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lunedì 24 aprile 2017

"Cry me a river" di Alice Socal e l'effetto "Ero contentissimo" di Tiziano Ferro. Perché le persone, pur amandosi, alcune volte si lasciano? E perché questa graphic non riesce a spiegarcelo?

 Non saprei esattamente dire per quale motivo, ma ultimamente mi è abbastanza chiaro che se voglio far durare la mia relazione a lungo e con gioia non devo assolutamente compiere un passo fondamentale: comprare casa.

 Ormai la quantità di coppie (etero e lgbt) che conosco e che si sono lasciate pochissimo tempo dopo aver compiuto l'insano gesto è talmente elevata che meriterebbe un qualche studio da parte di sociologi illuminati.

 Riscontro meno incidenza tra coloro che si sposano, ma devo dire che conosco anche poca gente che si è decisa per i fiori d'arancio, quindi temo che nella mia empirica statistica personale c'entri anche questo dato.

 Generalmente queste deliziose coppie che avresti detto insieme per sempre e per sempre ancora, si lasciano letteralmente dall'oggi al domani. 
 Il carnefice di solito è sempre uno dei due (nel senso che è il famoso caso della scelta condivisa) e le storie a cui si pone fine sono davvero lunghe come matrimoni: dieci, dodici anni. Gente che stava insieme dall'inizio dell'università o quasi che, diciamo al momento fatidico, molla il colpo.

 Uno si dice, (oltre al fatto che ogni coppia è felice o infelice a modo suo e sa perché e per come si lascia), succede perché la casa per i giovini italici è davvero l'impegno della vita. Determina dove finiranno i tuoi soldi per trent'anni, dove ti stabilirai foreva e con in qualche luogo e con chi spenderai per sempre le tue energie, il tuo amore, le tue amicizie e quanto lontano dalla tua vita precedente ti adagerai senza possibilità alcuna di ritorno.
 Direi che mette un'ansia non da poco.

 Quello che mesi e anche anni dopo osservo di tanto in tanto in queste ex coppie è però il temibile effetto "Ero contentissimo" di Tiziano Ferro.

 Molti ricorderanno la canzone per l'audace allitterazione di Tiziano che canta "Ed eri contentissima quando guardando Amsterdam non ti importava della pioggia che cadeva".

 La canzone, che mi pare giusto citare, visto che è paragonabile alla statura morale di quella che dà il titolo alla graphic novel della recensione, racconta la storia di questo tizio che parla alla sua ex e gli ricorda i bellissimi giorni passati insieme, contentissimi, sotto la pioggia e la neve, ricordi di ricordi, viaggi in Olanda e altre cose.

 Oltre a rimembrare i begli inverni passati, la pungola dicendole: ma sei proprio sicura che ora stai meglio? Non è che trovi solo scuse per stare meglio e convincerti di aver fatto la scelta giusta?

 Ora, al netto del livore e delle speranze che sono lunghe a sopirsi di chi viene abbandonato, in effetti, Tiziano potrebbe aver toccato un nervo scoperto: le coppie che si lasciano pur amandosi ancora, a causa di motivi imprecisati e non sempre convincenti.

 Un temibile controsenso di cui, immagino, solo chi si trova, può dare risposte razionali: perché si pone fine a relazioni in cui l'amore non è finito? Quindi davvero la storia che l'amore certe volte non basta è vera?

 In "Cry me a river" di Alice Socal (che ebbene sì prende il titolo da "Cry me a river" di Justin Timberlake), una coppia di fidanzati che vive in un imprecisato paese straniero (o almeno io non sono riuscita a capire che posto fosse) si trova a fronteggiare un caso di "Ero contentissimo".

I due vivono assieme una quotidianità abbastanza comune a quella di tante coppie, finché, a un certo punto, senza litigi particolari, intrusioni di terze persone o altro, decidono di lasciarsi, ma di continuare, per ragioni anche di necessità contingente, a vivere sotto lo stesso tetto.

 E' l'inizio di un periodo molto confuso. Una sorta di limbo fatto di lacrime, dolore, reciproco affetto, rassicurazione e, ebbene sì, allucinazioni.

 Cioè che il lettore non riesce bene ad afferrare è il perché i due si siano lasciati, visto che, dalla quantità di lacrime versate, sembra che si amino ancora.
 All'inizio pensi sia uno di quei casi in cui i due si stanno sottoponendo a questa tortura perché, nel fondo del loro cuore, sanno che è in fondo la cosa migliore da fare: si piange tanto adesso, per piangere meno dopo.

 Succedeva ad esempio in "Effetto Casimir" della Nuke, una graphic edita da Rizzoli un paio di anni fa: lui lascia lei perché il rapporto si è logorato e vuole di più, il problema è che non riesce bene a focalizzare questo di più se non come una sorta di insoddisfazione che deriva dalla sua totale mancanza di coraggio/maturità a cui però non riesce a opporsi.

  In quel caso, dopo alcune disavventure, lui tornava da lei di corsa alla ricerca di un porto sicuro e di qualcuno che sostanzialmente gli facesse da madre e avesse coraggio e maturità al suo posto.

In questo caso, entrambi mancano di coraggio, ma non verrebbe mai da dire che sono immaturi.

  Si sono lasciati perché "le cose non funzionavano", ma da quel che vediamo noi funzionava tutto abbastanza bene, abbastanza normalmente, abbastanza quotidianamente.

 Per quale motivo quindi i due si sottopongono a questa tortura del pianto a fiumi? Di notti passate a vedere enormi gamberi saggi o vermi parlanti che escono dalla scatola dei cereali per redarguirli?

 E' la metafora del si muore un po' per poter vivere? E' un arrivederci amore ciao le nubi sono già più in là psichedelico? 

 Ecco, non si sa.
 Il problema di questa graphic è che parla di tanto, raccontandoci troppo poco dei due protagonisti: sono due chiunque e va bene, ma questi due chiunque di cosa hanno paura? Perché hanno lasciato finire una relazione in cui credevano (come dice uno dei due)? Era l'amore che non bastava? Era la quotidianità? Erano le recriminazioni di Tiziano Ferro? 

 Ed è proprio questa eccessiva mancanza di informazioni che rende poco chiara la fine: i due amanti tornano insieme con reciproco sollievo e fine delle lacrime? Sono invece finalmente arrivati allo stadio di semplici amici tanto da dividere lo stesso letto senza desiderio e col sorriso sulle labbra?

Non si tratta di una di quelle ambiguità felici, ma di quelle che lasciano uno strano retrogusto: quello che ti fa domandare (e parecchio, vista la quantità di punti interrogativi usata nella recensione) cosa hai appena letto e quanto, francamente ne ricorderai, tra uno o due mesi.

1 commento:

  1. da quel che vediamo noi funzionava tutto abbastanza bene, abbastanza normalmente, abbastanza quotidianamente

    Non ho letto il fumetto in questione, ma alla fine forse il problema è quell' "abbastanza". Al momento delle scelte irrevocabili, una generazione cresciuta convinta di poter (dover) aspirare ad avere tutto, non riesce a barattare quel tutto vagheggiato con un realistico abbastanza.
    La butto là, eh! Non saprei, davvero.

    Comunque registro il fatto che un fenomeno simile a quello che racconti tu (gente che si lascia dopo aver comprato casa) accade spesso anche dopo le lauree: coppie che stanno insieme da anni, magari dalle superiori, che dopo la laurea di entrambi, e l'arrivo delle scelte vere (lavoro, casa, famiglia, appunto, ché non si può più temporeggiare con la scusa degli studi), scoppiano come palloncini. Ne ho viste tante.

    Siamo una generazione terrorizzata dai passi definitivi, quelli che chiudono davvero, per sempre, certe porte (io di sicuro, eh!)?

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