Giancarlo Ottaviani: 
.Pare che l'inquietantissimo Carneplastico fosse
fatto così. Evito di dire cosa mi sembra e aggiungo
che sì, il fascismo era machista pure in cucina
E' un interessante libretto che racchiude ricette e consigli per massaie e cuoche all'epoca della seconda guerra mondiale, quando, tra autarchia e povertà, scarseggiava tutto e bisognava inventare il cibo. Si inizia con il Manifesto della cucina futurista che io misconoscevo. Tale manifesto, opera di Marinetti, esalta la cucina come arte e lancia un'invettiva contro la pastasciutta, rea di ingozzare e non nutrire atque di fiaccare gli entusiasmi rendendo gli uomini meno vivaci e ignavi (boh). 
 Seguivano ricette futuriste il cui top era il CARNEPLASTICO una specie di tocco di kebab mignon ripieno di verdure poggiato su delle sfere di pollo e ricoperto di miele (lo ammetto non ho capito come si cucinava). Pare che all'epoca spopolasse nei posti giusti.  
Il resto del libro è all'insegna delle ricette di Bice Visconti e dell'allora mitica Petronilla, pseudonimo di Amalia Moretti tra le primissime donne medico in Italia, con doppia laurea, a lungo punto di riferimento delle famiglie bene e dei poveri di Milano che curava gratis. Le ricette consigliate fanno larghissimo uso di uova, suggeriscono escamotage per risolvere la mancanza di zucchero per le marmellate, di burro, di olio per le insalate. Si mangiavano all'epoca cicoria al sugo, finta crema fatta con la zucca, lamponi ricoperti di albumi montati a neve al posto della panna e non si buttava davvero via nulla, neanche l'olio usato e riusato, sempre più raro e sempre buono per insaporire intingoli di nulla. "Noi affermiamo questa verità: si pensa, si agisce e si sogna secondo quel che si beve e si mangia", diceva Marinetti consigliandoci un buon Brodo Solare.

"LA PARMIGIANA E LA RIVOLUZIONE" di Daniele de Michele aka DonPasta: 
"Cucinare è un atto politico. Lo è la parmigiana di mia nonna fatta solo in Agosto con le melanzane di stagione. Può esserlo evitare di comprare creme fosforescenti spacciate come pappe per bambini. Dal momento in cui si produce, si trasforma, si vende, si compra, si cucina, si mangia, ogni passaggio domanda scelte".
 Così inizia questo libro sulla cucina come pratica militante. 
 Lo ammetto, l'introduzione in cui l'autore mi informa che era un economista-dj non mi aveva proprio ben disposto nei suoi confronti, temevo fosse uno di quei fricchettoni ricchi che vivono nel loro mondo fatato di prodotti biologici, tanta rivoluzione che poi la sera si torna nell'appartamento di proprietà arredato dal papì. Non ho in realtà dissipato le nebbie al riguardo, ma il libro è un grazioso mix di ricordi personali, riferimenti musicali e piatti adatti ad ogni evenienza militante. Dal biologico, agli OGM, dalla lotta al Caporalato nel ricordo della strage di Rosarno all'interculturalità che in cucina diventa più facile e comprensibile, ci sono solo ricette semplici e senza ingredienti assurdi. Pasta e fagioli, Sartù di riso, frittata di pasta e cotognata. Anche qui se parla come se magna e viva la revolucion!

CUOCHE RIBELLI. La cucina impudica. La cuoca di Buenaventura Durruti. La cuoca rossa. 
Questo corposo volume della DeriveApprodi raccoglie i tre diari ricchi di ricette di tre donne ugualmente anonime. Tommaseo scriveva: "Si divertono a scrivere anonimi per informare impunemente" e considerando che in fondo potrebbe essere anche la hit di questo blog, direi che aveva pienamente ragione. 
 Il primo diario, ritrovato in allegato ad un libercolo di pasticceria su una bancarella, apparteneva ad una misteriosa cocotte francese degli anni '19-'31 ed è ricco di aneddoti sui tempi che cambiano e la vivace vita culturale e politica della Parigi dei tempi.
 Il secondo è a mio avviso il più interessante, si tratta infatti di una serie di vicende personali incalzanti sulla guerra civile in Spagna. L'autrice, il cui nome di battaglia è Nadine, è una ragazza normale interessata alla cucina e alla politica che verrà coinvolta nella guerra civile spagnola. La fame, le battaglie, i ferimenti, le sconfitte si legheranno ai vari piatti di fortuna che di volta in volta è costretta a preparare per sfamare lei e i compagni. 
 L'ultima ragazza è la "cuoca rossa" studentessa della Bauhaus e militante di una cellula spartachista all'epoca della repubblica di Weimar. Con altri ragazzi rilevò un ristorante e tenne questo diario ricchissimo tra il 1932 al 1939. Il curatore si riferisce alle sue ricette come differenti dalle altre due in quanto nordiche. Non è così vero: in tempo di fame i piatti poveri gira che ti rigira son sempre gli stessi. Il suo diario fu ritrovato nel 1970 in un lotto in vendita presso  la storia libreria Pinkus di Zurigo, importante centro nevralgici per gli anrchici e i movimentisti d'Europa. 

 Di tutti e tre ammetto che, forse influenzata dalla scoperta del burro autarchico e del pollofiat, il primo libro è il mio favorito.
 E voi? Avevate mai pensato al cibo come pratica militante? Conoscete altri libri affini?

ps. Rimanete sintonizzati su questi schermi che domani GRANDE sorpresa!

martedì 27 maggio 2014

"Clienti particolarmente strani che spassano per la libreria", un fumetto di inquietanti situazioni in libreria.

Come ho detto in più occasioni, le librerie e le biblioteche attirano un numero di persone diciamo un po' strane superiore alla media.  La teoria esposta dal mio professore all'università (e riportata nel fumetto) al riguardo, mi è sempre parsa molto convincente. Pensate che esageri? Ecco per voi una bella carrellata di inquietanti situazioni realmente avvenute. Peraltro quelle DAVVERO più inquietanti ho deciso infine di ometterle. Me ne siete grati anche se non sapete quali sono.
 Buon fumetto a tutt*!



lunedì 26 maggio 2014

"L'incolore Tasaki Tsukuru e il suo anno di pellegrinaggio", il dolore e il rimpianto per le cinquecento catenelle che si spezzano in un secondo. L'amicizia e il dolore che non viene raccontato perché così è la vita.

Svariato tempo fa scrissi un post sul mio amore per Haruki Murakami
 Diventato idolo delle sciure suo malgrado e sbandierato in ogni dove da Renzi che si veda che anche lui è cool e alla moda, vivevo e vivo tuttora i drammi della fan underground tradita. Iniziai infatti a leggerlo per puro caso ormai vari anni fa, all'inizio delle superiori, con un'edizione vecchissima di "Tokyo blues Norwegian wood" della Feltrinelli e ho continuato a seguirlo religiosamente contribuendo a diffonderne il verbo tramite regali qui e lì ai miei amici (e non ho ancora finito di regalarlo perché proprio in questi giorni mi è venuto in mente una nuova vittima). 
 Devo dire però che la lettura molto molesta del molestissimo "1Q84" ha messo a dura prova la mia fedeltà. Non so a cosa si debba attribuire questo romanzo, potenzialmente interessante e obiettivamente una catastrofe, ma a occhio direi che la millantata candidatura al Nobel del nostro amato giappo, avesse convinto i suoi editori in patria a non mettergli un editor alle calcagna.
  Considerando che il protagonista della storia E' un editor, si tratta di un paradosso quasi matrioskesko: un editor che edita un libro potenzialmente bellissimo, ma scritto male, è il protagonista di un libro potenzialmente bellissimo, ma scritto male e senza editor. Chi lo sa, magari tra qualche decina di anni scopriremo pure che Haruki lo ha fatto apposta e grideremo al genio. Fatto sta che, malgrado il battage pubblicitario dell'Einaudi che lo pubblicizzava come un libro meraviglioso, fantastico, viaggi tra i mondi, fucilate nel cuore e retorica varia ed eventuale (io vorrei dire a chi scrive le quarte di copertina che più aggettivi mettete meno un libro sembra credibile), il libro era il classico topo partorito dalla montagna. 
Partiva anche bene, ma poi metti carne al fuoco lì, ripeti settanta milioni di volte gli stessi concetti e le stesse spiegazioni là, ad un certo punto la trama si era incartata talmente tanto che o arrivava il deus ex machina e saltava in aria tutto oppure finiva nel modo più banale possibile. Haruki, non senza averci deliziato con delle scene di sesso agghiaccianti piene di peni in erezione perenne e ineluttabile, preso da un probabile panico da trama ormai ingarbugliata all'inverosimile, giustificava tutto piazzando una scala strategica al punto giusto, tanto ammmore e via. 
 Ero molto timorosa perciò nel prendere tra le mani la sua nuova opera "L'incolore Tasaki Tsukuru e il suo anni di pellegrinaggio". Avevo paura di varie cose:
1) Il titolo giapponesizzante che preludeva descrizioni in slow motion di fiori di loto e susuki argentati (bellissime per carità, ma anche no).
Grazie a quel libro ormai migliaia di persone sussultano
alle parole "Little People". Ho trovato questo libretto
agghiacciante mesi fa e non ho potuto non fotografarlo.
2) La possibilità che fosse un racconto diluito fino al limite delle sue possibilità dalle case editrici affamate di best seller.
3) La possibile "sindrome Yoshimoto", ossia il tragico momento in cui l'autore delle opere passate e di quelle attuali non sembra neanche più lo stesso.
 In nome del nostro antico amore l'ho comunque preso e... ho fatto bene!
 E' chiarissimo che questa volta qualcuno è stato messo alle sue calcagna a tagliare qui e lì e non solo perché il libro è ben corto per i suoi standard, ma soprattutto perchè a parte due o tre casi, Murakami evita di ripeterci la trama riassunta dall'inizio manco fossimo una casalinga che si è collegata all'ultima puntata di "Beautiful" di colpo.
La storia parte da un tema caro a molti scrittori: gli amici che si hanno in quell'età particolare che è l'adolescenza. Nella vita si affrontano molte difficoltà, molte buriane e tanti eventi, ma è vero e strano, gli amici che si conoscono da bambini e da ragazzi rimangono sempre speciali. E' come se grazie a loro si potesse rientrare in qualsiasi momento in una sorta di mondo perduto, come se ci fosse data la possibilità di tornare indietro di anni in un secondo. Sono speciali perché, in un qualche modo, rappresentano il nostro unico legame in carne ed ossa con quelli che tanto tempo fa siamo stati.
 Tsukuru, ingegnere civile (credo almeno, come si chiamano gli ingegneri che costruiscono stazioni dei treni?), durante il liceo aveva quattro amici strettissimi: due maschi e due femmine. Fu l'unico però che dopo il diploma decise di laurearsi in un'altra città e, se dapprima tutto tra loro rimase uguale, un giorno tornò a casa per una vacanza e e scoprì che nessuno di loro voleva più parlargli. Infinite telefonate dopo una delle due ragazze gli comunica glaciale che non dovrà mai più farsi sentire, è bandito per ciò che ha commesso. Poi il silenzio.
 Tsukuru non solo non ha la più vaga idea di cosa avrebbe fatto, ma davanti a quel rifiuto rimane così scioccato da cambiare letteralmente pelle. Dimagrisce, muta, diventa un'altra persona e nella tristezza di chi viene escluso, non riesce più ad avere legami forti con nessuno, amici o amanti che fossero.
 O meglio, riesce ad avere di nuovo un amico, ma anche lui viene inghiottito in una di quelle assurde storie che Murakami infila senza soluzione di continuità in tutti i suoi romanzi. Uno segue la trama poi pam ecco "l'episodio monaca di monza" ossia quella storia che esula dal contesto, non è funzionale alla storia, ma boh viene ficcata dentro non si sa se seguendo un macroschema che prima o poi Murakami ci svelerà o così a far colore. 
 Fatto sta che passano gli anni e il mistero di quel rifiuto non viene svelato. Sarà solo quando la nuova fiamma di Tsukuru, l'avvenente Sara, pretenderà che si liberi dai fantasmi del passato che finalmente la verità verrà a galla. 
 Considerando che Tsukuru, benché solo, è molto umano e sensibile, che le scene di sesso sono poche e la trama è quasi risolta in se stessa, si nota una certa volontà del caro Haruki di voler scrivere una storia molto più leggera e con meno pretese. Forse l'assenza di pressioni gli ha concesso maggiore scioltezza e, senza raggiungere le altezze di "Norwegian wood", è riuscito a raccontare quel particolare momento della vita in cui ci si stacca dalla propria infanzia e da casa senza che se ne possa quantificare il dolore. 
 E' interessante sia la scelta del tema, sia il modo (ovviamente murakamesko) con cui affronta la questione: come se la quantità di dolore provato fosse davvero enorme, davvero importante. E' un trauma, secondo me grandissimo, ma effettivamente molti lo ridimensionano dicendo solo che è la vita che va avanti, è così, lo è sempre stato, sempre lo sarà.
 Non accade a tutti, ma a chi è accaduto riconoscerà quelle famose "cinquecento catenelle che si spezzano in un secondo e non ti bastano per piangerle le lacrime di tutto il mondo" come cantava De Gregori ricordando una sua lontana amica  e un tempo che non può tornare.
 L'incolore Tsukuru, malgrado il suo titolo da storiella zen, merita di essere letto per rielaborare quella zona che rimane per sempre grigia nella vita, il distacco tra quello che avremmo potuto diventare, le infinite possibilità che sarebbero potute essere e ciò che la vita ha fatto realmente di noi.

E se volete farvi un'idea dell'atmosfera invece di guardare il Booktrailer ascoltatevi "Caterina" di De Gregori, che la vita lo sai non è comoda per nessuno, se vuoi gustare fino in fondo il suo profumo.


domenica 25 maggio 2014

Cose realmente avvenute! Me l'hanno giurato! "Il misterioso caso dei minatori scomparsi".

Ed ecco la seconda vignetta del contest "Cose realmente avvenute! Lo giuro!" lanciato su fb.
La libraia vittima dello strafalcione ci ha tenuto a sottolineare che, peraltro, per lungo tempo, una sua collega aveva creduto i libri della signora in giallo scritti effettivamente da Jessica Fletcher (non so immaginare se nella veste di Angela Lansbury o se un varco spazio-temporale avesse permesso ad un personaggio fittizio di catapultarsi nel mondo reale e lasciare dei tomi scritti di suo pugno).
 Visto che ho dovuto immaginare, ho dato alla cliente strafalcionante le fattezze di una di quelle tipiche donne che la mattina alle nove non solo sono vestite e truccate di tutto punto senza mostrare un segno di stanchezza che è uno, ma in genere sono bardate come una casalinga perfetta anni '50 inamidata ed elegantissima. Immagino sempre schiere di colf ai loro servizi, nel caso non le avessero hanno tutta la stima di una che come me la mattina si accorge di essere viva solo verso le 11 (cioè mi sveglio molto prima, ma prendo conoscenza effettiva verso quell'ora, non vi dico il dramma quando avevo compiti in classe alla prima ora, scrivevo i temi in stile "scrittura automatica").
 Forza! "Il misterioso caso dei minatori scomparsi"!


venerdì 23 maggio 2014

Il connubio di inizio estate: horror vintage ed elezioni. Quando starsene rinchiusa in una stanza caldissima con 7 estranei a registrare anziani nel nulla catalizza la tua voglia di gotico.

La fine di Maggio e l'inizio di Giugno sono da vari anni, per me, indice di due sensazioni che si intrecciano fatalmente con l'inizio dell'inquietante calura estiva (per cui ho sempre avuto poca passione, ma viste le primavere di questi ultimi due anni inizio ad apprezzare): le elezioni e i libri horror.
 Ora, può essere anche a livello inconscio io attribuisca loro un nesso di un qualche tipo, ma nella pratica per me sono stati sempre un connubio talmente elevato, da non poter essere replicato in nessuna stagione dell'anno.
 Alcuni pensano infatti che la stagione migliore per leggere storie di fantasmi sia l'inverno, con la pioggia, la neve, il vento che soffia (c'è da dire che da alcune parti, tipo dove sto io ora il vento non soffia mai), il buio che cala praticamente all'ora di pranzo. Io sono sempre stata della scuola opposta: è il caldo, secondo me, a portare l'orrore. Quella calura che ti impedisce di pensare e sei sul punto di impazzire, le cose che improvvisamente sembrano così vivide da prendere vita, la luce talmente accecante da avere qualcosa di innaturale, le città deserte, la canicola che ti opprime come una mano serrata. 
 Chiunque sia stato costretto a starsene ai seggi elettorali sa benissimo che, specialmente in paese e specialmente durante i referendum, si possono passare ore in balia del nulla cosmico. Per anni io sono stata spedita in una frazione disabitata e dimenticata da dio, dove non c'era neanche il bar per il caffè, i carabinieri erano sull'orlo del suicidio e, dopo ore, pure noi. Mi ricordo ancora la grande innovazione del ministero degli interni che pretendeva i dati in tempo reale e ci aveva spedito un povero tecnico che si ritrovò costretto a salire sul tetto della scuola di musica nel niente in cui ci trovavamo, cercando disperatamente di attivare la connessione internet. Ebbene, in questo quadretto da dieci piccoli indiani, sfilavano solo anziani dallo sguardo torvo e vecchie che rimanevano rispettosamente due passi dietro al marito. Sembrava di essere finiti in un altro secolo.
 Probabilmente il mix di questa speciale condizione, con gli anni mi ha sospinto a portarmi ai seggi libri sempre di un certo tipo e, per associazione, anche ora che non mi chiamano più, a leggerli appena scattato il momento fatale. Trattasi delle storie horror ottocentesche.
 Non è che io abbia qualcosa contro l'horror moderno, semplicemente non mi piace. Lo trovo eccessivamente splatter, eccessivamente contaminato da altri generi, molto più angosciante che inquietante. Per dire, io ho letto pochissimo Stephen King perché più che la suspance a me veniva la nausea.
 Visto che sto qui che fremo per andare in libreria a cercarmi qualcosa di adatto (e comunque quest'anno è capitata a fagiolo l'inaspettata serie di Grazia Verasani, forse il fatto che abbia visto "Quo vadis baby?" a giugno non è casuale), ho pensato di condividere i miei must della stagione.

LOVECRAFT:
E' lui il principe delle mie estati. Iniziai anni fa con una raccolta della Newton di vari anni fa intitolata "Racconti agghiaccianti" e la finii d'un fiato durante non so quale tornata elettorale. Da quel momento in poi ho collezionato una serie di raccolte il cui problema principale è che, essendo fatte senza un vero criterio, hanno una barca di doppioni. Devo ammettere che di lui amo molto di più i racconti slegati dal ciclo di Cthulhu come "Il colore dallo spazio" o "La cosa sulla soglia". Leggere in piena notte d'agosto dei ratti che corrono nei muri, quando praticamente la casa, immersa nel silenzio di chi è in vacanza, canta da sola con continui scricchiolii, basta a far accapponare la pelle. "L'Orrore a Red Hook" e i non-morti di "Herbert West. Il rianimatore" in agosto sembrano incendiarsi e camminare fuori dalle finestre che siamo costretti a tenere socchiuse per non morire di caldo. I morti si risvegliano col fuoco.

LE FANU-SHELLEY-STOKER e company:
Ci sono sempre dei classici che rimangono indietro, cose che inspiegabilmente abbiamo evitato di leggere per anni.
 Se avete mancato "Dracula", "Frankenstein" o "Carmilla", questa è la stagione per recuperare. Di Le Fanu, consiglio, prendete il racconto singolo, che gli altri sono palle epiche, ma prendetelo: Carmilla è un piccolo gioiello in cui le ragazze "sono bruchi mentre vivono nel mondo e diventano farfalle quando viene l'estate...". L'amore e la morte, di solito due concetti banalmente accostate si uniscono invece in questa perla in un connubio di raro fascino. Anche Shelley e Stoker non tradiscono.
 Sul libro della Shelley poi, grava quasi una cospirazione di eventi. Tutti sanno che scrisse il suo libro durante una vacanza in svizzera in un gioco letterario nel quale ognuno dei presenti avrebbe dovuto scrivere una storia di fantasmi.
 Ebbene, l'anno scorso, tormentata dalle continue piogge e dal clima orrendo, mi feci una cultura di meteorologia e scoprii che quel gioco avvenne a causa della peggiore estate della storia, in cui non fece che piovere e gelare. Tanto che quell'anno viene ancora ricordato come "L'anno senza estate". Un libro che nacque quindi sotto i più raggelanti auspici.
 In questi giorni, per il mio diletto estivo ho adocchiato anche "Prima di Dracula. Rare storie di vampiri dell'ottocento" a cura di  Fabio Giovannini ed. Stampa Alternativa. Vediam.


EDGAR ALLAN POE: 
Poe è da leggere in estate. L'oscurità dei vicoli deserti incute un terrore che rimbomba nella lettura dei delitti della via Morgue, i miasmi dei giardini dove si tenta disperatamente di leggere infestati dalla calura riescono a rendere selvaggia anche la più moderna delle città.
  C'è qualcosa di selvaggio che percorre le storie di Poe, l'elemento sovrannaturale che distrugge la normalità e sovverte la natura. Lo stesso che trova posto nelle crepe estreme dell'estate, quando ci sentiamo sciogliere sul materasso, come se lasciassimo un'impronta. Quest'anno ho intenzione di leggere una sua biografia, pare ne giri ancora una di Julio Cortazar. Vista la mysteriosa fine che fece, credo sarà una buona sostituta dei suoi ormai rilettissimi racconti.

DYLAN DOG:
Non leggo molti fumetti ultimamente per ragioni economiche. Io lo so che poi mi appassiono e come una drogata non riesco più a smettere (mi è già successo in passato coi manga). Dovrebbero esistere dei negozi come quelli di cui ci dà conto "Una vita ai margini": fumetterie/biblioteche dove paghi il noleggio un minimo e poi riporti. Io ne sarei un'assidua frequentatrice. Comunque in estate faccio un'eccezione e compro Dylan Dog. Il grande pregio di questo fumetto, di cui ho letto con terrore che subirà un restyling, è proprio quello di avere un'ambientazione pseudomoderna eppure ottocentesca. Il protagonista è bianchissimo, asociale e quasi vampiresco, il suo fido assistente un fool perfetto, ha una sua etica, indaga nel dolore umano e sì è splatter, ma senza che il protagonista se ne compiaccia, anzi. Tutto quello che Dylan Dog ha è il suo sesto senso. Se lo si mettesse in storie ambientate duecento anni fa risulterebbe perfettamente convincente.
  Una china gli occhi sulle sue storie in una spiaggia affollata di gente tatuata e smutandata e quando rialza la testa, si rende conto che il mare è popolato di mostri. Noi.

DA EVITARE CON CURA:
M. R. James
Convinta da Lovecraft, che lo adorava, della sua bontà, l'anno scorso mi comprai una raccolta di racconti di Montague Rhodes James, un professore universitario noto per le sue storie di fantasmi. Il suo must era un mysterioso oggetto antico la cui scoperta scatenava letteralmente l'inferno. Penso di aver letto rarissimamente una cosa tanto pallosa. Non cadeteci! Salvatevi voi che potete! Ho regalato l'orrore alla biblioteca prima che ho potuto.
 Idem per Sheridan Le Fanu. Piena di ardore per "Carmilla", presi i racconti: antiquati, ampollosi e noiosi. Mollate il colpo.
 Idem per Hoffmann. "Der Sandmann" è un capolavoro, il resto noia pura.


E voi? Qualcun altro condivide questa mia passione per gli horror vintage in estate? 

giovedì 22 maggio 2014

Fratelli coltelli o fratelli tenerelli? Quando lo scrittore ha un fratello e/o una sorella a sua volta scrittore: sorelle che si rimboccano le maniche, drammaturghe sottovalutate, legami simbiotici e perenni dubbi matrimoniali.

Il film di Verdone "Io e mia sorella" ti fa passare qualsiasi
voglia di dare un congiunto al tuo unico amato bambino.
 In "Una stanza tutta per sè", per rendere un'idea dello svantaggio social-culturale di cui erano vittime le donne, Virginia Woolf  inventava una sorella per Shakespeare.
 Essa era brillante e talentuosa quanto lui, ma, in virtù del suo sesso, le veniva impedito lo studio e imposto matrimonio con figliolanza. Mandare avanti una famiglia poco si conciliava con le aspirazioni letterarie, perciò giocoforza, questa sorella smetteva di scrivere e amen, nessuna favolosa storia sgorgava dalla sua penna, nonostante il talento.
 In questo caso la sorella era un personaggio fittizio, ma, nell'epoca pre-figlio unico era raro non avere una schiera di sorelle e fratelli (spesso e volentieri provenienti anche da primi, secondi e terzi matrimoni di genitori che rimanevano vedovi con molta più facilità) e gli scrittori non facevano certo eccezione. I legami che si intessevano tra di loro erano, a causa del genio, molto più complessi della già complessa media: alcuni se ne morivano di invidia, altri rimanevano nell'ombra seppur bravissimi, altri ancora vivevano legami simbiotici di tipo sospetto (alcuni come Byron andarono anche oltre il sospetto), altri saggiamente si dedicarono ad altre arti.
 Poichè i clienti che chiedono libri con argomenti macroscopici come "la terra" insegnano che se si vuole dare senso ad un tema, bisogna circoscriverlo, ho deciso di dedicare questo post ai legami fratello-fratello/sorella/sorella-sorella in cui entrambi sono scrittori, ma in genere (non sempre) uno è più famoso dell'altro.


SORELLE BRONTE: 
Caso più unico che raro nella letteratura, le tre sorelle Bronte, Emily, Charlotte e Anne , non solo disponevano di un talento ugualmente straordinario (poi ognuno ha la sua preferita, la mia è Charlotte), ma fagocitarono l'unico fratello maschio, di cui si ha memoria solo grazie alle biografie ad esse collegate. Figlie di un reverendo che si confinò nella brughierà più gelida e profonda, morirono tutte discretamente giovani, eppure fecero in tempo a dare alle stampe un capolavoro a testa.
 Ricordo con quanta meticolosità, leggevo la biografia cronologica di Emily messa a prefazione su una vecchissima edizione di "Cime tempestose" che lessi temo troppo presto (prima media). La trovai molto più affascinante e stimolante del libro in sè che, all'epoca, non mi disse assolutamente nulla. Una cretina sposa uno che non ama, ma rimane per sempre innamorata di un violento. Il tutto nella brughiera.
 Credo dovrei rileggerla, potrei scoprire che la trama era ben altra. All'epoca mi sedussero con la storia del fantasma di Catherine che appare nella parte iniziale: una tredicenne parte convinta di leggere una storia di fantasmi e finisce in un dramma amoroso sturm und drang. In effetti potevo anche non apprezzare.

FRATELLI GRIMM: 
Mentre in altri campi (uno per tutti la regia) le collaborazioni tra fratelli sono molto frequenti, la narrativa, probabilmente per la sua natura molto individualista e solitaria (eroi, per me, quelli che riescono a scrivere a quattro mani non so come facciano), non offre molti esempi. Uno dei più celebri, se non il più celebre, è l'opera dei fratelli Grimm. Nati con un anno di differenza, Jacob e Wilhem avevano, come spesso accade ai fratelli, caratteri complementari: più riservato il primo, più gioioso il secondo. Entrambi molto istruiti e versati nella linguistica, stilarono la raccolta di fiabe che tutti conosciamo, fino ad allora in balia della trasmissione orale. Non erano allora le fiabe (solo) affare per bambini e infatti persino oggi le loro raccolte se ne stanno ben cariche di horror, strane perversioni sessuali, mostri, streghe tremende e punizioni da inferno dantesco, ben salde sugli scaffali della narrativa per adulti. Disney e compagnia bella consegnano alla plebe solo il pallido riflesso di quel che i due fratelli che vissero insieme fino alla morte, hanno consegnato alla storia.

CHRISTINA ROSSETTI: 
Altro caso di quartetto di talentuosa progenie, fu essa la sorella del pittore preraffaellita e scrittore Dante Gabriele Rossetti. Nati in una di quelle famiglie politicamente e intellettualmente impegnate dove il meno acculturato ha scritto sedici libri in aramaico, come tutti i bravi artisti avevano difficoltà economiche varie ed eventuali che, nel suo caso, la portarono ad avvicinarsi alla sfera religiosa. Divenne un'importante poetessa che pur riuscendo meglio nelle liriche amorose, deviò un po' troppo sul tema devozionale. La sorella di Leopardi l'avrebbe randellata in abbondanza: graziosa, mandò a monte ben due matrimoni niente male a causa delle sue inossidabili convinzioni religiose. Chi ha i denti non ha il pane...

STANISLAO JOYCE: 
 Uno magari è un intellettuale anche buono, con un suo estro e uno scrittore discreto, tutte le caratteristiche che talvolta consentiva(no) una fruttuosa carriera letteraria, ma...ha un fratello. E quel fratello è Joyce. Poteva essere stata una vita potenzialmente difficile carica di invidie quella del povero Stanislao che invece ebbe un intenso legame col fratello, tanto da pubblicare due libri a lui ispirati a dedicati (postumi): "Diario di Dublino" e "Il custode di mio fratello". Quest'ultimo, svela col titolo il complesso rapporto che lo legò al geniale congiunto (di cui peraltro lui riconosceva apertamente il talento): Stanislao si trasferì infatti appositamente a Trieste (dove si stabilì e morì)per fare da supporto al fratello, in crisi di danaro e non solo. Per la serie "fratelli tenerelli".

SARAH FIELDING:  
Harry Fielding disponeva di una talentuosa sorella, Sarah.
Talentuosa fortunatamente per lei, visto che il libertino padre, una volta vedovo e risposato, spedì la figliolanza di primo letto alla famiglia materna e buonanotte al secchio. Trentenne, senza rendita, senza marito e senza protezione alcuna, si mise di buona lena a scrivere pubblicò il suo primo romanzo, "David Simple", che visto il successo diventerà una trilogia (usavano certe cose anche all'epoca). Ciò che le diede davvero la gloria fu però il romanzo per ragazzi "The governess" (che non mi è riuscito di capire se sia mai stato tradotto in italiano). In patria viene considerato una pietra miliare della narrativa per bambini. Considerando che Sarah rischiava di fare la fine della sorella inesistente di Shakespeare, è stata più che brava. Mentre a suo fratello Harry veniva concesso lo studio a Eton e una grande libertà, la sua principale fortuna fu quella di non sposarsi. Vai Sarah, ne hai vendicate un bel po'!

PAOLINA LEOPARDI: 
 E' a lei che devo l'idea di questo post dopo aver intravisto in biblioteca "Io voglio il biancospino", una raccolta di lettere scritta da questa gentile e sfortunata (sotto alcuni punti di vista) sorella di Leopardi. Mentre il fratello gobbo e frignante si trascinava perennemente insoddisfatto per tutta Italia, la povera Paolina era sottoposta ad il terribile regime oppressivo dei genitori, due persone che dire un filino invadenti era riduttivo. Studiosa e posata, fu fidanzata un buon numero di volte senza che nessuno dei contratti matrimoniali ormai pronti e stipulati andasse a buon fine. Ella non è che ambisse all'amore, semplicemente voleva andarsene da casa e dalla campagna marchigiana (e come non comprenderla). E uno era troppo ricco e uno troppo povero e uno con troppe amanti e un altro preferiva donzelle diciamo più avvenenti, tutto andò male e lei rimase reclusa fino alla morte della madre, avvenuta quando ormai aveva 57 anni. Fu comunque una liberazione: se ne andò da Recanati e iniziò a viaggiare in lungo e in largo finché pleurite la colse. Colta e riflessiva, scrisse una biografia di Mozart, una storia della famiglia Leopardi, moltissime lettere e fece alcune importanti traduzioni dal francese. Indubbiamente avrebbe saputo cosa farsene della propria libertà molto meglio dell'imbelle fratello.

TITINA DE FILIPPO: 
 Sorella maggiore di Eduardo e Peppino De Filippo, viene ricordata come grandissima attrice di teatro e caratterista cinematografica.
 In pochi sanno che anche lei scrisse sia sceneggiature cinematografiche che opere teatrali. 
 Figlia illegittima dell'attore napoletano Eduardo Scarpetta debuttò giovanissima e la carriera di attrice fu primaria rispetto ai suoi altri interessi artistici che maturò con l'avanzare dell'età e delle malattie. Scrisse poesie e un libro di memorie, prima di dedicarsi anche alla pittura. Forse in effetti non produsse nulla di paragonabile a "Filomena Marturano", ma, tra le altre cose, vinse un nastro d'argento per la sceneggiatura di "Due soldi di speranza".



Al giorno d'oggi se si escludono i Carofiglio, vanno molto più di moda i fratelli entrambi cantanti, come insegnano Francesco De Gregori e Luigi Greco, Marco e Luciano Ligabue, Edoardo ed Eugenio Bennato. In un paese dove nepotismo imperat questa stramba mancanza quasi mi inquieta.

mercoledì 21 maggio 2014

Così amato, così odiato: "Lo sconto". Un fumetto sulla natura perennemente insoddisfatta del popolo italiano.

 Il fumetto di oggi va a sviscerare un argomento di discussione frequente sia in libreria che nell'ambito librario: lo sconto. 
 Esso che in teoria dovrebbe essere gradito a tutti e tutte, nasconde in realtà una lunga serie di illazioni di ordine economico-morale, la maggiore delle quali è: le grandi catene possono permettersi un regime di sconti che le librerie indipendenti non possono causandone in tal modo la rovina.
 Ovviamente non vado a infilarmi nel ginepraio, non solo perché co le cose serie 'sta settimana ho già dato, ma anche perché non mi ritengo abbastanza ferrata da intavolare una discussione del genere. Non dico che un giorno non accadrà.
 Ciò che potrete vedere nel fumetto di seguito, comunque, è una carrellata abbastanza esaustiva di quello che succede in libreria davanti al bollino dello sconto.
 Good fumetto a tutt*!


lunedì 19 maggio 2014

Dubbi morali e amletici: parlare o non parlare dei libri omofobi che arrivano a lavoro? Che sia più costruttivo fare un post di sputtanatio e lasciar essi e i loro autori nell'ombra come serpi?

Il post di oggi sarà un po' particolare perché starò qui a pormi un annoso quesito su cui, spero, alcuni (anzi molti) di voi, sapranno darmi la loro opinione.
Foto orrendamente sfocata by me
 Sabato è stata la giornata internazionale contro l'omofobia. Per chi lo ignorasse, il 17 maggio non è una data scelta a caso sul calendario né si rievoca un ignoto evento di sedici secoli fa, ma molto si festeggia la rimozione dell'omosessualità dal novero delle malattie mentali da parte dell'OMS.
 Avvenuta negli anni 50? No, nel 1990 (so che per un paese come l'Italia in cui la violenza sessuale è diventato reato contro la persona e non contro la morale nel 1996 la cosa può apparire quasi civile, ma diciamocelo, non lo è).
 La rimozione non fu solo simbolica per molti motivi. In primis da quel momento in poi non si dovrebbe più rischiare di finire tra le grinfie di qualche psicologo che vuole curarti a suon terapie insensate, in secundis è proprio dagli anni '90 che la vita della comunità glb (non t che la t ha una serie di questioni molto diverse) ha praticamente preso il volo con una serie di leggi, diritti e riconoscimenti (non in Italia ma vabbeh).
 Probabilmente colti alla sprovvista da un'apertura mentale della popolazione che non si attendevano, gli integralisti cattolici, i nazisti, i fascisti, i fanatici, gli omofobi, insomma tutta quella genia che pare non abbia niente di meglio da fare che rompere le palle e le ovaie al prossimo in nome di proprie convinzioni personali (che però loro vorrebbero fossero mondiali a costo di importele a suon di schiaffi e ceffoni e galera e chissà che altro), ci ha messo un po' a riorganizzarsi.
Altra foto orrendamente sfocata by me
 Ora lo stanno facendo, in sordina, ma visti i tempi che corrono mi attendo la banda di cretini con un certo potere mediatico che darà loro risonanza nel giro di qualche annetto.
 Siccome non possono dire esplicitamente che i gay gli fanno schifo, o meglio hanno capito che non è quello il modo di convincere le masse stranamente simpatizzanti verso gli abomini, hanno inventato un terribile komplotto. Ci sono i rettiliani, c'è la base spaziale nella luna, c'è il klub Bilderberg, ci sono gli alieni e c'è la temibile TEORIA DI GENDER.
 Ora, cosa essa sia nello specifico, non sono riuscita a capirlo neanche io. 
 Più o meno mi pare che, parlare esplicitamente di omosessualità, riconoscere diritti, permettere che persone dello stesso sesso si tengano per mano in strada e persino leggere libri che parlano di queste strane creature che sono gli omosessuali (come nel caso del libro della Mazzucco) a scuola pare causi nei bambini e nei ragazzi dei traumi incredibili. Praticamente, secondo loro, si vorrebbe imporre una terribile teoria che va oltre la non discriminazione, ma imporrebbe misteriosi stili di vita e darebbe strane idee alle giovani generazioni.
 In un qualche modo che non sono ben riuscita a comprendere, fanno leva su quell'atavica calunnia che lega pedofilia e omosessualità. Una calunnia che non mi è mai riuscito di comprendere come abbia preso piede. Esistono, purtroppo per l'umanità, pedofili maschi che si interessano disgraziatamente a bambine femmine (e pedofile con bambini maschi) eppure a nessuno è mai saltato in mente di trovare un nesso tra l'eterosessualità e la pedofilia. 
 Semplicemente l'orientamento sessuale e una malattia come la pedofilia il nesso non ce l'hanno.
 La teoria dei terribili influssi dello stile di vita omosessuale sulle tenere menti è ancora più facilmente smontabile:
Peraltro, sottolineo, io non ho nulla contro le piume di struzzo,
semplicemente non ne uso. Anche se durante le partite di calcio
vedo fior fior di tifosi machi che se ne adornano con i colori
della propria squadra. Per qualche motivo dipingersi, gridare e
festeggiare vestiti in modo sgargiante allo stadio è virile, farlo
una volta l'anno per rivendicare diritti in modo gioioso è
disdicevole e orribile.
1) Non esiste nessuno stile di vita gay.
 I gay e le lesbiche non sono una tribù aliena venuta in pace a convivere con i popoli eterosessuali della terra, non ha una lontana terra promessa chiamata "Piumedistruzzolandia" a cui aspira a tornare, non proviene da un ignoto ceppo genetico delle alture di Giove. I gay e le lesbiche sono persone normali che però hanno compagni e compagne dello stesso sesso. Punto.
2) Spiace dirlo a questa gente, ma fino a prova contraria, gli omosessuali nascono in famiglie eterosessuali. Io vengo da una famiglia che non è normale, di più, non ho subito traumi, i miei genitori stanno insieme da 30 anni, sono cresciuta in un posto normalissimo. Non ho imparato la gaytudine da nessuna parte, ci sono, temo per questa gente, nata.
 Ma allora, direte voi, dopo il mio immane pippone di cui mi scuso: di quale dilemma interiore devo parlarvi?
 Questi novelli teorici del gender stanno USANDO i libri. In due modi.
 Uno dei due è pratico e ne avevo già accennato in un post mesi fa. Omofobi organizzati contro la legge contro l'omofobia (una semplice estensione della legge mancino che se passasse introdurrebbe solo l'aggravante della discriminazione di orientamento sessuale in caso di insulti e aggressione), si piazzano nelle piazze di alcune città d'Italia a leggere libri in silenzio, si fanno chiamare "sentinelle in piedi".
Immagino scene di disperazione. "Oh mio dio, mi impediscono
di insultare e picchiare i gay! Che ne sarà di me?? Dov'è la mia
libertà? Fermiamoli prima che sia troppo tardi e l'Italia diventi
un paese civile! Mettete in salvo i bambini, fosse mai che
pensino con la propria testa!"
 Secondo loro, questo sommo gesto, sarebbe una tragica protesta contro una probabile legge libertidicida che lederebbe il reato di opinione. In sostanza, per loro, non poter dire "Frocio sei malato" è una terribile limitazione delle loro libertà personali. Cazzarola, e io che ho sempre pensato che non potermi sposare e non poter tener per mano la mia compagna fosse una limitazione delle mie, questi sì che sò drammi.
 In secundis a lavoro, di tanto in tanto, stanno giungendo degli strani libri. Tutti di case editrici piccole (ma alcuna anche semipiccola) e tutti dai titoli e dalle quarte di copertine se non altro stravaganti. 
 Se si legge l'innocuo titolo si pensa che il libro parli di un argomento, se però passi alla quarta di copertina inizi ad avere dei dubbi, perché il più delle volte, vuoi che viene usato un italiano fantascientifico, vuoi che per non farsi sgamare sul contenuto sono costretti a delle vere e proprie circonvoluzioni sintattiche, il risultato è una cosa sgrammaticata e incomprensibile. A quel punto, il buon libraio che deve capire di cosa parla effettivamente il libro, lo sfoglia e si accorge che l'innocuo titolo "Il giardino sterile" non è un libro su come usare il concime per far crescere meglio le piante, ma un'invettiva volta a dimostrare come i gay siano o degli infelici che aspirano solo al suicidio o dei pedofili che cercano di frenare in ogni modo i loro istinti.
 Voi direte: caro libraio e cara libraia, ma non li ordini tu stesso questi libri?
 Certo, ma se voi vedeste su cosa basiamo spesso le cedole d'acquisto, specialmente delle piccole case editrici, sapreste che disponiamo di un abstract piccolino e comunque di indicazioni fornite dall'editore. Siccome lo scopo, chiarissimo nel caso di questi libri, è fregare sia il libraio sia chi compra il libro proponendo un argomento e rifilandotene un altro (o manipolando l'argomento proposto) le informazioni sono chiaramente distorte. Ed ecco che una pensa di ordinare un libro sulla pace nel mondo e si ritrova le invettive omofobe.
 Ora, non è che ce ne arrivino molti, ma tentacolando qui e lì, tra confessioni di gay che parlano dei loro "simili" come creature infelici (come se io prendessi un etero a caso e gli chiedessi di parlarmi del sesso tra un uomo e una donna), pedofilia, gay sull'orlo del suicidio che sconsigliano i loro simili di darsi alla gaytudine e robe simili, pian piano crescono di numero, tanto che ho pensato più volte di scrivere un post di sputtanatio molesta.
 In quanto libraia non possessora di una libreria propria è ovvio che soggiaccio a delle regole di negozio, ma in quanto tenutaria di questo blog qui ho l'assoluta libertà di coscienza di discutere di ciò che voglio, sconsigliare ciò che voglio e accanirmi su ciò che voglio.
 Ho persino più volte pensato di lanciare una campagna di boicottaggio verso le case editrici che pubblicano testi del genere (alcune sono quasi create ad hoc, ma altre hanno anche un buon catalogo), ma qualcosa mi ha sempre fermato.

E' un po' il concetto di Harry Potter contro colui che
non deve essere nominato.
Quel qualcosa è: non diamo celebrità e luce a questa gente e a questo argomento. Nel  momento in cui io nominassi gli autori e i titoli che, fortunatamente, la stragrande maggioranza di voi ignora, io farei loro pubblicità, li renderei visibili, permetterei loro di uscire dall'ombra in cui strisciano come serpi.
 Ma il mio è un ragionamento giusto? Non dovrei invece far conoscere il "nemico" per permettere di combatterlo meglio?
 E' questo il dilemma che mi pongo da un bel po' di tempo. Voi cosa ne pensate? Ci tengo davvero a saperlo, se vorrete commentare.
 Scusate il megapost riflessivo, da domani si torna a goliardare che già la vita è tanto amara...

domenica 18 maggio 2014

Cose realmente avvenute! Me l'hanno giurato! "Il cavallo bianco di Napoleone".

Per festeggiare le 200.000 visualizzazioni, avevo indetto su fb una specie di contest sui migliori strafalcioni sentiti in libreria (da cliente e da libraio). Come ogni mio tentativo di coinvolgimento delle masse, la cosa è praticamente morta sul nascere, ma ben tre persone hanno partecipato. Il premio consisteva nel vignettare codesti strafalcioni e postarli qui sul blog (e ricevere le vignette a casa, giuro farò pure questo). Oggi, inizio finalmente la premiazione virtuale, pubblicando la prima testimonianza.
Ovviamente, non conoscendo la libraia segnalatrice, l'ho disegnata secondo la mia immaginazione, mentre ho voluto dare alla cliente molesta le fattezze di una di quelle che io chiamo "ragazze Desigual". 
 Sono costesse, le giovini e le meno giovini che vanno pazze per le sgargianti magliette del colosso ispanico e, non paghe, si ricoprono di cincaglierie, bigiotterie, mollette, gigaorecchini e accessori di pessimo gusto annessi e connessi.
 Cose realmente avvenute! Me l'hanno giurato!