Pagine

martedì 22 luglio 2014

Ma questa gente in che mondo vive? Quando i libri che vendono sono specchio dei valori di una strana società che su tutto pone un imperativo: stai folle, ma soprattutto stai affamato e mangiati gli altri. Sempre e comunque.

Devo ammettere che personalmente io ho delle serie debolezze che con alta probabilità non mi rendono uno di quegli individui che nella società attuale farà strada. 
Vignetta satirica di inizio '900 di Giuseppe Scalarini
Non è che sia troppo buona o un grande cuore o tutte quelle cose lì (sono troppo facilmente irritabile per avere tecnicamente una qualsiasi di queste pregiate qualità), semplicemente faccio davvero fatica ad adeguarmi ad alcuni aspetti della nostra odierna società. 
 Non so se dipende da quanto scritto sul post sulla nostalgia dei nati negli anni '80, ma mi rendo conto di questi miei limiti anche in libreria, quando giungono titoli di cui fatico a capire l'esistenza eppur vendono.
 Non parlo di una certa narrativa di cui fatico a comprendere l'appeal, ma che rientra nel campo del fantastico e perciò del gusto personale, ma di una serie di consigli per il viver bene e soprattutto giusto, nella società attuale. 
 Ricordo che quando ero adolescente odiavo la parola "valori", la associavo in un qualche modo ad una certa imposizione culturale che vivevo come una violenza personale. Imporre o sbandierare i propri "valori" tentando di farli diventare maggioritari, in qualche modo mi dava l'idea di voler opprimere i "valori" degli altri e chi in quei "valori" non si riconosceva. La parola "valori" era perciò, per me, universalmente negativa.
 Col tempo si comprende che nella questione dei "valori" la posta in gioco è ben più alta. E' ciò che vale adesso sul banco. Se tu non apprezzi ciò che vale, bene che va sei strano, male che va sei spacciato.
 Credo dipenda da questa discrepanza il fatto che io trovi intere sezioni completamente assurde o mi chieda a chi mai sia venuto in mente di scrivere et pubblicare et infine comprare taluni libri.
 Di seguito elencherò una serie di libri e di argomenti di successo che mi inquietano o perplimono o mi causano la fatidica domanda: "Ma questa gente, in che mondo vive?"

NAPOLEON HILL e I LIBRI "FAI SOLDI FAI SOLDI FAI SOLDI":
Ogni volta che vedo un libro del caro Napoleon e dei suoi allegri compari, Donald Trump (e figlia),   Robert Kiyosaki  tutti quegli imprenditori che vorrebbero insegnarmi in qualche modo a stare al mondo ho, come si suol dire, un travaso di bile. Costoro, dall'alto di una pila di miliardi, hanno acquisito grazie alla loro capacità di inseguire mercati, appoggi, investimenti azzeccati e dio sa cos'altro, si sentono, come cantava De Andrè come "Gesù nel tempio" e non lesinano consigli su come mangiucchiare e sputare il prossimo. Non sono i soldi che non circolano caro mio, sei tu che non sai come farli circolare, non sei tu a non avere un lavoro sei tu che non sai procurartelo, non è l'imprenditore a sfruttarti sei tu che non sai farti rispettare. Insomma gira che ti rigira se loro sono miliardari e tu un poveraccio non è che c'è qualcosa di sbagliato nel sistema economico, sei tu che sei un povero fesso (e probabilmente uno sfaticato) e non sai come diventare milionario. Loro sono lì per consigliarti e farti comprendere i tuoi gravi errori e, nel dubbio, continuano ad accumulare denaro (non molto in questo caso temo per i loro standard) grazie ai libri che riescono a venderti. "I soldi danno la felicità" "Padre ricco e padre povero", il mitico "Pensa in grande e manda tutti al diavolo", "Perché vogliamo che tu sia ricco" ecc. ecc. ecc.
 Ultimamente mi ha fatto molto ridere il libro di Arianna Huffington, "Cambiare passo", una che è riuscita a fondare uno dei blog più famosi del mondo arrivando a lavorare fino a 18 ore al giorno che pam, sviene per la troppa stanchezza e quando si risveglia scopre che forse non era proprio una vita quella che faceva. Ci informa infatti che probabilmente la felicità e la qualità della vita si misurano non solo da quello che produci, ma anche dalla vita che conduci. Ora lo sbandiera ai quattro venti come fosse un'illuminazione, ci scrive un libro di successo e mi fa domandare: esattamente cos'è che avrebbe scoperto?

MODA o anche "QUEI QUATTRO STRACCETTI":
 Ok, non sto parlando del grande valore antropologico della moda. Non penso che parlare di tacchi, gonne, lustrini e via dicendo sia lezioso, sbagliato o disdicevole, anzi, i vestiti come manifestazione culturale sono ovviamente degni di nota e studio. Io parlo delle presunte icone di moda contemporanea, dei consigli su come ci dovremmo vestire per sembrare persone rispettabili, dei capi di cui ci dovremmo adornare per sembrare accettabili. 
 Tante cose non possono mancare negli armadi di un uomo e di una donna e solerti uomini e donne dalle tasche gonfie non mancano mai di farcelo notare. Lapo Elkann che non ho ancora capito bene che lavoro fa se non indossare le felpe della Fiat, si trastulla come scrittore di libri per improbabili dandy che si vestono di blu elettrico e tengono grossi anelli ai mignoli.
 In essi, invece di farsi venire qualche rimorso sui denari mai restituiti al popolo italico che tanto ha generosamente sostenuto la sua azienda di famiglia per poi delocalizzare ad caxxum, ci informa che l'uomo vero ama il blu, non il nero, sì il gessato, sempre sì la camicia, sì bottoni d'oro su camicia bianca, sì risvolto, sii sempre te stesso.
 Fa il paio nel suo delirio modaiolo di chi pensa il mondo abbia carte di credito da investire nel proprio guardaroba, con la parigina, Inès de la Fressange. Farò un post sul dilagante pariginismo: a Parigi tutto è più bello, pure la pioggia, e più raffinato e tutti sono più magri. Questa modella, il cui maggior pregio è stato fare da modella per la Marianna di Francia (ogni nazione ha i suoi problemi) sciorina boutique a quattro zeri dove comprare abiti costosi che non sembrino così costosi. Il pauperismo modaiolo del resto è tanto di moda. Un po' come quando Maria Antonietta giocava a fare la campagnola e le cameriere le pulivano le uova sporche prima di fargliele trovare sotto le galline.

"SCAZZI" o anche "IL FIGLIO DI PAPA' CHE SI LAMENTA":
Parliamone. Ultimamente è tornata di moda la figura del padre. Sembra che dopo un po' di decenni di assenza, la narrativa (e pure la saggistica) si sia improvvisamente risvegliata e abbia deciso che tutti i mali del mondo derivino dall'assenza del padre.  Le droghe? Assenza del padre. L'odio verso la politica? Assenza del padre. Debito pubblico? Assenza del padre. Buco nell'ozono? Assenza del padre. Sostanzialmente si attribuisce tale assenza del padre ad un evento primigenio, in genere il '68 o comunque un qualche movimento che avrebbe aperto le porte al fancazzismo e permissimismo pare, ma adesso in pieno Biancaneve style i Padri si sono risvegliati e vogliono riprendere il loro posto (madri non pervenute, ma nel caso fossero pervenute sicuramente o saranno state incapaci o non in grado di gestire la situazione o comunque usurpatrici di un ruolo non loro). Questa sorta di favola del padre assente ha colpito la narrativa in numerosi punti e con trame più o meno fantasiose. Si va da "Il padre infedele" di Scurati a "Gli Sdraiati" di Michele Serra, a "Scazzi", questo libro dal titolo raffinato ed. Mondadori scritto da Michele e Nicola Neri. La trama parla del solito padre e del solito figlio che non comunicano, uno non sa cosa fa l'altro, l'altro provoca perché ha l'ansia del futuro, l'altro fino all'altroieri assente ora si domanda chi sia il figlio e via dicendo. La biografia del figlio è di quelle che avrebbero indotto mio padre a prendermi per la collottola e buttarmi fuori di casa a vedere quanto vasto fosse il mondo: "Ci ha messo tanto, ma è riuscito a trovare una passione che non sia solo "puro intrattenimento": l'Altro". Non so, ma le passioni di "puro intrattenimento" se devi pagarti da solo l'università te le fai passare e di solito eviti di scriverci un libro dal titolo discutibile.
 Possiamo trovare un'altra chicca del genere in "Voto di scontro" un sentito dialogo tra un padre e un figlio che discutono di politica. Il padre, anziano votante del centrosinistra, tenta di difendersi dalle accuse del figlio, militante cinque stelle che gli rimprovera la decadenza della società e della politica. Voi direte, 'sto povero ragazzo sarà disoccupato come minimo. Beh, no, Niccolò Valentini è un giovane manager de L'Espresso (il padre è storico giornalista).  De che stamo a parlà allora? Uno dei due saprà oltre ai massimi sistemi cosa accade davvero fuori dalle loro mura? Ne dubito seriamente.

BIOGRAFIE o anche "STAI AFFAMATO E MANGIATI IL PROSSIMO": 
Quali sono le biografie più vendute in assoluto in libreria? Berlinguer? Danilo Dolci? Il re Sole? Dracula? Presto detto: Steve Jobs e Andrè Agassi. Su Agassi si potrebbe aprire una vasta parentesi ed è comunque un caso molto particolare. "Open" spacciato come autobiografia è chiaramente opera di un bravissimo giornalista che ne ha raccolto le confidenze e sfruttando il rapporto conflittuale tra padre e figlio degno di una tragedia greca, è riuscito nell'impresa di scrivere un romanzo. "Open" funziona perché è scritto in modo semplice e lineare, tutto ha una causa e un effetto, non ci sono zone buie e la trama scorre perfettamente, come un film dalla sceneggiatura di ferro, solo che la storia è vera.
 La biografia di Steve Jobs, quella ufficiale almeno, è invece incredibilmente inquietante. Funziona perché fa parte del mito, e non solo, lo alimenta. Se la leggerete o l'avete letta avrete ben chiaro che più che una biografia essa è chiaramente un'agiografia in cui si mira a farci comprendere l'infinita grandezza di questo self made man. Dato in adozione appena nato, famiglia non ricca, università abbandonata, sogni di gloria, pellegrinaggio in India, figli avuti tardi, moglie colonna della vita, state foolish state affamati e via dicendo. E' un polpettone new age in cui in nessun momento è dato sapere cosa pensasse delle fabbriche di pseudoschiavi di I-phone in Cina, se ci fosse una riflessione più vasta della tecnologia sul mondo e la società (cosa che per dire Turing aveva in mente), se a parte starsene affamati ci fosse altro dietro la smania di spingere la sua società sempre più in alto. Visto che a tanti piace citare Jobs, qual è il grande insegnamento che esso ci ha lasciato? Qual è il modello di vita che dovrebbe averci indicato? Quali vite ha salvato? Quali vite ha migliorato? In che modo ha inciso positivamente sull'andamento del mondo?

Perché io non lo capisco e ci vedo dietro solo un grande insegnamento: stai affamato e mangia tutto quello che vedi, pure quello che non ti spetta, che il mondo è dei forti.

Probabilmente parte di questo post è stato influenzato dal fatto che ieri sera ho rivisto "Cose da pazzi" di Vincenzo Salemme, un film che non sarà un capolavoro, ma ha una morale di fondo molto forte e consiglio.

8 commenti:

  1. Questa è una delle cose che più mi preoccupa non mi rifletto per niente nello specchio della società e aggiungerei che ciò che conta più di tutto è correre!
    Muoversi a trovare lavoro, sbrigarsi a prendere la patente (come se ci fosse un'età obbligatoria per fare qualsiasi cosa) sbrigarsi a metter su famiglia, anche in questo caso come se ci fosse una data di scadente scritta sulle persone. E' tutto così incredibilmente ostile che ho finito con l'amare la solitudine e sono diventata ancora più gentile proprio per riflesso a questi falsi "valori" che circolano in modo così inquinante... Spero ancora di trovare qualcuno che è rimasto un essere umano e che non si è fatto trascinare nel vortice dell'automatizzazione...

    RispondiElimina
  2. Le influenze sociali non sono in alternativa alla responsabilità individuale. In realtà il rapporto fra le due cose è molto stretto. Donald Trump mette in luce la responsabilità individuale, Serra le influenze sociali. Il loro peccato è quello di togliere la complessità al mondo. (Sì, fa girare le rotule, la cosa.)

    Ma tu, tutti i libri citati, li hai anche letti?!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Le due biografie sì, quelli di Kiyosaki e company quando ne hai letto uno li hai letti tutti, "Voto di scontro" lo leggiucchiai quando uscì, "Scazzi" ci ho provato, ma è per me ingestibile diciamo.

      Elimina
  3. Gggiovane libraia, grazie. Grazie per aver fatto giustizia delle agiografie di Jobs, congregato della peggiore retorica capitalista mascherata da buoni sentimenti. Tanta gente crede ancora a quelle idiozie patentate. Poveracci.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma si può scrivere una biografia che è un'agiografia nel 2000? Manco san Francesco era tanto puro. Leggerla senza senso critico, mi pare ancor più grave, che poi davvero mi domando: ma cos'avrebbe fatto di così grandioso per l'umanità quest'uomo? Boh.

      Elimina
  4. http://obbrobbrio.blogspot.it/2014/07/dai-vita-ai-tuoi-sogni-tipo-pubblicare.html

    RispondiElimina
  5. nella questione dei "valori" la posta in gioco è ben più alta. E' ciò che vale adesso sul banco. Se tu non apprezzi ciò che vale, bene che va sei strano, male che va sei spacciato.

    Più guardo il mondo, più mi convinco che sarò irrimediabilmente tra gli spacciati. Perché a me i cosiddetti 'valori' di questa società fanno schifo da mo' :-\

    Per il resto, su Steve Jobs condivido tutto. Per carattere sono una iconoclasta che dubita sempre delle beatificazioni modaiole e dei culti fondamentalisti che animano le masse. Uso Windows per pigrizia, non certo perché ritenga Gates un benefattore dell'umanità, un caposcuola filosofico o cos'altro, e non ho mai, mai capito la Apple-religion che pare animare tanti, né l'idolatria nei confronti dell'inventore della mela (che poi, come logo ti scegli il simbolo del peccato originale? Genio! :P). Cioè, Jobs non aveva una faccia antipatica, e magari era un brav'uomo, ma a parte questo? Perché farne un santino da adorare? Perché trattarlo come il messia? Costruiva computer, non ha mica risolto i problemi della fame nel mondo...
    Tra l'altro ho notato che ultimamente è arrivato in libreria un nuovo testo su un altro capoccia dello staff Apple. Forse, morto Jobs, a Cupertino hanno bisogno di nuovi idoli da dare in pasto agli Apple-fedeli? Mah!
    Sono sempre molto, molto sospettosa dell'innalzamento a mito di chicchessia. Di gente il cui merito principale è stato quello di aver fondato una multinazionale plurimiliardaria, poi... Pessimismo e fastidio :-|

    RispondiElimina
  6. Visto che a tanti piace citare Jobs, qual è il grande insegnamento che esso ci ha lasciato? Qual è il modello di vita che dovrebbe averci indicato? Quali vite ha salvato? Quali vite ha migliorato? In che modo ha inciso positivamente sull'andamento del mondo?

    A tutte quelle domande puoi rispondere con "niente" e "nulla", a tua libera scelta. Su quelle tematiche, di recente, è stata fatta una bellissima e divertentissima serie TV chiamata "Silicon Valley" che fa proprio la parodia su Jobs e la cultura delle startup della Silicon Valley che vivono di hype: http://en.wikipedia.org/wiki/Silicon_Valley_%28TV_series%29

    Non vivendo in Italia non ho idea se tale serie TV sia approdata o meno sulle rete televisite Italiche, ma la consiglio vivamente per capire quanto Jobs sia mistificato ed innalzato a mito senza un valido motivo. Nella serie TV, per ovvie ragioni legali, non si parta direttamente di Apple o Steve Jobs, ma rispettivamente di Hooli e di Donald "Jared" Dunn.

    Una piccola curiosità sulle biografie di Steve Jobs: mai nessuna che citi le critiche negative fatte dai suoi collaboratori o dipendenti, come per esempio quelle di Jef(f) Raskin. In ogni libro scritto da Jef(f) ci sono gazilioni di aneddoti sulla vita di Jobs che dimostrano in modo ineluttabile la sua totale incompetenza ed ignoranza del settore tecnologico. Raskin è il critico più famoso, ma ce ne sono molti altri, tutti quanti rigorosamente sconosciuti a chi non è un addetto al settore e-tech.

    Jobs era un ottimo venditore, nulla di più; tutto il resto è hype.

    RispondiElimina