In questi ultimi tre-quattro anni in cui ho tralasciato un po' il blog, ho ovviamente letto molti libri, anche se meno di quelli che avrei voluto.
Lo studio si è preso tanto spazio, anche troppo, e non per mia volontà. Vorrei dire che sono una persona a cui piace studiare, ma in effetti non lo sono più. Sono in quella fase della vita in cui vorrei leggere solo quello che desidero e smetterla di stare sui libri, ma i parametri per le professioni culturali non sono d'accordo con me.Certo, forse se ai parametri richiesti corrispondesse uno stipendio adeguato, me ne farei una ragione, ma no, sto iniziando a convincermi che l'Italia non ama chi studia e cerca di punirlo in qualsiasi modo.
Era una verità a cui era già arrivato brillantemente Sidney Sibilia col suo "Smetto quando voglio" mostrando laureati vari ed eventuali alle prese con vite precarie, vessazioni, povertà e umiliazioni. Ecco, quella non è una trilogia, ma un documentario e lo dico con un'amarezza che mi spiace trasmettervi.
Nella mia prossima vita, farò un concorso pubblico basic a 20 anni e dormirò sogni beati sebbene poco retribuiti (ma almeno mi risparmio anni di tasse e notti insonni).
Volevo risparmiarvi questa intro, ma macino sconforto ormai da mesi e almeno qui ho pensato di potermi sfogare. Magari a furia di tediare il prossimo, il mondo mi apparirà migliore in questo foschissimo 2025.
Comunque, dato che la mia fuga da ig e fb, riparte anche qua dal blog, sappiate che arriveranno ciuffi di recensioni di libri che ho letto e di cui non ho mai parlato.
Forza che recuperiamo tutto!
LA REPUTAZIONE di Ilaria Gaspari, ed Guanda:
A Roma, l'ho scoperto dopo aver letto questo libro, c'era negli anni '90 una curiosa leggenda metropolitana.
Si raccontava infatti che nei camerini di un negozio di vestiario del centro per ragazzine, ci fosse una botola. Chi entrava lì dentro per provarsi una maglietta finiva dritta dritta dentro alla trappola e veniva rapita per essere avviata alla tratta delle bianche.
Da questa suggestione (che ora coi social non voglio manco immaginare che piega prenderebbe), Gaspari costruisce un romanzo che avrebbe forse anche potuto intitolarsi "La calunnia" (questo è un post dove do suggerimenti non richiesti sui titoli dei libri).
La protagonista è un po' insolita (finalmente) nel panorama delle protagoniste femminili italiche: Barbara è una studentessa non molto diligente, con le idee poco chiare per il futuro e fondamentalmente con uno spirito sfaccendato.Dovendo mantenersi, dato che non riesce a completare la sua laurea in filosofia, inizia a lavorare in una boutique per signore e ragazzine di Roma Nord (ossia di buona famiglia, tanto cash e anche un po' altezzose, regà è un riassunto non inviperitevi).
La gestisce un personaggio eccentrico e debordante, la bella e svagata Marie France, che porta avanti l'attività assieme ad altre due commesse.
Il romanzo è occupato quasi interamente da questa figura che giganteggia, ammalia, fa, disfa e dissemina misteri, come la misteriosa figlia che nessuno ha mai visto.
Ma proprio quando il lettore si è convinto che si tratti della storia di una dandy d'altri tempi, irrompe la calunnia.
Una ragazzina, con contorni che ricordano un po' il caso di Manuela Orlandi (una vera ossessione qua nella capitale), scompare e la calunnia inizia a correre: e se c'entrassero Marie-France e la sua boutique?
Non vi dico ovviamente come finisce. Una scrittura molto corposa, ricca, visiva, che si prende tutto il suo tempo per descrivere ogni dettaglio. Consigliato a tutt* tranne ai minimalisti.
I NUOVI LIBRI DEL COMMISSARIO RICCIARDI di Maurizio De Giovanni, Einaudi:
Nel tempo che ci ho messo a ricominciare a scrivere qua sul blog, Ricciardi è ormai tornato da circa tre libri.
De Giovanni ha dunque riaperto la serie del suo commissario (che io avevo ipotizzato avesse chiuso perché un uomo che vede i morti di morte violenta e la seconda guerra mondiale rischiano di essere una combinazione inaffrontabile) con un piglio da una parte più angosciante, da un'altra più fotoromanzesco.
Avevo pensato che avrebbe riaperto il filone usando la figlioletta Marta come protagonista.
Una venti-trentenne che indaga nel pieno del '68. Ci stava, anzi, De Giovanni se mi leggi (non sono una mitomane, è accaduto e ha persino commentato), pensaci che secondo me non è una cattiva idea!
Invece la storia ricomincia a circa cinque anni dalla morte della povera Enrica.
Ricciardi è un vedovo inconsolabile che si prende cura della figlia, assieme alla contessa di Roccaspina e ai nonni materni. Un'ombra però si è ormai stesa sull'Europa, le leggi razziali sono prossime e molti personaggi iniziano a posizionarsi di conseguenza. I figli di Maione si scoprono fascisti, con costernazione del padre, e altri, come l'untuoso Garzo, si trovano braccati e devono mettere in salvo la famiglia.
Colpo di scena, anche Ricciardi non è immune da questa crudele caccia all'uomo perché si scopre che il padre di Enrica è di lontane origini ebraiche, cosa mette in pericolo tutta la famiglia, compresa Marta.
Il commissario continua a indagare, Bambinella se la vede brutta, Marta ha ereditato qualche super potere paterno in effetti, ma un po' diverso e in realtà, in modo inaspettato, dopo il ritorno forzato in Cilento, la famiglia Ricciardi si allarga.
In tutto questo purtroppo Livia è viva, vegeta e invece di starsene al sicuro, cortaggiata e canterina in Sudamerica, decide inopinatamente di tornare alla vigilia dello scoppio della guerra perché una stalker è per sempre.
Devo dire che l'ultimo, "Volver", malgrado sciolga qualche nodo e spieghi un po' meglio il passato del commissario, ha davvero qualche contorno da telenovela turca.
Ma è anche vero che a me come scrive De Giovanni piace troppo, sono ore di puro relax, di lettura felice e perdono tutto, anche la commedia dell'agnizione.
I FIGLI DEGLI UOMINI di P. D. James:
Nel luccicante 2006, (ma secondo voi i primi anni 2000 mi appaiono ora meravigliosi perché ero più giovane o in effetti il mondo era migliore? Io tenderei alla seconda) uscì il film "I figli degli uomini", (cho scoperto scrivendo questo post essere di Alfonso Cuaròn) che all'epoca mi colpì molto, mi stupì molto, ma fummo in tre gatti a vedere.
Racconta di un futuro in cui non nascono più bambini e quindi la società si sta sfaldando, condotta a una decadenza inquietante.Non è, intendiamoci, che non nascono per scelta. Gli esseri umani non sono improvvisamente childfree, semplicemente, di punto in bianco, uomini e donne sono diventati sterili.
La storia inizia quando gli ultimi nati hanno circa 20 anni. Sono una generazione nichilista, viziata e anche violenta. Da una parte infatti sono stati vezzeggiati e coccolati in ogni modo e dall'altra sono consci della loro rarità e preziosità e anche di essere gli ultimi eredi del mondo.
Nel film Theo, è un ex attivista politico, che viene coinvolto dalla sua ex moglieJulian (ancora attivista) nel salvataggio di Kee, una giovane donna incinta, la prima da vent'anni. L'idea è portarla in salvo presso un misterioso gruppo di attivisti che si muove su una barca in mezzo al mare (una sorta di incrocio tra Greenpeace e una ONG).
Il film aveva alcuni pezzi interessanti, ma poi come molta fantascienza, adesso è rovinato irrimediabilmente dal fatto che molta gente crede che le teorie del complotto che funzionano molto bene nei libri di fantasia, siano realtà. Se la realtà diventa distopica, per dirla meglio, la distopia diventa meno interessante.
La cosa che mi colpì di più all'epoca fu comunque il fatto che il protagonista a un certo punto ha l'infelice idea di mettersi in infradito e scappa così per metà pellicola facendosi un male molto percettibile tra gli spettatori.
Scoprii già ai tempi che era tratto da un libro omonimo che però è sempre stato abbastanza introvabile. Siccome le vie dei libri sono infinite, lo scorso anno l'ho reperito al bookcrossing del mercato coperto dove vado a comprare le verdure.
Il libro, per circa la metà, è anche molto meglio del film. Ci sono delle frasi illuminanti, profetiche e contemporanee che rendono anche chiaro come l'autrice avesse un intento fantascientifico, ma con forti venature di critiche sociale.
Ci sono delle cose letteralmente profetiche, come il trattamento riservato agli immigrati (ha senso catturare, rinchiudere e rimpatriare in un mondo che morendo, tipo il nostro?) e anche una parte di dualismo politico che nel film non c'è.
Se nel film tutta la storia ruota attorno a Theo e al gruppo terroristico capeggiato dall'ex moglie, nel libro è presente il personaggio del cugino Nigel, una sorta di premier plenipotenziario quasi dittatore. proponendo un dualismo interessante dei due modi di affrontare una catastrofe: la rassegnazione e il delirio di onnipotenza.
Purtroppo il romanzo si incarta un po' sul finale e posso anche capire perché Cuaròn abbia preferito fargli prendere la deriva complottara e anche un po' più speranzosa.
Se lo trovate vale la pena. Piccolo appunto: avrebbe avuto molto più senso per una serie di motivi chiamarlo "I figli delle donne".
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