Quando studiavo mi vedevo così. Ebbene sì. |
Quando facevo
l'università in molti pensavano studiassi robe talmente noiose
che pur di non starmi a sentire quando ripetevo o magari parlavo di
quello che si era fatto in aula ai rarissimi corsi che ho seguito, in
molti avrebbero preferito mettersi a gridare e correre nella regione
più vicina in esilio. Dopo il primo ingenuo anno di matricola,
ho capito che era meglio sedare questi miei inquieti desideri e
lasciare che lo studente di medicina continuasse ad ammorbarmi con le
sue nozioni di anatomia e quello di giurisprudenza con terrorismi
psicologici sempre nuovi sulle leggi che violavo anche solo
innalzando il bicchiere. La selezione naturale delle facoltà
era iniziata.
Con questo primo post
di numerosi post sulle curiosità, stranezze e bizzarrie della
storia del libro ho intenzione di vendicarmi del silenzio impostomi.
Siete pronti per questo libresco, forse non tutti sanno che a stampo librario? Si cominci!
LA NOCE DI GALLA:
Un tempo non esistevano
le bic e fin qui nessuna novità, ma vi siete mai chiesti di
cosa fosse composto l'inchiostro indelebilissimo che ancora permane
sui manoscritti? No? Che strano! Ve lo dico io.
E' un composto di
vetriolo, acqua, gomma arabica, ma soprattutto lei: la noce di galla.
Che cos'è? Avete presente quando un'ape o una vespa vi pungono
e vi viene un'epica bolla sulla pelle? Ebbene, la noce di galla è
la bolla che viene alle querce quando un insetto la punge! Allora,
che ad un albero potessero venire le pustole a me già sembrava
assurdo, ma la cosa che mi sono sempre chiesta è: come caspita
hanno capito gli antichi che era un ingrediente fondamentale per
tirar fuori quel duraturo inchiostro conosciuto ancora appunto come
ferro-gallico? A chi è mai venuta l'idea di mescolare una noce
di galla con gomma arabica e altri reagenti?
Nota a margine: Gli
arabi forse non hanno mai usato l'inchiostro ferro-gallico, ne
utilizzavano uno molto più antico e meno resistente, motivo
per il quale i loro manoscritti sono infinitamente più
delicati dei nostri.
IL CATHACH DI SAN
COLUMBA:
Parliamo di San Columba
di Iona, un personaggio che definire assurdo è molto
riduttivo.
Costui che dovrebbe a mio parere essere il santo
protettore di fotocopiatori e copisterie, era un monaco irlandese di
nobile stirpe che apparteneva a quella generazione cristiana,
ma ancora abbastanza sincretista. Diciamo che aveva le idee un po'
confuse. Voglioso di copiarsi un salterio da tenersi tutto per sé,
Columba di notte si copiava abusivamente la copia di San Finnian. Con
una mano scriveva e con l'altra si faceva divinamente luce. Una notte
venne scoperto e san Finnian se la prese a morte tanto che lo portò
in giudizio davanti al re. Il re obbligò Columba a restituire
la copia e quello se la prese così tanto che scatenò
una battaglia in cui fece fuori mezzo esercito reale. Poiché
gli irlandesi avevano ancora una visione semipagana del cristianesimo
davano, come già detto, un valore molto particolare al libro
in quanto oggetto. Ossia ritenevano che contenendo esso la parola del Signore, fosse alla stregua di un oggetto magico in grado di avere
magici effetti. Perciò ecco che San Columba si lanciava nella
battaglia brandendo una spada in una mano e il cathach nell'altra,
convinto che esso fosse in grado di proteggerlo da ogni male. Columba vinse e per espiare i suoi peccati (aveva comunque fatto fuori
un po' di gente) se ne andò in esilio a convertire. Il povero
san Colombano, monaco irlandese che fondò importanti monasteri
per mezza Europa, compreso quello di Bobbio in Italia, viene spesso
confuso col suo focoso compatriota.
Nota assurda: Tra le
altre cose attribuite a san Columba c'è anche quella di essere
stato una sorta di Gandalf ante litteram. Secondo il suo antico
biografo, un giorno mentre cercava di attraversare il fiume Ness,
emerse un orrido mostro che lui sconfisse al grido di “Torna da
dove sei venuto!”.
Il mostro, pare la prima
apparizione del tenero Nessie, scappò e non se lo trascinò
via come accadde a Gandalf. Lui era San Columba mica cavoli.
PERGAMO:
Resti pergamaschi. |
Nell'uso comune
attuale la parola pergamena indica o una carta di valore importante
tipo “la pergamena della laurea” o una specie di rotolo mezzo
bruciacchiato ai lati sempre presente nelle fantasiose illustrazioni
di mondi medievali/fantastici. In realtà per pergamena si
intendevano un tempo solo i fogli fatti di pelli d'animale ottenuti
mediante conce laboriose che interrompessero il processo di
putrefazione. Prendono il loro nome dall'antica città dell'Asia Minore, Pergamo (oggi Bergama, ridete pure), che non viene mai ricordata
eppure era un fiorente centro culturale in grado di rivaleggiare con
Alessandria. Proprio per questo motivo in realtà fu inventata
la pergamena. Tentando il colpo basso infatti, Tolomeo V d'Egitto bloccò l'esportazione del papiro costringendo i pergamaschi (li chiamo io
così) e il loro re Eumene II a inventare qualcos'altro e quel qualcosa fu la
pergamena. Dalle mie rimembranze ho questo ricordo per il quale tutti
i manoscritti che passavano e spassavano per Pergamo venivano
momentaneamente requisiti per essere copiati e sistemati nell'ampia
biblioteca. Fatto che sta che la biblioteca di Pergamo non la ricorda nessuno, ma in qualche modo sono rimasti nella storia.
MANOSCRITTI PALINSESTI:
Per fare una pergamena ci vuole una pecora, per fare un libro ci
vogliono tante pecore, per avere tante pecore ci vogliono tanti
soldi, per avere tanti soldi bisogna essere ricchi...potrei
parafrasare la canzone di Endrigo ancora per molto, ma per vostra
fortuna mi fermo qui. Ebbene nel medioevo certo non erano molto
animalisti, scuoiavano bestie, principalmente pecore e capre, per
fare pergamene e da lì libri (vi darò anche questo
particolare agghiacciante: i libri più pregiati venivano fatti
con la pelle dei feti d'agnello o agnellini, venivano particolarmente bianche).
Accadeva però che insomma non è che si avessero
sottomano i soldi per fare strage di greggi, così i monaci
prendevano vecchi manoscritti su cui dei loro simili avevano
travagliato in passato e raschiavano via il testo per scriverci
sopra. Tale era la potenza dell'inchiostro però che esso
rimaneva impresso nella parte sottocutanea della pergamena pronto
qualche secolo dopo ad essere riportato in vita da una qualche
reazione chimica.
Tutto ciò
potrebbe essere solo un gustoso aneddoto se non fosse che i testi che
i monaci raschiavano via erano spesso le uniche copie di classici
greci e latini. Il più famoso palinsesto in assoluto è
stato rianimato dal fu Angelo Mai, sì proprio lui, l'uomo che
tutti ricordiamo in quanto grazioso dedicatario dei “Sepolcri”.
Rovinando foreva un manoscritto (qui ci sono grandi dissertazioni: è giusto rovinare un'opera per trarne un'altra opera?) a causa di un composto chimico,
riportò però alla luce il testo originario che guarda
un po' era l'unica copia sopravvissuta di parte del De Republica di
Cicerone. In seguito se ne sono scoperti altri, anche doppi palinsesti (copia su copia), tra i quali un'opera di Archimede.
HYPNEROTOMACHIA
POLIPHILI:
Esiste un'edizione dell'Adelphi che riproduce il solo testo. |
Letteralmente "Battaglia d'amore nel sonno di Polifilo".
Avete presente “La nona porta”? Il film in cui Johnny
Depp è una sorta di bibliofilo che deve venire a capo di un
mistero legato ad un libro medievale che non si sa chi ha scritto né
illustrato?
Il film è tratto da un libro secondo me
pallosissimo e filologicamente scritto un po' alla carlona “Il club Dumas” di Reverte e prende chiaramente ispirazione da questo
incunabolo di cui ci son sopravvissute pochissime copie (io ho avuto l'onore
di vederne una, splendida, è meglio per il vostro stomaco se
non sapete chi possiede una delle altre due) e che rimane:
A) Fulgido esempio di
composizione stilistica rinascimentale di un libro a stampa.
B) Un grande mistero.
Si sa che è stato
stampato da Aldo Manuzio, ma non si conosce né l'autore del
testo né dei disegni entrambi molto enigmatici. Il testo
infatti parla della “battaglia d'amore nel sonno” di questo
Polifilo che sogna la sua amata Polia, rapita e portata nel bosco da
una serie di creature magiche. Il testo è alquanto oscuro
poiché si comprende l'esistenza di un sottotesto iniziatico
che però la mancanza di paternità della penna e la grande complessità simbolica non consente di decifrare.
Anche le stampe
particolarmente chiare e pulite sono a sfondo esoterico, (Jung stesso vi ravvisò numerosi archetipi onirici), ma tutt'oggi sfugge
l'interpretazione.
Se volete sollazzarvi e
divertivi a fare Indiana Jones, ecco la scansione completa
Hypnerotomachia Pholiphili.
Oltre al film “La nona porta” di cui vi consiglio la visione
(nonostante il pessimo finale) alla luce di questo collegamento, il
manoscritto ha ispirato anche il libro “Il codice dei quattro” di Ian Caldwell e Dustin Thomason.
Allora, pensate ancora
che la storia dei libri antichi sia una cosa noiosa? ;)
credo che questa possa essere la mia nuova rubrica preferita!
RispondiEliminaLa storia della noce di galla è fighissima e il club dumas passa da libro che mi incuriosia a libro che 'ti leggo solo se proprio ho tempo' (e sfoltisco l'elenco delle letture future)
bellissimo post! la storia e i libri mi hanno sempre affascinata, e unirle insieme crea un risultato interessante... ho sempre letto della "noce di galla", ma non ho mai saputo cosa fosse di preciso (anche perchè, stupida e/o pigra, non mi sono mai data la pena di cercarlo), grazie per il chiarimento! la storia dei fogli raschiati e riutilizzati, che già conoscevo (anche se mi ero persa la questione di Cicerone...), mi ha fatto venire in mente un episodio in cui mi sono imbattuta studiando per un esame e che mi ha colpito molto: due archeologi, scavando un edificio della città ellenistica di Ai Khanum, hanno avuto la fortuna e la perizia di trovare, su un pavimento di terra battuta, l'"impronta" di due testi in greco fino ad allora ignoti (filosofico e teatrale), di cui è stato possibile leggere una pagina dall'inchiostro trasferito sul terreno. a me è sembrata una cosa affascinante, al limite del fantastico!
RispondiEliminaMi hai ricordato un paio di esami universitari!
RispondiEliminaNon solo, mi hai ricordato che ho letto "Il codice del quattro". Per me fa parte dei "libri per l'estate", nel senso che questi gialli preferisco leggerli quando il cervello non riesce a concentrarsi su altro e il brivido fa sempre piacere.
Interessantissimo post. Se siete interessati all'inchiostro di galla, vi segnalo che è possibile farlo in casa. Si trovano alcune ricette, credo anche in rete, in genere a base di galle, solfato di ferro (articoli per giardinaggio) e gomma arabica (articoli per pittura). Ci ho provato anche io, ne ho un mezzo litro a casa, tanto per divertirmi a usarlo al posto dell'anno inchiostro di china.
RispondiEliminaHai mezzo litro di inchiostro di galla a casa?? O.o
EliminaAllora, a chi appartiene una delle due copie del sogno di Polifilo? XD
RispondiEliminaAllora, a chi appartiene una delle due copie del sogno di Polifilo? XD
RispondiEliminaMarcello Dell'Utri che, ebbene, ha una passione smodata per i libri antichi (casualmente a casa sua sono finiti anche alcuni libri della Biblioteca Girolamini scomparsi a causa di un bibliotecario compiacente e denunciato dai suoi sottoposti).
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