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martedì 12 gennaio 2021

Collegare le cose diseguali in un intero. La (mia) vita dopo un anno nel mondo parallelo tra "Canada" di Ford, la diserzione di Conrad e i pozzi di Murakami.

Ed eccoci qui, nel 2021.

Ill. by Victo Ngai

 In modo quasi incredibile il primo post di quest'anno è una sorta di naturale completamento del primo post dell'anno scorso,
quando paventavo un anno complicato e pieno di decisioni difficili senza peraltro che l'uragano covid si fosse abbattuto sulle nostre lande.

  Un anno dopo posso dire di essere sopravvissuta a tutte le mie decisioni, che sono state difficili, ma sono prese e che sì sono state complesse da affrontare, ma ce l'ho fatta pur con una pandemia in mezzo.

  Il post di un anno fa prendeva la sua riflessione da "Canada" di Richard Ford, un romanzo, meraviglioso, sugli ostacoli davanti ai quali ci mette la vita.

 Non si tratta di ostacoli per forza drammatici, ma il senso del libro, credo, fosse distruggere l'idea che siamo completamente artefici del nostro destino.

 In parte è vero, ma in parte siamo artefici del nostro destino pur sempre in base a ciò che il nostro destino ha in serbo per noi.

 Dell, il protagonista di "Canada" ha una vita tranquilla coi suoi genitori e la sua gemella quando un giorno, a causa di alcuni debiti, il padre decide di rapinare una banca con l'aiuto della madre. E' il gesto scellerato di una coppia più spaventata che criminale, ma avrà enormi conseguenze sui figli.


In attesa degli assistenti sociali, dopo che la sua gemella è scappata, Dell afferra un'occasione che lo porta dalla provincia americana al Canada dove vivrà alcune avventure picaresche prima di vivere un'esistenza tutto sommato ordinaria.

 Non ha scelto lui di cambiare vita e ha fatto una scommessa afferrando la sua occasione. Ci ha provato.

 Nel finale, secondo me, c'è un po' tutto il riassunto delle nostre vite e mi piace citarlo nuovamente perché ci ho pensato spesso quest'anno, e quella frase, "La vita che riceviamo è vuota", mi è risuonata in testa molte più volte di quel che avrei voluto.

"Credo che quello che vedi sia quasi tutto quello che esiste, come ho insegnato ai miei studenti, e che la vita che riceviamo sia vuota. Così mentre il significato pesa, e molto, questo è il massimo che può fare. Quello che c'è sotto quasi non si vede.
Mia madre disse che avrei avuto migliaia di mattine per svegliarmi e pensare a tutto questo, quando nessuno mi avrebbe detto cosa devo sentire. Ormai sono molte migliaia. Quello che so è che nella vita hai migliori possibilità -di sopravvivere- se sopporti bene le sconfitte, se riesci a subordinare, come indicava Ruskin, a mantenere le proporzioni, a collegare le cose diseguali in un intero che protegga quanto c'è di buono, anche se bisogna riconoscere che spesso il buono non è semplice da trovare. Ci proviamo, come disse mia sorella. Ci proviamo. Noi tutti. Ci proviamo."

 Diciamo che è stato un anno in cui volenti o nolenti tutti abbiamo fatto più conti col nostro destino di quanto avremmo voluto, ma in un modo o nell'altro ce l'abbiamo fatta. 

 Non mi illudo e non penso e forse non spero nemmeno che la prospettiva collettiva di un anno fa sia la stessa adesso. Ma penso anche che quando avremo passato questo momento saremo diversi. Non so se saremo migliori, mi viene difficile pensarlo, ma di certo qualcosa sarà cambiato.

Posso dire, dalla mia parte, che probabilmente senza Covid non avrei avuto il coraggio di cambiare la mia vita, anche se sentivo fortemente di averne bisogno.

 Come diceva Conrad in qualche modo "Il mio atto, per quanto avventato, aveva più le caratteristiche del divorzio, della diserzione quasi".

 Ma non ho divorziato, non temete. Semplicemente, ma anche incredibilmente, a causa del lavoro di Dolcemetà c'è stata la possibilità di venire a Roma e l'abbiamo colta. Messa così sembra una cosa semplice, ma dopo 11 al nord per me (e tutta la vita per la nordica Dolcemetà), con le incertezze del covid e il rischio di lasciare il mio lavoro, alla fine ci siamo davvero buttate nel vuoto.

 Se sarà la scelta giusta non lo so, avevo sicuramente bisogno di un cambiamento e desideravo da sempre tornare vicino casa, ma spesso, durante quest'anno, ho avuto come la sensazione di aver perso qualcosa di fondamentale e di aver afferrato qualcosa di altrettanto fondamentale, ma completamente nuovo.

 Per fare un ultimo paragone letterario, senza per forza voler ricorrere all'abusata frase sulla tempesta di Murakami, ho davvero la sensazione che hanno molti personaggi nelle sue storie.


 E' come se la pandemia fosse stata uno di quei mondi paralleli,
quelle realtà alternative nelle quali attraverso un treno, un gatto, un bosco, un pozzo, alcuni suoi personaggi scivolano per tornarne mutati.  Dove sono andati? Cosa ha fatto loro il periodo che hanno passato altrove? Sono davvero gli stessi?

 Ma penso che sia una sensazione che condivido con molti quest'anno, tutti coloro che si sono accorti di esserci effettivamente finiti in quel pozzo murakamiano abitato dall'uomo pecora e coronavirus.

Abbiamo avuto la nostra realtà parallela e abbiamo scambiato qualcosa di noi con qualcos'altro di completamente nuovo e misterioso.

 Il bello della vita è che avremo tempo (speriamo) per comprendere di cosa si tratta e sperare di "collegare le cose diseguali in un intero".

 Un brindisi a tutt* noi e che il nuovo anno sia migliore!

3 commenti:

  1. auguri a te cara e anche a dolcemetà (e guai se divorziate, dopo tutta la fatica per preparare il matrimonio!! :D) se ti va, raccontaci di questa tua nuova avventura.

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    1. Ma certo!! In questo momento più che mai, il blog è un'ancora di salvezza!

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  2. Buon anno anche da parte mia, e aspetto fiduciosa i dettagli 💙

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