Pagine

lunedì 19 giugno 2017

La paranza! Tre letture en passant: "Piccoli racconti di primavera" di Soseki, "Janis Joplin" di Giulia Argnani e"Nine stones" di Sara Spano.

 Qualche tempo fa, avevo inaugurato una sorta di rubrica, senza ovviamente ciclicità che avevo ribattezzato "la paranza".

 La differenza con le piccole recensioni tra amici sta nel fatto che considero queste letture un po' più passatempo, dei riempitivi in mezzo a letture più importanti o coinvolgenti.

 Certo, alcune volte capita che inizi a leggere una cosa come paranza e finisca per considerarlo un libro a dir poco maraviglioso, altre volte che il libro maraviglioso si riveli paranza.

 In qualsiasi caso, ve ne do conto perché nel caso vi trovaste indecisi se leggerli o meno, abbiate un appiglio per capire se sia il caso di farlo.

 A me la paranza di solito coglie quando mi bloccano la tessera della biblioteca (purtroppo sono un macello in quel senso), come questo mese. Finalmente oggi l'embargo è finito e vado a fare di nuovo il pienone.

 Per inciso, l'altro giorno, ho sentito orrendamente definire la biblioteca "Sharing economy", poracci noi.
 Buona lettura!

"PICCOLI RACCONTI DI UN'INFINITA GIORNATA DI PRIMAVERA" di NATSUME SOSEKI ed. LINDAU:

Amo moltissimo gli autori orientali, tuttavia finora di Soseki, considerato unanimemente uno degli scrittori più importanti del Sol Levante avevo letto solo "Il signorino", storia di un giovane professore mandato a insegnare in una scuola maschile di sfaticati.

 Più famoso in Italia è "Io sono un gatto", tuttavia ho sempre dei problemi coi libri in cui gli animali parlano in prima persona. Non sono abbastanza empatica e amante degli animali per immedesimarmi nelle vicissitudini di un cane, gatto, canarino o pesce, anche se, indubitamente, in tal modo mi sto perdendo molto.
 "Piccoli racconti di un'infinita giornata di primavera" raccoglie una serie di racconti molto brevi di Soseki, mai tradotti in italiano. Si tratta in verità di bozzetti di vita, figure appena accennate, estati appena raccontate.

 Più che ad altri racconti mi viene da paragonarli ai manga di Hokusai, le raccolte di schizzi di vita quotidiana e paesaggi che il pittore giapponese, ritrasse per un periodo della sua vita.

 Fermi immagine senza una vera collocazione narrativa o temporale eppure eccezionalmente vividi.

 Lo consiglio a tutti i grandi amanti del Giappone, meno a chi non ama gli autori orientali. E' una chicca in più per i filonipponici, agli altri, malgrado la mano di Soseki, direbbe gran poco.


"JANIS JOPLIN" di GIULIA ARGNANI, BD EDIZIONI:

 Giulia Argnani è una fumettista che esordì anni fa, con un tratto forse ancora un po' troppo acerbo, in una raccolta di fumetti, "Sciò", tratta da alcune storie vere raccontate dalla giornalista Delia Vaccarello in un libro precedente, "L'amore secondo noi".

 Si trattava di un ottimo davvero ottimo libro in cui alcuni ragazzi raccontavano la scoperta del loro orientamento sessuale e della loro identità di genere (io lo lessi in un momento particolare della mia vita e mi aiutò tantissimo).

 Da allora ha navigato tra piccole case editrici e, l'anno scorso, aveva pubblicato per la Renbooks un buon volume che avevo anche recensito "Up all night". Quest'anno, con uno stile fumettistico molto migliore di 10 anni fa, è approdata alla BD edizioni con la biografia di Janis Joplin.

 Essendo la BD una casa editrice specializzata principalmente in biografie a fumetti di musicisti e cantanti, immagino che sia stato una sorta di "libro commissione" (ossia "vorrei che tu facessi un libro su questo e questo") che non è un male, ma rischia magari di dover rimanere entro certi schemi.

 La biografia di Janis Joplin non c'è bisogno che ve la racconti io, l'autrice insiste molto sulla sua eccezionalità (nel senso più stretto del termine) rispetto al contesto: troppo indipendente in una "normale" famiglia americana di provincia, troppo bruttina per essere la ragazzetta popolare della scuola, con un carattere troppo forte rispetto a quelli richiesti dalla femminilità stile anni '50 imperante. 
 Ovviamente sentirsi diversi e straniati rispetto al proprio contesto ha sempre un prezzo da pagare, soprattutto se, come Janis Joplin, si ha in fondo un lato molto fragile, così, a margine di una vita musicale sempre più esplosiva e una sessuale sempre più libera (con uomini e donne), presa da un'ansia di fondo, la Joplin finisce nel tunnel della droga.

 Uomini e donne si avvicendano sul suo cammino, alcuni sfiorando la sua solitudine senza mai penetrarla davvero. La Argnani suggerisce che l'unica che avrebbe potuto farlo, la sua amica e amante, Peggy Caserta, sia scomparsa proprio nel momento più difficile.

 La storia è ben disegnata e ben costruita, purtroppo non me la sento di dire che ha quel guizzo in più, manca, una sorta di vitalità nel racconto che era la cifra stilistica della Joplin.

 Quanto questa sia dipeso dalla Argnani e quanto dalla casa editrice non lo so. 
 Io amo molto i biopic perché vedendo le vite degli altri faccio un po' i conti sulla mia, però serve qualcosa di forte, un'emozione che ti porti a farli questi conti, lo dico in generale.

  Non basta far bene i compiti, serve una fiamma che dia fuoco alle polveri.


"NINE STONES" di SARA SPANO, EDITORIALE COSMO:

 In marzo sono stata ospite di una fantastica fumetteria di Genova: la Comics Corner.
 Oltre ad avere uno spazio bellissimo, hanno anche (lo dico per i genovesi in ascolto) un fitto programma di ospiti, eventi e presentazioni, così fitto che, seguendoli, riesco ad aggiornarmi in automatico sui nuovi autori di italici fumetti che, pur con tutte le migliori intenzioni, mi sono persa per strada.

E' da loro che ho sentito parlare per la prima volta di Sara Spano, autrice di "Nine stones" web comic passato agli onori della carta stampata  grazie a Editoriale Cosmo ed ora disponibile in libreria.

 Incuriosita, ne ho comprata una copia e direi che è un NI.

 Sara Spano, almeno al momento, ha lo stesso identico problema di Angela Vianello: grafica, disegni, colori ECCEZIONALI, storia assolutamente non all'altezza.

 Se la Vianello risolve la mancanza di una sceneggiatura di livello, buttandosi in una storia piena di cliché, ma insomma leggibile, la Spano mette troppa troppa carne al fuoco.

 Per capirci: la trama racconta la vicenda di Alistair (peraltro io ho conosciuto davvero un Alistair) figlio diciannovenne di una sorta di gigaboss della mala che lo mette a spacciar droga tramite le consegne a domicilio di un discount, qui conosce Cristopher, ragazzetto più scafato di lui che cerca di farlo sopravvivere alle asperità del ruolo di erede di un impero malavitoso.
  Tra i due scatta la passione mentre dietro si avvicendano omicidi, nazisti, sogni misteriosi, spiriti dall'ombra, nonne che lasciano in eredità 60 milioni di euro in diamanti.

 Allora, un materiale così o sei Tarantino oppure lascia stare. 
 La storia è talmente non dico inverosimile, ma assurda, che ho pensato sarebbe stato di gran lunga meglio ambientarla in un mondo fantascientifico x: almeno la sospensione dell'incredulità aveva maggior motivo di esistere.

Come ha suggerito una lettrice del blog sembra più una fanfiction di ottima fattura.
 Io direi che più che altro sembra un adattamento italiano di alcuni yaoi giapponesi.

 All'università leggevo "Kizuna" in cui appunto uno dei protagonisti era figlio illegittimo di un boss della yakuza ed era implicata la malavita, omicidi, rapimenti e ovviamente storie gay. 

 La Spano sembra aver translato l'ambientazione yakuza in Italia, ma non funziona (per ovvi motivi). Inoltre davvero l'elemento horror/fantascientifico sarà anche di grande impatto visivo, ma è troppo.

 Insomma, io direi, c'è tempo, la mano c'è: un argomento alla volta, una storia più curata, un'ambientazione più credibile o una molto più incredibile (quindi prettamente horror o fantascientifica). 

 Per diventare Tarantino ci vuole taaaaaaanto tempo e taaaaaaanto talento, lavoro lavoro lavoro e, nel caso, collaborazione con qualcuno che sa tenere meglio il filo del racconto.
 E' una critica sincera perché davvero il livello grafico è eccezionale e meriterebbe una storia epica all'altezza, forza e coraggio!

1 commento:

  1. Se i timori legati a "Io sono un gatto" sono per il racconto in prima persona svolto dal punto di vista di un animale... ecco, allora il problema non sussiste, imho. Il gatto che narra è un felino solo nominalmente, per il resto i suoi pensieri, riflessioni e commenti sono più quelli di un qualche dotto professore, magari di filosofia. E' talmente il portavoce dell'autore da risultare del tutto poco credibile come felino. Oltre che (e questo è parere strettamente personale) alla lunga assai tedioso, pur nella brillantezza delle osservazioni.
    E io, come lettrice, sono piuttosto filo-orientale, eh! Ma un po' meno filo-filosofica, diciamo... ^^;

    RispondiElimina