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venerdì 30 gennaio 2015

Piccole recensioni tra amici! Tre autrici (scelta completamente casuale) che non hanno niente in comune tra loro: i racconti della Ogawa, i cuori solitari della McCullers e gli orrori piccolo borghesi della Pineiro!

E' l'ora di distribuire stelle sbrilluccicanti
In questo venerdì che promette neve è il momento di rispolverare la rubrica "Piccole recensioni tra amici".
 No, essa non è morta come le sue illustri precedessrici (che comunque possono sempre tornare), ma è qui e lotta insieme a noi. 
 Questa volta non c'è nessun filo conduttore, se non il fatto, completamente casuale, che le autrici sono tutte donne.
  Io non faccio praticamente mai caso al sesso degli autori (so che alcuni, soprattutto in alcuni settori come il fantasy e la fantascienza che pare vengano considerati ancora settori in cui non è detto che tu possa fidarti di una donna), ma guardo solo le trame, perciò non vedeteci robe femministe o cose tipo "le donne leggono solo le donne" che non esistono.
 Io leggo tutto e tutti e tutte e tutt*, basta che il libro sia buono.
 E dopo questa ondata di puntualizzazioni non richieste, via al maggggico mondo delle stellette!


"TUA" di CLAUDIA PINEIRO ed. Feltrinelli:
Molti anni fa, vidi un film, il cui titolo "Sex crimes" non rendeva onore alla trama. Iniziava infatti con un'accusa di molestie sessuali da parte di una studentessa al suo professore e vedeva un ribaltamento della trama e dei colpevoli ogni cinque minuti di pellicola. Lo stesso colpevole di tutta la storia infine si scopriva solo nei titoli di coda.
 Io leggo pochi gialli e generalmente corti, anche perché, ho notato, che la lunghezza in un giallo è spesso sintomo di inutili contorsioni linguistiche. "Tua" sotto questo punto di vista è praticamente perfetto, asciutto ed essenziale, ha inoltre un altro pregio gigantesco: non ha un solo grande colpo di scena finale. Ne ha almeno una dozzina. Inizia come un dramma piccolo borghese, di una donna che scopre una nefandezza del marito e a insaputa dello stesso, costruisce una montagna di bugie per proteggerlo, e finisce in un modo inimmaginabile. 
 Descrivervi il resto della trama è impossibile perché sarebbe spoiler qualsiasi cosa. Vi basti sapere che è perfetto per un viaggio non troppo lungo: avvincente, leggero nel peso, non troppo lungo, assorbirà completamente la vostra attenzione.
 Tre stellette  (tenete presente che volo basso con le stellette).

"IL CUORE E' UN CACCIATORE SOLITARIO" di CARSON McCullers ed. Einaudi:
  Carson McCullers, lo confesso, mi era nota solo per essere stata innamorata della bellissima e difficilissima Annamarie Schwarzenbach.
 Tuttavia, dopo aver appurato che si trattava di una delle scrittrici americane più importanti del secolo scorso, ho deciso di prendere questo libro che ha scritto alla stupefacente età di 23 anni. 
 Dico stupefacente perché è incredibile non solo la padronanza della struttura e la bellissima scrittura, ma anche la profondità con cui la McCullers descrive delle situazioni terribili. Il libro, ambientato in un paesello nel sud degli Stati Uniti, negli anni '30 durante la segregazione razziale, descrive il destino di alcuni personaggi che in qualche modo cercano di non soccombere al destino che è stato stabilito per loro. C'è la ragazzina intraprendente che sogna di diventare compositrice, ma viene da una famiglia poverissima e numerosa che ha bisogno delle sue braccia, il sordo che ripara orologi vivendo nel ricordo del suo migliore amico, sordo anch'esso, rinchiuso in un manicomio da anni, il proprietario di un locale dove tutti vanno a bere, che lavora come un mulo, ma cerca di vedere sempre il meglio nel prossimo, e, infine, la storia più straziante: quella del medico di colore, che ha studiato come un pazzo per anni cercando di crescere i suoi quattro figli (a cui ha dato nomi altisonanti, come Marx e Portia) perché riuscissero ad elevarsi dalla miseria e dall'inciviltà, fallendo miseramente.
 Tutti questi personaggi si incrociano tra di loro non in modo artificioso, come succede spesso, ma come le classiche persone che si conoscono di vista in un paese. Sanno tutto gli uni degli altri, ma non possono e non vogliono interferire. Il loro punto di raccordo è l'uomo sordo, in cui tutti credono di trovare una muta comprensione che, in realtà, non esiste.
 Saranno due tragedie tanto terribili, quanto evitabili, a indurre all'obbedienza del mondo, queste quattro anime timidamente ribelli.
 4 Stellette piene piene.

"LA CASA DELLA LUCE" di Yoko Ogawa ed. Il Saggiatore :
Yoko Ogawa è una delle rari autrici giapponesi (ora stanno aumentando, ma quando ero adolescente mi toccava fare il giro delle sette biblioteche per mettere insieme un po' di libri nipponici decenti), abbastanza tradotte in Italia. Misteriosamente fino a qualche mese fa, però non avevo mai letto di suo, trovando i suoi libri già dalle quarte di copertina al limite dell'inquietante.
 "La casa della luce" però prometteva bene: erano tre racconti, quindi al massimo, potevo abbandonare l'impresa dopo il primo. Invece l'ho trovato davvero interessante.
 Il primo racconto, che avevo già letto in un'antologia molto vecchia, "Le rose del Giappone" (era una vecchissima collana della E/O che prevedeva raccolte di racconti scritti da donne divise per paesi del mondo, molto interessante perché raggiungeva zone praticamente ignote tipo Maghreb o Israele), parla della gravidanza della sorella maggiore vista da una morbosa sorella minore. Ben lungi dal considerare la nascita di un bambino come il miracolo della vita, la protagonista descrive i mutamenti fisici e soprattutto gli altalenanti gusti gastronomici della sorella (che a un certo punto finisce per nutrirsi di chili di marmellata al melone) come un horror. Una prospettiva interessante. 
 Il terzo racconto invece descrive i sentimenti e le meschinità che nascono nel cuore di una bambina i cui genitori gestiscono una sorta di orfanotrofio. Sentendosi in qualche modo poco considerata e non sopportando più di dividere i genitori con decine di estranei sempre nuovi, finisce per compiere azioni spaventose su una bimba tenerissima. E' molto crudo, ma incredibilmente realistico e soprattutto non cede a nessun buonismo o facile spiegazione.
 Ma è il secondo racconto che è, secondo me, un piccolo capolavoro. In poche decine di pagine la Ogawa riesce a racchiudere un intero film horror: una giovane donna in procinto di trasferirsi riceve la visita di un suo lontano parente che ha deciso di studiare in città. Non avendo egli molti soldi per l'affitto, lei gli consiglia un vecchio dormitorio ormai caduto in disgrazia dopo la scomparsa di uno studente. Lo gestisce uno strano affascinante uomo, senza braccia e con una sola gamba che man mano si frappone, col passare dei mesi, tra la donna e il suo giovane parente, sempre più introvabile. 
 Se volete passare una serata inquietante e disturbante il giusto, questo è il libro giusto. Altro che film horror.
4 belle stellette

Non ho stroncature in questo caso perché boh, non è capitato, ma hai voglia a stellettare!
 E voi avete letto qualcuno di questi libri? Siete in d'accordo o disaccordo? Testimoniate!

giovedì 29 gennaio 2015

Bellissimi libri per bambini che fanno piangere gli adulti. Tra libri volanti, vento impetuoso, nonni e neomamme, forse solo la narrativa per ragazzi riesce ormai ad andare al cuore delle cose e ad aprire il nostro.

Come saprà chi segue regolarmente il blog non recensisco molto spesso libri per bambini, il ché, lo ammetto, da parte mia è abbastanza indegno e vergognoso per vari motivi:
1) A livello illustrativo i libri per ragazzi ormai sono praticamente l'ultimo barlume di speranza e sperimentazione. E' vero che adesso la sezione dei fumetti sta vivendo una particolare stagione di gloria, ma le illustrazioni all'interno di libri normali, romanzi per capirci, sono ormai diventate una rarità, come se inserire (come ad esempio è stato fatto in "Sonno", racconto di Murakami edito da Einaudi con illustrazioni di Kat Menschik questo Natale) immagini fosse ormai considerato un vezzo.
 2) La stragrande maggioranza dei libri per bambini risultano meravigliosi anche per gli adulti. Non mi riferisco ovviamente a "Peppa Pig va in biblioteca" (non vedo l'ora che 'sto delirio suino finisca), ma a quei libretti che servono a spiegare ai bambini le cose belle, ma anche le cose brutte che fanno parte del mondo. Leggendoli capireste che a tanta gente avrebbe fatto davvero bene leggerli all'età giusta, quando la mente umana è ancora spugnosa, assorbe tutto, è elastica e ha dei margini di apprendimento/miglioramento irripetibili.
3) L'editoria pupesca praticamente manda avanti una parte abbondante di baracca ed è da parte mia imperdonabile ignorarla.
 Detto ciò, pongo un rimedio con questo breve excursus di libri illustrati che hanno in comune il fatto di avermi poco adultamente ridotta in lacrime in poche rapide mosse. Siete pronti? Siete caldi? Via!

"PINGUINO E PIGNA" di SALINA YOON: 
Io non so se sia la vecchiaia, la pazzia o che altro, ma ieri raccontavo alla mia dolce metà la trama di questo piccolo, ma stupendo libro età di lettura 2 anni (ed. Lapis) e piangevo come una fontana. 
 Sottotitolo: storia di un'amicizia.
 Pinguino vive ovviamente in un posto innevato, si diverte e va in slittino. Un giorno girando trova una pigna infreddolita, la raccoglie e le cuce una sciarpa facendone la sua migliore amica. Tuttavia la pigna inizia a patire il clima e la nostalgia: vuole bene al suo amico, ma vorrebbe tornare a casa sua, nella pineta dove l'aspettano gli altri. Così pinguino scopre di dover compiere un lungo viaggio per portare la sua pigna in luoghi più caldi. Il viaggio riesce, ma l'amicizia resisterà alla lontananza e al tempo?
 Un libro di pochissime pagine che racconta in modo meraviglioso tutto quello che c'è di importante in un'amicizia: le differenze e il rispetto dell'altro, la cura reciproca, l'amore oltre il tempo e la lontananza . Ma soprattutto comunica con pochi disegni e pochissime parole l'unica cosa che conta quando si vuole profondamente bene a qualcuno che non si può avere vicino: il ricordo sempre vivo del reciproco affetto.

"HO LASCIATO LA MIA ANIMA AL VENTO" di ROXANE MARIE GALLIEZ:
 Qualche anno fa un mio piccolo parente (8 anni) subì due lutti ravvicinati, nonno e papà. All'epoca cercai dei libri che potessero aiutarlo ad affrontare una cosa tanto terribile e al contempo riuscissero magari a farlo sentire meno solo: se una cosa accade anche nei libri vuol dire che succede anche ad altri. Scoprii che esistono alcuni libri sul lutto dei nonni, ma pochissimo per quello dei genitori, che, mi verrebbe da dire, ho capito che uno non ci vuole pensare e forse per fortunissima non è neanche frequente, ma qualcosa in giro servirebbe. Finì che non gli regalai nulla, (è difficile, in questi casi, anche valutare quando è il caso di regalarli o meno). Tuttavia un po' per questo ricordo un po' perché come penso la stragrande maggioranza delle persone non mi faccio una ragione della morte, (per carità è il ciclo della vita, ma non è detto che sia facile) di mio nonno, ho trovato commovente ai limiti del singhiozzamento, questo bellissimo bellissimo bellissimo libro che consiglio anche agli adulti: "Ho lasciato la mia anima al vento" Emme Edizioni. Un nonno scrive una lettera al nipote dicendogli di non essere triste per la sua morte, perché ci sarà sempre, ovunque nel vento, a fare cose meravigliose, come sostenere i passeri nel loro volo o guardarlo negli anni, essere felice.
 "E' vero mai più cammineremo
mano nella mano
Mai più battaglie col cuscino di primo mattino
e mi mancheranno il sapore di sale del mare 
e i tuoi baci e i tuoi baci
ma sosterrò le ali ai passeri
per insegnar loro a volare..."
 Sto per rimettermi a piangere.

"I FANTASTICI LIBRI VOLANTI DI MORRIS LESSMORE" di WILLIAM JOYCE:
  Un tempo, su un post dedicato ai libri per i cosiddetti Young Adult, (misteriosa categoria compresa tra i 14 e i 18 anni d'età che pare abbia bisogno di leggere specifiche storie) facevo notare come si cercasse di elevare spiritualmente i bambini e i ragazzini fino ai 14 anni di età con storie bellissime, per poi precipitarli al quindicesimo anno di età in un abisso di opere sospese a metà tra la narrativa rosa della peggior specie e il cretinismo imperante. 
 Prima che questa maledizione del quindicesimo anno li colga però fioriscono libri meravigliosi per invogliare i bambini alla lettura e mostrargli la bellezza dell'oggetto libro. "I fantastici libri volanti di Morris Lessmore" ed. Rizzoli, è la versione cartacea di un meraviglioso corto animato che vede Lessmore alle prese con la scrittura di un libro che un giorno gli viene portato via da un uragano. Nel tentativo di recuperare le sue pagine, egli scopre una terra popolata da libri volanti e non sa bene dove andare. D'un tratto però incontra una ragazza che fluttua nell'aria, portata nel vento da uno stormo di libri. Costei gli indica una sorta di biblioteca piena di libri affettuosi e bisognosi di cure. Inizia perciò per Lessmore una lunga vita, tranquilla e piena di amore per quei tanti libri che gli si avvicendano attorno come amici e compagni, mentre lui tutti i giorni riempie pazientemente le pagine di un tomo misteriosamente intonso. Una storia per tutti i lettori, per i bambini che si chiedono perché leggere e per gli adulti che lo sanno da sempre.

Per concludere con questo tragico elenco, ci tengo a citare il misterioso, "UN GIORNO" di Peter Reynolds e Alison McGhee.
 Misterioso perché è un libro per bambini chiaramente scritto per i genitori, le madri nello specifico. E' un piccolo elenco di cose che una madre dirà a sua figlia che proverà nella vita: una gioia incontenibile, un incontro speciale, un dolore immenso, pettinare i capelli della bimba che avrà e infine diventare serenamente anziana, quando ormai lei non ci sarà più. Momento maternità obbligatoria a parte, il libro è molto commovente, ma ripeto, non credo sia stato scritto per una bambina che non potrà capire la metà delle cose che ci sono scritte. Io lo regalerei alle neomamme di figlie femmine, premettendo che dovrebbero leggerlo quando il pianto facile è ormai acqua passata, se no rischiate di aprire le dighe.

Ps. Non sono per forza ultime uscite. Io li ho visti in libreria segno che ancora si trovano nonostante pare che almeno due abbiano dei problemi a risultare disponibili online -.-" Maledetto fuori commercio, placati!!

mercoledì 28 gennaio 2015

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Favori"!

L'altro giorno nelle mie due ore di attesa per avere il disegno/firma di Lorenza Di Sepio, ho avuto modo di osservare l'interessante fauna che si aggira in fumetteria che è ovviamente assai diversa da quella della libreria. 
La fumetteria di Big Bang Theory 
Le fumetterie le frequentavo molto alle superiori e i primi anni di università (a parte quelle romane me ne ricordo una bellissima a Viterbo nel centro storico), perciò ricordo ancora da chi era formata la stragrande maggioranza della popolazione: ragazzini, preferibilmente maschi, preferibilmente in gruppi, preferibilmente molto nerd. Si avvistavano di tanto in tanto degli adulti in cerca di qualcosa generalmente da collezione o graphic novel (all'epoca quasi inesistenti) e ogni tantissimo una sparuta femmina, tipo me, si aggirava al 90% in cerca di Shojo Manga.

Qualche lavoratore in fumetteria potrà dirci magari se questo modello permane tuttora, o l'introduzione di più graphic novel sul mercato e il boom che sta avendo quel settore in generale, ha causato una mutazione anagrafico-genetica negli avventori delle fumetterie.
 L'altro giorno i canoni rispettavano più o meno i miei ricordi e mentre me ne stavo paciosa a mangiare bignè gratis, non ho potuto fare a meno di ascoltare la conversazione dei due diciotto/ventenni dietro di me.
 Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Favori".



martedì 27 gennaio 2015

Il cliente megasuperfantacattolico! Come si comporta, cosa legge, chi ama e chi odia? Tra santi, tragedie ma solo alcune, ragazzini evoluti e numi tutelari, ecco la disamina ragionata di una creatura non troppo fantastica.

Mi sono accorta che nel mio bestiario ragionato dei clienti, manca una creatura particolarmente diffusa nel profondo nord: il cliente supermegafantacattolico.
 Flashback
San Paolo il santo superpreferito dei Teocon
Nel periodo in cui ho coinquilinato a Roma, ho avuto la sventura di condividere la stanza per alcuni mesi, con quella che ritengo essere la persona più pazza mai incontrata in vita mia (e poteva battersela con molte altre). Per la sua privacy e per evitare una denuncia le darò un nome fittizio: Gesualda.
 Gesualda era una matricola abruzzese che veniva da un paesello sperso sui monti da cui era scesa per frequentare un ateneo cattolico di dubbio gusto in quel della capitale. Presentatasi come una persona normalissima, il primo giorno ci rivela di essere bisex e super cattolica. Vabbeh fatti suoi.
 Pochi giorni dopo mi ritrovo la camera invasa da madonnine, libri di Socci, foto dell'allora papa Ratzinger, da lei affettuosamente chiamato, Benedetto o Benny (e su cui scriveva articoli per alcuni giornaletti abruzzesi) e alcune biografie di Mussolini, perché insomma, era uno statista e lei, avendo intenzione di dominare il mondo (sic!) ,doveva studiarlo.
 Una manciata di notti dopo veniamo svegliate nel cuore della notte da uno scampanellio folle. La vedo afferrare un giaccone e precipitarsi sulle scale. All'alba rientra raccontandomi la notte pazza pazza con una giocatrice di calcio con cui aveva una relazione da anni, venuta apposta dall'adriatico per vederla. Lei sapeva che era una relazione peccaminosa, e, mi spiega, stava cercando di superarla implorando Iddio di far dare l'addio al celibato ad un seminarista russo, suo collega di università, di cui si era invaghita.
 La vedo perciò inginocchiarsi e pregare: "Dio, se vuoi che abbandoni questa via dissoluta, fai convertire Vladimir (a lui non cambio nome perché era troppo assurdo)!"
 Col passare dei giorni le sue stranezze (tra cui la scrittura di canzoni neomelodiche orrende che mi costringeva ad ascoltare), il numero di mobili portati tutti i giorni dai suoi genitori a ingombrare una camera teoricamente doppia, i santini e le storie agghiaccianti, aumentavano esponenzialmente.
Se non sapete chi è Natuzza
Evolo goooooglatela
L'apice si raggiunse il giorno in cui morì Natuzza Evolo.
 
 Un'altra coinquilina (non pazza ma cattiva da morire), atea, se ne uscì dicendo che una ciarlatana era morta e scatenando un inferno di litigi con Gesualda che terminò con un lancio di piatti letterale. Io me ne andai in camera a finire la cena e successivamente mi vidi addebitata la colpa di tale litigio (non ero intervenuta a sedarle) sia da Gesualda che dalla malvagiona atea, unite nel comune intento di cacciarmi di casa. Ovviamente ci riuscirono.
 Fine flashback
 Questo aneddoto che ho molto contenuto perché avrei potuto scrivere un libro di pazzie di Gesualda, è per farvi capire che non è mia intenzione offendere i cattolici praticanti che ci credono, ma che mi riferisco a gente che già non ha bene il lume della ragione e la religione glielo fa perdere completamente. 
 Altra categoria che rientra nel cliente ipermegafantacattolico è invece il bigotto dall'occhietto giudicante che tutti conosciamo: vestito o vestita di tutto punto, piega sempre fatta, anonimo come una carta da parati, convintissimo di stare dalla parte del giusto sempre e comunque, sentinella in piedi nei weekend liberi.
 Cosa chiedono in libreria e cosa leggono questi esemplari?

TRAGEDIE MA SOLO ALCUNE: 
Poiché la mia coscienza non mi consente  di mettere
esempi di libri di persone che han comunque sofferto vi piazzo
Bernadette. Cattolici che mi leggete fate quello che vi comanda
la vostra religione: perdonatemi e via
All'inizio ogni tanto accennavo a questa tendenza della sciura a interessarsi di casi umani o vicende tragiche per avvertire la sensazione di essere una sorta di dama di carità 2.0: se mi interesso del prossimo anche solo via libro, allora sono buonissima, quasi come se organizzassi una raccolta fondi. 
 Gli ultramegacattolici invece comprano i libri di storie di vita vissuta tragiche, ma sostenute e/o salvate dalla fede, ma accadute a persone della loro cerchia.
 La donna uscita dal coma con l'amore di Dio, la bambina malata miracolata a Medjugorie ( ormai Lourdes sembra essere passata di moda), le famiglie allo sfascio riunite dalla preghiera e una serie di tremende tragedie.
 Ovviamente non mi permetterei mai di dire che tali storie non andrebbero raccontate o stampate, di sicuro sono di sollievo e speranza a qualcuno. Quello che trovo strano e non molto sensato è che siano scritte a esclusivo uso e consumo di un ristretti gruppo di persome, senza una profondità di un qualche tipo che dia un senso universale ad una storia che rimane altrimenti la terribile esperienza di vita e purtroppo talvolta di morte di un individuo molto religioso.
 Altra mia domanda profonda e filosofica è: che senso ha leggere il libro di una persona già religiosissima e quindi salvata? Cioè non dovrebbero tentare di capire il prossimo più lontano oltre che quello vicino/gemello? Le tragedie quindi ok, ma solo alcune.

NUMI TUTELARI: 
Al cimitero monumentale di Milano potrete
ammirare la sua discretissima tomba, una
specie di gigamausoleo
Prima di sbarcare al nord ero praticamente a digiuno di una serie di organizzazioni cattoliche supermega chiuse e potentissime. Tipo Comunione e Liberazione (l'Opus Dei almeno l'avevo sentita nominare). 
 Io non vengo da una famiglia particolarmente religiosa, però soprattutto mio padre e mio nonno sono praticanti, fanno robe in parrocchia, raccolte fondi e via dicendo. 
 A nessuno dei due è mai passato per la mente di rompere le scatole a me o alle mie sorelle su come dovessimo essere religiose. La religione è un fatto privato e ognuno se lo vive come vuole. Devo dire che anche a scuola l'ora di religione era risibile e, abitando a Roma pensavo che il max del cattolicesimo che si potesse raggiungere rimanesse circoscritto dal GRA. 
Con mio enorme stupore ho scoperto che Roma in confronto ad alcune parti del Nord è tipo la città più laica del pianeta. Al nord mi si è spalancato un mondo che mi ha concesso di capire la sezione di religione. Se nel Lazio va di moda il fricchettone don Gallo, a Milano la fanno da padrone i libri su e di Don Giussani, prete di cui a stento conoscevo il nome prima di scoprire che in Lombardia è più influente del Papa.
 Altri numi tutelari nordici sono i vari vescovi di Milano (forse a Roma l'idolatria arcivescovile era limitata dal fatto che il vescovo di Roma è il Papa e molti manco lo sanno), perciò cardinal Martini a gogò, (e non avete idea lontana di quanto abbia prodotto quell'uomo), cardinal Scola et Tettamanzi. Tutti sovraintendono, attenti e sorridenti, anche post mortem.

LIBRI SCRITTI ESCLUSIVAMENTE DA GENTE COME LORO:
 Il cattolico supermegafanta ama moltissimo sentirsi rassicurato nelle sue convinzioni. Per tale motivo rifiuta libri che portano avanti teorie diverse dalle sue (tendenzialmente il 99% di quelle in commercio), trova irritante il pluralismo e indegno che si cerchi di farli ragionare su quelli che considerano dei dogmi irrinunciabili. Sono talmente estremisti che persino questo Papa sembra loro troppo moderno e ne rifuggono con orrore (inimitabile Socci che non se ne fa una ragione arrivando a scrivere un libro dal titolo "Non è Francesco" insinuando il dubbio che il papa sia ancora il ben più conservatorissimo Ratzinger). I libri scritti da gente come loro sono evidentissimi perché portano avanti delle istanze che si credevano morte all'altezza del medioevo se non proprio nelle catacombe. 
 Alfiera del delirio è Costanza Miriano, l'autrice del celeberrimo "Sposati e sii sottomessa", donna che mi lascia sempre un dubbio principale: ma se sei sposata perché non sei sottomessa e chiusa in casa a fare la calza con la bocca cucita che deve parlare solo tuo marito? Gli indegni seguiti vedono un "Sposala e muori per lei" (ma non sottomesso ovviamente) e "La compagnia dell'agnello" (spero che un giorno Tolkien abbia modo di vendicarsi adeguatamente). Vengono poi Socci e un duo a cui evito di far particolare pubblicità perché meritano di cuocere nell'oblio. Vi basti sapere che sono talmente estremisti che in un capitolo aperto a caso del loro libro li si vede augurare velatamente le pene dell'inferno al cardinal Martini, reo di essere troppo aperto.
 Ci tengo, per concludere, a riferire un capoverso della mitica quarta di copertina dell'agghiacciante "Figli di un'etica minore" in cui si recita che, da rilevazioni compiute in un'indagine demoscopica sui giovani di Novara, essi "Presentano allarmanti e preoccupanti aperture in merito all'eutanasia e ai rapporti omosessuali".
 Ragazzini novaresi, stringo una mano virtuale a tutti voi, mi date speranza nel futuro.

SCRITTRICI AMERICANE RANDOM:
 Sul podio degli scrittori più amati dai cattolici real, c'è indubbiamente Flannery O'Connor.
Codesta scrittrice, considerata una delle più grandi autrici di racconti, morì a causa del lupus a neanche quarant'anni ed è vista dai cattolici come irrinunciabile. La buona Flannery era infatti una ferventissima cattolica che non mancava di infarcire di simbolismi religiose le sue opere, che, lo confesso, ho provato a leggere e trovato mortalmente noiose (ci riproverò).
 Altra autrice recentemente amata dai teocon è Edna O'Brien e non riesco bene a capire perché, (magari se qualcuno l'ha letta può illuminarci), visto che nel suo "Ragazze di campagna" successo all'uscita e di nuovo da quando è stato ristampato dalla Elliot, pare parli di sessualità e cattolicesimo insopportabile. Questa simpatia teocon per questo romanzo e i suoi seguiti mi hanno impedito di metterci mano. Ditemi la verità, cos'ha che non va?

 E voi conoscete codesta creatura? Cosa la vedete leggere? Che aneddoti su di essa possedete?
Sempre viva viva Sant'Eusebio protettore dell'anima nostra!

domenica 25 gennaio 2015

Resoconto indegnamente fumettoso della presentazione de "La scintilla" di Lorenza Di Sepio alla fumetteria Alastor di Milano! Scoiattoli, amore, dediche stupende e la rivalsa dei fumetti del nuovo millennio!

Io non vado spesso alle presentazioni (se dovessi razionalmente dire perché non saprei dare una risposta).
ed. Magicpress!
Indicativamente a quelle degli autori di fumetti che mi piacciono andrei sempre, ma ormai le folle oceaniche che si frappongono stanno iniziando a diventare proibitive (per la mia inesistente pazienza s'intende).
 Tuttavia, andare alla presentazione di Lorenza Di Sepio di "Simple & Madama" era necessario per due motivi:
1) Quando l'avevo intervistata per il blog era stata tipo la persona più squisita della terra.
2) Essa vive, beata lei, in quel della capitale e raggiungerla a breve di nuovo non sarebbe stato per me così facile.
 Ho fatto bene perché sulla sua ultima fatica, "La scintilla", mi ha fatto un disegno STUPENDO, che qui vi ripropongo indegnamente all'interno del mio.
La super straringrazio e vi ricordo il suo sitoooooo: simplemadama.blogspot.it, mi raccomando, lovelatela molto!




Ps Mi accorgo solo ora dei miei 50 soliti refusi, tipo parole non copiate dalla matita e "Cercato "La scintilla", ovviamente "Cercate"!!!

venerdì 23 gennaio 2015

La libertà personale ai tempi di internet, quando la strada del diavolo rischia di essere lastricata di buone intenzioni. Tra Berlusconi, Eggers e Zerocalcare e la temibile anagrafe italiana, una riflessione libresca sull'erosione delle nostre possibilità.

Anche se sembra un tempo mitologicamente lontano, fino a non troppi anni fa, stavamo qui a scannarci se pubblicare o meno le intercettazioni di Berlusconi & co. (quelle non inerenti strettamente alle indagini), fosse lecito o meno. 
Per avere un saggio delle estreme conseguenze delle intercettazioni vedere
"Le vite degli altri"
Marce del popolo viola, dibattiti, parecchio voyeurismo e finto shock davanti al fatto che in pvt gli esseri umani non parlino sempre in modo Oxford. 
 Mi rimase molto impressa una vignetta di Staino in cui un magistrato guarda nel buco della serratura di una stanza dove si sta commettendo un reato e veniva accusato di compiere a sua volta un reato perché non poteva guardare. Il senso era: usare in modo non completamente autorizzato le intercettazioni era reato o meno? 
 Mi ricordo che, nell'enfasi del periodo, in cui Veronica Lario si stracciava le vesti, venivano elette dubbie pin up nei consigli regionali e il ministro lo faceva una velina, intercettare sempre e comunque e pubblicare, sembrava dovesse essere la cosa più giusta.
 In questi sei anni i mezzi di comunicazione hanno avuto un'impennata favolosa. Social network, cellulari che si connettono sempre e comunque a internet, condivisioni a palla di ogni lembo della propria vita sono diventate così familiari che ormai l'intercettazione sembra quasi fuori moda.
  Condividi perché è bello, twitta perché è fico, metti foto perché è amoroso. Ed è tutto gratis! Io non sono una complottista (e manco paranoica visto che altrimenti non avrei un blog e fb), ma per me rimane valida la regola insegnatami mio padre: se qualcuno ti regala qualcosa preoccupati, perché nessuno fa niente per niente.
Ciò che risulta sospetto però è la magggggia con cui i donatori di codeste cose cercano di farti passare il tutto.
 Qual è insomma la contropartita che i giganti della rete hanno in cambio di tutto ciò che gratuitamente ci donano?
 Premetto che questo non è un post per parlare tecnicamente di questo, ma eticamente e vorrei farlo con due libri: "Il cerchio" di Dave Eggers e "Dimentica il mio nome" di Zerocalcare.
 Romanzo vagamente distopico il primo, graphic novel ampiamente autobiografica il secondo, si raccordano però su un punto: quanto l'aggressività dei mezzi di comunicazione contemporanei sta erodendo non solo la nostra privacy e la nostra libertà, ma le nostre possibilità?
 "Il cerchio" di Eggers non mi ha particolarmente colpito, ma ha alcuni spunti di riflessione interessanti. Dovrebbe essere sostanzialmente una solta di prequel a base di internet di "1984" che dovrebbe rispondere alla domanda: cosa porta un intero pianeta all'annullamento totale della privacy e in tal modo della libertà dell'individuo? 
 Il problema è che Eggers non è Orwell e materiale tanto incandescente gli brucia le mani impedendo al libro di decollare nonostante la lunghezza.
Dave Eggers
Vediamo la trama.
Mae Holland è una ventenne che ha finito il college, non ha particolari passioni se non il kayak ed è l'unica figlia di una coppia affiatata in cui il padre soffre di sclerosi multipla e, visto il sistema sanitario americano, soffre parecchio perché non ha accesso a tutte le cure. Un giorno una sua amica dell'università, Annie, misterioso personaggio che non viene mai sviscerato degnamente (è ricca ok, viene da una famiglia snob ok, è gelosa dei successi di Mae stop), la raccomanda per entrare a far parte dell'azienda per cui lavora: "Il Cerchio". 
 Il cerchio è una sorta di azienda che racchiude in sè il 90% dei motori di ricerca e dei social network esistenti, un po' come se fb, google, twitter, youtube ecc si fondessero in un enorme macrocosmo. Mae è felicissima perché ha un super stipendio e suo padre può finalmente curarsi, ma non sa che lavorare per il Cerchio vuol dire anche partecipare 24h su 24 alla vita sociale virtuale: deve insomma postare, fotografare, condividere, scrivere, cliccare, interagire di continuo e infine farsi riprendere da una telecamera.
 Eggers si perde per pagine e pagine a raccontarci di continuo le interazioni di Mae, e nel frattempo aggiunge personaggi bidimensionali qui e lì: c'è l'ex di Mae che fa lampadari con le corna di cervo, idealista e propugnatore del diritto alla privacy, c'è un misterioso tipo giovane coi capelli bianchi che ogni tanto appare si fa una sveltina con Mae e poi se ne va, c'è un disadattato tormentato da un tragica storia familiare il cui sogno è chippare tutti i bambini della terra perché non accadano loro mai cose drammatiche.
 Il libro teoricamente dovrebbe vedere l'escalation del coinvolgimento di Mae, sempre più soldatino del sistema, e al contempo quella del potere del Cerchio che sottomette a suon di scandali tutti i governanti che non diventano "trasparenti". Se non riprendi tutto quello che fai di continuo vuol dire che hai qualcosa da nascondere, se hai qualcosa da nascondere vuol dire che ti vergogni di quella cosa, se ti vergogni di quella cosa allora non dovresti farla, quindi, fatti due conti se qualcuno ti controlla allora non farai mai qualcosa che non dovresti fare.
Dopo questo libro guarderete gli uffici dell'anagrafe con nuovi occhi. Ecco ove
si annida il potere totalitario!
 Momento di maggior dubbio cosmico sulla rapidissima corsa al controllo del pianeta (oltre ad ovvi dubbi quali: se tutti stanno sempre su internet chi lavora i campi? Chi alleva le bestie? E le zone del pianeta dove non c'è internet? Boh), è quando l'impennata avviene per una cosa per noi italiani assurda: l'iscrizione automatica della popolazione ai registri elettorali. 
 Negli Usa hanno 'sta cosa che sei tu che devi andare a iscriverti ai registri elettorali, non è come da noi che l'anagrafe ti spedisce la tessera elettorale in automatico e tutti i comuni hanno il registro degli aventi diritto. Ad un certo punto il Cerchio tira fuori la genialata di introdurre una cosa che la, a quanto pare avanzatissima e potentissima, anagrafe italiana possiede dall'istituzione della Repubblica, ed è un attimo che il controllo totale della popolazione è completato.
 Il libro perciò soffre di: personaggi bidimensionali, (la stessa Mae è poco interessante e sembra una cretina con manie di grandezza), scarse argomentazioni (fantastico quando Mae viene convinta della bontà di non nascondere niente con la frase "Se tutti i gay della terra avessero detto di essere omosessuali subito sarebbero stati accettati, nessuno avrebbe mai potuto perseguitare il 10% della popolazione mondiale", per la serie dimentichiamoci dei numeri dell'olocausto), un climax mal condotto. 
Tuttavia è interessante per i dubbi che instilla e pone: davvero non abbiamo niente da nascondere? E perché ci teniamo a nascondere alcune cose? Ciò che commettiamo ed è magari illegale (come, faccio presente è stato illegale essere gay in paesi come la Gran Bretagna), è da considerarsi DAVVERO illegale? Chi è che decide dove si ferma il diritto di conoscere e il diritto di farsi i cavoli degli altri?
 E' molto interessante, o forse si potrebbe dire che è lo spirito dei tempi, il fatto che "Dimentica il mio nome" di Zerocalcare, si concentri più o meno sullo stesso concetto, affrontandolo però in un modo più malleabile. Al contrario di Eggers che evidentemente si sopravvaluta, Zerocalcare prende la questione della limitazione della libertà partendo non dal cuore del sistema, ma dai suoi ricordi personali.
  Alla morte dell'amata nonna materna, una piccola signora francese dai capelli biondi e l'animo artistico, Zerocalcare rievoca la sua complessa storia familiare: la nonnina infatti, rimasta orfana assieme alla sorella, venne piazzata in un orfanotrofio nella Provenza degli anni '20 e lì recuperata da una nobile russa in esilio che ne fa la sua protetta.
 La domanda che giustamente Zero si pone è: come si fa a passare dalla nobiltà russa in Francia a Rebibbia? E scavando scavando (SPOILER SPOILER) scopre che il presunto nobile inglese sposato dalla nonna a 17 anni era una sorta di truffatore. Si spacciava con abilità per altre persone per godere di una vita agiata e avventurosa, seguendo tuttavia delle regole etiche molto precise e facendo affidamento su altre persone della sua stessa "tribù".
 Il punto però è che spacciarsi per un nobile inglese prima della seconda guerra mondiale, quando il telefono era ancora un lusso, i telefonini non esistevano, il computer ma che è, la macchina fotografica chi ce l'ha e via dicendo, era un conto. Farlo adesso che viviamo in una società sempre più rigida e in ansia da controllo è un altro.
 Perciò Zero si domanda: in nome della rassicurazione e della tranquillità quanta avventura, quante possibilità stiamo cedendo? Se, come dice Eggers, quando siamo osservati non ci comportiamo certo come quando non lo siamo, ci rendiamo conto davvero di ciò a cui stiamo rinunciando in cambio di maggior sicurezza? 
Per la cronaca l'immagine della tizia in felpa mi è venuta
in mente leggendo le profonde istanze di Julia Reda
Ora, io che sono una che viene regolarmente caxxiata dalla sua dolce metà perché non guardo il cellulare per ore
e trovo che le mail siano un sistema di comunicazione favoloso, ma anche una delle più grosse fonti di litigio della terra. Trovo straordinario che fb possa aiutare a comunicare quando si abita a mille mila km di distanza, ma anche folle che conceda a persone che non vedi dalle elementari o preferiresti dimenticare di rintracciarti.
  Inoltre che Amazon cerchi di appellarsi a me e al mondo per farsi abbassare il prezzo degli ebook perché la conoscenza deve essere alla portata di tutti, che venti-trentenni con la felpa e lo sguardo da missionario mi dicano che "bisogna cambiare le regole del copyright perché il sapere deve essere di tutti" (come mangiano quelli che producono il sapere? Con la riconoscenza?) mi porta ad essere naturalmente diffidente verso quella la rivoluzione dei mezzi di comunicazione già avviata che tutti ci vogliono far passare per necessaria e portatrice solo di cose splendide e meravigliose.
 Se c'è una cosa che il libro di Eggers riesce a comunicare benissimo è che la strada del diavolo è lastricata di buone intenzioni. Puoi convincere le masse con le cattive (e allora dovrai sempre temerle) o con le buone, facendo loro credere che si sta procedendo per il meglio, che si lavora per loro, che chi protesta è contro il bene comune, il progresso, la conoscenza per tutti.
 Non c'è peggior pericolo di chi pensa di stare dalla parte del bene, sempre e comunque.

(Ps. considero codesto post in pendant con uno che scriverò al termine di "Rete padrona" rimanete su questi schermi. In poche parole: Eggers ve lo consiglio se vi va un romanzo non troppo pesante e un po' diverso, Zerocalcare ve lo consiglio sempre e comunque).

mercoledì 21 gennaio 2015

I posti più strani dove ho letto in vita mia. Capodanni chiusa in bagno, astuzie con Topolino e Maya e allagamenti di aule liceali, perché un vero lettore e una vera lettrice leggono ovunque e comunque!

Cosmopolitan, di cui faccio uso nelle due settimane
estive di vacanza  è uno dei giornali che più si
lancia in queste domande opinabili.
Ogni giornalazzo femminile che si rispetti, nel tentativo di sembrare emancipato e al passo coi tempi e con le starrr di Hollywood così prese dai loro molteplici amori prima di dedicarsi alla famiglia, ai film indipendenti e alle adozioni internazionali, ad un certo punto incappa nella fatidica rubrica/domanda ficcata a caso: qual è il posto più strano dove hai fatto sesso?
 Ora, mi sfugge il motivo di tale curiosità per tre motivi:
1) Una persona sana di mente a meno che non sia un'esibizionista non ti dice DAVVERO dove ha fatto sesso in modo strano.
2) Non credo che tutta questa gente sulla terra abbia fatto sesso in posti strani (a sentire tutti praticamente gli aerei dovrebbero essere più affollati di un locale per scambisti nella profonda provincia il sabato sera).
3) Che ce frega?
Comunque, partendo da tale discutibile curiosità, me ne è venuta in mente una più sensata: quali sono i posti più strani dove avete letto?
 Io ne ho una manciata e ve li illustrerò (anche se c'è la buonissima curiosità che anche voi pensiate: che ce frega?).

A SCUOLA: 
Tutto accadde quando durante il primo classico mi misi a leggere la saga di Harry Potter per cui andava pazza mia sorella minore. Iniziai sonnolenta col primo libro e arrivai al quarto particolarmente presa bene, così lo leggevo un po' ovunque smozzicando pagine su pagine. Avvenne che un giorno, per la troppa acqua e i pessimi tetti, si allagassero alcune aule dell'ultimo piano del mio liceo, così, la mia classe che era quella con meno alunni di tutto l'istituto (minimo storico in secondo classico: 14 persone), venne prontamente cacciata dall'aula ancora abile dove ci trovavamo, per essere ficcata nella sala professori. 
 Qui, la mia professoressa di italiano si produsse in tre ore di interrogazione, durante le quali stavo seriamente rischiando di dormire. Al contrario dei banchi della mia classe, i tavoli della sala professori promettevano un'interessante protezione dagli sguardi, così presi Harry Potter e iniziai a leggerlo sulle ginocchia. Leggere a scuola a quel punto divenne una droga. Durante tutte le interrogazioni, le lezioni di religione (indimenticabile la prof di religione, che seguivo solo costretta dai miei, che disse a mia madre che mi credeva depressa perché avevo sempre la testa china sul banco), i buchi morti tra una lezione e l'altra, continuai a leggere voracemente per tutto il primo e secondo classico. Mai più letto così tanto in vita mia. Smisi questa pratica quasi del tutto durante l'ultimo anno, quando i compiti in classe avevano cadenza praticamente giornaliera per prepararci al diploma (e alla famosa terza prova).

DIETRO I LIBRI SUGLI INDIANI D'AMERICA: 
Quando ero piccola leggevo già con ostinazione.
 Non sono un piccolo genio in niente, ma mio padre con strano slancio didattico si mise a insegnarmi a leggere prima delle elementari e a cinque (come ricorda tuttora con sconcerto la mia migliore amica che conosco praticamente dalla culla), già leggevo benissimo. Imbeccata così leggevo quasi ai limiti dell'asocialità, così quando combinai non mi ricordo che a dieci anni (mi pare che avessi finto di star male perché avevo dimenticato di fare un compito di scienze, ma potrei sbagliarmi), mio padre mi proibì severissimamente di leggere Topolino. In casa avevamo una quantità impressionante di Topolino che la sorella di mio nonno aveva accumulato in non so quanti anni. Topolino vintage anni '60 e '7' che leggevo in continuazione. Fu una tragedia a cui ovviai astutamente. Quell'anno le maestre si erano fissate sugli indiani d'america
 Un anno a scoprire che mangiavano, come vivevano, dove vivevano, gli europei coloni cattivi e via dicendo. Avevamo in continuazione compiti e letture sui Maya, così ad un certo punto, avevo iniziato a infilare i Topolino in mezzo ai libri di scuola e a fingermi profondamente assorta nello studio. La punizione, che aveva la biblica durata di due mesi (ho avuto diciamo un'educazione paramilitare), terminò quando confessai a mio padre il trucco. Esso, smosso da orgoglio per l'astuzia della sua pargola, fece cessare la punizione e continuai a leggere indisturbata i miei Topolino anni '60.

NEL BAGNO DI MIA ZIA A CAPODANNO:
Chi ha passato almeno un Capodanno della sua vita a Napoli e dintorni sa di quale incubo io stia parlando.
 A partire da mezzanotte per almeno un'ora buona sembra di stare in mezzo ad un attacco aereo in grande stile: boati che manco le bombe e una coltre di fumo che rimane per ore, ma che nella prima ora e mezza raggiunge la densità di una nebbia fitta e raggiunge picche di irrespirabilità da crisi asmatiche. 
 O almeno questo era lo scenario a casa delle sorelle di mio padre i cui figli (i miei ahimé cugini) erano grandi fan dei botti apotropaici. Minorenne e costretta a seguire mio padre in questi revival natalizi, tentavo di sopravvivere all'incubo chiudendomi in bagno a leggere. Generalmente era uno dei pochi posti della casa ad avere ancora dell'ossigeno nell'aria e ad essere immune dagli schiamazzi vocianti dei miei parenti, presi dall'incomprensibile gioia dell'inizio di un nuovo anno. 
 In quel bagno ricordo nitidamente di aver letto per la prima volta "Carmilla" in un'orrenda edizione 100 pagine 1000 lire della Newton. Libro che ancora non mi spiego come mia cugina che a stento leggeva Cioè, potesse avere in casa. Bei momenti.

 E voi? Quali sono i posti più strani dove avete letto in vita vostra?

martedì 20 gennaio 2015

Vignetta di molte grazie per le 500.000 visualizzazioni (famo mezzo milione che fa più fico)!

Oggi il blog ha raggiunto la ragguardevole cifra delle 500.000 visualizzazioni (dico mezzo milione che fa più fico). Come sapete io sono abbastanza sfigata da festeggiare le visualizzazioni quindi non ho più tema di gioirne.
 Quando ho aperto codesto blog avevo i soliti millanta dubbi del "Ma serve davvero l'ennesimo blog?", poi vabbeh, era un periodo in cui stavo molto spesso in casa e mi sono fatta coraggio. Tuttavia, tanto per farvi capire, nonostante l'impegno che ci metto, quanto sia inaspettato codesto traguardo, faccio presente che avevo promesso alla mia dolce metà che per le 500.000 visualizzazioni l'avrei portata a fare un viaggio intorno al mondo (per le 100.000 mi ero limitata ad un viaggio in Europa). 
 Ora lo reclama -.-" 
Grazie a tutt* quelli che leggono il blog e scusate la vignetta con deriva da bacio Perugina libresco, anche io odio le frasi dei libri piazzate a caso con strazianti immagini trash come sfondo postate da improbabili pagine tipo "Citazioni per lettrici bastarde, ma dolci ma forti ma speciali, ma tutto".
 Scusatemi e gioite with me!


lunedì 19 gennaio 2015

Libri e autori di cui sfugge il fascino: tomi e trame che hanno conquistato il mondo, ma non me. Che problema ho? Che problema hanno? Cloni, viaggi, oceani, uccelli morenti e squadre di calcio e le mie perplessità.

 In questi ultimi tempi non sto andando così tanto al cinema. In verità non ci sono mai andata molto, ma ormai sto toccando i miei minimi storici (ammetto con estrema vergogna che ci andrò, a scanso di casi particolari tipo il festival del cinema giapponese due o tre l'anno). 
La cosa migliore del film resta una giovanissima Scarlett
Johansson, molto platino e molto gnocca
Un tempo, quando la mia vita era scandita dal rollio delle sessioni d'esame, mi piaceva andarci almeno una volta a settimana, col risultato che ho visto delle robe davvero discutibili.
 Una delle porcate di maggior peso porcoso che ricordo fu "The Island" un film in cui Ewan McGregor e Scarlett Johansson, vivevano su una specie di astronave (o cittadella chiusa e tecnologica non mi ricordo) che guardava la terra da lontano. Ogni tanto qualcuno dei loro compagni di navicella veniva scelto per tornare sulla terra e via a stranezze. Ad un certo punto della pellicola accadeva che i due scappavano (non ricordo né come né perché) e scoprivano di essere solo dei cloni di persone importanti, come tutte le altre persone sulla navicella. Quando a qualcuno degli "originali" serviva un loro organo (o un figlioletto) ecco che venivano scelti, bellamente dissezionati (o le donne fatte partorire) e via.
 Lo stesso anno uscì il libro di Kazuo Ishiguro, "Non lasciarmi". Lo presi in biblioteca attirata dal nome nipponico dell'autore (ignorando all'epoca completamente che fosse in realtà anglosassonissimo) e scoprii che era la stessa trama pasticciata di "The Island".
 Non so se l'avete letto, ma praticamente tre ragazzini che vivono in una sorta di strambo orfanatrofio in campagna, intessono tra loro varie relazioni, d'amicizia e ammmore prima di scoprire, da adulti, di essere solo cloni usati come donatori per i loro originali.
 Il libro, che è stato pure insignito di numerosi premi,  fu per me una palla mortale. Descrizioni lunghissime, una prima parte quasi completamente slegata dalla seconda (i tre scoprono di essere "donatori" ma non hanno moti di rabbia o ribellione che capisco tutto, ma insomma), una protagonista assolutamente insopportabile.
 E su tutto ovviamente gravava la grande domanda: perché tra una premiazione e l'altra nessuno dice che 'sto libro è identico ad un orrido film?
 I libri che tradiscono le aspettative  sono una delle cose che più detesto in assoluto. Li detesto perché mi fanno perdere tempo e perché mi aspetto che un libro su cui ho rimuginato per ore mi dia per forza soddisfazione. Altra cosa che non sopporto è non capire cosa mi sfugge di un libro che mi è stato presentato da tutto il mondo come fantasmagoricamente meraviglioso. Ognuno ha gusti diversi e ok, nella massa dei titoli è statisticamente normale trovare qualcosa che faccia schifo, ma non posso impedire che la cosa mi dia urto. Di cui sotto altri titoli che mi sono risultati insopportabili:

TUTTO BARICCO ESCLUSO "OCEANOMARE":
 Lessi per caso "Oceano mare" alla fine delle superiori e mi piacque molto, tuttora mi piace molto, nonostante il divismo baricchesco rischi di oscurare la sua produzione. Mi gettai perciò abbastanza a pesce sul resto. Fu una delusione più o meno su tutta la linea. 
 "City" fu pallosissimo, "Senza sangue" inutile, "Castelli di rabbia" sonnolento, "Novecento" aveva un'ottima idea di fondo, ma rimaneva un'opera teatrale. Ho persistito negli anni a leggiucchiare cose sue perché avevo amiche appassionate che mi prestavano gratis i suoi libri, mi sono arresa all'altezza di "Mr Gwyn". In nessun libro ho ritrovato la struggenza di quello che pare essere il picco inarrivabile della sua produzione. 
Il fascino non si è più ripetuto.

JONATHAN COE: 
 Forse ho un problema con gli autori inglesi contemporanei visto che faccio fatica a digerire anche Hornby, ma Coe ha su di me un appeal che rasenta lo zero. 
 Lessi "Donna per caso", la tristissima storia di una donna con la straordinaria capacità di partire col botto e precipitare col bottissimo: un ottimo rendimento scolastico non può salvarla da coinquilini insopportabili, un matrimonio disastroso e una vita mediocre. Breve, conciso e molto amaro, mi colpì molto nonostante il malessere che mi lasciò, perciò tentai nuovamente la via di Coe.
 Risultato:
1) "La banda dei brocchi" abbandonato per noia.
2) "La famiglia Winshaw" abbandonato per noia.
3) "La pioggia prima che cada" che lessi a causa della protagonista lesbica. Un coacervo di sfighe talmente tanto fitto, assurdo e ingiustificato da causare crisi di nervi pure ai migliori. Il top è quando, sul finale, Coe sente il bisogno, tanto per sottolineare la tragedia nella tragedia, di piazzare un uccello morto sul parabrezza della narratrice, così, tanto per.
 Delusione su tutta la linea.

LA COMPAGNIA DEI CELESTINI:
Non ammazzatemi. Ho letto parecchio di Benni e niente mi ha mai colpito davvero, anche se, sottolineo, è un unicum nel piattissimo panorama letterario italiano. Cioè ammetto di essere io il problema e non lui. Detto ciò, ho iniziato a leggere "La compagnia dei celestini" non meno di cinque volte, senza trarne nessun giovamento e nessuna fascinazione o stimolo. Non credo sia perché non digerisco il surreale (il suo amico Pennac mi piace molto), ma perché trovavo la trama soporifera.
 Per il resto è andata meglio, anche se forse ho trovato piacevole solo "Margherita Dolcevita" e belle solo le poesie di "Prima o poi l'amore arriva" (mi piacciono molto anche i monologhi teatrali).
 Poi non so, Benni, non ti comprendo.

VIAGGIO AL TERMINE DELLA NOTTE:
 Ce la farò un giorno, ce la DEVO fare a finirlo. Tuttavia anche qui non sono mai riuscita ad andare oltre un terzo del libro. Ho tenuto duro cercando di cogliere il senso, di entrare nello spirito, di cogliere la gemma. Niet, ricordo solo una noia estrema e benissimo la prefazione che insisteva sul fascismo di Céline. Ok, ora so benissimo che era filonazista, un po' meno a cosa sia dovuta la fascinazione (non uccidetemi adoratori di questo libro).

 E voi avete dei libri che vi sembravano promettenti e vi hanno invece profondamente deluso? O il cui fascino vi è completamente sfuggito?

venerdì 16 gennaio 2015

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Come si scrive".

In questo periodo ho una vita diciamo turbolenta, quindi mi è più difficile scrivere tutti i giorni post lunghi. Credetemi non vedo l'ora di tornare alla normalità. Nel frattempo vi posto una vignetta (domani non sarò fisicamente a casa quindi annuncio che niet, ci si rivede domenica!).
Nella vignetta di cui sotto un esempio di come i clienti talvolta abbiano una pessima considerazione di chi hanno davanti.
Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Come si scrive".


4 letture obbligate delle superiori che ho trovato noioserrime (e sensate solo una decina di anni dopo). Quando il grande classico non è adatto all'età e risulta un'epica palla, i miei traumi personali.

 Come ripeto spesso io sono strafavorevole alle letture scolastiche obbligatorie. 
La gente che a cinquant'anni ancora piange dicendo che non legge niente perché all'alba dei tempi fu traumatizzata da imprudenti insegnanti che li costrinsero a sorbirsi noiosissime pagine mi pare, devo dire, un po' ridicola. 
 Dopo una certa età si può anche capire che la Divina Commedia e la biografia di Zanetti sono entrambi i libri, ma con le dovute differenze, quindi se ti ha traumatizzato la prima non si capisce cosa ti impedisca di leggere la seconda (se sei un frignante traumatizzato dell'inter si intende).
 Tuttavia riconosco che alcuni libri dati da leggere durante la carriera scolastica siano stati delle pesantate che potevano tranquillamente essere risparmiate in favore di classici magari più adatti all'età contingente. All'epoca, siccome ero diligente e leggevo comunque tutto, mi sforzavo di arginare la rottura di scatole, riducendomi all'ultimo, ossia gli ultimi due giorni mi facevo coraggio e mi chiudevo per ore e ore e ore. Successivamente rileggendoli mi sono resa conto che quelle che all'epoca mi erano sembrate delle palle inumane e punizioni divine, erano invece libri che parlavano anche di me.
 Solo che parlavano della me di almeno una decina di anni dopo.
 Per farvi capire meglio, ecco di cui sotto i romanzi che mi hanno lasciato un pessimo ricordo scolastico di sfrangimento totale.

MASTRO DON GESUALDO/I MALAVOGLIA:
Lo lessi in questa esatta edizione presa
dalla biblioteca
 Verga. Ok, io lo ammetto, di tutti gli autori che ho davvero detestato leggere alle superiori, tra questi c'era il buon Verga. Probabilmente c'entra il fatto che i suoi protagonisti sono persone annichilite da una vita ingiusta. Voi mi direte, per forza, era un verista. Se è per questo era verista pure Zola, però lui mi piaceva, i suoi protagonisti qualcosa tentavano, pure se finiva male.
 Verga no. Lessi all'epoca sia "I Malavoglia" per me, sia "Mastro don Gesualdo" per fare un riassunto ad un'amica che in cambio mi faceva i compiti di matematica.
 Del secondo non voglio neanche parlare, l'unica cosa che mi è rimasta impressa nella noia generale è che don Gesualdo aveva una pancia invincibile, nonostante lavorasse come un mulo tutto il giorno e mangiasse un tozzo di pane e un pezzo di formaggio che lui doveva risparmiare pure il centesimo, la panzetta gli rimaneva. Questo per dirvi quanto mi colpì nel vivo.
 "I Malavoglia" che lessi in due pomeriggi alla disperata, me li ricordo ovviamente molto meglio. Saga familiare di gente che se non è sfigata lo diventa per interposta persona. 
 Indimenticabili i due momenti topici: la barca di lupini che affonda e la Santagata e nonostante abbia già fatto la partizione delle trecce non può sposarsi. Il primo evento ci lasciava perplessi: chi mai potrebbe affidare le proprie sorti ad una barca che porta LUPINI?? Il secondo non era di facile comprensione: una povera crista, ingenua, buona, che sopporta tutte le disgrazie del mondo, infine non può sposarsi perché la sorella è considerata una poco di buono. Il fratello Alessi, di cui mi piaceva molto il nome, aveva fatto la cosa migliore: si era trovato una cugina orfana e via.
 Capisco il verismo, ma se vogliamo ammazzare la voglia di lettura in uno studente proponiamogli Verga.

LA COSCIENZA DI ZENO: 
Ok, è un capolavoro, serve per capire Svevo, ma, pure qui, permettetemi di dire che darlo ad un diciottenne (o peggio anche meno) non è proprio il top.
 Zeno Cosini è, ancora me lo ricordo dopo anni, come uno che ha lanciato una freccia e ha fatto centro nel bersaglio di qualcun'altro. Non ha nessun pregio specifico, non ha nessuna volontà specifica e non si impegna neanche particolarmente. Ha però, quel che si dice, una gran fortuna. Perciò sposa la donna giusta (per lui) dopo aver corteggiato quella sbagliata (che però amava), fa un lavoro che non si è scelto, ma gli riesce, ha un'amante che vede regolarmente e una vita tutto sommato benestante. 
La storia è ovviamente importante per tutta una serie di motivi, non ultima la costruzione come documento psicanalitico che per l'epoca era un'assoluta novità e sperimentazione letteraria.
 Il conflitto profondo tra l'anima di Zeno e la società in cui vive, il fumo come metafora e via dicendo sono cose comprensibili solo DOPO che uno con la società ci si è scontrato. A sedici anni, mediamente, non sai ancora cosa ti aspetta fuori, nella grande giungla. Sei ancora pieno di ideali, bambagia e aspettative ed è giusto che sia così. perciò non arrivi a pensare al profondo conflitto interiore del buon Zeno (che una quindicina di anni dopo ti accorgerai invece di sentire magari come tuo), ma pensi che un tabagista che ha sposato una donna praticamente a caso ("Scusa ci ho provato con le altre tue due sorelle e mi è andata male, mi prendi tu?" "Certo amore, sono racchia, ma tanto dolce, sposami") non sappia far altro che lamentarsi invece di prendere in mano la sua vita.
 Capisco Svevo e di sicuro è meglio Zeno di "Senilità", ma almeno si comprenda che un liceale potrebbe trovarlo una mazzata sulle ginocchia.

IL DESERTO DEI TARTARI:
 Appena iniziato a leggere, non so perché, ma avevo capito SUBITO come sarebbe finito: questo tizio, Drogo, si sarebbe sfrangiato i cosiddetti e poi sul più bello non sarebbe stato presente. Me lo sentivo. Perciò per tuuuuuutto il libro, oltre alla noia dell'attesa di questi poveri soldati su questo fronte inutile a scrutare all'orizzonte i movimenti di un nemico che non si vede da tempo immemore, mi ha accompagnato l'ansia empatica per questo poveraccio che avrebbe inutilmente consumato la sua vita nel niente cosmico.
Ok, lo so, capolavoro capolavoro, ma io lo ricordo davvero come una palla epica.
 Ora, col senno del poi mi rendo conto che è un grande libro, una metafora enorme sull'esistenza umana, che pare iniziare col botto e invece si risolve in una routine da cui non riusciamo a fuggire, un po' per paura, un po' perchè, fondamentalmente ne siamo anche conquistati, affascinati e irretiti. Le persone a cui la routine per vari motivi è preclusa del resto non fanno altro che anelarla come se fosse il più grande dei desideri, perciò quando ci siamo dentro può assumere i contorni di un incubo senza fine, ma ha anche un suo irresistibile fascino.
 Ora lo capisco però. A 15 anni come si pretende che un ragazzino possa immedesimarsi nello stato d'animo di un uomo che parte col botto e finisce inghiottito dal niente? Il ragazzino neanche è ancora partito, sta lì che lucida il suo cavallo interiore, ansioso di lanciarsi al trotto, e tu gli parli di uno che invece di scappare dal deserto si ferma a oltranza, affascinato dai grandi spazi e dall'attesa. 
 Lo straboccio come libro da rifilare alle superiori, non è l'età e si rischia di rovinarne il gusto che merita successivamente (come è accaduto a me che ancora ho questo retrogusto di "Che palle").

Ps. Moltissimi altri classici delle superiori, invece, mi sono piaciuti. Ricordo che in classe rimanemmo entusiaste di "Cronache di poveri amanti" di Vasco Pratolini. Non gli avremmo dato un soldo e un mese dopo ne parlavamo come se fosse stata la telenovela più appassionante della storia.

 E voi avete dei classici che alle superiori avete letteralmente detestato? Non abbiate tema! Confessate!