mercoledì 29 gennaio 2025

Le recensioni perdute. "La reputazione", la seconda wave di Ricciardi e "I figli degli uomini" di P. D. James!

 In questi ultimi tre-quattro anni in cui ho tralasciato un po' il blog, ho ovviamente letto molti libri, anche se meno di quelli che avrei voluto.

Lo studio si è preso tanto spazio, anche troppo, e non per mia volontà. Vorrei dire che sono una persona a cui piace studiare, ma in effetti non lo sono più. Sono in quella fase della vita in cui vorrei leggere solo quello che desidero e smetterla di stare sui libri, ma i parametri per le professioni culturali non sono d'accordo con me.

 Certo, forse se ai parametri richiesti corrispondesse uno stipendio adeguato, me ne farei una ragione, ma no, sto iniziando a convincermi che l'Italia non ama chi studia e cerca di punirlo in qualsiasi modo.

 Era una verità a cui era già arrivato brillantemente Sidney Sibilia col suo "Smetto quando voglio" mostrando laureati vari ed eventuali alle prese con vite precarie, vessazioni, povertà e umiliazioni. Ecco, quella non è una trilogia, ma un documentario e lo dico con un'amarezza che mi spiace trasmettervi. 

Nella mia prossima vita, farò un concorso pubblico basic a 20 anni e dormirò sogni beati sebbene poco retribuiti (ma almeno mi risparmio anni di tasse e notti insonni). 

 Volevo risparmiarvi questa intro, ma macino sconforto ormai da mesi e almeno qui ho pensato di potermi sfogare. Magari a furia di tediare il prossimo, il mondo mi apparirà migliore in questo foschissimo 2025.

 Comunque, dato che la mia fuga da ig e fb, riparte anche qua dal blog, sappiate che arriveranno ciuffi di recensioni di libri che ho letto e di cui non ho mai parlato. 

Forza che recuperiamo tutto!

LA REPUTAZIONE di Ilaria Gaspari, ed Guanda:

 A Roma, l'ho scoperto dopo aver letto questo libro, c'era negli anni '90 una curiosa leggenda metropolitana.

 Si raccontava infatti che nei camerini di un negozio di vestiario del centro per ragazzine, ci fosse una botola. Chi entrava lì dentro per provarsi una maglietta finiva dritta dritta dentro alla trappola e veniva rapita per essere avviata alla tratta delle bianche.

 Da questa suggestione (che ora coi social non voglio manco immaginare che piega prenderebbe), Gaspari costruisce un romanzo che avrebbe forse anche potuto intitolarsi "La calunnia" (questo è un post dove do suggerimenti non richiesti sui titoli dei libri).

 La protagonista è un po' insolita (finalmente) nel panorama delle protagoniste femminili italiche: Barbara è una studentessa non molto diligente, con le idee poco chiare per il futuro e fondamentalmente con uno spirito sfaccendato.

 Dovendo mantenersi, dato che non riesce a completare la sua laurea in filosofia, inizia a lavorare in una boutique per signore e ragazzine di Roma Nord (ossia di buona famiglia, tanto cash e anche un po' altezzose, regà è un riassunto non inviperitevi). 

 La gestisce un personaggio eccentrico e debordante, la bella e svagata Marie France, che porta avanti l'attività assieme ad altre due commesse.

 Il romanzo è occupato quasi interamente da questa figura che giganteggia, ammalia, fa, disfa e dissemina misteri, come la misteriosa figlia che nessuno ha mai visto. 

 Ma proprio quando il lettore si è convinto che si tratti della storia di una dandy d'altri tempi, irrompe la calunnia.

 Una ragazzina, con contorni che ricordano un po' il caso di Manuela Orlandi (una vera ossessione qua nella capitale), scompare e la calunnia inizia a correre: e se c'entrassero Marie-France e la sua boutique?

 Non vi dico ovviamente come finisce. Una scrittura molto corposa, ricca, visiva, che si prende tutto il suo tempo per descrivere ogni dettaglio. Consigliato a tutt* tranne ai minimalisti.


I NUOVI LIBRI DEL COMMISSARIO RICCIARDI di Maurizio De Giovanni, Einaudi:

 Nel tempo che ci ho messo a ricominciare a scrivere qua sul blog, Ricciardi è ormai tornato da circa tre libri.

 

 De Giovanni ha dunque riaperto la serie del suo commissario (che io avevo ipotizzato avesse chiuso perché un uomo che vede i morti di morte violenta e la seconda guerra mondiale rischiano di essere una combinazione inaffrontabile) con un piglio da una parte più angosciante, da un'altra più fotoromanzesco.

 Avevo pensato che avrebbe riaperto il filone usando la figlioletta Marta come protagonista. 

 Una venti-trentenne che indaga nel pieno del '68. Ci stava, anzi, De Giovanni se mi leggi (non sono una mitomane, è accaduto e ha persino commentato), pensaci che secondo me non è una cattiva idea!

 Invece la storia ricomincia a circa cinque anni dalla morte della povera Enrica.

 Ricciardi è un vedovo inconsolabile che si prende cura della figlia, assieme alla contessa di Roccaspina e ai nonni materni. Un'ombra però si è ormai stesa sull'Europa, le leggi razziali sono prossime e molti personaggi iniziano a posizionarsi di conseguenza. I figli di Maione si scoprono fascisti, con costernazione del padre, e altri, come l'untuoso Garzo, si trovano braccati e devono mettere in salvo la famiglia.

 Colpo di scena, anche Ricciardi non è immune da questa crudele caccia all'uomo perché si scopre che il padre di Enrica è di lontane origini ebraiche, cosa mette in pericolo tutta la famiglia, compresa Marta.

 Il commissario continua a indagare, Bambinella se la vede brutta, Marta ha ereditato qualche super potere paterno in effetti, ma un po' diverso e in realtà, in modo inaspettato, dopo il ritorno forzato in Cilento, la famiglia Ricciardi si allarga.

 In tutto questo purtroppo Livia è viva, vegeta e invece di starsene al sicuro, cortaggiata e canterina in Sudamerica, decide inopinatamente di tornare alla vigilia dello scoppio della guerra perché una stalker è per sempre.

 Devo dire che l'ultimo, "Volver", malgrado sciolga qualche nodo e spieghi un po' meglio il passato del commissario, ha davvero qualche contorno da telenovela turca. 

 Ma è anche vero che a me come scrive De Giovanni piace troppo, sono ore di puro relax, di lettura felice e perdono tutto, anche la commedia dell'agnizione.


I FIGLI DEGLI UOMINI di P. D. James:

 Nel luccicante 2006, (ma secondo voi i primi anni 2000 mi appaiono ora meravigliosi perché ero più giovane o in effetti il mondo era migliore? Io tenderei alla seconda) uscì il film "I figli degli uomini", (cho scoperto scrivendo questo post essere di Alfonso Cuaròn) che all'epoca mi colpì molto, mi stupì molto, ma fummo in tre gatti a vedere.

 Racconta di un futuro in cui non nascono più bambini e quindi la società si sta sfaldando, condotta a una decadenza inquietante.

 Non è, intendiamoci, che non nascono per scelta. Gli esseri umani non sono improvvisamente childfree, semplicemente, di punto in bianco, uomini e donne sono diventati sterili.

 La storia inizia quando gli ultimi nati hanno circa 20 anni. Sono una generazione nichilista, viziata e anche violenta. Da una parte infatti sono stati vezzeggiati e coccolati in ogni modo e dall'altra sono consci della loro rarità e preziosità e anche di essere gli ultimi eredi del mondo.

 Nel film Theo, è un ex attivista politico, che viene coinvolto dalla sua ex moglieJulian (ancora attivista) nel salvataggio di Kee, una giovane donna incinta, la prima da vent'anni. L'idea è portarla in salvo presso un misterioso gruppo di attivisti che si muove su una barca in mezzo al mare (una sorta di incrocio tra Greenpeace e una ONG).

  Il film aveva alcuni pezzi interessanti, ma poi come molta fantascienza, adesso è rovinato irrimediabilmente dal fatto che molta gente crede che le teorie del complotto che funzionano molto bene nei libri di fantasia, siano realtà. Se la realtà diventa distopica, per dirla meglio, la distopia diventa meno interessante.

 La cosa che mi colpì di più all'epoca fu comunque il fatto che il protagonista a un certo punto ha l'infelice idea di mettersi in infradito e scappa così per metà pellicola facendosi un male molto percettibile tra gli spettatori.

 Scoprii già ai tempi che era tratto da un libro omonimo che però è sempre stato abbastanza introvabile. Siccome le vie dei libri sono infinite, lo scorso anno l'ho reperito al bookcrossing del mercato coperto dove vado a comprare le verdure.

 Il libro, per circa la metà, è anche molto meglio del film. Ci sono delle frasi illuminanti, profetiche e contemporanee che rendono anche chiaro come l'autrice avesse un intento fantascientifico, ma con forti venature di critiche sociale. 

 Ci sono delle cose letteralmente profetiche, come il trattamento riservato agli immigrati (ha senso catturare, rinchiudere e rimpatriare in un mondo che morendo, tipo il nostro?) e anche una parte di dualismo politico che nel film non c'è.

 Se nel film tutta la storia ruota attorno a Theo e al gruppo terroristico capeggiato dall'ex moglie, nel libro è presente il personaggio del cugino Nigel, una sorta di premier plenipotenziario quasi dittatore.  proponendo un dualismo interessante dei due modi di affrontare una catastrofe: la rassegnazione e il delirio di onnipotenza.

 Purtroppo il romanzo si incarta un po' sul finale e posso anche capire perché Cuaròn abbia preferito fargli prendere la deriva complottara e anche un po' più speranzosa.

 Se lo trovate vale la pena. Piccolo appunto: avrebbe avuto molto più senso per una serie di motivi chiamarlo "I figli delle donne".


lunedì 20 gennaio 2025

La storia di Lella Lombardi raccontata (a voce) da sorella YA! (E qualche considerazione sparsa sulla diaspora da META).

 In questi giorni, ma in generale in questi tempi oscuri, sto cercando un sistema per abbandonare META senza però abbandonare anche tutte le persone che seguono assiduamente la pagina e con cui ho parlato, discusso, riso, insomma con cui ho intessuto rapporti (usando i social, come credo si dovessero usare in principio in modo sano) in questi ultimi 13 anni.

 Bisogna dire che, per quanto la consapevolezza di un monopolio social fosse evidente, non l'avevo mai avvertita in tutta la loro potenza come in questo momento.

 Un po' come nella storia della rana che bolle lentamente nell'acqua e alla fine si ritrova stecchita e pronta a finire in qualche piatto transalpino, non mi ero resa conto di come negli ultimi anni (con un'accelerazione credo abbastanza marcata dal covid in poi) siano pian piano spariti tutti i concorrenti dei social più diffusi.

 Non è stato "inventato" quasi più nessun posto virtuale nuovo dove ritrovarsi e che abbia una buona diffusione. 

 Ci siamo tutti e tutte polarizzati sugli stessi che fondamentalmente stanno pure tendendo alla replicazione unica e incontrollata di Tik Tok (che nasando quanto fosse molesto e potenzialmente in grado di farmi perdere intere giornate peggio di fb e ig mi sono sempre rifiutata di scaricare, anche se so come funziona e l'ho visto parecchie volte).

 I blog sono diventati un fenomeno di nicchia manco fossero fanzine, idem i forum, tumblr sembra quasi preistoria, snapchat ho il sospetto che i nati dopo il 2010 non sappiano nemmeno cosa fosse, ergo anche volendo migrare dalla grande lobby dei social, capire dove andare e dove spostarsi con le proprie discussioni non è che sia semplicissimo.

 Mentre faccio le mie ricerche (oggi ho scoperto l'esistenza di substack), continua la mia idea di alimentare nuovamente questo blog e ne approfitto per condividere qui l'ultimo video della sorella YA, che da qualche mese ha aperto un canale youtube dedicato alla Formula 1.

 Al netto del cuore di sorella che mi spinge a farlo, in realtà in questo caso specifico questo video gliel'ho suggerito io e ho insistito tantissimo in questi mesi perché lo facesse. Infine, ho persino sfoderato le mie doti di archivista aiutandola a trovare alcune fonti per i testi.

 Si tratta della storia di Lella Lombardi, unica pilota donna della F1 ad andare a punti. 

 Ebbene sì perché qualche donna, effettivamente, in F1 c'è stata e la storia di Lombardi è davvero molto interessante soprattutto se consideriamo che si svolge a partire dagli anni '60 e che non proveniva da una famiglia borghese, ma era figlia di un macellaio di provincia senza nessuna specifica passione per i motori.

 Ma ciancio alle bande! Sorella YA saprà sicuramente raccontarvi la storia, appassionante, meglio di me

 E magari nel prossimo futuro, chi sa, potrei fare un post sulla Formula 1: non la seguo da anni, ma ho molti di ricordi di quando ero ragazzina e vedevo le gare assieme a mio padre che è un grandissimo appassionato.

Buona visione!





lunedì 13 gennaio 2025

Le mie letture dell'estate 2024! Tra giallisardi e gialli islandesi, cucine angloiraniane, orrori islandesi, delusioni inglesi e addii svedesi

 Assolutamente incredibile (ma vero) avevo lasciato in sospeso il post con le recensioni delle mie letture estive dallo scorso settembre.

In nome dei miei rinnovati buoni propositi di seguire di nuovo maggiormente il blog a sfavore dei social che stanno tendendo verso la broligarchia reazionaria, inauguro questo nuovo corso terminandolo dopo mesi.

 In realtà lo scorso anno anno temo di aver passato davvero troppo tempo sul cellulare a sfavore della scrittura e della lettura.

 E' stato sicuramente colpa dello stress che porta a fare cose il meno impegnative possibili nel tempo libero, ma è stata più colpa mia che non ho saputo gestire la cosa.

 Cercherò di tornare ai bei vecchi tempi nonostante tutti i limiti dati dal lavoro e dal fatto che, contro la mia totale volontà e per colpa della burocrazia italiana, sono dovuta tornare sui libri universitari.

 Un giorno, quando non mi darà ai nervi anche solo il pensiero, racconterò bene la storia, (no non sono un'insegnante come sa chi legge il blog da secoli, sì la laurea magistrale ce l'ho già da 15 anni, ma per fare un lavoro sottopagato non basta manco più quella).

 Intanto vi risparmio i miei rancori personali e vi lascio le recensioni.

Buona lettura!


GIALLOSARDO AAVV Pickwick ed.:
 
 Raramente mi piacciono le raccolte tematiche perché in generale non mi sembra che gli scrittori e le scrittrici rendano troppo bene quando si tratta di scrivere racconti “su commissione”, legati a temi o, come in questo caso, luoghi specifici.
 
 Ci sono però sempre felici eccezioni e “Giallosardo” è una di queste. 
 Devo dire che la media dei racconti è molto buona, si vede chi come Fois è del mestiere, e chi non lo è particolarmente come Ilenia Zedda (il suo racconto mi sembra un esemplare tipico di scuola di scrittura creativa: trick di base interessante, ma poi la resa si impiglia in alcune sottigliezze tipo la coerenza della trama).
 
 Avevo nostalgia della Sardegna e l’ho letto durante alcuni giorni caldissimi a Rodi. 
Assieme ai gyros e all’acqua cristallina, ha aiutato a farmela passare.

 
L’UOMO INQUIETO di Henning Mankell e SOTTO LA CITTA' di Arnaldur Indridason:
 
 I gialli nordici hanno sempre il loro fascino. 
 
 Il problema, nella grande mole delle traduzioni, è non incappare in frequenti delusioni.
 Quest’anno, siccome ho avuto una primavera/estate impegnatissima ed ero riuscita a leggere poco, ho voluto andare sul sicuro e ho puntato due certezze: Mankell e Indridason.
 
 Per puro caso (ossia quello che passa l’usato) ho trovato “L’uomo inquieto” senza sapere fosse l’ultimo capitolo della lunghissima serie del commissario Wallander.
 
 C’è da dire che in generale scrittori e scrittrici raramente trattano bene le loro creature e sanno dargli degni finali, ma in questo caso Mankell è riuscito in un libro molto malinconico, a tratti struggente, a tirare tutte le fila della lunga vita del suo commissario.
 
 La storia inizia quando Linda, l’unica figlia di Wallander, poliziotta anche lei, si fidanza con un broker abbastanza ordinario, figlio di Hakan von Enke un importante ammiraglio svedese che fu coinvolto in un famoso caso di spionaggio ai tempi dei governi di Olof Palme. 

 Un sottomarino russo era stato individuato in acque svedesi e, invece di essere costretto a riemergere, all’ultimo era stato lasciato andare

 Hakan non si è mai dato pace per l’evento e aveva iniziato a indagare, convinto che vi fosse una spia del Kgb interna alla marina svedese.
 
 Tutto questo non interessa poi molto Wallander finché prima von Enke e poi sua moglie svaniscono nel nulla. C’entra forse questo antico intrigo internazionale? E, nel caso, chi è che spiava chi e quando?
 
 La storia, benché ricca di colpi di scena, è molto chiara e  lascia ampio spazio alla chiusura di tutte le linee narrative della vita di Wallander rimaste in sospeso.

 Sappiamo che fine farà Bajba, il grande amore estone del commissario, sappiamo cosa accade all’ex moglie e cosa alla figlia, conosciamo il suo crepuscolare tramonto che non anticipo per non fare spoiler, ma spezza il cuore.
 
 Un grande autore che è riuscito a dire degnamente addio ad un grande personaggio con un’indagine interessante e un senso della fine dignitoso e palpabile.
 
 Il romanzo di Indridason invece non ha una particolare rilevanza nella serie del suo commissario Erlendur. 
 Ambientato nell’esotica Islanda, racconta una cruda storia di violenza sulle donne e di tragici e ingiusti tranelli del destino.
 
 Un uomo qualunque viene trovato assassinato nel suo appartamento. Sembra un delitto d’impeto, ma chi mai potrebbe voler uccidere un uomo qualunque? Qualcuno, probabilmente, che sa qualcosa in più, un segreto dietro la maschera della normalità.
 
 Inizia un viaggio a ritroso nella cr. Non dico molto di più: bello da leggere, ma abbastanza tosto per gli argomenti trattati.

 
LA CUCINA COLOR ZAFFERANO di Yasmin Crowther ed. Guanda:
 
 Ogni anno mi piace leggere un romanzo ambientato in Medioriente/India. 
  Non so perché, ma mi piace l’idea di leggere qualcosa di scritto o ambientato in luoghi lontani geograficamente e culturalmente da me. 

 Questa estate è stato il turno di “La cucina color zafferano”, ambientato in parte in Inghilterra e in parte in Iran.
 
 Le protagoniste sono Maryam, iraniana immigrata in Inghilterra ai tempi della rivoluzione islamica, e sua figlia Sara, nata dal matrimonio con un gentile coetaneo inglese.

 Tutto parte da una tragedia involontaria: Maryam si rivela violenta verso il nipote, figlio della sorella minore appena morta e arrivato da poco dall’Iran. Sara cerca di difenderlo e nel tentativo si ferisce perdendo il bambino che ha in grembo.
 
 Disperata per l’avvenimento, Maryam decide di tornare in Iran ad affrontare i fantasmi del passato

 In una serie di flashback la scopriamo ragazzina, figlia di un generale dello scià, desiderosa di diventare infermiera e di decidere la sua vita. Riuscirà a fare tutto quello che desidera, ma pagando un prezzo troppo alto nel fisico e nell’anima che la traumatizzerà per sempre.
 
 Allora. La parte migliore sono i flashback dell'infanzia e della giovinezza di Maryam in Iran. Finché il libro parla delle sue vicissitudini fino al momento della partenza per l'Inghilterra devo dire che merita. Il resto, che purtroppo è parecchio, è abbastanza noioso.

 La coda del libro è inutilmente lunga e assume anche vaghi contorni da telenovela turca, le parti dedicate alla figlia Sara sono abbastanza prive di forza.

 Non lo consiglierei a meno che non siate appassionati di storia dell’Iran, per il resto perdibilissimo, infatti l’ho lasciato a Rodi.
 
 
LA STRANIERA di Claudia Durastanti ed. La nave di Teseo:
 
 Interessante e molto molto molto difficile da scrivere questo memoir di Claudia Durastanti.
 
 Erano anni che volevo leggerlo e quando finalmente qualcuno l’ha provvidamente lasciato all’usato mi ci sono fiondata. 

 Conoscevo a grandi linee la storia: i genitori dell’autrice sono entrambe persone sorde che non comunicano attraverso la lingua dei segni. 

 Inoltre Durastanti è nata a Brooklyn dove si erano trasferiti anni prima i nonni materni, lucani, alla ricerca di fortuna e dove lei ha vissuto fino ai sei anni, quando è poi rientrata in Basilicata.
 
 Dico un memoir difficile perché il grande problema dei memoir è sempre lo stesso: perché quelli che sono fondamentalmente fatti tuoi dovrebbero avere un valore per qualcuno? 

 Rendere il personale qualcosa di universale è davvero un’impresa enorme e il pericolo di tracimare nel diario psicanalitico è sempre dietro l’angolo, anche quando si ha una storia interessante da raccontare.
 
 Durastanti riesce a evitare questo fosso non solo perché è brava a raccontare, ma soprattutto perché ha scelto una chiave di lettura e vi è rimasta fedele (quasi) sempre dal titolo al finale: il concetto di straniero nel senso più ampio possibile.
 
 Il senso di estraneità è la base del libro: sono estranei ad un mondo basato sulla parola e i suoni i suoi genitori sordi, è straniera lei quando nasce in America ed è straniera quando torna in Italia, la povertà la rende estranea al benessere dei suoi compagni di classe ed è estranea al contesto lavorativo nel quale osa catapultarsi dopo la laurea poiché il mondo culturale in Italia è appannaggio per la quasi totalità di eredi alto-borghesi.
 
 Dà, a mio parere (anche se fatico a sopportarne i toni un po’ troppo epici qui e lì) il meglio nella prima parte quando riesce a raccontare con l’amore, il dolore, nonché il distacco necessario, due genitori complessi, tormentati, non integrati loro malgrado, anche per loro ostinata e rivendicata volontà.
 
 La seconda ha alcune pennellate che ho trovato interessanti, in primis la sensazione di sentirsi un simpatico trofeo sociale per i propri datori di lavoro: ehi, guarda, ho trovato l’intelligente presentabile tra i povery e la introduco in società. Una sorta di versione moderna del romanzo ottocentesco coi nobili che innalzavano lo zotico brillante di turno per divertimento.
 
 Per altri versi ho trovato mancasse qualcosa. Pensavo e speravo in una qualche complessa riflessione politica sull’estraneità di classe, anche perché aveva tutto il materiale per raccontarla da un punto di vista interessante.
 Invece su quel punto l'ho trovata stranamente debole, l'unica in cui ogni tanto mi è sembrata debordare nel diario personale abbassando il livello del racconto.

 In generale comunque un gran bel libro che consiglio e che è meritatamente finito nella cinquina dello Strega del suo anno. 


ELIZABETH GEORGE:

Questa giallista statunitense era la passione di una mia ex collega di libreria. 

 Quando usciva un suo nuovo libro impazziva letteralmente di gioia e, per anni, me l'aveva caldamente consigliata.

 Io non ho particolare passione per i giallisti anglosassoni quindi avevo tentennato a lungo e mi sono decisa solo questa estate.

 Presa da un moto di ottimismo e allettata dai numerosi titoli in vendita nella mia libreria dell'usato di fiducia, avevo addirittura comprato due titoli!

 Ebbene. Li ho iniziati entrambi e in entrambi i casi ho cercato disperatamente di andare avanti nella trama con tutte le mie forze. Non ci sono riuscita, troppo noiosi, troppo dispersivi e pieni di lungaggini che non lasciavano mai entrare nel vivo dell'indagine.

 Magari sono stata sfortunata io, ma mi sa che non sono il tipo che ama la cara Elizabeth. Mi spiace.

giovedì 9 gennaio 2025

Buon 2025 con una presentazione romana di "Stasera faremo cadere il cielo" e (buoni) propositi!

E' iniziato questo 2025, vorrei dire bene, ma siamo solo al 9 gennaio e già sono le cattive notizie non si sono fatte attendere.

 A questo aggiunto un malumore generalizzato per la geopolitica mondiale che sembra sempre più in mano, da una parte a dittatori con manie di grandezza, dall'altra a un'oligarchia turbocapitalista con manie di grandezza. In mezzo mi piacerebbe dire "tutt3 noi", ma non è vero perché una buona fetta della popolazione, con una cecità a me inspiegabile, è affascinata da questa gente e la sostiene.

 Il nuovo corso dei social, immagini AI, fake news, padroni privati di mezzi di trasmissione e propaganda che influenzano la politica mondiale, mi sta portando a un distacco progressivo dal loro uso. Li uso ovvio, ma la voglia di postare e condividere è praticamente scomparsa.

 Che questo voglia dire un ritorno a nuovi post del blog e magari più tempo dedicato, in generale, alla scrittura? 

 Chissà. Magari non tutti i mali vengono per nuocere.

Intanto lascio la locandina dell'evento di sabato 25 alla libreria Tomo a Roma. Con altre belle persone presenterò "Stasera faremo cadere il cielo", l'antologia di fantascienza queer dove c'è anche un mio racconto!




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