giovedì 30 gennaio 2014

Le maggiori pene dei lettori forti! Libri troppo costosi o introvabili, rumori perenni e blocchi inspiegabili!

In questi giorni mi scuso ma mi vengono in mente elenchi a cascata sulla lettura (sto però preparando una recensione alla Guida della fantascienza che era bella come immaginavo), perciò oggi narrerò le maggiori cause di pena e dolore per i lettori forti.
Sin dalla mia giovanile gioventù, mi sono imbattuta in una serie di psicodrammi propri della nobile razza del lettore, avvezza a pugnare contro mostri di vario genere pur di perseguire la sua opera indefessa acculturamento personale e sogno. Ogni tanto qualcuno nei commenti qui e su fb parla delle varie pene in questione e mi pareva giunto il momento di dar loro voce e sfogo, perciò tutti a lamentarsi insieme!
All together!

IL DENARO:
Il soldo è uno dei problemi principali. In Italia si leggerà anche poco, ma in negozio vedo anche tante persone che poggiano libri su libri una volta giunte in cassa e saputo il conto.
“Me lo farò regalare”, “Ripasserò”, “Ci penso per il mese prossimo”. Il fatto che ci si debba privare di letture a cui teniamo o ci incuriosiscono è una cosa che mi ha sempre indignato. Trovo profondamente ingiusto che esattamente come il cibo, anche il miglior cibo culturale sia sempre appannaggio di chi ha più denaro. Le biblioteche, grande baluardo e modellatore di democrazia (un giorno vi racconterò la loro appassionante e rivoluzionaria storia in tal senso) fortunatamente suppliscono a tali scompensi con tutte le loro forze, prestito interbibliotecario incluso. Tuttavia i budget sempre più piccoli (quando c'è da tagliare qualcosa a livello comunale le biblioteche sono tra le prime a cadere), personale sempre meno formato e di natura volontaria, patrimonio e orari ridotti, impediscono non solo un servizio di livello europeo, ma anche un prestito di livello. Magari il libro che ci interessa è prenotato per cinque mesi, magari un idiota non lo riporta, magari ce l'ha una biblioteca a x che non lo presta o magari lo leggiamo e poi vorremmo tenercelo perché è fantastico, ma costa sui 65 euro.
I libri dovrebbero costar di meno e se non le novità, almeno le edizioni economiche.

IL BLOCCO DEL LETTORE:
Esiste. A me è capitato in un'infernale estate di qualche anno fa. Ero particolarmente piena di cose da fare e a un certo punto ho fuso. Completamente. Una delle cose che ne ha risentito di più è stata la lettura. Per quanto comprassi libri che volevo realmente leggere, anche a costo di spendere di più per andare sul sicuro, dopo cinque pagine mi coglieva prima una noia insostenibile, poi un'emicrania tremenda. Provai a leggere in posti nuovi, all'aperto, nei bar, sul treno, in compagnia e da sola, in biblioteca e al mare, ma niente. Improvvisamente leggere era diventato una patetica noia, non riuscivo più a immaginare niente, a vedere i personaggi e ad appassionarmi.
Feci persino un giro su alcuni forum di internet vedendo se qualcuno soffriva della mia stessa patetica condizione. Scoprii che era un dramma comune (su internet ci sono forum per qualsiasi cosa, un mio amico che anni fa si circoncise diventò un grande appassionato di forum sul tema) e il motivo principale sembrava essere davvero lo stress. In sostanza un cervello surriscaldato non riesce a incamerare nuove informazioni se non fondendo. Come cura si consigliava di dedicarsi ad altro per un tempo imprecisato. Un giorno la voglia sarebbe tornata da sola.
Seguii il consiglio e regalai tutti i libri che avevo comprato senza riuscire a leggere (mi faceva venire mal di testa anche solo vederli), poi mi dedicai ad altro e un mese e mezzo dopo qualcuno mi prestò “Lolita” di Nabokov. Lo lessi e mi reputai guarita, da allora (per ora) non ho avuto ricadute.

IL RUMORE COSTANTE E PERENNE:
Il rumore è ovunque, dentro e fuori. Mi ricordo che persino una cosa ritenuta seria come “studiare” in casa mia era comunque sottoposta al continuo delirio casalingo, figurarsi cosa poteva accadere quando volevo leggere. In casa, madri che passano aspirapolveri, compagni che vedono Zelig, figli che reclamano attenzione e distruggono giocattoli sulla testa dei propri fratelli e sorelle minori, padri che ti dicono “Molla quel libro, esci di casa e fatti una vita”, leggere diventa un'impresa. Non parliamo della lettura sui mezzi pubblici, epica impresa tra chiacchiere da bar e cellulari a grida spiegate o in caffetteria, ormai ritrovo di gruppi di sciure che si prendono la loro ciarliera ora di libertà con le amiche o ragazzini che farebbero meglio ad abboffarsi di patatine da MacDonald. In estate ai giardini, citando Elio grazie ai bonghi e a momenti sociali di vario genere non c'è pace e al mare non va meglio tra racchettonisti, radio, ragazzini perennemente piangenti e aerobica sulla spiaggia. Possibile si debba salire sulla montagna più alta alla ricerca di un eremo?
Il vero lettore ovvia il problema o mettendosi in cuffia con la musica o estraniandosi dal mondo.
La lettura a mente è stata una conquista del IV sec. d. C. prima si leggeva solo ad alta voce. Un vero lettore si evolve.

LA MANCANZA DI LIBRERIE:
Le librerie ora chiudono, ma ci sono una marea di posti dove non hanno mai aperto.
Ricordate il titolo del mitico reportage di Giorgio Bocca su Vigevano? "Mille fabbriche, nessuna libreria".
Nel mio paese ce ne sono tuttora ben tre, ma poi per il raggio di svariati km e svariati posti limitrofi non ce n'è mai stata traccia. Per trovare i libri desiderati, bisogna percorrere distanze considerevoli. Ok, esiste internet adesso, ma non sapete quanta gente in libreria, davanti ai nostri inviti a ricorrere al sito internet, fa segni di spergiuro e rigetto manco stessimo parlando del demonio. Tra chi è terrorizzato che l'ordine vada perduto, chi trema al pensiero del proprio bancomat clonato, chi non è pratico, chi ha avuto esperienze traumatiche, chi è troppo anziano o troppo giovane, l'opzione ordine online non è per tutti. E soprattutto non lo è per alcune delle citate categorie: gli anziani e i ragazzini. Come visto nel post genitori-figli, finisce che l'anziano lettore con la sua lista di titoli reperiti via radio e via Augias, si presenta in libreria con figli una o due volte l'anno con figli che li tiranneggiano stanchi di aver dovuto trasportare l'anziano fin lì. Mentre cose come ragazzini di tredici anni che vengono autonomamente a chiedermi la biografia di Olivetti (è successo, c'è ancora speranza nell'umanità) diventano possibili solo in alcuni posti e fantascienza in altri. La chiamerei libropartheid e secondo me è una delle cause del basso tasso di lettori in Italia.

I LIBRI FUORI COMMERCIO:
Il santo patrono di questi lettori è San Tommaso:
essi non credono neanche se vedono.
Piaga perenne del lettore forte, i libri fuori commercio rappresentano un mare magnum ricco di preziosità e scoperto tramite consigli e bibliografie scandagliate negli anni. Troppo tardi ci si accorge che nel 2001 una sconosciuta casa editrice di Imola aveva editato il libro dei nostri sogni, la base della nostra tesi, la biografia della nostra scrittrice congolese preferita. L'idea che si esistito un libro del genere e noi ce ne siamo accorti quando ormai è fuori commercio da quindici anni, è talmente insopportabile che il cliente attua la strategia della negazione.
Davanti alle parole “E' fuori commercio”, il cliente risponde nell' 80% delle volte “Ok, me lo ordini.” Ne seguono spiegazioni particolareggiate sul concetto di libro non più reperibile, acquistabile,sparito dai negozi e financo dai mysteriosi magazzini.
Se si riesce a far passare il concetto (cosa comunque difficile), segue il servizio di consulenza gratuita del libraio assurto al ruolo di conoscitore di tutte le librerie della terra: “Dice che la libreria xghd di Via vvvvv di Modena potrebbe averlo? La settimana prossima vado lì”. Chiedono indirizzi, numeri di telefono, siti internet. Non si arrendono, combattono e vogliono vincere.
Qual è il problema principale in questo caso? Col prestito interbibliotecario si può chiedere e ottenere quasi tutto. Il fatto è che un vero lettore appassionato quel libro lo VUOLE. Da lettrice li capisco, io ho fatto carte false per avere alcuni tomi, ma davanti ad altri mi sono dovuta arrendere. Ve lo dico, i casi sono due: o buttarvi nel regno del libro usato o attendere che l'argomento o l'autore tornino di moda e lo ristampino. Se vi sforzate c'è anche la sensazione di giocare a Indiana Jones alla ricerca del libro perduto.


E voi avete avuto altri motivi di pena, pianto e stridore di denti nella vostra lunga vita di lettori?

mercoledì 29 gennaio 2014

Le otto scuse (+ postilla) più diffuse per non leggere un libro! Tra quelli troppo costosi, i traumatizzati della scuola e quelli dai gusti difficili, ecco come lavora la fantasia di chi pur di non aprire un libro si butterebbe da un ponte!

Su fb, non molti giorni fa, avevo postato un articolo su un mysterioso musicista giramondo che in vita sua aveva letto poco e niente (credo non fosse neanche andato alle superiori o avesse fatto il conservatorio perché aveva scampato anche le famose letture scolastiche forzate). Costui diceva che l'aveva trovato noioso e in fondo se ti trovi in tour a Tokyo che senso ha rimanere chiusi in cameretta a leggere?
Ho trovato il suo continuo giustificarsi talmente circonvoluto da commuovermi. Excusatio non petita accusatio manifesta, ossia se ci tieni tanto a giustificarti da qualche parte sai che ti stai arrampicando sugli specchi. Così mi sono venute in mente varie domande.
La prima è stata: perché si legge?
La seconda: com'è possibile accampare un tale numero di scuse piuttosto che provare ad aprire una biografia del proprio musicista preferito? O che so, una monografia illustrata sulla città di Tokyo?
Lo dico subito, per la prima domanda ci sto lavorando. E' ovviamente non solo un ginepraio di scritti, ma anche di opinioni di millanta persone che sto tediando al riguardo.
Per la seconda mi è venuto in mente il forse prevedibile post sulle scuse più usate dai non lettori per continuare a non leggere. Un piccolo decalogo da avvocato del libro in grado di smontare le accuse.

NON SONO ABITUATO ALLA LETTURA (O ANCHE A CASA MIA NON SI LEGGEVA): In genere questa scusa è usata da coloro che ammettono di perdersi qualcosa, ma non è che si sforzino tanto di capire cosa. In un tempo preistorico qualcuno deve aver detto loro la stessa frase e loro devono averla trovata geniale. I genitori leggevano poco, gli amici anche e loro non hanno trovato nessun buon motivo per farlo. Se tenti di dirgli che si può cominciare a qualsiasi età fanno grandi gesti di rimpianto come a dire “Ormai per me è troppo tardi”. Accettano l'esistenza di un mondo parallelo scrittorio, ma vivono pacificamente estranei. Al massimo si degnano di leggere il fenomeno del momento solo perché tutti coloro attorno ne parlano e così si sentono tagliati fuori.
Ultimo libro letto: “Cinquanta sfumature di grigio” (se maschi solo il primo, il resto della storia si può intuire).

I LIBRI COSTANO TROPPO:
Lamento in realtà degno dei lettori forti. Ossia, capisco le biblioteche e il prestito interbibliotecario, ma alcune cose uno vorrebbe averle per sé e ora anche l'economica praticamente non è più tale. Chi si lamenta di ciò però, in genere, è colui che non alza pagina e a stento è mai entrato in una libreria. Adesso tutto costa troppo, c'è la crisi, una bistecca ti sfama, il libro no. Se incontrate la variante demagogica è anche in grado di dirvi che “I politici possono permettersi di leggere visto che guadagnano tanto, noi no, è un komplotto per tenerci ignoranti”.
Se gli suggerisci di prendere un libro in biblioteca usano la scusa igienista “Odio le cose toccate da tante persone” quella temporale “E chi ha tempo di andarci?” quella addirittura da lettore raffinato “Eh, ma non hanno i libri che voglio io”. Se manca la voglia manca tutto.
Ultimo libro letto: quello del catechismo.

ME LO HANNO FATTO ODIARE A SCUOLA:
Eserciti di maestre, armate di frusta e olio di ricino hanno obbligato innumerevoli italiani a leggere “I promessi sposi” e “Candido” di Voltaire, col truce risultato di aver creato crisi di rigetto eterne nei loro alunni. E' talmente diffusa questa scusa che io proporrei una tesi sociologica al riguardo. Capisco che a diciotto anni sei traumatizzato dai “Malavoglia”, ma a trenta, non ti sorge il dubbio che forse qualcuno ha scritto qualcosa che potrebbe interessarti? Cosa pensi? Che si pubblichino solo sommi tomi della letteratura italiana? E come mai gli italiani hanno il trauma della lettura e non della scrittura o della biologia? Qualcuno ha mai sentito dire “Eh, la biologia me l'hanno fatta odiare a scuola!”
Ultimo libro letto: “Ti ho già detto che la mia professoressa del secondo anno delle superiori mi ha traumatizzato con Pirandello, devo parlare ancora del mio dramma personale o ti basta?”

HO ALTRI INTERESSI:
Categoria di cui fa parte il musicista. A quanto pare se uno possiede altri interessi non ha assolutamente tempo per gli altri. Ho letto che queste persone sarebbero totalizzate in un unico ambito. Per carità anche io, come noterete, sono totalizzata dai libri, ma non per questo mi metto il paraorecchie e rifiuto di ascoltare musica o ho evitato di praticare qualche sport o non vado a teatro o non mi piace il cinema. Peraltro così facendo, si danno la zappa sui piedi, perché ignorano l'arricchimento che potrebbero averne anche nei loro famosi campi totalizzanti, se leggessero i libri giusti. Sei un appassionato dell'Inter? Allora potrebbe interessarti la biografia di Zanetti. Ti piace la Montagna? Perché non provi a leggere Bonatti? No, ma che scherzi! Mica posso perdermi l'ennesima litigata su mediaset premium o una passeggiata nei boschi. Avete mai provato a leggere passeggiando?

NON SCRIVONO I LIBRI CHE MI INTERESSANO DAVVERO:
Oibò e di che preziosità parliamo? C'è questa categoria di non lettori che se la tira addirittura: non sono loro che non hanno voglia di farlo, è la letteratura che non è abbastanza per loro. Dicono che in un tempo mitologico ci hanno provato, hanno leggiucchiato qualcosa, ma niente gli interessava, ora sono in attesa come Dante del mitico Veltro che doni loro il mitico libro degno di destare la loro attenzione. Tutti sono o noiosi o stupidi o lunghi o corti o troppo pieni di sangue o buonisti o troppo politici o chissà che altro. Nessuno è il libro giusto per loro. Non sorge il dubbio che manco gli altri lettori prendano il libro della vita al primo colpo e sia nella maggior parte dei casi frutto di lunghe ricerche. Loro non hanno tempo da perdere, con tutto quello che c'è da fare, signora mia!

QUELLI CHE SI SPECIALIZZANO IN UNA MANCIATA DI LIBRI:
In tutta la loro vita avranno letto al massimo cinque o sei libri, uno o due per decennio. In genere dei grandi successi, tipo “Il codice da Vinci” o “La strada verso casa” di Fabio Volo. Immagazzinati quelli, li useranno come pratico scudo difensivo davanti a tutti coloro che cercheranno di convincerli a leggere altro.
“Sei vuoi ti presto questo”, dice loro l'amico lettore. “Guarda, io sono ancora affascinata dal Codice da Vinci. Lo hai letto? Che personaggi! Che trama!”. Se gli si fa notare che lo ha letto cinque o sei anni prima, risponde fiero che è uno di quei libri che ti segnano per la vita e solo qualcosa di altrettanto grande potrà convincerli a offuscarne il ricordo. Ricordo a cui sono talmente legati da evitare accuratamente qualsiasi ingresso in libreria, fosse mai che si innamorasse di nuovo.

NELL'EPOCA DELLE NUOVE TECNOLOGIE LEGGERE E' INUTILE:
Esiste una nuova branca di non lettori che possiede però qualsiasi oggetto hi-tech, anche il celebre e-reader. Tuttavia, la presenza di I-phone, I-pad, pc, internet e compagnia bella, gli consente di dirti che lui non ha bisogno di leggere. Se leggere serve per conoscere, ebbene lui ha già tutto l'armamentario che gli serve! Vuoi mettere la Treccani che pesa un quintale con Wikipedia? E perché dovrei aprire un libro di narrativa di viaggio sul Giappone quando posso collegarmi a millanta blog in contemporanea sul tema? Tecnicamente legge quindi, ma si rifiuta di approcciarsi alla narrativa o alla saggistica più complessa. Tutto ciò che rivela una qualche complessità o profondità è per lui causa di serio urto interiore. Ma ancora stiamo qui a pettinare le bambole? Nel XXI° sec. Stiamo ancora dietro a Proust o alla vita di Einstein? Ma fatti una vita e molla la carta!
Unica lettura lunga ammessa: la vita di Steve Jobs. In genere costoro hanno un libro del cuore, come “Il profeta” o “Siddartha” o “Il piccolo principe”, se proprio gli rompi le scatole loro ti raccontano di quell'unica volta che è stato bello leggere e considerano l'incidente concluso.

LEGGERE NON SERVE A NIENTE:
La vita vera è fuori dalla stanzetta dove leggi, quindi svegliati, dimentica questo stupido vizio e vai a fare quello che davvero ti serve! Bevi, balla, ridi, divertiti, smettila di chinarti su uno stupido libro e trova quello che DAVVERO ti interessa. Questa categoria considera i lettori una manica di smidollati chiusi a sognare mondi impossibili perché non conoscono il vero valore della vita e preferiscono la compagnia di gente morta e mai esistita a tutto il divertimento là fuori. Vanno fieri di non leggere, perché ciò fa di loro dei veri uomini e delle vere donne. Vedrai che dopo aver assaggiato la vita vera non avrai più voglia di chiuderti in casa a leggere! A parte che semmai è vero il contrario, questa fastidiosissima categoria di fieri lettori è piena di quella tipica boria degli ignoranti che sono anche fieri di esserlo.
Non si sa quale trauma li abbia colpiti, probabilmente una granitica convinzione di essere nel giusto, unita a quella boria tipica degli ignoranti. In qualsiasi caso evitate di combatterci e farvi venire il sangue amaro, come si dice non si cava sangue da una rapa.

POSTILLA:
Come più d'uno mi ha fatto notare, manca la scusa principe, anzi LA scusa, ossia: NON HO TEMPO. Non so bene come me la sia dimenticata visto che tutto partiva da lì, ma la aggiungo ora. Anche perché la mitica “Non ho tempo” è la mater scusarum, la conditio sine qua non. Prima viene lei e di seguito tutte le altre: “Non solo non ho tempo, ma leggere è inutile”.
Oppure è la degna chiusa dell'uomo e della donna moderni, artigiani della qualità del tempo: “Ok, magari leggere sarà anche bello come dici tu, ma io non ho tempo”, mettendosi in tal modo come su di una torretta dove vivono solo coloro che hanno una vita vera e lavorano davvero, mentre nelle valli ai loro piedi, perdigiorno che acchiappano farfalle trovano anche il tempo per cose superflue come leggere. Raramente qualcuno non ha tempo per vedere la tv, la partita, varie porcherie televisive o scrivere una perla su fb. Il tempo come si dice sempre, se si vuole davvero si trova, anche per venti minuti al giorno, anche sui mezzi.
E comunque ci sta una degna chiusa a tutto ciò:

“Quanto meno mangi, bevi, compri libri, vai a teatro, al ballo e all'osteria, quanto meno pensi, ami, fai teorie, canti,dipingi, verseggi, ecc, tanto più risparmi, tanto più grande diventa il tuo tesoro, che né i tarli né la polvere possono consumare, il tuo capitale”

Karl Marx


E a voi hanno rifilato qualche altra sordida scusa?

Mi scuso per la mancanza di foto, le innesterò quando riavrò la connessione, semmai succederà. Ormai non so se sentirmi in un racconto di Pirandello o in un romanzo di Kafka e vi assicuro che non è una sensazione piacevole.


lunedì 27 gennaio 2014

Il cliente appassionato degli anni '60-'70! Nostalgico al ricordo e sfracassatamente pedagogico e/o giovane, invidioso ed enciclopedico? Tutto questo e anche di piùùù.

E' un po' di tempo invece che volevo parlare di una tipologia diffusa in libreria: il cliente appassionato degli anni '60-'70. Ciò che lo rende davvero speciale è che non è solo un cliente, ma una vera specie sociale. Si definisce tale infatti, colui (o colei ovviamente) che ha verso quello specifico periodo storico un'adorazione/venerazione/ricordo struggente/invidia ruggente e imposta le proprie letture, interventi e conversazioni al solo scopo di ricordartelo. 
Ne esistono due varianti:

1) Il cliente che gli anni '60-'70 se li è effettivamente fatti: 
Se non ha appeso la protesta al chiodo negli anni '80,
ancora guerreggia attivo, ma non è più come una volta.
Cristallizzato nel ricordo imperituro di un'irripetibile giovinezza, non fa che riandare alla memoria ai tempi in cui il Pci non era stato suicidato da Achille Occhetto, in cui ok c'erano la Dc e Andreotti, ma almeno quello sì che era un vero partito. Tempi in cui l'università era davvero maestra di vita, si discuteva e si apriva la mente, i giovani erano impegnati e non lassisti, gli operai erano una vera classe e quindi facevano la lotta di classe, la Fiat era a Torino, i cellerini facevano i cellerini e andare alle manifestazioni era davvero pericoloso, in cui ok, la lotta armata era da condannare, ma almeno c'erano degli ideali. 
 Tutti costoro hanno una storia da raccontare e sentono che DEVONO farlo perché le giovani generazioni finalmente si sveglino, prendano i forconi e diano alle fiamme qualche banca. Le stesse banche dove loro hanno attualmente un cc.

2) Il cliente che non c'era e si maledice per non esserci stato: 
Tipica espressione assunta dalla seconda variante
 quando incontra la strabordante prima: ansioso e ammirato.
Costui viaggia sui venti/trenta/ora anche quasi quarant'anni e non fa altro che ingozzarsi di film e letture su quei magggici anni, quasi potesse assorbire l'atmosfera che per uno sciocco errore del destino si è irrimediabilmente perso. Quelli che soffrono di più in genere sono coloro che all'epoca erano degli infanti e quando sono arrivati all'età giusta per guerreggiare si sono ritrovati in mezzo agli anni '80 tra Tony Manero e gli Yuppie. In genere ha una conoscenza praticamente enciclopedica del periodo: è in grado di recitare a memoria l'intera formazione delle brigate rosse e l'esatta sequenza dei governi democristiani che cadevano ogni tre per due. Si stupisce che tu libraio non conosca tali fondamentali basi e davanti alla tua ignoranza rimpiange ancora di non possedere una macchina del tempo pret à porter.

Ma cosa legge il cliente anni '60-'70?

AVEVAMO VENT'ANNI: 
C'è tutto un filone di libri in cui reduci del passato ci ricordano con occhi sbrilluccicanti quanto magici fossero stati quegli anni. Sorvolando sulle possibilità di memorie corrotte dal tempo, ciò che rende davvero insopportabile il cliente che ne fa uso, è la sua volontà pedagogica nei tuoi confronti. Egli ti identifica quale libraia giovane, ergo probabilmente disinteressata alla politica e dedita solo a dipingersi le unghie, ignara della storia d'Italia e intenta a passare i suoi pomeriggi con l'I-phone 5. Non sprecherebbe neanche il suo tempo, ma considerando che di sicuro in quanto libraia almeno leggi, si sente in dovere di tentare l'impossibile e renderti politicamente consapevole. Inizia perciò un intrecciarsi di ricordi (Ci alzavamo la mattina e l'università era un campo di battaglia!), recriminazioni (State perdendo  i diritti, noi avevamo fatto del nostro meglio per voi), considerazioni generazionali (Del resto ci sono delle generazioni storicamente passive) e generali (Il benessere Vi ha rovinati, non avete nulla per cui lottare). 
 Quando finalmente se ne va, promette di tornare a parlare con te che è stato tanto bello. Dio ce ne scampi e liberi.

LA BIBLIOGRAFIA DI SERGIO FLAMIGNI: 
 Questo ormai anzianissimo signore è stato lungamente uno degli storici avvocati (nonché deputati) del Pci. Grazie ad un archivio personale decisamente cospicuo ha sfornato una bibliografia enorme soprattutto riguardo al caso Moro, interamente edita dalla Kaos. E' la gioia di tutti quelli che cercano a posteriori di ricostruire in modo affannoso quanto accadde in quei tragici giorni del rapimento, pronti a sfornare la loro ineluttabile verità (in genere è sempre stato lo Stato).
Talvolta ho il sospetto che molti clienti abbiano a casa una sorta di plastico stile Bruno Vespa, in cui ricostruiscono con attenzione l'evento facendosi in tal modo quadrare ogni cosa: l'appartamento affittato dai servizi segreti, il nascondiglio forse sulle rive del lago di Bolsena e non al centro di Roma, i depistaggi, i comunicati delle Br, i titoli dei giornali che se annagrammati con la sequenza di Fibonacci possono dare la soluzione del caso. 
Un grande evergreen per i complottisti CIA/Br/Infiltrazioni dei servizi segreti.


MA L'AMOR MIO NON MUORE MAI:
 Filone diffuso tra i clienti giovani e invidiosi. Costoro prediligono i tomi in cui sono raccolte ristampe anastatiche, materiale d'archivio, inediti documenti del periodo e carte segrete della polizia.
 Anche qui immagino che ci sia un desiderio di immedesimazione estremo per il quale più conosci più riesci a calarti nel personaggio. Il cliente in questione ama chiedere libri stampati per un'unica volta negli anni '70 da una di quelle case editrici che nascevano e morivano dall'oggi al domani (come la mitica "Limenetimena") o da alcune contemporanee altrettanto introvabili (come "Sensibiliallefoglie") per poi lanciarsi in accorati appelli affinché tu con la tua saggezza libresca possa aiutarli. Poiché sei un'amica libraia della sua età, ti considera praticamente una compagna e ama intessere conversazioni sul valore intrinsecamente migliore degli scritti di Trovsky su quelli di Lenin. L'unico modo per toglierseli di torno è chiedergli se hanno letto qualcosa di Rosa Luxemburg. In quanto donna l'avranno sicuramente ignorata, ma per non ammetterlo diranno di avere un impegno improvviso allontanandosi con la loro sportina e i loro quindici ordini che non arriveranno mai.

CASI CONTROVERSI:
E' un po' un "testiamo che tipo di persona sei"  così ti faccio vedere che "persona sono io". Il cliente in questo caso vuole dimostrare una sua tesi, elaborata durante lunghe notti di studio, nonché testare quanta ingenuità ci sia nel mondo rivolgendoti domande trabocchetto a cui sarà ben felice di darti la vera risposta. Il casi principe sono: le stragi e il caso "Pinelli/Calabresi". Iniziano con lunghe circonvoluzioni che partono dall'ultimo libro divulgativo della Newton dall'inquietante titolo, per poi finire con la fatidica domanda: "Ma secondo te, Pinelli si è suicidato o l'hanno ucciso?".
 La successiva risposta determinerà il modo in cui passerai la successiva mezz'ora, se difendendo le tue convinzioni o elaborando un quadro storico credibile assieme al tizio che, non avendo nulla da fare, non ti molla. L'unica via di salvezza è la fuga in un'altra sezione.

L'ACERRIMO NEMICO DEL CLIENTE DEGLI ANNI '60-70: 
A metà tra il revisionista e il qualunquista è colui che ama i trucidi libri in cui si dice pane al pane e vino al vino. Non ci sono state cospirazioni, i comunisti e i fascisti erano uguali, Calabresi era un santo, Pinelli si è suicidato, Guido Rossa è stato ucciso dai suoi amici, questa gente che si ammazzava ti impediva di vivere decentemente piazzando bombe random. In genere hanno vissuto per sbaglio qualche evento storico che li ha traumatizzati a vita e ci tengono a raccontarti. Un giorno stavano camminando e hanno assistito ad una manifestazione terminata a manganellate, un loro cugino era stato cacciato da una riunione universitaria diventata collettivo improvvisamente, nel posto dove lavoravano da giovani un sindacalista si faceva palesemente gli affari suoi. Cose che non si dimenticano e determinano le convinzioni di una vita.

I FIGLI DI: 
Dovrebbe esserci una moratoria che dopo un po' impedisce ai figli di, di scrivere libri. Tutti i figli di qualcuno che ha avuto un ruolo negli anni '60-'70, hanno sentito il bisogno di raccontarci la loro storia. Il fatto che, storicamente e filologicamente, ci possano essere delle falle non solo storiche, ma anche di obiettività al riguardo, sfiora pochi. E', secondo me, ovvio che non ci si possa fare un'idea su quegli anni leggendo tali libri. Cosa vuoi che ti raccontino i figli di (non parlo solo degli uccisi, anche la figlia di Toni Negri ha scritto un libro "Con un piede impigliato nella storia")? Non solo nessuno può parlare male di suo padre o sua madre, ma soprattutto in caso di morte sopraggiunta, avrà quella sensazione di meraviglioso che si attribuisce sempre alle cose perdute irrimediabilmente. Genere molto amato dalle sciure, sempre pronte alle storie di vita vissuta e alla commozione, trova poca sponda (se non in casi eccezionali) nel filologico cliente anni '60-'70.

 Attendo ora il classico commento "Tutto vero, tutto giusto, grandi risate, PERO' se tu avessi davvero vissuto quei tempi sapresti che...". E' l'argomento principe di un'intera generazione che non lascia campare adeguatamente in pace quelle successive. Abbiamo capito è successo, è stato bello, c'erano condizioni storiche diverse, ora qual è il modo migliore di cambiare il mondo?

domenica 26 gennaio 2014

Cose realmente accadute! Lo giuro! "Il Gul"

Talvolta accade che il cliente erri nella pronuncia di parole straniere e andrebbe anche bene, lo faccio anche io, tuttavia la loro sicumera al riguardo mi fa perdere una marea di tempo in ricerche senza senso. Ciò avviene principalmente perché, non essendo io onnisciente e riponendo al contempo sempre troppa fiducia nel prossimo, non penso ad un suo errore. Non solo, ma la mia mente inizia a viaggiare immaginando campi di ricerca inesplorati, tomi che peraltro se esistessero sarebbero anche interessanti!
 Devo dire che leggerei un titolo come quello della vignetta!



E voi a cosa avreste pensato?

sabato 25 gennaio 2014

I dolori della giovane (non ancora) libraia! "Latinismi".

Come ogni sabato, ecco i dolori della giovane (non ancora) libraia.
 Oggi fa la sua comparsa Anna Olmi, una delle secchione della classe, non secchiona per i suoi ottimi voti (o almeno non solo), ma per il grado di estremo sfacchinamento che faceva per ottenerli. Studiava da mane a sera e durante il ginnasio mi chiamava non meno di due volte ogni pomeriggio per confrontare le versioni. Tale fissazione per lo studio la portava a momenti di completo straniamento, come quello di cui sotto, in cui la realtà attorno non aveva più un senso logico, ma faceva capo solo al mitico Castiglioni-Mariotti (per i non liceali, il mitico vocabolario di Latino più in voga).
 L'evento a cui si fa riferimento ovviamente era una delle infinite fricchettonate pubblicizzate sulla bacheca del liceo. Ovviamente non ci sono andata.


mercoledì 22 gennaio 2014

Nuova rubrica: "Rieduchescional libraia", di storia del libro, della stampa e di tutto ciò che ci gira intorno. Poca ironia, ma tanta cultura, che male ogni tanto non fa.

In "Magnifica presenza" Elio Germano esce pazzo perchè
non riesce a trovare la mitica figurina di "Garibaldi"
Pensa che ti ripensa, poiché nei buoni propositi per l'anno nuovo avevo espresso la duplice intenzione di rendervi edotti su parti della storia del libro e al contempo inaugurare qualche nuova rubrica, ecco che ho unito le due cose sfornando "Rieduchescional Libraia" rubrica sulla magggica storia del nostro caro amico quadrangolare.

Per dimostrarvi che essa non è solo noia e tedio inizierò con quel misconosciuto e bistrattato argomento che sono le figurine. 

 Durante lo stesso esame universitario che mi portò a studiare la nascita del pop-up (a proposito mi scuso per non aver ancora dato indicazioni più precise sul saggio che citavo, ma mio padre ha pensato bene di far spazio in casa impacchettando tutti i miei libri universitari e ficcandoli in cantina ove nessuno può raggiungerli, un giorno mi lancerò alla ricerca), comunque, durante questo esame studiai anche la storia delle figurine.

 Io non sono mai stata una grande appassionata, ma come tutti i bambini/ragazzini ho avuto qualche album (di cui ricordo solo quello de "La bella e la bestia") e l'incessante ritornello del "Ce l'ho! Non ce l'ho!" (che qui al nord storpiano indegnamente in "celo non celo").

Esempio di cromolitografia.
Esse ci sono, ma non ne siete
coscienti.
 Magari in molti pensano che certi argomenti non vadano studiati nelle somme aule universitarie ed equiparano le mie fatiche al famoso corso di studi sul benessere del cane e del gatto (vi ricordate la prima epoca di delirio post riforma Moratti?), ma essi dovranno ricredersi alla notizia che le figurine sono il miglior esempio d'impiego della cromolitografia

 Cos'è? Trattasi di una stampa che usa una matrice di pietra su cui viene disegnato con una matita grassa, dove, dopo vari trattamenti, si versa dell'inchiostro che aderisce solo al disegno a matita.

 Pur potendo usare un colore per volta, (quindi per otto colori otto matrici), rispetto a tanti metodi per produrre stampe, era decisamente più semplice, cosicché divenne la tecnica principe con cui produrre da metà '800 i cartoncini pubblicitari. 

 Il primo tassello verso la mania della collezione fu fatto da Aristide Boucicaut, proprietario dei Bon Marché (grandi magazzini parigini) che, per pubblicizzarli, fece stampare una prima serie di cartoncini. Fu il delirio, erano praticamente uno dei primo gadget regalo della storia e la moda si espanse in breve a tutta l'Europa.

Notiamo la fantasia con cui le scatolette di carne venivano
infilate nelle stampe.
 Il secondo passo verso la serializzazione dei cartoncini fu però fatto Justus von Liebig l'inventore dell'estratto di carne.

 Costui, che in verità non aveva bisogno di una vera pubblicità visto che il successo della sua invenzione fu fulmineo (si parla di 2000 bovini uccisi al giorno), iniziò comunque a infilare cartoncini nelle confezioni, arrivando, a tirature di tre milioni di copie.

 Quale fu però il balzo in avanti di Liebeg, (oltre la diffusione planetaria)? L'idea di passare da una serie di cartoncini ad argomento vario (ovviamente le donnine erano sempre il piatto forte), a delle vere e proprie serie tematiche a sfondo pedagogico con fiabe, segni zodiacali, architetture dei vari paesi del mondo.

 Come fu e come non fu, il collezionismo e la pubblicità trovarono nelle figurine questo strano connubio.

  Era tale la loro diffusione che persino Goebbles, il ministro della propaganda del terzo reich, ne fece produrre delle serie da infilare nei pacchetti di figurine, temi favoriti: la biografia di Hitler e la rinascita tedesca.

Cosa succedeva in Italia? Volevamo forse rimanere noi fuori da tale delirio?

 Ovviamente no! Anzi, demmo prova di particolare attaccamento alla questione con la famosa figurina del feroce Saladino, un trauma nazionale talmente profondo che ne abbiamo tuttora memoria benché senza cognizione di causa.

 Nel 1934, in pieno fascismo, durante il programma Radio "I quattro moschettieri" venne lanciato questo concorso Perugina- Buitoni che prevedeva ricchi premi per chiunque riusciva a terminare uno specifico album da 100 figurine.

 Ciò che fece dell'Italia una nazione di collezionisti accaniti fu però il super premio: chiunque fosse riuscito a terminare 150 album avrebbe vinto una FIAT topolino!

 Errore di distribuzione volle però che la mitica figurina mancante, quella del feroce Saladino, fosse stata inviata solo in alcune sperdute località del sud scatenando non solo un mercato nero delle figurine, ma anche la regolamentare i concorsi successivi (c'era il sospetto, direi fondato, che tale errore fosse stato studiato a tavolino per non regalare a nessuno 'sta benedetta macchina).

 Solo dopo la guerra finalmente le figurine si distaccarono dalla pubblicità divenendo un oggetto autonomo. 
La prima figurina Panini
 Nel 1949 Lotario Vecchi, (nato piazzista morto editore nonché inventore della rivista "L'Audace" acquisita poi da Bonelli che ne fece il primo mattone della sua casa editrice) fu il primo a mettere in commercio in edicola figurine ed album slegati da un prodotto pubblicitario.

 Poi nel 1961 giunse finalmente, al termine di una lunga storia, ciò che noi identifichiamo davvero con la parola figurina: la Panini.

 Furono infatti costoro, che introdussero anche la novità dell'adesivo (prima rimanevano ancora cartoncini sciolti) ad avere la geniale idea di unire un fenomeno di massa ad un altro fenomeno di massa: figurina + calcio = amore.

Nella rigogliosa città di Modena peraltro, prospera il  Museo della figurina, creato con lo storico lascito di Giuseppe Panini, a cui spero di far visita prima o poi.

 Ecco, spero di non avervi appallato troppo. Il tono in effetti è un po' di Philippe Daverio, ma a questo punto spero piuttosto di fare la fine del figlio di Piero Angela. Di catacomba in catacomba anche se è pure lui un 'figlio di', mi sta più simpatico.


 Se volete saperne di più, consultate il saggio "Invenzione e storia delle figurine" di Lucia Masina, all'interno del libro "Le tecniche in piano. Litografia e serigrafia" ed. Istituto nazionale per la grafica.

martedì 21 gennaio 2014

Le vergogne dei clienti. Quali sono i libri che più ci si vergogna a chiedere? Chi detiene la palma del rossore? Ma soprattutto, perché non si vergognano gli unici che dovrebbero?

 Nella fausta giornata di ieri, mi è successo uno spiacevole fatto di cui ho già dato conto su fb.Un cliente mi ha chiesto dei libri per uscire dall'omosessualità. Davanti alla mia perplessità e al mio sconcerto, invece di mettersi paciosamente davanti al settore a tematica glbt (in cui comunque non teniamo niente del genere), notando che l'argomento mi dava fastidio, ha iniziato a punzecchiarmi, forte del fatto che il povero libraio di catena mai e poi mai può mandarti a quel paese.
 Prima ha iniziato a dire che era una malattia mentale visto che molti psicologi dicevano così, poi davanti alla mia domanda "Quali psicologi?", mi ha nominato quel Nicolosi già da me citato in precedenza e qui in Italia cristianamente pubblicato dalla San Paolo. Di seguito mi ha detto che tanti suoi amici erano usciti dall'omosessualità per poi cercare di intavolare con me una conversazione con un sorrisetto da schiaffi piantato in faccia. Ora, qualcuno mi accusa di essere malvagia coi clienti in questo blog, ma posso assicurarvi che molti clienti sono molto più malvagi di me. Per un'ora non ho avuto pace. Si ripresentava sempre col suo sorrisetto e nuove domande a cui cercavo di sfuggire scappando in un'altra sezione col sangue al cervello.
 Poiché in libreria passano e spassano tante persone è ovvio che si creino talvolta delle condizioni di imbarazzo tra i due fronti. Generalmente, a meno che non si abbia a che vedere con un sadico, come quello di cui sopra, è il cliente a vivere personali momenti di imbarazzo. In tanti pensano che il malvagio libraio sia una sorta di lepriacano giudicante con un enorme libro mastro in cui mettere il loro nome e accanto il libro che cercano. In genere le vergogne dei clienti sono assolutamente insensate, quelli che chiedono cose di cui vergognarsi davvero (come l'omofobo sopra), non hanno nessuna cognizione del fatto che dovrebbero seppellirsi seduta stante. Se anche voi vi siete mai vergognati in libreria ecco di seguito i casi più comuni e come farsi passare la voglia di avvampare.

I LIBRI SUL SESSO:
Pace all'anima sua.
 In assoluto sono i libri che causano più traumi e crisi mystiche nel cliente. Innanzitutto c'è sempre qualche maniaco piantato davanti a questa immaginifica sezione dove convivono giochi sul sesso da fare in coppia, manuali di educazione sessuale illustrati, il Kamasutra, vari testi tantrici, l'autobiografia di Califano e tutti quei libri su come far soffrire gli uomini da vere stronze. E' uno scaffale che è letteralmente impossibile da tenere in ordine, ma del resto è pure inutile visto che sono rarissimi i casi in cui il cliente vuole essere fisicamente accompagnato lì davanti. Improvvisamente servizievole, dopo averti chiesto un Kamasutra illustrato, annuncia che se lo cercherà da solo (nell'80% dei casi deve da te ritornare mesto e penitente). Poiché il 90% dei fruitori di tali libri è di sesso maschile, ha questo rapporto di simil cameratismo col libraio maschio, mentre fissa con odio la libraia femmina, magari dell'età di sua figlia, che gli spiega in un crescendo surreale, quale libro sul sadomasochismo sia in effetti più completo. Per evitare tali imbarazzanti momenti ho visto qualsiasi cosa. Clienti che venivano direttamente con l'isbn del libro pur di non pronunciarne il titolo, clienti che omettevano le parole considerate xxxx dalla frase col risultato che cercare il benedetto libro diventava impossibile, clienti che scrivevano il titolo su un foglietto rifiutandosi ostinatamente di rispondere a voce a qualsiasi mia domanda, altresì clienti che chiedevano espressamente la presenza di un simile del loro sesso pronto a consigliarli. In tutti i casi costoro erano uomini. Le donne non comprano apertamente libri sul sesso se non nell'adolescenza, dai 18 anni in su sanno già come procurarseli senza che il mondo venga a saperlo (sono già allenate coi sex toys). Il risultato ottenuto dai vari clienti vergognosi è solo uno: mettere in tale evidenza il loro imbarazzo da renderlo praticamente comico.

L'UOMO CHE LEGGE ROMANZI ROSA:  

Esistono. Sono ben nascosti ma ci sono. Il loro nume tutelare è Federico Moccia, che ha cercato inutilmente di invitarli al coming out raccontando in ogni dove quanto San Valentino sia per lui la festa nazionale, ami sua moglie e vorrebbe avere di nuovo 15 anni per amare e correre in moto in libertà, ma niente: i veri uomini non piangono e non leggono romanzi rosa. Tuttavia in libreria c'è una nutrita schiera di uomini che non leggono romanzi rosa, ma li comprano spesso. Tutti costoro hanno delle pigrissime mogli che non schiodano il sedere da casa e li mandano in giro a compiere spiacevoli missioni come fargli prendere pacchi di assorbenti con e senza ali, ma soprattutto pile di libri pieni di amore e torte a NY. Di tanto in tanto, questi mitologici esseri, che continuano a ripetere a gran voce, scandendo bene le parole "E' per la mia fidanzata" o "E' per mia moglie", arriva a farsi consigliare dal libraio. Ovviamente il libraio deve aver sempre ben presente che lui non sa nemmeno esattamente di che parlano, sono cose che non lo riguardano, è solo una vittima degli eventi. Lo sappia, la prego, mi creda, glielo giuro. C'era un cliente in una precedente libreria dove ho lavorato che tornava più volte in settimana, faceva man bassa di romanzetti rosa e se li faceva impacchettare uno ad uno ripetendo che erano regali. L'uomo più generoso del mondo.

L'ADULTO CHE CERCA LIBRI PER BAMBINI: 
Chiariamo, come ho già detto ci sono dei libri da adulti che in effetti vengono sistemati nella sezione dei ragazzi per puro pregiudizio. Tuttavia esistono anche degli adulti che, appassionati di libri per adolescenti (di cui alcuni son splendidi, leggetevi "Wonder" di R. J. Palacio o "Quando mi troverai" di...) o di fiabe illustrate o di autori come Bianca Pitzorno, stazionano nella sezione per bambini con crescente panico interiore. Quando gli viene il dubbio che tu lo stia giudicando o fissando male in genere si rivolta come una biscia e lancia un'invettiva contro i librai rei di infilare perle meravigliose nella sezione per ragazzi. Ma li leggiamo davvero i libri? Con che criterio decidiamo gli spostamenti? Altresì si lancia in complicate elucubrazioni su come "La guerra dei bottoni" sia un libro per adulti, "Harry Potter" pure (gli harrypottiani rappresentano l'80% della comunità) e chiedendosi perché mai i giochi di prestigio dovrebbero essere appannaggio dei soli seenni. Tutto giusto, tutto condivisibile. Solo che togli qui, annuisci là, dai ragione lassù, praticamente i bambini dovrebbero leggere praticamente solo Peppa Pig e una manciata di altri libri. Tutto il resto è CHIARAMENTE per adulti. Ammettere che piace leggere cose di età trasversali non è un'opzione prevista.

IL CLIENTE CHE SI LANCIA IN ACCOPPIATE VIRTUOSISTICHE:
E' quel distinto cliente dai raffinati gusti letterari che ogni tanto vorrebbe tanto leggere un libro di Fabio Volo o magari una biografia su Marilyn Monroe. Altresì è il tizio che vorrebbe comprarsi "The little book of the big penis" o "The big butt book", siccome teme lo sguardo indagatore del libraio o del cassiere, usa la vecchia tecnica dell'edicola. Per comprare l'unico libro che gli interessa, ma di cui intimamente si vergogna, ne prende altri dieci di tenore completamente diverso. Ecco quindi "Organon" di Aristotele, "L'uomo in rivolta" di Camus, "Perché leggere i classici" di Calvino e "Amore, zucchero e cannella" apparire nella stessa cesta. Grazie a questa vergogna si raggiungono picchi di assurdità considerevoli. I migliori avvengono quando il cliente non trova il libro vergognoso e deve chiedertelo. Alcuni, nel disperato tentativo di non gettare il discretito su di loro arrivano a mostrarti Tolstoj e Sveva Casati Modigliani in contemporanea chiedendoti "Sono indecisa tra questi due libri, non è che potrebbe darmi un suggerimento?"
 Certo signore, certo, guardi cassi Tolstoj, sopravvalutato, la Casati Modigliani invece è quello che le serve, si fidi di me.

IL GAY VELATO: 
Giunge, agitato come se stesse per farti una fatidica dichiarazione o fintamente noncurante mentre in realtà suda le proverbiali sette camicie. Vuole un libro a tematica, il titolo lo dice a bassa voce, ti chiede vergognoso se esista la sezione Glbt, finge di stupirsi se gli dico che un saggio sui matrimoni gay si trova nella sezione dedicata all'omosessualità e se proprio è nel panico aggiunge che non è per lui, ma per un amico, anzi, glielo hanno consigliato, anzi non sa proprio di cosa parli. Ragazzi e ragazze ve lo dico, io sono una di voi, quindi magari c'ho l'occhio clinico e non conta quello che dico, ma davvero, quando state per chiedermi un libro io lo so già che siete gay. Lo so pure se mi chiedete una cosa che non c'entra niente, tipo "La storia dei servizi segreti". Non è che si capisce che siete gay solo se domandate al libraio "Apocalissi queer". Vi dirò di più, al libraio non importa niente, egli vuole solo vendervi il libro e che possibilmente lo disturbiate il meno possibile con domande cretine come "Per uscire devo usare la porta?". Nel caso sfortuito incontraste un libraio omofobo (ma considerando il grado non solo sinistrorso, ma anche glbtq del mestiere mi pare difficile), ricordate che siete voi il cliente e in quanto tale avete il coltello dalla parte del manico. Pensate al caso inverso: al libraio gay che se la deve vedere col cliente omofobo senza potergli dire niente. Quelli sì che sono drammi.

 E voi cosa vi vergognate a chiedere in libreria? E perché, soprattutto?

lunedì 20 gennaio 2014

Il frutto delle lunghe nottate passate a vedere film indipendenti americani: "Tu più di chiunque altro" di Miranda July. La verità dietro l'assurdo.

Da "Taboo-Gohatto" che peraltro è di Nagisa Oshima.
Molti anni fa, quando ero un giovane virgulto nel pieno delle giovanili forze, amavo stare sveglia fino a tardissima notte alla disperata ricerca di film che avessero una vaga traccia di omosessualità. 
 Ricordo con molta precisione una notte in cui vidi "Poeti dall'inferno" per poi sognarmi Leonardo Di Caprio vestito da Rimbaud che mi spiegava l'Anabasi di Senofonte per la terza prova della maturità, e la visione alle quattro di mattina di "Per favore non mordermi sul collo" del caro Roman P. Altro film che segnò a lungo la mia immaginazione fu "Taboo-Gohatto" un assurdo noir su un gruppo di perversi samurai che si ammazzano tra di loro per possedere carnalmente e spiritualmente un loro collega efebico e malvagio. Poiché tutti i film americani indipendenti devono avere per loro natura una traccia di omosessualità, finii per farmi una vera cultura su quel magico mondo celebrato al Sundance Festival. Tra alieni gay, sudamericani gay cacciati di casa, famiglie borghesi distrutte e la ex moglie di Tom Cruise che fingeva di fare l'alternativa ("Schegge di April" se ve lo siete perso continuate a perdervelo), ecco che spuntò "Me, you and everyone we know" di Miranda July.
 Costei è una di quelle artiste eclettiche di livello elevato che esistono solo in un certo magico mondo statunitense: regista, attrice (è la protagonista del suo film), sceneggiatrice, artista contemporanea con importanti esposizioni all'attivo e ovviamente anche scrittrice.
  In Italia è uscita ormai da qualche anno questa sua raccolta di racconti "Tu più di chiunque altro" ed. Feltrinelli e io da qualche anno gli facevo la corte senza mai convincermi davvero a comprarla. Io non sono una grande fan dei racconti. Un po' perché non riesco a leggerli in modo consecutivo e finisco per confondermi e perdermene puntualmente qualcuno, un po', (motivo più serio), perché mi dà quasi fastidio entrare in una storia, magari ottimamente scritta, e doverne uscire dopo una manciata di pagine. Il tempo di accomodarti che già devi passare ad altro, senza contare che se un libro di racconti è scritto davvero bene, si rimane sempre col rimpianto di quello che l'autore avrebbe potuto farne se avesse avuto voglia o genio di farne un libro.
In via teorica questo era il caso più eclatante in cui aver ragione: i racconti di Miranda July sono appunto deliziose opere in embrione, come cortometraggi di straordinario senso compiuto, pieni di quella che io chiamo una vera variazione sul tema.  Le sue storie  hanno infatti questo grande sottovalutato pregio di raccontare situazioni e vite fondamentalmente banali in modo eccentrico.
  C'è ad esempio la coppia in crisi coniugale che non si ama più e si trascina di routine in routine, prova fricchettonate new age come pensare che ogni giorno può essere il primo giorno della propria vita, ha interessi comuni e fa sesso in modo strano, ma di fatto non gli succede niente. Poi decidono di fare le comparse in un film per vedere un'attrice e lì si consuma la crisi di coppia più struggente e irreale che si possa immaginare (non ve la scrivo perché dovete leggerla!).  Ci sono le amiche lesbiche che vanno a vivere insieme dopo il diploma e dopo aver lavorato come levigatrici di mobili vivono una sorta di crisi giovanile nei confronti nel mondo. 
 "Tutto ciò che avevamo considerato come il Mondo altro non era che il prodotto del lavoro di qualcuno. Ogni giuntura del marciapiede, ogni salatino. Tutti avevano moquette mezze marce e porte per cui pagare. Sbigottite, ci licenziammo. Doveva pur esserci un modo più dignitoso di vivere. Avevamo bisogno di tempo per capire noi stesse, per elaborare una teoria su chi eravamo e metterla a frutto."
 E cosa elaborano due giovani lesbiche in cerca di un senso nel mondo? In qualsiasi telefilm farebbero le cameriere in qualche locale gayo, qui no, prima si danno ad una sorta di prostituzione per signore anziane, poi si dividono e vivono in un crescendo di decisioni senza direzione alcuna: perché non fare lap dance? Percé non girare mezza nude per la città? Per quale motivo non ballare seminude per una giornata e una notte di seguito? Indossando una parrucca si può davvero diventare qualcun'altro? 
Miranda July in una foto in cui è venuta
eccezionalmente bene.
C'è poi  la quarantenne che sogna il principe William d'Inghilterra ed elabora virtuosistici piani per riuscire ad incontrarlo, il padre che muore lasciando in punto di morte alla figlia la migliore, a parer suo, delle eredità (eredità che non credo nessun padre sano di mente lascerebbe a sua figlia), l'insegnante che crede di vedere in uno studente una forma aliena con cui aveva lungamente fatto sesso alle superiori (sì avete letto bene) e la segretaria che si innamora della moglie del capo per interposta persona. 
 Quello che a sua volta rende questi racconti bizzarri in realtà estremamente umani, è la nota di solitudine che li percorre tutti quanti. I protagonisti sono eccentrici al limite del folle, eppure in qualche modo posseggono una nota di estrema verità: possiamo vederli, capirli, soffrire con loro. Se potessimo, vorremmo poter vivere nei loro racconti e aiutarli, abbracciarli, guardarli con tenerezza.
 Tutti vorrebbero che chiunque altro, qualcuno un po' di più, si accorgesse di loro e li guardasse con amore, perché tutti gli sguardi che si sentono rivolgere sono di disprezzo, di tristezza, di indifferenza, di scherno, di paura, di incomprensione. E non è casuale (o almeno io non voglio vederci una casualità), se l'ultimo racconto si chiude con l'incontro amarissimo di  sguardi tra due persone che molto si erano amate prima che una precipitasse l'altra nella completa indifferenza.
 "Poi con noncuranza, Lyon sfilò la mano da sotto quella di Ed e mi passò le patate, sebbene non le avessi chieste. Presi il piatto, ma lei non lo lasciò andare e per un momento tenemmo il piatto insieme, sospeso sopra la tavola dei suoi genitori. I miei occhi si allontanarono piano dal piatto per avventurarsi sul davantino della sua camicetta sui suoi occhi. Cosa temevo di vederci? Una gioia meschina? Furbizia? Vergogna? Brillavano del vecchio amore, il più grande amore della mia vita. Ed erano trionfanti."
 E' come un quadro, il frammento della tua vita nei momenti in cui nessuno ti vuole più, e finisci per vedere una logica solo nelle cose più assurde, senza trovarne più alcuna in quelle normali.


Beccatevi il trailer del film. A me è piaciuto più il libro devo dire, se qualcun'altro l'ha visto mi faccia sapere che ne pensa! Il libro costa solo 7,50 e pesa pure poco. Piccolo tragittate insieme a lui, non ve ne pentirete!

domenica 19 gennaio 2014

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Fischi per orsetti"

Spesso e volentieri i clienti rimaneggiano i titoli e va bene (lo faccio anche io). Quello che mi colpisce è che il più delle volte lo fanno senza cognizione di causa, tramutando i fischi neanche in fiaschi, ma direttamente in orsetti, cioè in qualcosa che non c'entra niente (oggi sono pindarica perdonatemi). Ovviamente il cliente raramente ammette le sue lacune, quindi se il catalogo non mi risponde non è colpa loro, ma sempre mia che non intuisco. Ogni tanto fortunatamente si guardano anche in giro risolvendosi l'insolvibile problema da soli, come avviene sotto.



sabato 18 gennaio 2014

I dolori della giovane (non ancora) libraia! Le favolose interrogazioni di Maurizia Paranza: "Giochi di ruolo"

E come ogni sabato e come sempre tardi, ecco una vignetta de "I dolori della giovane (non ancora) libraia". Oggi fanno di nuovo la loro apparizione "Le favolose interrogazioni di Maurizia Paranza" la sempre citata professoressa di filosofia del primo liceo classico. Questa devo dire fu una delle migliori performance delle mie compagne di classe. Peraltro non leggeteci intenti satirici (non erano così furbe), si trattava solo di una disperata arrampicata sugli specchi (tanata peraltro con estrema facilità).
 Le rimandò a posto piuttosto irritata. Non eravamo neanche degne di un suo 2.



Voi cosa avreste fatto al loro posto?

giovedì 16 gennaio 2014

Magggici colleghi parte II! Tra menagrami e assenti invisibili, raccomandati e precari ecco la seconda infornata!

Come predetto, questa settimana si va con la prosecuzione di post precedenti, perciò ecco a voi: "Magggici colleghi parte II". Nei giorni in cui, stravolti dal sonno giungete a lavoro e dovete litigare con lo sgobbone che vi accusa di nullafacenza o con "colui che non ha realmente bisogno di lavorare" ricordatevi di questo post, me ne ricorderò anche io e proporrò una nuova pratica da inserire nel futuro immaginario libro "Zen per librai". Go!

IL MENAGRAMO: 
Costantemente oppresso da un indicibile codazzo di sfighe, il collega menagramo non è colui che porta sfiga, ma colui che la sfiga se la porta. Appena lo incroci con l'incauta domanda "Ehi come va?", apri inavvertitamente le dighe della disperazione. A costui o costei accade di tutto: il tetto di casa sfondato, le ruote della macchina rubate, la figlia con la varicella e il morbillo insieme, il marito bloccato in Congo da una tempesta tropicale. Quando cerchi di consolarlo ti fissa con gli occhi di chi sa di non poter sfuggire al proprio destino e fa spallucce dimesso. In genere trasporta la sfiga casalinga sul luogo di lavoro, è l'unico a cui le risorse umane sbagliano la data delle ferie e glielo comunicano il giorno che ha comprato il biglietto per le Canarie, quello che per rotazione lavora ogni santo anno Vigilia di Natale, Befana, 31 Dicembre, 25 Aprile e tutte le feste nazionali. Nel suo weekend libero deve in genere sostituire il collega che si è dato malato con due minuti di preavviso. Potrebbe non accettare, ma rincorrendo un karma favorevole lo fa sempre. Ovviamente il karma favorevole non arriva mai.
 (So che pare impossibile visto che mi lamento sempre, ma il menagramo non sono io, credo).

IL FALSO SCEMO:
Sottocategoria più raffinata del nullafacente, è il collega che prende per scemi tutti gli altri fingendosi non cervello tenente. La sua è una prova di arte drammatica continua, a tratti perversa, in cui si cala con decisione forte della massima "Tonto è chi il tonto non fa". Piaga costante per i colleghi cervello tenenti che non sopportano i suoi falsi vaneggiamenti, trova sponda dei colleghi di buon cuore che, sempre in cerca di casi umani su cui riversare il loro incessante affetto e le loro proposte di comuni sedute di yoga,  li prende sotto la loro ala protettiva. Generalmente il falso scemo lavora, ma poiché ingenera in tutti un misto di disprezzo e "è meglio non stuzzicarlo se no comincia", non viene mai coinvolto in progetti più ampi e pur di non consultarlo si preferisce fare le mansioni al suo posto. Se si dà malato ogni tre per due nessuno si lamenta o insinua malignità: meglio lontano che presente a farti perdere tempo con la sua perpetua sceneggiata.

IL COLLEGA DI BUON CUORE: 
Il film "Happy go lucky" ha per protagonista il prototipo
dell'esemplare.
Sfornatore incessante di biscotti, portatore indefesso di buste ricolme di ogni ben di Dio, costui, ma molto più preferibilmente costei, considera i colleghi una seconda famiglia. Vuoi che una famiglia sua non ce l'ha, vuoi che ama il suo lavoro, vuoi che è una che con la gioia dentro ci è nata, sfarfalla da un collega all'altro sincerandosi sui vari stati di salute, matrimoniali e filiali. "Al bambino è passata la febbre?" "Devi farmi dare quella ricetta da tua moglie" "Allora cinema tutti insieme giovedì?". Nel mio immaginario ha a casa un grosso schedario con tutte le foto e le informazioni fondamentali dei suoi sventurati colleghi, non mi spiego altrimenti il suo non dimenticare mai un compleanno (figli compresi), anniversario, nonché l'ordine cronologico degli eventi della libreria dalla sua fondazione ad oggi. Il collega di buon cuore se non si appatella con milioni di convenevoli e affettazioni è anche simpatico e soprattutto utile. La scrivania ricolma di ogni ben di dio è sempre la sua: cioccolata, caramelle, gomme, soldi per le macchinette, bustine di Aulin e antidolorifici per ciclo e mal di testa. Lì dove non arriva (cioè sempre) la cassetta dei medicinali del negozio ecco che arriva lei.
 Del collega di Buon Cuore esiste anche la variante "Collega Filini" ossia colui che tenta di organizzare gite ed eventi collettivi (cinema, teatri, musei, compleanni dei bambini) di ogni sorta. In libreria ha meno successo perché le turnazioni non permettono il formarsi di grossi gruppi pronti a prendere e partire. Quanta sfortuna.

L'ASSENTE PERENNE:
Egli manca. Assunto in un'epoca lavorativa geologica in cui esistevano contratti di lavoro che impedivano il licenziamento anche in caso di appiccamento di un incendio al luogo di lavoro, questa mitologica figura non appare mai e quando appare tu non ci sei. Viene quasi da pensare che si tratti di un vecchio trucco cinematografico per il quale in verità tu e l'assente perenne non vi incrociate mai perché in realtà siete la stessa persona. Quando chiedi informazioni su costui ti vengono date le descrizioni più diverse: è alto, magro e coi capelli neri, no, anzi è basso, grasso e non ha capelli. Indicativamente forse è una donna, ma non si sa di quale ballerina età. Non si conoscono neanche le ragioni esatte della sua assenza. Si è licenziata, ha adottato quattro bambini in contemporanea, è in Africa a fare volontariato, in realtà lavora provvisoriamente da un'altra parte. Dopo mesi la sua presenza diventa quasi amichevole come se lo conoscessi anche tu da tempo. In uno dei tuoi giorni di ferie esso appare, quando me vieni a conoscenza, scopri che qualche nuovo improvviso cataclisma gli impedisce di tornare provvisoriamente a lavoro. "Ma allora l'avete visto! E com'era fatto?". Tutti l'hanno intravisto di schiena, alcuni con la coda dell'occhio, altri sanno solo che era nell'ufficio del direttore a parlare. L'uomo invisibile lavora con te.

IL CONTINUO RICHIAMATO:
Se non sapete chi è andate immediatamente a saperlo.
Nell'epoca del precariato non può mancare lui, la tragica figura dell'eterno richiamato. Preso per fare delle ore suppletive sotto Natale, costui perpetua la sua permanenza con toppe lavorative sempre nuove: maternità, aspettative, malattie prolungate, mancanza di personale. Allungando la sua presenza allunga le conoscenze, impara a lavorare e si inserisce nel contesto lavorativo sempre con la spia interiore che la sua vita lì è a termine e un giorno dovrà prematuramente lasciarci. I colleghi indeterminati dapprima tentano di non affezionarsi per non doverlo rimpiangere al momento della dipartita, ma poi i mesi passano e il piccolo particolare del contratto viene dimenticato. Si va tutti insieme a bere qualcosa dopo il turno, un caffè prima di entrare, ci si prestano libri e si parla persino di vedersi fuori dalle quattro mura lavorative. Un giorno d'improvviso, la scure cala inesorabile e di colpo egli svanisce. Tempo due mesi e sarà solo un ricordo evanescente di tanto in tanto rimpianto.

IL RACCOMANDATO: 
Creatura lavorativa non solo immancabile, ma probabilmente ancora più diffusa degli assunti in modo normale, il raccomandato ha una sua interessante prerogativa: cade dal pero o come la direbbe Guzzanti "Viene giù dalla montagna del sapone". Egli infatti finge talmente tanto bene di non sapere per quale motivo è stato assunto che alla fine si convince che quel motivo non solo non c'entri nulla, ma anzi, gli è stato di grande intralcio. Nelle discussioni con "il continuo richiamato" miagola dolore esattamente come lui, piangendo tristemente sul suo contratto ballerino. Parla di un futuro incerto e prova grandi dissidi interiori sul suo futuro. In genere la libreria è un suo palese lavoro di passaggio, un "facciamo lavoricchiare il pupo mentre studia così capisce quanto è dura la vita", per lui c'è in serbo ben altro. In altri contesti lavorativi invece egli rimane ben saldo al suo posto aspettando il sacro momento in cui, col solito stupore, farà le scarpe a qualcuno. "Ma davvero hanno promosso me e proprio me? Ma che strano. Certo, mio padre è un dirigente dello stesso gruppo, ma mi ha insegnato ad andare avanti con le mie gambe".
 Certo, ti crediamo. Per quale ora ci vediamo al binario 8 e 3/4 per partire per l'isola che non c'è? Hai già avvertito Babbo Natale, la Befana, il pupazzo Gnappo e Uan?

LE PROBLEMATICHE SENTIMENTALI: 
 Non è solo la celebre tresca, quanto il bagaglio di psicodramma che un luogo di lavoro abbastanza popoloso finisce per portarsi dietro. La selva di divorzi, lasciti, colleghi che si mettono con altri colleghi dopo essere stati con altri colleghi ancora, i quali al momento frequentano altri colleghi, (e devi ricordarti attentamente chi non devi nominare in presenza di chi) rende le relazioni delle librerie di catena complesse quanto lo schema di Alice di Lword (se non lo conoscete, è un coacervo di relazioni sempre tra le stesse persone in nome di quella pratica chiamata "incesto lesbico"). Mentre devi ricordarti di felicitarti con la cassiera perennemente single finalmente accasata, ecco che lo storico matrimonio di un'altra va in pezzi costringendoti a circonvoluzioni linguistiche per non offendere entrambe. Questo mentre il collega che ci prova velatamente con te è fatto oggetto di attenzioni geriatriche da parte di anziane colleghe e l'immancabile libraio gay muore d'amore dietro il libraio che fa sangue (ed è sposato).
 Per carità si svolge tutto inter nos, nessun cliente è mai stato sacrificato durante questo film.

 Voi avete colleghi invisibili? Psicodrammi del cuore e raccomandati che cadono dal pero? Testimoniate! :)
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