lunedì 20 gennaio 2025

La storia di Lella Lombardi raccontata (a voce) da sorella YA! (E qualche considerazione sparsa sulla diaspora da META).

 In questi giorni, ma in generale in questi tempi oscuri, sto cercando un sistema per abbandonare META senza però abbandonare anche tutte le persone che seguono assiduamente la pagina e con cui ho parlato, discusso, riso, insomma con cui ho intessuto rapporti (usando i social, come credo si dovessero usare in principio in modo sano) in questi ultimi 13 anni.

 Bisogna dire che, per quanto la consapevolezza di un monopolio social fosse evidente, non l'avevo mai avvertita in tutta la loro potenza come in questo momento.

 Un po' come nella storia della rana che bolle lentamente nell'acqua e alla fine si ritrova stecchita e pronta a finire in qualche piatto transalpino, non mi ero resa conto di come negli ultimi anni (con un'accelerazione credo abbastanza marcata dal covid in poi) siano pian piano spariti tutti i concorrenti dei social più diffusi.

 Non è stato "inventato" quasi più nessun posto virtuale nuovo dove ritrovarsi e che abbia una buona diffusione. 

 Ci siamo tutti e tutte polarizzati sugli stessi che fondamentalmente stanno pure tendendo alla replicazione unica e incontrollata di Tik Tok (che nasando quanto fosse molesto e potenzialmente in grado di farmi perdere intere giornate peggio di fb e ig mi sono sempre rifiutata di scaricare, anche se so come funziona e l'ho visto parecchie volte).

 I blog sono diventati un fenomeno di nicchia manco fossero fanzine, idem i forum, tumblr sembra quasi preistoria, snapchat ho il sospetto che i nati dopo il 2010 non sappiano nemmeno cosa fosse, ergo anche volendo migrare dalla grande lobby dei social, capire dove andare e dove spostarsi con le proprie discussioni non è che sia semplicissimo.

 Mentre faccio le mie ricerche (oggi ho scoperto l'esistenza di substack), continua la mia idea di alimentare nuovamente questo blog e ne approfitto per condividere qui l'ultimo video della sorella YA, che da qualche mese ha aperto un canale youtube dedicato alla Formula 1.

 Al netto del cuore di sorella che mi spinge a farlo, in realtà in questo caso specifico questo video gliel'ho suggerito io e ho insistito tantissimo in questi mesi perché lo facesse. Infine, ho persino sfoderato le mie doti di archivista aiutandola a trovare alcune fonti per i testi.

 Si tratta della storia di Lella Lombardi, unica pilota donna della F1 ad andare a punti. 

 Ebbene sì perché qualche donna, effettivamente, in F1 c'è stata e la storia di Lombardi è davvero molto interessante soprattutto se consideriamo che si svolge a partire dagli anni '60 e che non proveniva da una famiglia borghese, ma era figlia di un macellaio di provincia senza nessuna specifica passione per i motori.

 Ma ciancio alle bande! Sorella YA saprà sicuramente raccontarvi la storia, appassionante, meglio di me

 E magari nel prossimo futuro, chi sa, potrei fare un post sulla Formula 1: non la seguo da anni, ma ho molti di ricordi di quando ero ragazzina e vedevo le gare assieme a mio padre che è un grandissimo appassionato.

Buona visione!





lunedì 13 gennaio 2025

Le mie letture dell'estate 2024! Tra giallisardi e gialli islandesi, cucine angloiraniane, orrori islandesi, delusioni inglesi e addii svedesi

 Assolutamente incredibile (ma vero) avevo lasciato in sospeso il post con le recensioni delle mie letture estive dallo scorso settembre.

In nome dei miei rinnovati buoni propositi di seguire di nuovo maggiormente il blog a sfavore dei social che stanno tendendo verso la broligarchia reazionaria, inauguro questo nuovo corso terminandolo dopo mesi.

 In realtà lo scorso anno anno temo di aver passato davvero troppo tempo sul cellulare a sfavore della scrittura e della lettura.

 E' stato sicuramente colpa dello stress che porta a fare cose il meno impegnative possibili nel tempo libero, ma è stata più colpa mia che non ho saputo gestire la cosa.

 Cercherò di tornare ai bei vecchi tempi nonostante tutti i limiti dati dal lavoro e dal fatto che, contro la mia totale volontà e per colpa della burocrazia italiana, sono dovuta tornare sui libri universitari.

 Un giorno, quando non mi darà ai nervi anche solo il pensiero, racconterò bene la storia, (no non sono un'insegnante come sa chi legge il blog da secoli, sì la laurea magistrale ce l'ho già da 15 anni, ma per fare un lavoro sottopagato non basta manco più quella).

 Intanto vi risparmio i miei rancori personali e vi lascio le recensioni.

Buona lettura!


GIALLOSARDO AAVV Pickwick ed.:
 
 Raramente mi piacciono le raccolte tematiche perché in generale non mi sembra che gli scrittori e le scrittrici rendano troppo bene quando si tratta di scrivere racconti “su commissione”, legati a temi o, come in questo caso, luoghi specifici.
 
 Ci sono però sempre felici eccezioni e “Giallosardo” è una di queste. 
 Devo dire che la media dei racconti è molto buona, si vede chi come Fois è del mestiere, e chi non lo è particolarmente come Ilenia Zedda (il suo racconto mi sembra un esemplare tipico di scuola di scrittura creativa: trick di base interessante, ma poi la resa si impiglia in alcune sottigliezze tipo la coerenza della trama).
 
 Avevo nostalgia della Sardegna e l’ho letto durante alcuni giorni caldissimi a Rodi. 
Assieme ai gyros e all’acqua cristallina, ha aiutato a farmela passare.

 
L’UOMO INQUIETO di Henning Mankell e SOTTO LA CITTA' di Arnaldur Indridason:
 
 I gialli nordici hanno sempre il loro fascino. 
 
 Il problema, nella grande mole delle traduzioni, è non incappare in frequenti delusioni.
 Quest’anno, siccome ho avuto una primavera/estate impegnatissima ed ero riuscita a leggere poco, ho voluto andare sul sicuro e ho puntato due certezze: Mankell e Indridason.
 
 Per puro caso (ossia quello che passa l’usato) ho trovato “L’uomo inquieto” senza sapere fosse l’ultimo capitolo della lunghissima serie del commissario Wallander.
 
 C’è da dire che in generale scrittori e scrittrici raramente trattano bene le loro creature e sanno dargli degni finali, ma in questo caso Mankell è riuscito in un libro molto malinconico, a tratti struggente, a tirare tutte le fila della lunga vita del suo commissario.
 
 La storia inizia quando Linda, l’unica figlia di Wallander, poliziotta anche lei, si fidanza con un broker abbastanza ordinario, figlio di Hakan von Enke un importante ammiraglio svedese che fu coinvolto in un famoso caso di spionaggio ai tempi dei governi di Olof Palme. 

 Un sottomarino russo era stato individuato in acque svedesi e, invece di essere costretto a riemergere, all’ultimo era stato lasciato andare

 Hakan non si è mai dato pace per l’evento e aveva iniziato a indagare, convinto che vi fosse una spia del Kgb interna alla marina svedese.
 
 Tutto questo non interessa poi molto Wallander finché prima von Enke e poi sua moglie svaniscono nel nulla. C’entra forse questo antico intrigo internazionale? E, nel caso, chi è che spiava chi e quando?
 
 La storia, benché ricca di colpi di scena, è molto chiara e  lascia ampio spazio alla chiusura di tutte le linee narrative della vita di Wallander rimaste in sospeso.

 Sappiamo che fine farà Bajba, il grande amore estone del commissario, sappiamo cosa accade all’ex moglie e cosa alla figlia, conosciamo il suo crepuscolare tramonto che non anticipo per non fare spoiler, ma spezza il cuore.
 
 Un grande autore che è riuscito a dire degnamente addio ad un grande personaggio con un’indagine interessante e un senso della fine dignitoso e palpabile.
 
 Il romanzo di Indridason invece non ha una particolare rilevanza nella serie del suo commissario Erlendur. 
 Ambientato nell’esotica Islanda, racconta una cruda storia di violenza sulle donne e di tragici e ingiusti tranelli del destino.
 
 Un uomo qualunque viene trovato assassinato nel suo appartamento. Sembra un delitto d’impeto, ma chi mai potrebbe voler uccidere un uomo qualunque? Qualcuno, probabilmente, che sa qualcosa in più, un segreto dietro la maschera della normalità.
 
 Inizia un viaggio a ritroso nella cr. Non dico molto di più: bello da leggere, ma abbastanza tosto per gli argomenti trattati.

 
LA CUCINA COLOR ZAFFERANO di Yasmin Crowther ed. Guanda:
 
 Ogni anno mi piace leggere un romanzo ambientato in Medioriente/India. 
  Non so perché, ma mi piace l’idea di leggere qualcosa di scritto o ambientato in luoghi lontani geograficamente e culturalmente da me. 

 Questa estate è stato il turno di “La cucina color zafferano”, ambientato in parte in Inghilterra e in parte in Iran.
 
 Le protagoniste sono Maryam, iraniana immigrata in Inghilterra ai tempi della rivoluzione islamica, e sua figlia Sara, nata dal matrimonio con un gentile coetaneo inglese.

 Tutto parte da una tragedia involontaria: Maryam si rivela violenta verso il nipote, figlio della sorella minore appena morta e arrivato da poco dall’Iran. Sara cerca di difenderlo e nel tentativo si ferisce perdendo il bambino che ha in grembo.
 
 Disperata per l’avvenimento, Maryam decide di tornare in Iran ad affrontare i fantasmi del passato

 In una serie di flashback la scopriamo ragazzina, figlia di un generale dello scià, desiderosa di diventare infermiera e di decidere la sua vita. Riuscirà a fare tutto quello che desidera, ma pagando un prezzo troppo alto nel fisico e nell’anima che la traumatizzerà per sempre.
 
 Allora. La parte migliore sono i flashback dell'infanzia e della giovinezza di Maryam in Iran. Finché il libro parla delle sue vicissitudini fino al momento della partenza per l'Inghilterra devo dire che merita. Il resto, che purtroppo è parecchio, è abbastanza noioso.

 La coda del libro è inutilmente lunga e assume anche vaghi contorni da telenovela turca, le parti dedicate alla figlia Sara sono abbastanza prive di forza.

 Non lo consiglierei a meno che non siate appassionati di storia dell’Iran, per il resto perdibilissimo, infatti l’ho lasciato a Rodi.
 
 
LA STRANIERA di Claudia Durastanti ed. La nave di Teseo:
 
 Interessante e molto molto molto difficile da scrivere questo memoir di Claudia Durastanti.
 
 Erano anni che volevo leggerlo e quando finalmente qualcuno l’ha provvidamente lasciato all’usato mi ci sono fiondata. 

 Conoscevo a grandi linee la storia: i genitori dell’autrice sono entrambe persone sorde che non comunicano attraverso la lingua dei segni. 

 Inoltre Durastanti è nata a Brooklyn dove si erano trasferiti anni prima i nonni materni, lucani, alla ricerca di fortuna e dove lei ha vissuto fino ai sei anni, quando è poi rientrata in Basilicata.
 
 Dico un memoir difficile perché il grande problema dei memoir è sempre lo stesso: perché quelli che sono fondamentalmente fatti tuoi dovrebbero avere un valore per qualcuno? 

 Rendere il personale qualcosa di universale è davvero un’impresa enorme e il pericolo di tracimare nel diario psicanalitico è sempre dietro l’angolo, anche quando si ha una storia interessante da raccontare.
 
 Durastanti riesce a evitare questo fosso non solo perché è brava a raccontare, ma soprattutto perché ha scelto una chiave di lettura e vi è rimasta fedele (quasi) sempre dal titolo al finale: il concetto di straniero nel senso più ampio possibile.
 
 Il senso di estraneità è la base del libro: sono estranei ad un mondo basato sulla parola e i suoni i suoi genitori sordi, è straniera lei quando nasce in America ed è straniera quando torna in Italia, la povertà la rende estranea al benessere dei suoi compagni di classe ed è estranea al contesto lavorativo nel quale osa catapultarsi dopo la laurea poiché il mondo culturale in Italia è appannaggio per la quasi totalità di eredi alto-borghesi.
 
 Dà, a mio parere (anche se fatico a sopportarne i toni un po’ troppo epici qui e lì) il meglio nella prima parte quando riesce a raccontare con l’amore, il dolore, nonché il distacco necessario, due genitori complessi, tormentati, non integrati loro malgrado, anche per loro ostinata e rivendicata volontà.
 
 La seconda ha alcune pennellate che ho trovato interessanti, in primis la sensazione di sentirsi un simpatico trofeo sociale per i propri datori di lavoro: ehi, guarda, ho trovato l’intelligente presentabile tra i povery e la introduco in società. Una sorta di versione moderna del romanzo ottocentesco coi nobili che innalzavano lo zotico brillante di turno per divertimento.
 
 Per altri versi ho trovato mancasse qualcosa. Pensavo e speravo in una qualche complessa riflessione politica sull’estraneità di classe, anche perché aveva tutto il materiale per raccontarla da un punto di vista interessante.
 Invece su quel punto l'ho trovata stranamente debole, l'unica in cui ogni tanto mi è sembrata debordare nel diario personale abbassando il livello del racconto.

 In generale comunque un gran bel libro che consiglio e che è meritatamente finito nella cinquina dello Strega del suo anno. 


ELIZABETH GEORGE:

Questa giallista statunitense era la passione di una mia ex collega di libreria. 

 Quando usciva un suo nuovo libro impazziva letteralmente di gioia e, per anni, me l'aveva caldamente consigliata.

 Io non ho particolare passione per i giallisti anglosassoni quindi avevo tentennato a lungo e mi sono decisa solo questa estate.

 Presa da un moto di ottimismo e allettata dai numerosi titoli in vendita nella mia libreria dell'usato di fiducia, avevo addirittura comprato due titoli!

 Ebbene. Li ho iniziati entrambi e in entrambi i casi ho cercato disperatamente di andare avanti nella trama con tutte le mie forze. Non ci sono riuscita, troppo noiosi, troppo dispersivi e pieni di lungaggini che non lasciavano mai entrare nel vivo dell'indagine.

 Magari sono stata sfortunata io, ma mi sa che non sono il tipo che ama la cara Elizabeth. Mi spiace.

giovedì 9 gennaio 2025

Buon 2025 con una presentazione romana di "Stasera faremo cadere il cielo" e (buoni) propositi!

E' iniziato questo 2025, vorrei dire bene, ma siamo solo al 9 gennaio e già sono le cattive notizie non si sono fatte attendere.

 A questo aggiunto un malumore generalizzato per la geopolitica mondiale che sembra sempre più in mano, da una parte a dittatori con manie di grandezza, dall'altra a un'oligarchia turbocapitalista con manie di grandezza. In mezzo mi piacerebbe dire "tutt3 noi", ma non è vero perché una buona fetta della popolazione, con una cecità a me inspiegabile, è affascinata da questa gente e la sostiene.

 Il nuovo corso dei social, immagini AI, fake news, padroni privati di mezzi di trasmissione e propaganda che influenzano la politica mondiale, mi sta portando a un distacco progressivo dal loro uso. Li uso ovvio, ma la voglia di postare e condividere è praticamente scomparsa.

 Che questo voglia dire un ritorno a nuovi post del blog e magari più tempo dedicato, in generale, alla scrittura? 

 Chissà. Magari non tutti i mali vengono per nuocere.

Intanto lascio la locandina dell'evento di sabato 25 alla libreria Tomo a Roma. Con altre belle persone presenterò "Stasera faremo cadere il cielo", l'antologia di fantascienza queer dove c'è anche un mio racconto!




martedì 17 dicembre 2024

I consigli del Natale 2024! Ereditiere svizzere, fake news storiche, ambientalismo, Susan Sontag e Sylvia Plath, pittrici nella capitale, orsi pignoli, ricette favolose e minacce lavanda!

 Padre l’altro giorno mi ha rimproverata perché non curavo più il blog.

Ma come, ce l’hai da tutti questi anni e adesso lo lasci andare così.

 A prescindere dal suo sempiterno ruolo genitoriale, in fondo ha ragione, quest’anno è stato proprio un anno di magra scrittoria e il prossimo, da un certo punto di vista non sarà, temo, migliore perché (poi vi racconterò quando avrò fatto almeno la metà degli esami e la fine mi sembrerà meno lontana e io sarò meno infuriata) ho dovuto iscrivermi ad una scuola di specializzazione universitaria (no, non faccio l’insegnante, è sempre per archivisti).

 Quindi insomma il tempo è quello che è, e tra lavoro principale, lavoretti collaterali, perché ormai la vita costa talmente tanto che il lavoro principale non basta più da solo, e università, i momenti da dedicare al diletto sono davvero molto pochi.

 Ma sogno sempre che le cose migliorino, che questo periodo geopolitico ed economico orrendo prima o poi finisca e che si riesca a passare il tempo a fare qualcosa che piace, come scrivere, leggere e disegnare, senza che il lavoro e le ansie fagocitino ogni pezzetto delle nostre non sempiterne vite.

 Comunque, ho voluto, quale atto di riappropriazione rivoluzionaria del proprio tempo, riuscire a scrivere un post di consigli natalizi.

Come ogni anno mi sembra di non avere nulla da consigliare e come ogni anno ho titoli per almeno due post. Intanto godiamoci questo, magari riesco a trovare il tempo per il secondo prima della vigilia di Natale (altrimenti, comunque, c’è sempre la Befana).

Buona lettura!


LYDIA, L’ULTIMA DEGLI ESCHER di Lukas Hartmann, Armando Dado ed.:


Natale, tempo di Mitteleuropa. La principessa Sissi, le usanze chiaramente nordeuropee che a Roma fanno un attimo sorridere (gli abeti finto innevati con 15 gradi fuori dalla finestra), il Ciobar con la panna che fa tanto caffè viennese in our dreams e altre minuzie cospirano per condurre la mia mente verso libri da impero austroungarico.

 Quest’anno la palma spetta a “Lydia, l’ultima degli Escher” la biografia di una ricca ereditiera ottocentesca che, agli occhi di una donna contemporanea, grida vendetta.

 Cosa spinge la donna più ricca della svizzera, unica erede di un impero ferroviario, a non sfruttare la propria libertà, ma a sposare il tipico tizio che tuo padre non voleva sposassi e hai invece sposato letteralmente pochi giorni dopo la sua morte?

 La risposta dovrebbe essere: un grande amore. Ma non sembra essere così visto che poco dopo si è perdutamente innamorata di un pittore. Quindi boh, autosabotaggio? Di sicuro questo libro potrebbe contenere la risposta.

Ritratto di signora”, ma reale. Una biografia per tornare a quel periodo storico al limitare tra due mondi, come il nostro.



ROMA PITTRICE. Artiste al lavoro tra XVI e XIX secolo, a cura di Ilaria Marielli Mariani, Raffaella MorselliOfficina Libraria ed.:

Avete presente il tipico “regalo per un medico” che immancabile arriva come richiesta in libreria tutti gli anni?

 Ebbene, per quest’anno ho finalmente un consiglio convincente!

Ovviamente non è solo per un medico, è un regalo un po’ più importante per una persona “con cui fare bella figura” che, per inciso, potrebbe anche essere vostra madre.

Si tratta del catalogo della mostra “Roma pittrice” attualmente in svolgimento al Museo di Roma a, sì, Roma.

Non è “una mostra sulle pittrici donne” come se stessimo parlando di rarità floreali della Papua Nuova Guinea, ma una mostra estremamente ricca sulle artiste attive nella capitale tra ‘500 e ‘800.

Sono TANTISSIME. E dove stavano?

 Principalmente in collezioni private e nei magazzini delle opere non esposte di musei, pinacoteche e quant’altro. Quindi, insomma, come al solito non è che le donne prima del 1968 stavano chiuse in casa, semplicemente la memoria le ha occultate, perché ricordiamocelo car* miei, da un certo punto di vista la memoria è sempre un esercizio di potere.

Nel catalogo, bello corposo, troverete un interessante saggio introduttivo, le opere esposte e anche le biografie delle autrici, una vera chicca perché di molte allo stato attuale si sa molto poco e si è dovuto scartabellare negli archivi (suggerimento: storic* scartabellate un po’ di più) per trovare delle informazioni.

Regalatevelo, o fatevelo regalare. Ah, ovviamente non dimenticatevi dei medici, apprezzeranno.


OPS!ABBIAMO UN PROBLEMA di Jacob Grant, Lapis Edizioni:

Chiaro segno del mio invecchiamento: alcuni libri per bambin* mi commuovono.

 Io non ho nessun particolare trasporto per i libri per bambin* (neanche per i bambin* devo dire), ma ultimamente, vuoi che sto invecchiando un po’ pure io, vuoi che i figli e le figlie delle mie amiche mi stanno facendo riavvicinare involontariamente al mondo degli infanti, qualcosa sta cambiando.

Questo illustrato ne è la prova. 

 Si tratta della storia di un orso molto pignolo (che mi ricorda caratterialmente un po’ Dolcemetà) fissato con ordine e pulizia. 

 Un giorno si trasferisce in una nuova casa con la sua fida orsetta di pezza MA qualcosa non va e l’orso inizia a rovistare ovunque finché diventa chiaro che l’inflessibilità alla lunga può fare seri danni, anche alle persone a cui vogliamo più bene.

Un libro che forse dovrebbero leggere molti adulti.


SONTAG. UNA VITA di Moser Benjamin ed. Bur:

 Per troppi anni Susan Sontag è stata messa da parte. Ricordo che quando Dolcemetà scriveva la tesi, ci mettemmo davvero troppo a recuperare da qualche parte le sue “Note sul camp” e che dei suoi testi in generale, in circolo, non si trovava davvero nulla.

Finalmente, in nome dei corsi e ricorsi storici, Sontag sta tornando in libreria e questo Natale è uscita anche questa sua corposa biografia che attinge anche ai suoi archivi personali.

Il prezzo, come quello dei libri in generale, è veramente alto (32 euro), ma almeno sono 700 pagine quindi ciccia da leggere ce n’è.

Sì lo so: la carta, i diritti, i traduttori, i distributori. So benissimo che costa tutto. Ma non è che siccome lo so, il mio stipendio e quello di tutti gli altri sì alza, quindi se qua non si fa qualcosa i libri rimarranno sugli scaffali, pure quelli belli.

Intanto approfittate della tredicesima, vostra e degli altri, e fatevelo regalare.


QUANTO LONTANO SIAMO GIUNTI. Lettere alla madre di Sylvia Plath ed. Guanda:

Lessi questo libro una quindicina di anni fa, in una vecchissima edizione posseduta dalla biblioteca di Bergamo e all’epoca mi piacque tantissimo.

 Sono le lettere che Plath scrisse alla madre e che restituiscono assai più dei diari un’immagine reale della poetessa. I diari infatti sono stati manipolati, tagliati, aggiustati e dio solo sa che altro dal marito, Ted Hughes, che usò la scusa del “non voglio turbare i miei figli”. Il sospetto, visto il suicidio di Plath e della successiva compagna di Hughes, è che lui non facesse questa grandissima figura.

 Com’è e come non è, almeno queste lettere tra le sue grinfie non sono finite e sono vive, vivaci, dubbiose, arrabbiate, entusiaste, tristi.

 Sono lo spaccato di vita di una ragazza ricca di talento, con poche risorse economiche, tante aspirazioni e molte ansie per il futuro.  Lettere personali nel senso più completo del termine, che restituiscono un ritratto di persona reale e senza filtri.

Regalo idealissimo per grandi lettrici e grandi lettori.


IL CAPANNO DI ASH di Suzy Wang, Bao Publishing:

Suzy Wang è un’autrice che amo moltissimo. Ha quella capacità, estremamente difficile da coltivare e secondo me frutto di un talento naturale (con buona pace di chi pensa che la propensione naturale non esiste perché secondo me, invece, esiste eccome) per le sfumature. 

 Le sue graphic novel, dal tratto che ricorda i fumetti giapponesi old style e si rileggono con piacere più e più volte di seguito e ogni volta si scoprono particolari nuovi, considerazioni nuove, dettagli che a una prima occhiata erano sfuggiti.

Ash” è un libro bellissimo che racconta tante cose insieme senza nominarne esplicitamente nessuna.

È una cosa che apprezzo particolarmente nell’epoca dei “romanzi a tesi”: devo dimostrare una cosa e te la devo dimostrare così esplicitamente che devo dirtela a lettere cubitale e ripetertela 50 volte senza lasciarti immaginare o ragionare. La morte, insomma, dell’astrazione.

In questo libro invece si mescolano tante cose: riflessioni sull’identità di genere, ambientalismo, solitudine, interdipendenza dell’umanità con la natura e interdipendenza del singolo con la collettività. Ho amato in particolar modo quest’ultimo tema perché se c’è una cosa che sto iniziando a non sopportare più è la gente che inneggia allo starsene soli in casa con loro stessi perché tutti gli altri sono una delusione.

Posto che anche io evito volentieri tanta gente, è abbastanza ovvio che il rapporto con l’altro necessiti di fatica, impegno, gestione del conflitto e opinioni divergenti. Avere un rapporto con gli altri è faticoso, ma è anche indispensabile per vivere in modo più ricco la propria vita.

(E no, le esperienze di vita negative che abbiamo tutt* non mi faranno cambiare idea).

È questo un po’ il cuore di questo romanzo, dove un* ragazzin* che si sente poco compreso dai genitori che derubricano a “una fase” il suo bisogno di affermare la propria identità di genere, il suo ambientalismo e il rifiuto di alcune consuetudini viste come segno di maturità (la patente) decide di partire alla ricerca del capanno nel bosco del nonno defunto.

Lui sa che questo mitico capanno esiste tra le montagne boscose attorno al vecchio ranch di famiglia e si attrezza per ritrovarlo durante le vacanze estive dagli zii. Riuscirà nel suo intento e partirà per lui un periodo di solitudine selvaggia assieme al suo amato cane, in una profonda connessione con la natura.

Sembrerebbe il paradiso, invece con sua enorme sorpresa scoprirà che l’essere umano è, fino in fondo, un animale sociale e l’isolamento non salva noi stess* e neanche il pianeta.

Bellissimo. Consigliato dai 10 ai 110 anni.


IL RICETTARIO DEI FRATELLI GRIMM di Robert Tuesley Anderson, Guido Tommasi Editore:

 In un mondo in cui è sempre estate, mi sono appassionata a un trend di Instagram in cui si propongono le ricette dei romanzi fantasy d’impianto medievale.

 

 Dato che nell’idea del medioevo è sempre inverno, è tutto un tripudio di salse, stinchi di maiale grassi che più grassi non si può, contorni di mele bagnate nella sugna, alcolici ricolmi di erbe aromatiche e torte frollose che possono essere ripiene di mele speziate o maiale frollato chi lo sa.

 Ho il sospetto che siano piatti più belli a vedersi che buoni a mangiarsi, ma quando se non a Natale è bello navigare nell’eccesso alimentare?

Il ricettario dei fratelli Grimm” propone ricette ispirate e nominate nelle fiabe dei fratelli tedeschi che, andando a memoria, non pasteggiavano a pasta con le vongole.

 Sì, certo, nelle fiabe si mangiavano anche bambini, ma ho idea che ci troveremo davanti a una versione woke. Maledetto politicamente corretto che occulta il sano cannibalismo.


LA MINACCIA COLOR LAVANDA di Irene Villa ed. Ets:

 Quanti libri Lgbt ci sono in giro (finalmente) da qualche anno a questa parte? Tanti davvero tanti.

Quanti di questi libri, effettivamente si occupano della prima lettera dell’acronimo alias la L alias le lesbiche e il lesbismo in generale? Pochi davvero pochi.

 È ancora, se non difficile sicuramente più raro, trovare fumetti, romanzi e saggi che raccontino e parlino del lesbismo, di fatto confermando uno dei più grossi problemi della comunità che noi lesbiche letteralmente ci portiamo in ogni dove: l’invisibilità.

 Questo libro di Irene Villa, frutto della sua ricerca di dottorato a Verona, parla del lesbismo nella teoria femminista e nel mondo queer. Finalmente un contributo teorico serio, ragionato, contemporaneo e, posso assicurarvi, molto scorrevole da leggere sul lesbismo.

 Se infatti prima avevamo solo il problema dell’invisibilità, adesso abbiamo anche il problema della sineddoche, quella simpatica forma retorica per cui si nomina una parte e si intende il tutto.

Ossia si pensa che alcune derive terf appartengano a tutte e non solo ad alcune.

Quindi bene che finalmente vengano pubblicati nuovi studi che portino aria fresca, nuove voci, un più variegato pensiero critico e mostrino che siamo esattamente come tutti gli esseri umani: pensiamo e ragioniamo in modo diverso anche condividendo uno stesso orientamento sessuale.


STORIE FALSE di Michel Pretalli e Giovanni Zagni, Mimesis ed.:

La storia è maestra?

Mica tanto. Come ci insegna essa stessa, in un’interessante contraddizione, come umanità abbiamo una certa coazione a ripetere gli stessi errori.

 Le fake news, le bufale, le truffe, la ciarlataneria e qualsiasi declinazione possibile del tema e del termine ci inseguono sin dagli albori della storia e ciclicamente, con una facilità impressionante, ci cadiamo. O almeno ci cade una buona parte della popolazione con rischi che vanno da una personale perdita di denaro a una guerra mondiale con milioni di morti.

Storie false” mette insieme alcune delle bufale più conosciute, alcune in grado di cambiare (sempre in peggio, non vi preoccupate) il corso della storia.

Del resto, a giudicare dalle immagini AI che girano su fb in cui teneri agricoltori, bambini con torte e vecchine adorabili chiedono di essere solo salutati perché “nessuno lo fa”, scatenando selve di commenti entusiasti, è già un miracolo che la società non sia ancora collassata.

Pare sia un libro divertente. Immagino che potremmo rientrare nel black humor.

Da regalare al parente complottaro, per non vederlo mai più a pranzo di Natale.

giovedì 12 dicembre 2024

La versione di padre parte II. Una seconda recensione in onore della fine de"L'amica geniale"!

 Premessa. Questa è la seconda recensione scritta da mio padre di persona personalmente ed è anche la seconda su "L'amica geniale".

 Potete trovare qui la prima, che vi consiglio di leggere o rileggere prima di dedicarvi a questa: "L'amica geniale. La versione di padre".

 Ci teneva particolarmente a scriverla e condividerla, e secondo me è la prima persona che conosco (e non lo dico perché è mio padre) ad avere una teoria convincente sulla questione delle bambole.

 Ovviamente siccome è un sognatore, fantastica che Elena Ferrante lo contatti e sognare non costa niente. Buona lettura!


Cari lettori e lettrici,

"L'amica geniale" è giunta al termine, io aggiungerei "finalmente".

Sì, perché l'ultima serie è stata parecchio stiracchiata, probabilmente sarebbero bastate una o due puntate al massimo per concludere questa tetralogia. Personalmente avrei concluso con il finale della terza serie.

Dopo quanto visto, resto del parere ancor più rafforzato della mia prima recensione.

 Di geniale in questa serie c'è che l'amica geniale non esiste e l'ultimo abbraccio tra le amiche, non a caso vestite una di bianco, Lenù, e l'altra di nero, Lila, sta lì a rappresentare due facce della stessa medaglia.

 Il nero è il quartiere, la povertà, le amicizie umili e discutibili mentre il bianco è la laurea, la carriera, il nuovo che prepotentemente chiede di affermarsi. E' tutto qui.

 In ultimo assistiamo alla riappacificazione con sé stessa, rappresentata dalle due bambole unite.

Cerco di spiegare la storia delle bambole riunite. Elena ha ben chiaro, sin da bambina, il percorso della sua vita, pertanto si separa dalle bambole. 

 Le bambole rappresentano i due lati della sua personalità: quello che Lenù non vuole essere, ossia quel lato che per affermarsi ha bisogno dell'humus del quartiere, e l'altro lato, quello che sente la necessità, credendo nelle sue capacità, di affrancarsi dalle radici e andare incontro ad una nuova vita consapevole delle sue doti.

Quando finalmente questo avviene, le bambole si riuniscono in un'unica personalità.

Tralascio le considerazioni sociologiche di quegli anni: la povertà, il degrado, la delinquenza, la condizione femminile, il terrorismo ecc., materie per sociologi e studiosi.

 Lancerei invece una provocazione: e se Lenù fosse Elena Ferante di cui poco sappiamo?

Per età, conoscenza dei luoghi, per tanti dettagli sono portato a pensare che se non è Lenù, sicuramente fa parte della storia.

mercoledì 7 agosto 2024

Buone vacanze!

 E anche quest'anno, un po' più tardi del solito, questo momento è arrivato!

Buone vacanze!



martedì 30 luglio 2024

Le hit dell'estate 2024! Canzoni tra romanocentrismo, borghesia, smart working sofferto, jingle che non lo sono, canzoni del boom economico e da salid

Lo scorso anno, complice un lavoro in cui ascoltavo a lungo la radio (i podcast dopo un po' mi causano mal di testa), avevo prodotto un paio di post sulle canzoni dell'estate.

 Da vera italiana media avevo pure apprezzato il tormentone ufficiale, "Italodisco" dei The Kolors, sebbene bisognasse pescarlo in un'insostenibile selva trap.

 Quest'anno sono tornata ad ascoltare la radio per l'estate (ho l'ascolto stagionale) e sono di nuovo nel gorgo delle hit estive. Il cambiamento più significativo è la presenza di un numero maggiori di cantanti donne (ma era difficile fare peggio dello scorso anno quando erano tipo 3) e in effetti passano un po' meno trap.

 Per il resto però siamo ancora nel nazionalismo canoro e ci sono pochissime canzoni straniere. Non mi pare inoltre di ravvisare nessun particolare capolavoro, ma tanto "Portiamo a casa il risultato", ma soprattutto il malloppo.

 Vediamo se prima dell'estate esce la canzone del secolo.

OVERDOSE DI AMORE di Zucchero e Salmo:

Esistono cover che non dovrebbero esistere e questa è una di quelle.

 Salmo trasforma una vecchia hit di Zucchero (che ammetto, già di suo non mi piaceva) in una canzone da discoteca che non ce la fa. 

 Il risultato di questo forzatissimo ripescaggio ha qualcosa di disturbante, come se qualcuno avesse messo musica disco ad una serata di ballo di liscio confondendo gli avventori del centro anziani (è un'immagine molto precisa, ma è l'unica che mi viene in mente).

 Evitabilissima.

MEZZO ROTTO di Alessandra Amoroso e Big Mama:

 Confesso di aver scoperto che la canzone racconta di un lesbodramma solo cercando il testo per questo post. 

 L'unica cosa che era rimasta nella mia mente mentre la ascoltavo era l'ikonika frase "Dove vai questa notte sei tutta cromata". Ed effettivamente i riferimenti motociclistici dovevano insospettirmi.

 Il fatto è che a me Alessandra Amoroso non piace, o meglio, non piacciono le voci nasali e infatti non amo nemmeno Eros Ramazzotti. Quindi qualsiasi cosa canti, il mio cervello non lo assimila.

 BigMama migliora un po' la situazione, ma quell'unz unz forzatissimo boh, perchè?

 Il fatto che abbia visto la Amoroso in un paio di performance di Battiti Live cantare vestita come se fosse pronta per la prima alla Scala rende ancor meno coerente tutto l'insieme. Boh.

SESSO E SAMBA di Tony Effe e Gaia:

 L'anno scorso Tony Effe ed Emma con "Taxi sulla luna" vincevano la palma per la canzone più inquietante e sessista dell'estate, (anche se Emma nel ritornello non se n'era accorta e faceva la romantica). 

Quest'anno Tony cerca di rilanciare Gaia che aveva fatto qualche bella canzone appena uscita da Amici, molto raffinata e poi puff era sparita.

 Torna in questa versione Chica Mala che sembra tipo la naja obbligatoria per le cantanti donne (prima o poi un anno te tocca), ma almeno, al contrario di Emma sembra aver letto il testo della canzone che canta Tony e non solo il ritornello.

 Quindi diciamo che Tony appare su una sorta di percorso di redenzione e a parte qualche smania di possesso che speriamo sparisca prima della prossima estate ("nessuno può farti i complimenti") canta una storia d'amore (o quel che è) ai tempi della trap.

 Lei è bella, stupenda, un po' cattiva ragazza. Lui la copre di gioielli e le immancabili borsette (regà ma qualcuno mi spiega il fascino delle borsette? Io non l'ho mai capito, io soffro quando devo cambiarla perché devo trovarne un'altra comoda e che mi piaccia al tempo stesso, come può essere un piacere comprarle??).

 A una certa lei vuole un figlio, ma lui la molla con la frase più romanocentrica mai sentita in una canzone: "Vengo da Roma centro, è pazza del mio accento, Vuole un figlio con me solo per farlo ricco e bello, Sto contando milioni, mi dispiace, non ho tempo".

'Ste vibes da Parioli anche meno. 

SEXY SHOP di Emis Killa e Fedez:

Chissà cosa sarà di Fedez quando anche per lui la parabola della celebrità ai massimi livelli possibili calerà inevitabilmente. Non so se vogliamo saperlo onestamente.

 "Sexy shop", duetto a cui si è prestato Emis Killa (non si sa bene perché), probabilmente era ai suoi occhi una revenge song che Shakira te dico fermete.

 Il problema è che una revenge song funziona se l'altra persona ti ha fatto una carognata plateale, non se si tratta di un matrimonio allo sfascio in tempi rapidissimi per questioni mezze legali mezze che non si capiscono (e saranno ben cavoli loro). Insomma, ha un senso se è un vendetta non una ripicca.

 Lui la accusa di averla vista sfiorire, di averlo voluto cambiare, ma ovviamente come nei migliori status di fb: "Dici che sono un bastardo, ma per te io non cambio". 

Il dubbio è che sia stata lei a non voler cambiare per lui. 

Il dubbio ulteriore è che sostanzialmente non freghi molto a nessuno e che a sfiorire siano stati un po' entrambi trascinandosi dietro tutto il codazzo di epigoni ig dietro che adesso tentano di mostrare un'anima e non solo uno stile di vita da miliardari.

PEYOTE degli Articolo 31 ft Fabri Fibra e Rocco Hunt:

Confesso questa cosa. Non faccio che ascoltare l'ultimo album degli Articolo 31 (che mi piace tantissimo), scoperto casualmente dopo che qualcuno mi ha informato che all'inizio di una delle canzoni, "Libertario surf",  c'è un pezzo di un famoso discorso di Elly Schlein.

 L'album non solo è Articolo 31 stile anni 2000 pieno, ma in almeno metà delle canzoni J-Ax urla con rabbia delle frasi che avrei potuto e avrei voluto scrivere io.

 "Peyote" è forse la prima canzone in cui 3 cantanti si mettono assieme a non farmi venire voglia di lanciare la radio direttamente nel Tirreno.

 Certo, è una prevedibile canzone di droghe che però hanno il nome di donna e allora sembrano donne potrebbero essere donne e invece sono droga. 

Tuttavia sprigiona estate e va bene così.

MELODRAMA di Angelina Mango:

 Tutte le volte che sento una canzone di Angelina Mango mi viene in mente un solo aggettivo: strano.

 Non è, come potrebbe sembrare, un pensiero negativo. Nel senso che strano in questo caso è sintomo di originalità, di qualcosa che ERA ORA sembra nuovo e non trito e ritrito e stratrito.

 A me "Melodrama" è piaciuto subito: tanti cambi di ritmo, testo complesso, musica insolita.

 Inoltre le va dato atto di non essersi messa a fare la vocalist di ritornelli estivi per trapper, trappola in cui sono cadute cantanti più navigate di lei.

 Non è quel che definirei una hit estiva, ma finalmente qualcuno ha evitato LA NOIA.

STORIE BREVI di Tananai e Annalisa (FILONE CANZONI SIMILBOOM ECONOMICO):


 Intendiamoci, apprezzo sempre un testo in cui qualcuno accusa il prossimo di essere "un po' finto borghese",
ma "Storie brevi" di Tananai e Annalisa mi sembra la canzone effetto vintage ormai immancabile nelle estati italiche.

 Motivetti o melodie che ci ricordano in qualche modo tempi andati, preferibilmente il boom economico, la dive con soprannomi animali+paese lombardo (aquile di Ligonchio e via discorrendo), estati sulla riviera romagnola, indimenticabili film al cinema, spumoni e un po' tutta l'estetica del periodo che in qualche modo c'ha rovinato per sempre perché l'età dell'oro è passata e noi l'abbiamo mancata di un soffio.

 Ecco, dopo anni di saccheggio di Talkagi&Ketra, The Kolors e Fedez, quest'anno tocca a loro, ma insomma da Annalisa ci si aspetta di più una canzoncina di un farlocco tempo che fu.

 Carina, ma si doveva fare di meglio, queste robette durano un'estate in cima alla classifica e nulla più.

"KARMA" dei THE KOLORS:

Ho scoperto guardando una sera Battiti live che quella dei The Kolors è una canzone e non un jingle pubblicitario. 

Bene ma non benissimo, come si diceva una volta.

30 GRADI di ANNA:

Pare che questa Anna sia la star dei ragazzin3 di questa estate.

E con questa affermazione sono pronta a entrare direttamente al centro anziani senza passare per il via.

La canzone rivendica sostanzialmente uno smart working vissuto male. Mentre gli altri e le altre se ne stanno in spiaggia, lei è costretta a stare a casa a scrivere hit. Il tutto con una temperatura esterna di 30 gradi.

 Anna MAMMAGARI 30 gradi. Questo titolo poteva reggere prima del 2000, adesso la gente fuori schianta con 40 gradi e fidati che stai molto meglio in casa te con l'aria condizionata a scrivere 'sta hit.

ESTATE 80 dei BNKR44:

A Sanremo trasudavano provincia e mi avevano fatto simpatia. Questa specie di canzoncina estiva invece potrebbe essere definita: la via più semplice.

 Cantano più o meno come dei trapper e usano come base il refrain di "Figli delle stelle", quindi tutti gli ingredienti per finire in radio e non nel dimenticatoio post Sanremo.

 Ma quell'eccentricità provinciale che pareva aver intravisto in loro sembra del tutto scomparsa e insomma, non sempre le vie più facili sono quelle più giuste.

 Peccato.

MALAVITA dei Comacose:

L'ho scoperta in realtà su Spotify che me la proponeva al termine del per me assoluto tormentone "Discoteche abbandonate" di Max Pezzali (che avrebbe meritato molto di più, ma come tutto quello che riguarda la generazione X è caduto nel dimenticatoio in breve tempo).

 In preda, pensavo, a qualche allucinazione sonora, mi ricordava un po' De André. 

 Alcuni passaggi sono scritti talmente bene per i tempi che corrono da dare l'impressione che si tratti tutto di un grande equivoco e che sia una cover rimodernata dei bei tempi andati. Invece no.

 Invece a quanto pare si possono ancora scrivere canzoni belle e cantarle bene (lei almeno ha secondo me una voce bellissima, lui spero che impari a chiudere le E prima o poi). Leggere per credere:

"Viola di campo non sarà l'ennesimaBocca di vino color di quaresimaChe dovrà vendere cara la pelleAd un cattivo mercante di stelleSotto ad una lunaChe sembra una monetaUn tirapugni d'argentoSopra ad un guanto di seta"

CANZONI INGLESI DA SALDI:

Quest'anno le radio tentano di tornare verso inizio anni 2000 e di passare qualche canzone inglese, con scarso successo.

 C'è chi dà la colpa al provincialismo italico che ci fa preferire Gabbani a Harry Stiles, ma forse dovremmo ammettere che quello che passa il convento è davvero misero. 

 Le canzoni estive inglesi le chiamo ormai "canzoni da saldi". Canzoncine buone come sottofondo nei negozi di abbigliamento mentre cerchi di capire perché hanno deciso di rovinare una camicetta con balze, paillettes e protuberanze non richieste e scomode.

 Ti danno fastidio mentre cerchi di concentrarti e fondamentalmente sembrano tutte uguali.

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