sabato 28 settembre 2019

Nel mio paese c'è un lago. Quando ci accaniamo contro Greta Thunberg siamo solo pigri o siamo proprio scemi? Una riflessione su #fridaysforfuture

Nel mio paese c’è un lago.


Se volete saperne di più trovate ogni link possibile qui
 www.parcobracciano.it
 Un lago di origine vulcanica senza nessun affluente. Si alza quando piove tanto, si abbassa quando piove poco. All'incirca da qualche millennio. E’ sempre stato un bravo lago, sin dal neolitico la gente ha abitato le sue rive trovando risorse per la propria sopravvivenza.

 Questo sventurato lago nei secoli ha però sviluppato un problema: sorge vicino ad una grande città con grandi problemi e poche intenzioni di risolverli.

Anzi, per risolverli solitamente le amministrazioni che si succedono cercano di non scontentare gli abitanti scaricando i problemi sui paesi limitrofi, come appunto, quello in cui sorge il lago.

Ad esempio c’è bisogno di una discarica? Perché incrementare la differenziata e fare qualcosa di serio contro il malaffare quando puoi piazzarla in provincia?

 Circa due anni fa c’è stata una grossa siccità. Visto che la nostra memoria a breve termine ultimamente funziona male, magari l’abbiamo già rimossa, ma c’è stata.

 Una di quelle estati infinite in cui si festeggia l’alta pressione eterna, urrà non piove mai, che bello passeggiamo e andiamo al mare? Beh, quell’acqua che casca dal cielo a qualcosa serve e l’estate infinita non è un sogno, ma l’incubo.

 L’estate eterna prosciuga le riserve d’acqua cittadine, soprattutto se gli impianti di gestione sono vecchi come il cucco e hanno dispersioni in ogni dove senza che nessuno se ne curi.

 E allora, se non vuoi razionare l’acqua ai cittadini, se non vuoi proprio spiegargli che non è un bene inesauribile, da qualche parte la devi prendere. 

 E dove vai? 

 Vai nel lago più vicino, quello da cui solitamente puoi pompare un tot e non dovresti pompare più di quel tot perché se poi vai sotto, sai com’è, un ecosistema millenario muore.

 Certo, non è facile spiegare ai cittadini che dovrebbero pretendere una gestione migliore delle risorse e zero dispersioni, magari un uso più razionale nel quotidiano che oh, l’acqua finisce. 

 Soprattutto perché alcuni di essi sono proprio come i capi che eleggono: ciechi, stolti, stolidi, ottusi, refrattari a qualsiasi ragionevolezza.

Non vedono oltre ciò che vogliono vedere. Un tempo la selezione naturale nella forma più pura dell’istinto di sopravvivenza, (se non sai valutare il pericolo ambientale e la mancanza di approvvigionamento bye bye baby la natura non perdona), avrebbe se non altro messo qualcuno in più sul chi vive. 

 Ma ormai siamo un mondo occidentale viziatissimo: pensiamo di poter ottenere tutto, di avere il diritto di ottenere tutto, che non ci siano mai conseguenze e che, se ce ne sono, la colpa è di certo di amministrazioni incapaci e non di problematiche oggettive.

 Quindi alziamo un casino se chiudono qualche fontanella, ma non ce ne frega una mazza se quella fontanella viene chiusa perché ohibò è in atto una siccità e l’acqua, tesoro bello, non c’è più.

Questa faccenda del lago, probabilmente perché l’ho vissuta da vicino, è emblematica a mio parere del livello globale di prosciuttamento sugli occhi o paese dei balocchi che ci porterà direttamente all’inferno.

 Se non sei neanche in grado di comprendere che non puoi pompare acqua da un bacino lacustre mandandolo al di sotto di qualsiasi ragionevole (e prefissata) soglia di emergenza.

 Se tu amministratore ostini a ricorrere al tribunale delle acque pur di non dover spiegare agli elettori che l’acqua quando manca deve essere razionata (o magari il gestore deve essere cazziato e trascinato in tribunale se disperde il prezioso bene per incuria della rete), se insomma non capisci una cosa che è vicina a te, come puoi comprendere un problema globale?

 I commenti su fb al riguardo erano la fiera della demenza: il lago è fatto per le nostre necessità, è lì apposta per noi, NON E’ VERO CHE STA SUCCEDENDO (che bastava prendere un treno per un’ora anche meno per sincerarsene con i propri occhi, ma sempre meglio pontificare incrostando il sedere incredulo alla sedia), l’abbassamento da siccità è un fenomeno normale (ovviamente, non lo è quando pompi a tutto andare in modo artificiale) e via discorrendo.

 Scuse, parole, idiozie atte a coprire la pigrizia e la totale incapacità di voler affrontare il tema.

Non mi stupisce perciò questo attacco idiota a Greta Thunberg, una ragazzina che ha solo fatto quello che gente ben più adulta e preparata di lei non ha saputo e voluto colpevolmente fare. Non piace a nessuno scoprire che no, non basta dire che il problema non esiste perché scompaia. 

 Puoi farlo a oltranza, puoi farlo fino a quando sarà troppo tardi, ma non svanirà.

 E allora ecco orde di barbari da ogni parte che ci dicono cosa è sbagliato in questa ragazza, ma non si occupano di quello che dice: Greta viene da un paese ricco, ha la sindrome di Asperger, è una femmina (eterno problema di metà del pianeta reo di non passare il proprio tempo a compiacere l’altra metà punto e basta), è manipolata ecc.

Ok. Poniamo che sia tutto vero. Dice forse cose sbagliate? Non ha forse ragione quando sostiene che il risultato ultimo di un regime capitalista incontrollato è una crescita che per sostenersi finirà per succhiare anche l’ultima risorsa del pianeta?

Perché tante persone reagiscono così violentemente davanti a questa prospettiva?

Perché mutare le proprie abitudini in mondo che ti invita a pensare a te stesso, a viziarti, a vivere la vita che è solo una, a non farti condizionare se desideri qualcosa solo per te ecc. per alcuni è, non solo inconcepibile, ma anche minaccioso.

Non è un caso che l’ecologia venga da molti percepita come una lotta di stampo “femminile” e che venga osteggiata da capi di stato notoriamente dediti (e amati da parte del loro elettorato) per la loro virilità tossica. L’uomo non deve chiedere mai, l’uomo non deve farsi condizionare, l’uomo va avanti per la sua strada.
Il successo, il potere, il denaro sono la via per il successo, il resto è debolezza e vale ancor più se applicato alle nazioni.

Certo, ci sono tanti altri motivi per il disinteresse collettivo o la violenta campagna d’odio a cui viene sottoposta Greta: la totale incomprensibile mancanza di ragionevolezza di chi disserta di climatologia quando non è neanche in grado di decifrare un testo breve in italiano, motivi ideologici, soprattutto a sinistra, per i quali la lotta si fa dura e pura e totale oppure non è vera lotta (anzi, essi soli sono i sostenitori della lotta, gli altri sono mentecatti che non capiscono niente), quelli che la vita è tanto amara e allora perché preoccuparsi di qualcosa a cui tanta gente potente in fondo in fondo non crede (come se Trump e i suoi elettori white trash avessero, in caso di catastrofe climatica, le stesse possibilità di salvarsi) o quelli della coerenza folle: se davvero dei ragazzini ci vogliono dalla loro parte allora devono essere senza macchia , duri e puri come manco Gesù Cristo.

Ci sono anche motivi oggettivamente di comodo: perché allora diventerebbe evidente che parte delle migrazioni dal sud del mondo deriva anche dal cambiamento climatico e allora avremmo una responsabilità, (oltre alle numerose storiche), ineludibili nei confronti di chi arriva.

Altri la buttano sul benaltrista: le cosiddette tigri asiatiche non se ne occupano e comunque hanno ragione a non preoccuparsene perché ora è il loro turno di inquinare in nome della crescita incontrollata.
 Tesori belli, i disastri ecologici non seguono le logiche della turnazione economica storica, se il pianeta muore per noi, morirà pure per loro e per i loro cittadini che magari non hanno le stesse libertà di manovra per manifestare o che lo faranno con un ritardo di vent'anni, quando inizieranno a non respirare più.

 Io non dubito che cambiare il proprio stile di vita sia duro, soprattutto quando si pretende che lo stile di vita muti, ma il sistema industriale no.

 E’ inverosimile che una persona, magari con figli, che lavora 9-18, passi le ultime due ore della sua giornata a pellegrinare per i rari negozi plastic free, mercati rionali a km 0 e luoghi dove vendono cereali sfusi. Perché la rivoluzione inizi a compiersi il gesto del singolo dovrebbe essere parte di un sistema.

 Ed è questo a cui dovremmo mirare: una rivoluzione totale che renda la nostra vita su questa terra sostenibile. 

 Tuttavia questo non ci libera dalla responsabilità e dalla possibilità, mentre lo pretendiamo (e magari lo pretendiamo davvero, non che c’abbiamo altro da fare tipo insultare Greta e gli adolescenti che manifestano su fb), di fare qualcosa di diverso. 

Roma non si è costruita in un giorno e niente si ottiene subito e completamente, ma da qualche parte bisogna pur iniziare.

Inoltre, anche se l’apporto dovesse essere minimo, è il fattore di responsabilizzazione che dovrebbe contare: solo convincendo i singoli che anche il loro più piccolo mutamento quotidiano possa entrare a far parte di una rivoluzione che smetterai di avere davanti gente che finge di non vedere il problema. Se non ti senti parte del tutto, quel tutto ti è estraneo.
Se volete mettervi paura, consiglio questa
distopia climatica in cui i migranti climatici
respinti in un pianeta ormai distrutto, siamo
proprio noi.

Non pensiamo sia tragicamente impossibile.

 L'acqua, quando andavo in estate in Sardegna, la razionavano sempre in estate. Si andava alla fonte a riempire le bottiglie. Erano gli anni ’90 non il cenozoico. Nessuno è mai morto, nessuno ha mai protestato o tempora o mores. Era estate, non eravamo in una terra notoriamente ricca d’acqua e sorgenti, e persino chi era in vacanza capiva che quella era la situazione, punto.

Non siamo poi così fragili, siamo solo viziati e, in parte, portati volontariamente a credere che nessuno nel suo piccolo possa fare la sua parte. Possiamo eccome se vogliamo tenerci laghi, mari, ghiacciai, un pianeta da consegnare ai figli che cresciamo con tanta cura, senza capire che anche la salvaguardia del pianeta fa parte della cura.

Ovviamente il problema è ancora più a monte. Il problema è il sistema capitalista.

 Ma mi sembra abbastanza evidente che qua siamo ad un grado talmente zero della faccenda che non possiamo permetterci di passare qualche decennio ad analizzare con sofismi i modi migliori per distruggere un sistema che prospera indisturbato e che ci ha completamente assoggettati.

 Bisogna andare per piccoli passi verso la consapevolezza.

Intanto che capiamo come fare e magari la finiamo di perdere tempo a prendere per i fondelli una sedicenne svedese, rea di pensare che il mondo si possa cambiare, ecco un elenco di libri che possono aiutarci a cambiare il quotidiano (con brevi descrizioni che mi sono dilungata troppamente)!

NB Il post sui saggi seri un'altra volta, questi sono consigli per convincere con calma e sangue freddo qualcuno a mutare minimamente le sue abitudini.


POSSIAMO SALVARE IL MONDO PRIMA DI CENA di Jonathan Safran Foer ed. Guanda:

Premetto, non sono vegana e neanche vegetariana, ma sono una persona ragionevole che peraltro vuole possibilmente mantenersi in salute (anche se il fatto che mi piaccia mangiare non aiuta).

 Perciò non vivo come un drammatico diktat il fatto che dietologi, nutrizionisti e infine anche climatologi o chi per loro ci dicano che, come la metti la metti, la carne rossa benissimo non fa al corpo, per produrne grosse quantità bisogna disboscar foreste, sono comunque piene di ormoni ecc ecc.

 Insomma, limitarne il consumo non mi sembra sta roba impossibile da fare, anche perché se si compra meno spesso magari si può accettare di pagarla di più a macellerie e co. che usano allevamenti nostrani, magari non intensivi.
Idem le uova. Quale fatica costa prendere quelle di galline felici e con un contenitore di cartone?

 Non si sta parlando di rivoluzioni copernicane, ma di piccoli cambiamenti che possono essere apportati senza eccessivi psycodrammi. Insomma, convincere qualcuno a convertire le proprie costolette improvvisamente in braciole di tofu la vedo molto dura, convincerlo a modificare la dieta in modo da limitare alcuni piatti, è più fattibile e meno traumatico. 

Se volete delle buone ragioni per relegare vitelli e maiali a una tantum e poi, col tempo, a mai più, potete leggere il nuovo libro di Safran Foer.


VIVERE FELICI SENZA PLASTICA di  Janmejaya e Chantal Plamondon ed. Sonda:


 
L’ho detto sopra: finché il packaging non diventerà ecologico a sistema, limitare i danni sarà difficile, ma si può fare comunque qualcosa. 


La famosa storia delle borracce invece delle bottigliette, la verdura e la frutta prese sfuse invece che nei cestini di plastica (sponsorizzo grandemente la zucca intera invece che quella tagliata a pezzi: in proporzione la pagate molto meno e rende molto di più), piatti di carta o biodegradabili e via discorrendo. 


 Per avere un’idea delle opzioni da seguire con poco sforzo e massimo risultato, è uscito questo bel libro della Sonda ed. (ma in libreria, vedrete, iniziano a proliferare).


Il principio è sempre quello: a piccoli passi, ma costanti.


ANDAR PER BOSCHI:

 Di certo, immagino che qualcuno ci sia arrivato ben prima di me, uno dei motivi per cui fatichiamo a capire il peso delle nostre azioni sulla natura, risiede nel fatto che in parecchi ormai la natura la viviamo col cannocchiale, principalmente in estate e comunque in luoghi urbanizzati. 

Se magari si mettesse ogni tanto piede in un bosco o simili, ci renderemmo conto di quanto si possa stare bene in un posto silenzioso, tranquillo, fresco e meraviglioso. Ci sono delle mode attualmente sui boschi: gli asili nel bosco e lo Shinrin Yoku (troverete libri a pacchi).

Il secondo è la scoperta dell’acqua calda in salsa orientale per cui se cammini nei boschi abbassi lo stress (ma no?), il primo è una cosa oggettivamente incomprensibile a chi, come me, nei boschi ci andava già da bambina senza eccessive sovrastrutture: ossia portate i bambini nei boschi o fateli giocare con quello che c’è (il tutto con tante teorie pedagogiche dietro che mi mettono ansia, come mi mette ansia tutto quello che è semplice, ma deve diventare complesso per forza, ma è un’opinione mia). 

 Se ne potrebbero consigliare di libri, come “Italia selvatica” di Daniele Zovi della Utet, appena uscito, ma forse è meglio andiate sul catalogo Terre di Mezzo o Ediciclo o Le Guide o simili per scoprire quale libro dedicato ai percorsi nelle vostre zone è papabile.

L'aria buona pulisce i polmoni, abbassa lo stress, e poi insomma, sta per iniziare la stagione del foliage.

Si potrebbero dare altri milioni di consigli, ma quanto è già lungo questo post?? Forza e coraggio, possiamo fare tutti qualcosa, basta farla!

5 commenti:

  1. Il banalissimo argomento che un eventuale complotto demoplutogiudaicomassonico che avesse portato Greta in primo piano non cambierebbe comunque il fatto che i temi di cui Greta esistono non sembra degno di interesse agli anti Gretesi, e francamente l'impressione è che gran parte dell'umanità abbia portato il cervello alla raccolta dell'indifferenziato. Pure il problema esiste e andrà pure affrontato, e meglio adesso che dopo. Chiaramente la sensibilità cambia a seconda dell'età... e quel "chiaramente" è forse il problema più serio, anche più del riscaldamento globale, perché da una cultura così basata sul menefreghismo non può venir fuori molto di buono.
    Le scuole comunque han preso la palla al balzo. A quanto sembra gli insegnanti, anche i più vecchi, sono portati a simpatizzare per il destino delle nuove leve, e questa è una bella cosa, secondo me.

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  2. Telmo Pievani consiglia anche "La fine della fine della terra" di Jonathan Franzen.
    Io ovviamene consiglio "La terra dopo di noi" di Pievani, in cui spiega, spero una volta per tutte, che finché continuiamo a dire che IL PIANETA è in pericolo nessuno muoverà veramente un dito, perché ci interessa della nostra sorte, non quella di un'entità astratta e incomprensibile come un intero pianeta.
    In realtà il pianeta sopravviverà a questa sesta estinzione di massa come è sopravvissuta alle prime cinque, metaforicamente senza battere ciglio.
    Sono GLI UMANI in pericolo, sono loro che dobbiamo salvare cambiando mentalità. Forse, se iniziamo a metterla così, gli umani stessi capiranno che questa cosa va fatta per il loro bene e inizieranno a preoccuparsene davvero. Speriamo.

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  3. Oddio un miraggio: finalmente qualcuno che la pensa come me, parola per parola, punto per punto. Circondata come sono da prosciuttati sugli occhi oramai disperavo! Felice di aver incontrato il tuo blog, da oggi sono una tua follower!

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  4. Il problema più grosso, sul quale quasi nessuno dibatte perché è spinoso e non abbastanza politically correct, è che su questo pianeta siamo più di sette miliardi, e continuiamo ad aumentare. La terra semplicemente non ha le risorse per questa sovrappopolazione, a meno di tornare a uno stile di vita medievale nel vero senso del termine. Comprare le uova dal contadino, fare la differenziata, evitare condizionatori d'estate e riscaldamento a palla d'inverno sono tutti comportamenti virtuosi e credo che le persone consapevoli già li adottino (io almeno lo faccio). Ma credere che abbia realmente un impatto nel fermare il riscaldamento globale è un'illusione che aiuta solo a pulirci la coscienza.

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