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giovedì 27 aprile 2017

Piccole recensioni tra amici (nel gelo d'aprile)! Casalinghe disperate ne "La ragazza dell'altra riva" di Mitsuyo Kakuta e avvenenti collegiali dalle braccia di panna in "Olivia" di Dorothy Strachey.

 Dopo alcuni giorni dai miei, in cui forse sono arrivata ad avere un'idea che DEVO avere prima dell'inizio dell'estate (scoprirete poi perché), ecco che finalmente sono tornata nelle nordiche lande dove infuria la bufera e si gela.

 Intendiamoci, io sono felicissima faccia più fresco perché detesto il caldo in città e l'idea di avere 30 gradi e passa da aprile a ottobre mi stava atterrendo, ma qui siamo piombati direttamente in novembre.


 Vi giuro che, dopo, accoglierete ogni singola nuvola come una benedizione celeste. Comunque, ecco a voi un "Piccole recensioni tra amici" fresco fresco.
 Si tratta di una novità e di un libro purtroppo fuori commercio che ho trovato all'usato, ma che comunque si reperisce in biblioteca (o appunto all'usato) e spero prima o poi ristampino.

 Sappiate che domani recensione de "I guardiani", il nuovo libro di De Giovanni. 

 Ora basta annunci e let's go!


LA RAGAZZA DELL'ALTRA RIVA di Mitsuyo Kakuta ed. Neri Pozza:

 Ero tutta molto happy per la lettura di questo romanzo che, essendo un Neri Pozza, inconsciamente già collegavo alle opere di Ito Ogawa. Coincidenza o meno, delle opere di Ito Ogawa ha lo stesso stile, gli stessi pregi e gli stessi difetti. Ma andiamo con ordine.

 Trama.

Sayoko è una giovane madre di famiglia  che, malgrado viva nel negli anni 2000 è afflitta dagli stessi identici problemi delle donne italiane degli anni '60: ha un marito che preferisce lei non lavori, una bambina che vorrebbe mandare al nido, ma non riesce perché tutti le dicono che compirà l'insano gesto sarà una madre snaturata, una suocera che la critica sempre e un'insofferenza generalizzata verso il ruolo di moglie e madre perfetta che finisce per causarle un principio di depressione.

 Da varie letture antecedenti, so che la situazione della povera Sayoko non è affatto estrema, ma un problema della condizione femminile in una società molto conservatrice come quella nipponica: una volta che ti sei sposata, resistere ai continui impulsi esterni a diventare la casalinga e la moglie perfetta è impossibile. 

 Se lavori, la maggior parte delle volte è meglio tu smetta, le famiglie sono molto presenti nel ricordarti i tuoi doveri e monitorarti quasi come spie, senza contare che vieni continuamente giudicata da chiunque.

  Succede pure in Italia, ma qui se il vicino di casa si permette di fare osservazioni sul tuo modo di crescere i figli o pulire la casa, lo mandi allegramente a quel paese, lì non è costume e comunque farà la spia a tua madre.

 Molte rinunciano a sposarsi (un altro problema nipponico infatti è il bassissimo tasso di natalità), altre, come Sayoko, si sposano, fanno figli e poi si trovano col peso di una quotidianità che non hanno scelto, addosso.

 Sayoko a un certo punto rinsavisce, anche perché capisce saggiamente che questa sua depressione sta iniziando a danneggiare emotivamente anche la figlia di due anni, così cerca un lavoro e lo trova presso una sorta d'impresa di pulizie gestita da una strana trentenne, Aoi.

 Ecco, la trama prometteva che dal rapporto tra le due sarebbe emerso una sorta di empatico miglioramento delle due donne, entrambe vittime di una società oppressiva. 

In realtà la storia di Aoi scorre narrativamente su un piano completamente diverso.

 Mentre i capitoli in cui Sayoko inizia a lavorare e a uscire dal buco nero post matrimonio in cui si era ficcata raccontano i giorni nostri, la linea narrativa di Aoi descrive la sua difficile adolescenza, segnata da bullismo, un'amicizia morbosa con una compagna di classe e una solitudine sconfinata alla quale sembra involontariamente destinata per il resto della sua vita.

 Ovviamente si dà per scontato che Sayoko vada a colmare questo vuoto, ma il problema è che proprio quando le due iniziano davvero a interagire, il libro finisce. Così nel niente.

 E si rimane con una strana sensazione, quella di aver letto due libri, uno davvero bello e uno insomma

 Quello bello è quello che riguarda Aoi, una storia di solitudine adolescenziale che somiglia a quella di molti:  involontarie protagoniste un gioco al massacro in cui altre persone per primeggiare hanno bisogno di sempre nuove vittime sacrificali.

 I segni che rimangono su quelle vittime sacrificali durano a lungo, a seconda di quanto pesante sia stato il gioco e dalle conseguenze che ha avuto. Aoi trova una sua simile, l'amica Nanako, che da punto di riferimento si dimostra molto più fragile di lei e, di colpo, la storia di una meravigliosa amicizia salvifica vira in modo drammatico.

 La storia di Sayoko è interessante all'inizio e irritante alla fine: perché una donna con un marito che non alza una paglia a casa, maschilista e mammone e che evidentemente non ama, una suocera irritante e impicciona, una volta riacquistata l'autostima e l'autonomia non chiede il divorzio?

 Suppongo c'entri molto la variabile culturale, cose che noi occidentali non riusciamo a capire, ma che rende un po' ostico il personaggio di Sayoko, così opaco e insignificante nei confronti della passionale, drammatica Aoi.
 Quindi Aoi vale il libro, Sayoko insomma. Vedete voi.


OLIVIA di Dorothy Strachey ed. Baldini e Castoldi:

 Ho trovato questa piccola fantastica perla in uno di quei Libraccio che vendono tutti i libri usati a 3 euro (prima era a 2, ma vabbeh 3 euro rimane un prezzo accettabile). Devo dire che l'ho scelto dalla copertina, che come potete ammirare dall'immagine non era niente di particolarissimo, ma boh mi aveva attirata.
 Ora, dovete sapere che inizio a sospettare di possedere una sorta di superpotere librario che attira a me tutti i libri a tematica lesbica, tipo calamita, perché, nonostante nulla lo lasciasse presupporre a una prima occhiata, questo si è rivelato il tema principale.

 Mi sono infatti trovata di fronte all'unica (purtroppo) opera di Dorothy Strachey, attiva nel gruppo Bloomsbury, amica di Virginia Woolf  che nell'introduzione di questo libro, (che pubblicò in forma anonima), fa un esplicito coming out.

 La storia di Olivia, giovinetta vittoriana, proveniente da una famiglia tanto ricca quanto atea, tanto morigerata quanto poco dedita alle passioni, ricalca infatti i mesi che la scrittrice passò sedicenne in un collegio francese per completare la sua istruzione.

 Olivia viene infatti spedita dalla famiglia in questa scuola per signorine di buona famiglia gestita da due donne nubili amiche di vecchia data della madre. Tu pensi a due vecchie megere e invece mlle Julie e mlle Cara, sono delle affascinanti giovani donne che, insieme, hanno concepito l'idea di questa scuola.

 La storia, che avrebbe tutti gli ingredienti per rientrare in quelle trame ambigue e sensuali in cui giovinette dalle braccia color panna finiscono per fissare con desiderio altre giovinette dalle braccia color panna e i capelli di seta, (un evergreen che quando è trattato con raffinatezza e mestiere e non appartiene a filmazzi porno a tema lesbico, sa dare ottimi risultati), in realtà si muove su due binari:

1) L'innamoramento, assolutamente non velato e anzi esplicitato con forza dalla protagonista, per mlle Julie per cui si strugge di notte e di cui anela le brevi visite e le attenzioni fuggevoli.

2) Il lesbodramma (dicesi lesbodramma quel modo drammatico in cui tendono a finire molte relazioni lesbiche, trascinandosi tra pianto, stridore di denti, recriminazioni e nuovi amori) che è in atto tra Julie e Cara, anche loro coppia ampiamente esplicita.

 La genialità della trama sta infatti nel distrarti con un abile MacGuffin: Olivia che brama Julie.

 In realtà la Strachey tesse un intreccio sotterraneo che oserei dire giallo: ci sono infatti due nuove amanti a dividere Julie e Cara e una delle due sembra avere secondi fini, non molto nobili e che riguardano la proprietà del collegio.


 E' un gioiello. Non una parola fuori posto, non un capitolo inutile, non una leggerezza e, straordinario per i tempi, neanche un eccesso di "ti faccio capire che qua tutte sono lesbiche, ma evito di dirtelo esplicitamente".
 Le carte sono in tavola e sono ben scoperte.  

Olivia rispecchia il coraggio che la sua autrice, per l'epoca ebbe e di cui da lettori di questa meraviglia non si può non esser grati.

1 commento:

  1. Sembrano carinissimi.
    Il primo non so se lo leggerò, sento che odierei la protagonista madre/martire.

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