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mercoledì 30 luglio 2014

Intervista a Sergio Algozzino, autore di "Memorie a 8 bit". Un viaggio nella generazione dei ricordi tra Topolino, Peanuts e Commodore 64.

 Una decina di giorni fa ho scritto un articolo sulla nostalgia precoce che affligge i nati negli anni '80 (o poco prima), che si può facilmente ravvisare in parte della produzione letteraria degli autori che provengono da quell'ottima annata.
 Portavo quale esempio, oltre a Zerocalcare sia sempre lode a lui, Sergio Algozzino, fumettista siciliano autore del bel "Memorie a 8 bit" ed. Tunuè.
 Confesso che ignoravo, prima di questa sua opera, la sua esistenza, ma ho prontamente recuperato grazie a wikipedia e soprattutto al suo blog, sergioalgozzino.wordpress.com. Siciliano, oltre a fumettare sin dalla più tenera infanzia, è colorista, insegnante presso scuole di fumetto e soprattutto musicista.
Delle sue precedenti opere ho messo nella mia wishlist "Dieci giorni da Beatle" sempre ed. Tunuè e "Ballata per Fabrizio De André" ed. Becco Giallo e se le mie tasche (o le biblioteche comunali) me lo consentiranno spero di finirle per prima del termine di Agostembre, il prossimo mese autunnale a cui stiamo correndo incontro.
 Ed è lui il nuovo illustre intervistato per il blog!
 Buona lettura!
Cosa leggevi da bambino?

Topolino, e, in generale, fumetti Disney. La mia prima serie raccolta è stata “Il tascabilone”, piena di grandi classici del genere, e poi mi sono innamorato delle storie di Gottfredson, che leggevo su “Il Topolino d'oro”.

E-reader o carta stampata?

Sempre e solo carta. Non è che mi dia fastidio leggere su un Tablet, sia chiaro, semplicemente non ne ho lo stimolo.

Un autore, un libro e un fumetto che vorresti assolutamente consigliare?

Penso sempre ai Peanuts, sopra ogni altra cosa.

A tuo parere esiste una tendenza, da parte degli autori della tua generazione, ad una certa nostalgia precoce?

Sì, decisamente. Credo dipenda tutto dalla velocità con cui scorrono le cose. Il simbolo del mio libro è il Commodore 64, un modello di computer prodotto e venduto per dieci anni: adesso sarebbe impensabile pensare una cosa del genere. Chi è nato intorno ai miei anni ha visto, con l'era di Internet, un brusco cambiamento dei ritmi, e abbiamo iniziato a compiangere “i vecchi tempi” fin dal liceo, ricordando vecchie sigle di cartoni o vecchie sorprese della Mulino Bianco. L'importante è rendersi conto che i ricordi non sono solo quelli del passato, ma anche le storie che viviamo adesso, che diventeranno i ricordi del futuro.

A quale delle tue storie sei più legato e perché?

È quasi troppo facile dire a questa, così dico “Dieci Giorni da Beatle”, perché mi ha fatto maturare molto.

Com'è nata l'idea di “Memorie a 8 bit”?

Nel 2008 firmai un bel contratto con la prestigiosa casa editrice francese Humanoides Associes, mi diedero l'ok per raccogliere un po' di storielline di “un giovane palermitano”, che per loro era molto esotico. Così nacque Pluie D'ete, il nucleo principale di quello che adesso è Memorie a 8bit. Passando gli anni, sentivo l'esigenza di aggiornare quel libro, con nuovi ricordi e, soprattutto, con una nuova visione delle cose, cambiata nel corso del tempo, una sorta di punto della situazione, e così ho ripreso quelle storie, le ho rimontate, a volte modificate, integrando nuove sequenze o cambiando alcuni dialoghi, e ho aggiunto un bel po' di pagine nuove. Mi piace molto il risultato, sono molto soddisfatto (strano, per me).

In “Memorie a 8 bit” mi ha colpito molto, la sorte di “crisi vocazionale” che hai avuto nei confronti del fumetto. Il momento in cui si passa da un intenso fervore giovanile a qualcosa di più adulto è spesso difficile per molti artisti, tu come l'hai vissuto?



Malissimo. Un periodo orribile, di cui avverto ancora i lividi, e mi sento perennemente in ritardo, con l'ansia di dovere recuperare il tempo perso!

Consigli a un giovane fumettista?

Studiare, studiare, studiare, e ricordarsi che fare fumetti non è solo disegnare bene. Il pubblico vuole, anzitutto, delle belle storie.

Ci sono degli autori (della tua generazione o meno) a cui ti senti più vicino?

Tantissimi. Alcuni sono veri e propri fratelli di sangue, come Guillaume Bianco, altri solo “colleghi” da ammirare, come Igort, Gipi.

Come nascono i tuoi lavori e qual è in genere il tuo metodo di lavoro?

Ho un sacco di storie in testa. Poi, a un certo punto, qualcuna prende il sopravvento, e lì è finita, perché diventa un'esigenza quella di tirarla fuori, e tutto il resto diventa meno importante. Ho un rapporto molto fisico ed emotivo con le mie storie. Per questo, mi piacerebbe iniziare a scriverne qualcuna senza doverle disegnare, per viverle meglio.

Hai un autore o un'autrice che ha avuto nella tua vita di fumettista un peso in qualche modo fondamentale?

Parecchi, troppi. Il mondo del fumetto è un continuo stimolo, e non posso non pensare a Pratt, Pazienza, Battaglia, Toppi, Kirby, Ditko, Shultz, Buscema, Takahashi, Nagai... e poi quelli che ho conosciuto direttamente e che hanno avuto un ruolo fondamentale nella mia formazione, come Franzella, Allegra, Bianco... potrei andare avanti per un bel po'.

Cosa leggerai quest'estate?

Una valanga di fumetti arretrati.

Progetti prossimi venturi?
Tanti, troppi, forse nessuno. Qualcosa bolle in pentola, ma è tutto in fase embrionale. Scrivere un libro a fumetti dipende molto (almeno per me) dall'umore, dal momento.

Ringrazio moltissimo Sergio Algozzino per la gentilezza, la disponibilità e non ultima la velocità nella risposta!
 E vi invito a notare che tutti gli autori da me intervistati da bambini leggevano Topolino...


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