mercoledì 30 novembre 2016

Consigli per il Natale 2016 parte II. Cosa regalare al lettore fuffa? Saggi nostalgici, cibo essenziale, torte fluffose, la hygge danese e parecchia nostalgia.

E' il 30 novembre.

Da domani si comincia!
 Non riesco a capire perché l'estate, che, ferie a parte, non sopporto visto che in città non fai altro che crepare di caldo, vedertela coi negozi chiusi e soffrire d'insonnia a causa delle zanzare, sembri invece durare un'eternità.

L'autunno purtroppo sta volgendo davvero alla fine con mio enorme disappunto.

 Sigh e strasigh.

 In ogni caso, non sono una fan del Natale precoce, tuttavia è giunta l'ora di iniziare i post dei consigli per i regali, anche perché, come ben sapete, ho sempre tanti buoni propositi e poi rischio di essere lentissima e di lesinare perle.

 Perciò comincerò con la prima infornata, quella dei consigli mainstream. 
 Tutti abbiamo quei parenti, amici, colleghi a cui però dobbiamo un favore, che sono diciamo dei lettori fuffa.

 Chi è il lettore fuffa?
 E' quell'incomprensibile (per me) esemplare di lettore che legge anche tanto, ma solo ed esclusivamente libri in voga.

Ben lungi dall'avere un gusto personale, si avventa solo sugli autori più letti e generalmente dopo un numero rilevante di loro visite al primo posto della classifica (non basta arrivarci una volta, devi provare che vali), sui romanzi di cui sta per uscire o è uscito un film di successo (o una fiction), sui rari saggi di cui tutti, ma proprio tutti, compresa la tv, parlano e su qualsiasi fuffata sia di moda al momento.


 Ovviamente ognuno ne conosce almeno un esemplare: mimetici e tenaci, generalmente anche mediamente sempre molto più acculturati delle masse che non leggono manco il volantino della spesa, come le piante infestanti, essi sorgono nel parco amicizie di ognuno di noi.

 La cosa positiva è che è molto facile trovare qualcosa da regalargli. L'unica difficoltà sta in quella fatidica domanda: "L'avrà già letto?" e vi assicuro che è lecita.

  Il cliente fuffa necessità infatti di sempre nuova carne fresca, perché forse avrà poca fantasia, ma divora nello stesso istante in cui vede la luce, qualsiasi novità modaiola.
 Per stupirlo e non disgustarlo serve quel tocco che solo chi se li ritrova davanti tutti i giorni, può avere. 
 Perciò, seguitemi!


IL NOSTALGICO:

 Il cliente fuffa nostalgico ha generalmente sui cinquanta, sessant'anni. 

Esso ha visto un'Italia se non migliore, di certo meno incattivita e nevrotica oppure crede di averla vista.

 Magari gli anni '70 o '80 sono stati i più angoscianti della sua esistenza, ma la patina della nostalgia ha lucidato tutto a dovere e tutto quello che ricorda è il profumo delle tagliatelle di sua madre, i viaggi in motorino senza casco sulla riva del mare e il primo amore che chissà che fine ha fatto.

 Per il cliente nostalgico questo natale la libreria ha ben due possibilità: la prima è "1960. Il migliore anno della nostra vita" di Alfio Caruso ed. Longanesi.

 Se noi siamo qui nella perenne angoscia della prossima catastrofica votazione a livello mondiale (chi voterà il prossimo discutibile figuro? Quale muro ergeremo domani?) e non riusciamo a vedere la fine di una crisi economica che pare eterna e ormai ci ha portato a un clima di sottile odio sociale, il 1960 pare fosse l'anno di un ottimismo che non potremmo immaginare neanche nei nostri sogni migliori.


Il libro è un distillato di spirito nazionale ottimista: Pil nazionale al +8% (da quando capisco cos'è il Pil non credo sia mai stato sopra il +1%), le olimpiadi a Roma con medaglie da sogno come quella di Livio Berruti, la Dolce Vita, Fellini, i film in bianco e nero, il primo vero sospiro di sollievo e aria frizzante post guerra.
 Insomma, un effetto che manco una puntata di uno show di Paolo Limiti.

 Sullo stesso filone si colloca un bell'illustrato de il Mulino "I migliori oggetti della nostra vita" di Marta Boneschi. 

 Ogni capitolo corrisponde ad un oggetto che ha portato un forte cambiamento di costume nella società del '900.

 E' interessante come cose come gli antibiotici, la macchina da cucire o da scrivere rimandino immediatamente a un immaginario vecchissimo, robe come il cellulare sembrino a sensazione una ragazzinata e si provi istintiva simpatia per la pillola, la lavatrice e la vespa, simboli di un'Italia ricordata (non necessariamente stata) felice e autentica.

  E soprattutto lucidata ad hoc dall'effetto nostalgia.

IL MODAIOLO:

 Vi ricordate  (se avete meno di 25 anni la vedo dura, ma googlatelo), quell'estate in cui tutto non potevamo fare a meno dei braccialetti tibetani? 

 Ne vendevano a secchi sulle spiagge e una mia amica aveva collezionato non meno di cinquanta colori differenti.

 Ebbene, anche in libreria arrivano queste febbri che rendono folli le masse senza un motivo spiegabile. 



Prima venne "Il manuale di pulizie del monaco buddista", poi i libri per rilassarsi colorando, poi "Il magico potere del riordino" di Marie Kondo e infine l'incomprensibile affondo del metodo norvegese per accatastare la legna!

 Ora posso dirvi quale sarà il delirio dei prossimi mesi: la Hygge.

 Cos'è? 
 E' il concetto della coccolosità e dei piccoli piaceri della vita quotidiana in salsa danese.

  Si tratta di piccole azioni che però dovrebbero generare una grande felicità, come mangiare biscotti in compagnia o mettere delle candele carine sul tavolo della cena con gli amici, dividersi una nuova torta cucinata la mattina, attaccare una decorazione carina alle pareti tutti insieme o un pic nic al parco con la tua famiglia.

 La particolarità è che questi piccoli piaceri devono essere consapevolmente limitati nel tempo. 

 La Hygge ha senso solo se è un fugace momento di felicità.

 E' appena uscito un libro della Sperling (che però devo dire ha una copertina poco Hygge e un po' tristarella), "Hygge" di Louisa Thomsen Brits, mentre è prevista per l'anno nuovo (peccato, a Natale era perfect), la traduzione di "Hygge" di Marie Tourell Soderberg.

 Che comunque potete sempre regalare all'amico lettore fuffa, inglese ablante.

Ps. Tiratevela e ricordate al soggetto del vostro regalo che non è inglese e che si pronuncia UGGA.


CUCIN CUCINA:

 Nonostante le diete e nonostante la cosa che mi attira di più sia in realtà un meraviglioso libro sulle lasagne ("Dietro la lasagna") dovete acchiappare il vostro cliente fuffa, quindi non fatevi distrarre da cose sugnose e cioccolatose.

Scommetto che avete già fame, eh?
Il cliente fuffa vuole cose alla moda e ve lo dico, adesso di moda in cucina c'è una roba tristissima: il cibo sano ai limiti dell'umana sopportazione.

Altro che trionfi di costolette ricoperte di sugna, peperoni ripieni e torri di polpette, ora va il cibo basic.

 Ricette con tre o quattro ingredienti, composte nel modo meno pomposo possibile e con procedimenti il meno complicati immaginabili.

 Un sogno? No, un trionfo di semi, frutta mischiata a verdura (per me, personalmente, un abominio dai tempi dell'insalata con l'ananas di mia zia), olio a crudo, carne alla griglia (poca) e cruditè in abbondanza.

 Pure le copertine ti fanno passare la voglia di mangiare, ma vabbeh, ora si è essenziali.

 Due titoli di consiglio: "Good Food" di Csaba Dalla Zorza, Guido Tommasi Editore e "Superfood" di Jamie Oliver  ed Tea, che a quanto pare si è stancato dello stinco di maiale inondato di salsa ed è passato a più dietetici consigli.

 Se sapete che invece l'amico modaiolo se magnerebbe pure la nonna condita con la nutella, allora avete un'alternativa: la fluffosa.

 Cos'è la fluffosa? Una torta diventata concept. 

 Si tratta di un particolare tipo di torta che tende ad alzarsi tantissimo e ad essere supermegasoffice (in America la chiamano chiffon cake).

Vi avviso che la confezione è gigantesca, quindi se dovete
viaggiare è un filino scomoda
 Oltre ad essere bella a vedersi in effetti, viene attribuito lei il potere di rendere soffici e comfortable i pomeriggi un po' tristi e di catalizzare l'allegria di un gruppo di amici che si riunisce nel gelo invernale e ne approfitta per ingozzarsi di dolci e the.

 La furbata fluffata è che per Natale è stata sfornata un'edizione speciale gigantesca nella quale oltre al libro "Le fluffose" di Monica Zacchia ed. IFood è contenuto anche lo stampo per la torta che in Italia, se ho ben capito, è abbastanza complicato da trovare.

 Visto il prezzo (39,00), dovete proprio tenerci al vostro amico lettore fuffa. Ma chissà, magari è vostro marito o vostro figlio o vostra sorella, non metto limiti alla provvidenza.

Ps. Per l'amico veg è prevista un'altra sessione di consigli prossima futura.

E voi?? Avete un amico lettore fuffa? Raccontate la vostra inquietante esperienza!


lunedì 28 novembre 2016

E' un uccello? E' un aereo? Macchè, è un Papa! Da "The young Pope" alla narrativa, 6 storie letterarie di Papi fantascientifici, tra robot, catastrofi nucleari, amanuensi ed LSD.

 Il fidanzato della mia sorella di mezzo, come molti italiani, ha Sky.

 Io non possiedo l'abbonamento e francamente, guardando pochissima tv, non ne ho mai sentito la grande necessità, finché, l'ultima volta che sono scesa a casa mia, egli ha avuto l'improvvida idea di farmi vedere la prima puntata di "The young Pope".

 La fiction di Sorrentino, che ha per protagonista un giovane Papa avvenente, era quanto potesse attrarmi di meno, ma quella sera non avevamo molto altro da fare e così il divano ci ebbe.

 Ebbene, la prima puntata è un capolavoro assoluto e mi ha lasciata drammaticamente priva di un seguito finché qualche tv in chiaro non mi donerà il seguito.

 L'idea geniale del buon Sorrentino (io ho visto tutti i suoi film tranne quello americano e li ho trovati piacevoli, ma non sconvolgenti) è quella di mettere in scena un raro esempio di fantascienza soft.
Perché, che la Chiesa cattolica possa davvero eleggere un sexy Papa di neanche cinquant'anni che dopo l'elezione si rivela ingestibile dalle gerarchie vaticane, è davvero fantascienza.

 Ma è un genere di sci-fi con cui si può giocare molto e si può indagare tantissimo.

 La fantascienza migliore, a mio parere, non è quella dei robot o degli alieni fini a sé stessi, dei viaggi nel tempo e dei superpoteri come divertissement di chi scrive e chi legge, ma quella cosiddetta "sociale" che indaga, usando i termini di un assurdo organizzato, le derive più infide e nascoste della società e dell'animo umano.

 Una tipologia molto in voga in passato, adesso assai rara.

 Sorrentino l'ha rispolverata con grande sagacia ed enorme saggezza: ha scelto infatti un'istituzione, il Papato, per molti versi degna di un romanzo di fantascienza.

 In passato ci sono stati Papi discutibili, viziosi, instabili che hanno però fatto la storia, cosa accadrebbe se una scheggia impazzita si conficcasse per caso proprio all'apice della gerarchia ecclesiastica?

 Visto che la realtà, ultimamente, ci tiene a diventare fantascientifica, (in senso negativo), mi sembra la fiction giusta al momento giusto.

 In ogni caso, mentre spero di riuscire a vedere le altre puntate (e sono in ogni caso riuscita a ossessionarmi con la canzone di Nada coi soli articoli), ho pensato a una piccola rassegna di papi fantascientifici in letteratura!

 Accendete i vostri papa-razzi!


ROMA SENZA PAPA di Guido Morselli:

 Non tutti conoscono la storia di Guido Morselli, sfortunatissimo autore di talento che per tutta la vita inseguì il sogno di essere pubblicato (e qui apriamo una pagina nera nella storia dello scoutismo letterario, Calvino rifiutò Morselli, ma ha lanciato De Carlo, inquietante) e che infine si suicidò, assai probabilmente, anche per la delusione e la tristezza provocate dai continui rifiuti editoriali.


Quasi subito dopo la morte, a beffa, iniziò la sua scoperta che ha portato alla divulgazione della sua opera, molto originale e molto ben scritta.

 "Roma senza Papa" è un suo audace (per i nostri tempi bigotti direi audacissimo) libro che immagina un mondo sempre meno spirituale, non tanto perché materialista, quanto perché ormai così profondamente secolarizzato da rendere il papato un'istituzione vetusta che, per sopravvivere deve ricorrere a un profondo rinnovamento.

 In una sorta di Unione Europea che ha adibito l'Italia a paradiso turistico (e di solo turismo deve occuparsi, altro che fabbriche), la decisione del nuovo Papa, (un giovane straniero che ha una tenera amicizia con una teosofa di Bangalore e tende a mostrarsi poco in pubblico), di trasferire il Vaticano da Roma a Zagarolo, è un vero problema.
 Cosa succederà alla città eterna quando il turismo tracollerà?

 Vediamo tutto con gli occhi del prete svizzero (e sposato) molto conservatore Walter, assai sconcertato (prima di abituarsi) davanti ai profondi cambiamenti romani: religioni che tendono a sincretizzarsi, gesuiti che fanno uso di LSD durante l'addestramento, conversione di macchine pensanti, matrimoni gay e preti ultrà che guidano tifoserie calcistiche agitate.
 Ho la vaga idea che Sorrentino una letta gliel'abbia data.


I CANTI DI HYPERION di Dan Simmons:

 E' uno dei libri della saga di Hyperion, un mix complesso, ma benissimo scritto di alieni, intelligenze artificiali che mirano a sterminare l'umanità tipo Matrix, battaglie spaziali e papi guerrieri.
In questo caso il novello Giulio II è Papa Urbano XVI che tenta una crociata spaziale non sapendo di essere in realtà una pedina nelle mani delle malvagie AI.

 Nel primo libro della serie (l'unico che ho letto, "Hyperion") un gruppo di persone viene costretto a recarsi su Hyperion, un pianeta periferico, per una lunga serie di motivi. Ognuna di loro racconterà, durante il viaggio, la sua storia e il motivo per il quale è collegato a quell'oscuro luogo.

 Il sacerdote Lenar Hoyt (che è nientepopodimeno che papa Urbano XVI) ha perso su Hyperion un suo vecchio compagno, un gesuita mandato a convertire uno strano popolo, i Bikura, vittime di un parassita che causa loro una curiosa dannazione: ogni qualvolta muoiono, li fa resuscitare, mangiando la loro vitalità di volta in volta e riducendoli lentamente a zombie privi di intelletto.

Altro che zombie gay in Vaticano e suore ninja.


IL PAPA DEFINITIVO di Clifford Simak:


 In una galassia lontana lontana, sul pianeta chiamato, "Fine di niente", un gruppo di robot e di umani ha fondato un Vaticano alternativo che prende significativamente il nome di Vatican-17.

 Perché? 
 Secoli prima gli esseri umani, avevano negato il diritto di culto anche ai robot in nome della loro presunta mancanza di anima.
 Decisi ad avere una loro religione, un gruppo di robot fuggiaschi aveva fondato un doppione del Vaticano con tanto di robot cardinali e robot monaci che riproduceva in tutto e per tutto la gerarchia ecclesiastica.

 Al centro di tutto un enorme calcolatore, chiamato il Papa Definitivo, che memorizza e processa tutte le informazioni spirituali e religiose provenienti dall'universo in un'ideale tentativo di incanalare ogni pulsione mistica del'universo.


UN CANTICO PER LEIBOWITZ di Walter M. Miller jr:

Distopia in tre parti, vede il mondo chiudere malamente il suo cerchio di autodistruzione.

 Dopo una guerra nucleare che ha spazzato via gran parte del pianeta e degli esseri umani, riportando la tecnologia e le conoscenze tecnologiche ad un livello più o meno medievale, alcune neonate comunità monastiche si sforzano di trascrivere documenti del passato di cui non capiscono più il senso, ma che percepiscono come importanti (documenti in genere trovati in bunker antiatomici).

 Un giovane novizio ritrova un documento che sembrerebbe essere appartenuto a San Leibowitz, il fondatore dell'ordine amanuense che la Chiesa di Nuova Roma (in Missouri) sta tentando di canonizzare. Il Papa in trono è Leone XXI.

 La seconda parte vede una lotta, secoli dopo, tra stato e Chiesa per la supremazia sul territorio, mentre l'ultima ripropone l'umanità sull'orlo della catastrofe nucleare.

 E' a questo drammatico punto che un ordine di Frati è incaricato di mettere in atto l'astuto piano ordito dagli ultimi due papi, Celestino VIII e Paolo VII: partire per Alpha Centauri e lì dar vita ad una colonia dove mettere in salvo un gruppo di bambini e rifondare la chiesa di Roma.

 Non si può dire che il Vaticano non si attrezzi.


BUONE NOTIZIE DAL VATICANO di Robert Silverberg:

Racconto purtroppo brevissimo, ma delizioso, è una semplice conversazione tra un gruppo di teologi e turisti che attendono al bar di sapere se il nuovo Papa è stato eletto.

 La particolarità è che il nuovo Papa promette di essere profondamente innovativo e innovatore: è infatti un robot.

 Il tono generale degli avventori è abbastanza ottimista: il nuovo Papa ha molti pregi, tra i quali un vasto seguito tra i fedeli robotici, un'ottima fama teologica e, fatto non indifferente, dovrebbe essere l'ultimo Papa da eleggere visto che non può morire.

 Il finale è a base di razzi e non ve lo svelo.


IL DILEMMA DI BENEDETTO XVI di James Herbert Brenner:

Racconto abbastanza sconosciuto, salito agli onori della cronaca per aver curiosamente profetizzato non solo nome, ma anche aspetto (in copertina) del Papa omonimo.

 La storia narra le gesta del Papa alle prese con un acerrimo nemico Victor Ling, una sorta di neofascista che ha pretese sul trono di Anderstraad.

 Il Papa, che vive ormai a Ginevra, potrà sconfiggerlo e strappargli il trono solo se dimostrerà di essere sano di mente al più grande psichiatra del regno, Steinmann.
 Peccato che tra visioni mistiche e paranoia non sarà facile.


E voi conoscete qualche altro fantascientifico Papa? Odiate o amate la fiction di Sorrentino? Testimoniate!

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Relax".

 Ed ecco by night la vignetta del fine settimana!

 Tra un gozzovigliamento in pasticceria per festeggiar l'uscita e le foto testimonianza del libro che alberga in davvero tante tante librerie italiche (alcune sono anche foto composizioni bellissime!), dirò una cosa che fa molto miss Pesce fritto di Santo Italo Pescatore; sono felicissima, ma faccio ancora fatica a realizzare che il libro esiste.

 Detto ciò, oltre a promettervi, (e a sperare di riuscire a mantenere) nuovi post scritti, tra cui molti consigli per il Natale, passò direttamente alla vignetta e vò a svenir nel letto.

 Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Relax"!






giovedì 24 novembre 2016

Momenti di estemporanea gioia il giorno dell'uscita del libro tra spumante, insonnia, valeriana, vestiti belli e ansie perenni.E aggiungo: Wow!

Oggi è una giornata di giubilo e gaudio: è uscito il libro!!!

 Poiché l'uscita del proprio libro non è proprio cosa da tutti i giorni, ho preparato un fumetto estemporaneo per raccontarvi i momenti salienti dell'emozionante giornata (in cui ho capito che se, fosse mai, dovrò disegnare qualche dedica estemporanea è meglio che mi alleno perché per produrne due ai colleghi sono prima diventata paonazza, poi l'ho fatto opportunamente nascosta e agitata).

 Già che ci sono approfitto per rimediare a una mancanza. 

Tra una cosa e un'altra è saltata la dedica alla quale tenevo molto perché il libro era dedicato, oltre che alla mia dolce metà, a Francesca R., che avevo citato già nel fumetto su Pokemon Go questo Luglio.

 Era un'amica di famiglia che ha combattuto contro un brutto male per molti anni. Aveva vent'anni e ci tenevo davvero a ricordarla, lo faccio almeno qui.

 Detto ciò, fumetto estemporaneo (nel frattempo sto preparando quello luuuuuungo su Bookcity)!




Anche il retro!! Per avere tutte le info su isbn e distributore potete andare al post qui.

martedì 22 novembre 2016

Lo scrittore che fa sangue. Quando gli scrittori hanno rubato il cuore di schiere di lettrici (e lettori), ammiratrici, groupie e fangirl. Da Socrate a Byron, fino al nostro moderno pantheon italico.

 In questo periodo concitato, mi sto appassionando, come mai mi è accaduto prima, ad Harry Potter.


Complici malanni vari e stanchezza da fine, io e la mia dolce metà stiamo passando praticamente tutti i sabato sera a casa e, fortunatamente per noi, in tv hanno deciso di passare l'intera serie di film (tra l'altro io ho una sorta di firewall che mi impedisce di andare oltre il quinto film, motivi vari mi hanno sempre precluso la visione dei successivi, vediamo se sfato la maledizione).


 Oltre a notare che Hogwarts ha un turn over di insegnanti e supplenti che nulla hanno da invidiare alla scuola pubblica italiana, nel secondo film faceva la sua comparsa Kenneth Branagh nei panni di Gilderoy Allock (nella nuova traduzione non so come l'hanno chiamato, ma, con tutto il rispetto per Bartezzaghi ho trovato l'idea di cambiare in modo purista tutti i nomi, assolutamente senza senso).

 Se vi ricordate, la madre di Ron ed Hermione rimangono completamente estasiate dal biondo capello e dal sicuro cipiglio del bellimbusto intento a presentare i suoi appassionanti libri di avventure.

 Ebbene, l'autore belloccio o comunque incanta-lettrici, è un archetipo molto vivo nell'immaginario femminile (etero) attuale.

 Esattamente come il libraio che fa sangue, anche lo scrittore ha ottime probabilità di riuscirci, sia nelle trame di romanzi vari ed eventuali, sia dal vivo.
 Di certo, numerosi fattori cospirano affinché ciò avvenga: un uomo piacente e/o affascinante, dedito alla scrittura, promette una profondità e sensibilità che si tende a non attribuire (anche per pregiudizio) al villoso uomo dedito ad a lavori normale come il tipografo o il fornaio (se ben ricordate, anche il buon de Gregori, per descrivere una donna poco sensibile usava la temibile perifrasi "ha un cuore da fornaio").

 Inoltre c'è sempre l'effetto groupie, che in genere non esiste nel mondo delle donne di successo.

 Se un uomo dimostra del genio, non si sa se c'entri la famosa faccenda dello scremare l'ideale padre dei figli, non si sa se bisogna tirare in ballo l'idea millenaria (e difficile da distruggere anche in parte del genere femminile) che noi donne si arrivi al successo sposando qualcuno di successo, fatto sta che in genere ha un nutritissimo seguito.

 E gli scrittori non sfuggono al teorema.

 Questo lungo preambolo è per giustificare questo post a cui penso da tempo: gli scrittori che nei secoli hanno fatto più strage di cuori sul loro cammino.

 Ovviamente si fa per scherzare, ma chissà che non scopriate libri, scrittori o cose realmente avvenute che vi sono sfuggiti!


SOCRATE IN MODALITA' GATTAMORTA:

Socrate
 Ok, tecnicamente Socrate non andrebbe inserito qui perché non ha lasciato nulla di scritto, ma lo inserisco ugualmente perché è grazie ad un altro suo avvenente allievo, Platone,( il cui vero nome era in realtà Aristocle, ma avendo "spalle larghe" i greci buongustai trovarono giusto cambiarglielo) che conosciamo il suo pensiero e le sue numerose conquiste.

 Ciò che si sa, è che Socrate aveva una moglie, Santippe, passata alla storia come una rompiscatole di prima categoria.

  In realtà, povera donna, doveva vedersela con un esercito di amanti, donne e uomini, incantati dall'intelletto di un uomo che la storia non vuole proprio uno splendore. 

 Un esempio si trova in quel capolavoro che è "Il Simposio".

 Socrate se ne sta pacifico sul suo triclinio a discutere della vera natura dell'amore, Aristofane (il commediografo proprio lui) disserta creando il celebre mito che vede gli uomini alla perenne ricerca della propria metà, un tempo attaccata alla propria schiena e poi perduta a causa degli dei invidiosi e gli altri a turno intervengono.

Poi, ad un certo punto, una vera scena da applausi.

 Arriva Alcibiade, generale ateniese, conosciuto per la sua avvenenza (e in seguito per una serie di eventi all'interno Atene vs Sparta tra cui "Lo scandalo delle erme", assurdo scandalo che vide la mutilazione dei genitali maschili delle "erme" cittadine, delle statue sacre che erano sostanzialmente dei pilastri sormontati da una testa ben scolpita e con i genitali), allievo di Socrate, che fa una pubblica piazzata perché, nonostante tutti i suoi tentativi, non riusciva a diventarne l'amante. 

 Il pezzo è favoloso, Alcibiade racconta tutti i suoi vani tentativi per farsi notare, dagli esercizi di ginnastica assieme, alla lotta da soli, loro che dormono vicini e Alcibiade lo invita a dargli una possibilità, mentre Socrate replica gattamorteggiando "Guarda, sei bellissimo fuori e se permetti io sono bellissimo dentro".

 Vi sembra surreale? Eccovi un pezzo (poi leggetevi il Simposio, capolavoro assoluto, greci popolo fantastico, altro che occidente progredito degli anni 2000):

"[Alcibiade sta parlando a tutti dei suoi infruttuosi tentativi di seduzione del buon Socrate]Quando dunque, o amici, si spense il lume e i servi furono usciti, mi parve che non fosse il caso di fare il sottile con lui, ma di dirgli liberamente quello che pensavo. Cosí lo scossi e dissi: “Socrate, dormi?”. “No” mi rispose. “Sai cos’ho pensato?”. 

“Che cosa mai?” disse. “Ho pensato – risposi – che tu se l’unico amante degno che io abbia e vedo che esiti a dichiararti. Ora, io la sento cosí: ritengo che sarebbe del tutto stupido se non ti compiacessi anche in questo come in tutto quello di cui tu avessi bisogno, dei miei beni e dei miei amici.  
Per me nulla è piú importante che divenire quanto è possibile migliore, e io credo che per questo nessuno mi può essere di piú valido aiuto che te. E certo di fronte alla gente che sa mi vergognerei di non concedermi a un uomo come te, molto di piú che di fronte al volgo ignorante, se ti compiacessi”.  
Egli mi stava a sentire e poi, con quella solita aria innocente ed ironica, tutta sua: “Mio caro Alcibiade – disse – rischi di non essere affatto sciocco se per caso son vere le cose che dici di me e se c’è dio sa quale potere in me che ti potrebbe rendere migliore. Ecco tu vedresti in me una irresistibile bellezza del tutto incomparabile pure alla grazia delle tue forme: se avendola scoperta cerchi di appropriartene barattando bellezza con bellezza, miri a guadagnarci non poco alle mie spalle! Via, in cambio di una bellezza apparente tenti di guadagnarci una bellezza vera e calcoli, alla lettera, di scambiare “oro con rame”.


D'ANNUNZIO SIRENETTO:

 Quinta superiore. 

La professoressa di italiano fa girare per la classe un libro di non ricordo quale argomento, ma che genera in noi alquanto sgomento: nelle fotografie al centro ecco che appare lui, sdraiato come un sirenetto con tutte le grazie al vento, il vate D'Annunzio.

 Non era un belvedere, in nessun senso, ma una di noi conosceva la celebre diceria per cui il poeta, al colmo della perversione, si era fatto estrarre due costole per diciamo soddisfarsi in solitaria. Non ho mai approfondito e non lo farò adesso.

 Quello che ci colpiva, in ogni caso, era l'impressionante stuolo di conquiste del buon Gabriele tutte nobildonne altolocatissime che gli morivano dietro. 

 Sorta di fanclub aristocratico a cui attingeva con poca discrezione e molto gusto, immagino farebbe impazzire le sciure bene anche della nostra epoca. 

 Si sa che Eleonora Duse fu uno dei suoi grandi amori e instaurò con lui uno di quelle deliranti relazioni che alla lunga logorano chi ce l'ha.

 Altresì, celebre fu il rifiuto della pittrice Tamara de Lempicka che lui tentò inutilmente di arpionare.
  Non era più un avvenente e irriverente giovane abruzzese e i denti marci non aiutarono l'impresa.


SCANDALOSO BYRON:

 Quando si pensa a un poeta maledetto ecco che la prima immagine è la sua: Byron.

 Il poeta romantico per eccellenza (NB. Se vi chiedono di immaginare una poetessa maledetta cos'è che sale alla vostra mente? Cose non lusinghiere immagino), morto giovane, sempre in viaggio per l'Europa, alla disperata ricerca di un'avventura e di nuove passioni, preso nel gorgo di amori ambosessi tempestosi e mai definitivi.

 Nell'ingessatissima società inglese, Byron si guadagnò una pessima fama, ebbe una storia con la sua sorellastra (e anche una figlia), mieteva gentiluomini col suo fascino (e anche accuse di immoralità varia) e si accasò insensatamente con una nobildonna appassionata di matematica.

 Dalla loro infelice e breve unione nacque Ada Lovelace, una delle madri dell'informatica, (sua madre la condusse disperatamente sulla strada delle scienze, terrorizzata che seguisse l'esempio paterno).
 Sempre in viaggio, destò la passione, fortissima e disperata, della sorellastra di Mary Shelley, Claire Clairmont, da cui ebbe la sua terza figlia e che mai si rassegnò alla fine della loro storia.

 In Italia, conquistò il cuore di una giovane contessina che però non poteva frenare la sete di vita e di conquista del poeta che ebbe il tempo, prima di morire, di andare in Grecia e far strage di cuori locali (generalmente maschili).

 Personalmente ho i miei seri dubbi che una personalità tanto eclettica sarebbe ben vista anche nel nostro mondo attuale, pericolosamente volto a una moralizzazione dei costumi sempre più soffocante.
 Intanto, te la sei goduta, Byron!


SARTRE E IL MIELE ADDOSSO:

 Sartre è la  prova provata che l'avvenenza non necessita necessariamente un viso accattivante.

 Leggendo l'autobiografia di Simone de Beauvoir che fu sua compagna di vita dall'università fino alla morte in un rarissimo esempio di coppia aperta riuscita, si evince che monsieur Jean Paul aveva, come si suol dire dalle mie parti "il miele addosso".

 Voi direte, vabbeh, il fascino dell'esistenzialista famoso, macché Jean-Paul rimorchiava ben prima di dare alle stampe "La nausea" e con una facilità che aveva dello sconcertante.

 Si trattava, immagino, dello stesso fascino che si attribuisce a Zelda Fitzgerald che dalle foto sembra una donna graziosa, ma senza particolare charme, ma che invece, dal vivo, aveva quel certo non so che, che la rendeva irresistibile e la pellicola non riusciva in alcun modo a catturare.

 Com'era e come non era, se da giovanissimo le donne stentavano a resistergli, la processione di donzelle continuò fino alla morte, come descritto da una Simone de Beauvoir in modalità "che mi tocca fare" ne "La cerimonia degli addii".

 L'esistenzialista, ben lungi dal riguardarsi, sbevazzava e si intratteneva con donzelle in adorazione, nonostante le rimostranze di Simone.
Sex symbol alternativi.


IL MAGICO PANTHEON ITALICO CONTEMPORANEO:

Alessandro D'Avenia in modalità principe delle fiabe
 Spremetevi le meningi e ditemi se vi viene in mente il volto di una scrittrice italiana. Forse, immagino, Michela Murgia e Susanna Tamaro. Fine.

 Se vi nomino: Andrea De Carlo, Marco Cubeddu, Alessandro D'Avenia, Niccolò Ammaniti e Paolo Giordano, scommetto che improvvisamente si accenderanno molti campanelli e non casualmente.

  Essi rappresentano tutti, a modo loro, l'archetipo dello scrittore italiano giovane/di mezza età che tanto attecchisce nell'immaginario di quell'essere mitologico e avido lettore che abbiamo imparato a conoscere in questi anni sul blog: la sciura.

 De Carlo (assieme ad Alessandro Baricco, non dimentichiamolo) è stato un po' il precursore delle sciure in modalità fangirl.

Andrea de Carlo
 Maglione a collo alto o maglietta della salute nera d'ordinanza, sguardo che promette mondi interiori sconosciuti, pose plastiche col viso sfuggente e lo sguardo perso di chi sa.

 La storia d'amore con Eleonora Giorgi, dev'essere stato il tocco da maestro nell'immaginario di molte: la donna di spettacolo e lo scrittore ombroso, proprio come un film, o un libro.

 I suoi degni epigoni sono il boccoluto professore Alessandro D'Avenia, il giovane vincitore di premio Strega Paolo Giordano e il wannabe dandy Marco Cubeddu.

Cubeddu by Eva Poison
Se i primi due era difficile ignorarli, il terzo mi è stato disvelato da Pechino Express ed è interessante avendo un papabile bacino di fangirlanza completamente diverso. D'Avenia e Giordano rientrano sempre nel magico mondo della sciura e delle loro figlie, così perbene, così biondi, così profondi.

 Cubeddu si propone invece in modo pop: barba incolta, iban sulla maglia, scrive libri pulp, ma dirige (ebbene sì tenetevi forte) la rivista "Nuovi argomenti".

 Tocca quindi il cuore delle lettrici sensibili al fascino indie, da nicchia, da fuori classifica, ma con stile e menzione speciale.
 NB Avendo un passato da pompiere precario, ho scoperto che ha anche un suo nutrito gruppo di fan nella comunità gay.

 La variabile psicologo.
Non esattamente scrittori, ma anche loro dotati della bacchetta magica della conoscenza dell'animo umano, gli psicologi, se dotati di un presente adeguatamente fascinoso, possono avere un seguito che non ha nulla da invidiare agli scrittori.

Massimo Recalcati
 Precursore assoluto fu Raffaele Morelli che in uno dei suoi ultimi libri ha commesso l'errore di mettere in quarta di copertina una sua foto allo stato attuale, ossia assai invecchiato. 
 Non c'è nulla di male a farlo, ma assicuro che lo stacco dalle foto precedenti era tale da far rimanere basita più di una sciura. 
 Ora ha recuperato e ha messo foto più capisco non capisco.

 Attualmente una stella brilla fulgida nei cuori delle sciure più sensibili: Massimo Recalcati. 

 Le sue presentazioni sono affollate da queste sue coetanee tirate a lucido, col capello fluente e l'aria grave di chi cerca il Lacan dentro di sé e pensa di aver qualcosa di profondissimo da offrire.
 Altro che rockstar.

Ovviamente si fa per ridere. Se anche voi avete sex symbol da proporre nel pantheon degli scrittori passati, presenti e futuri, testimoniate pure!

sabato 19 novembre 2016

La pretesa della verità assoluta e la cultura della vergogna all'epoca dei social network. Una considerazione sull'importanza dei segreti e il mito della verità tra Aki Shimazaki, Pirandello e Akutagawa.

 Una fissazione dei film americani è l'importanza drammatica che si dà al seppur minimo segreto.

Interessante è la differenza tra la versione originale italiana de
"L'ultimo bacio" in cui Accorsi confessa un bacetto in vece di
un'intera fuggevole relazione, e la versione americana dove il
protagonista dà in effetti solo un bacetto
 Quante coppie, famiglie, amicizie, abbiamo visto rovinate in decinaia di film, serie tv e libri perché, come si suol dire a Roma, uno dei personaggi sentiva di non potersi tenere "il cecio in bocca"?

 Non parlo di segreti come relazioni parallele, doppie famiglie o altri eventi di pesantissima importanza, di solito il casus belli è sempre una risibile stupidaggine rispetto alle immani conseguenze del gesto: un bacio fuggevole causa reazioni sproporzionatamente drammatiche.
 Tu stai lì che dici: che caspita, ma devi proprio confessare questa cosa? Non sai tenere un segreto? Quando si è persa la capacità umana di tenerselo un segreto, seppur minimo?

 In realtà, le avvisaglie che vivessimo in un'epoca in cui "nessuno deve avere niente da nascondere" per nessun motivo, ci sono da tempo. 

 Se passate un minimo di tempo sui social network, vedrete come "trasparenza assoluta, diritto a conoscere pure l'ultimo segreto di chiunque", "diritto di chiunque a indagare e giudicare la vita  altrui in nome di un tribunale collettivo" è ormai l'imperativo comune.

 Come sta diventando imperativo comune, "il diritto di sapere".

Prendiamo anche il caso Wikileaks, fondamentalmente sono concorde anche io che tutti dovremmo essere a conoscenza di ciò che oscuramente avviene al di sopra di noi.

 Tuttavia, pensare che cose come la politica internazionale si basino su ragioni, motivazioni e contrattazioni trasparenti e inattaccabili, mi pare un'ingenuissima utopia e un'incredibile debolezza nel momento in cui tutti non giocano alle stesse regole.

 Non solo, mi sembra assai ingenuo ignorare il fatto che del rilascio di alcuni documento si può fare un uso strumentale. Si può manipolare ciò che si decide di svelare, quando si decide di svelarlo e su chi.

 Ha senso sempre "il diritto alla conoscenza" o "il diritto alla trasparenza"? Conoscere tutto, sempre, è davvero la cosa migliore? E' davvero ciò che migliora il nostro mondo?
 Oppure svelare un segreto rischia di far molto più danno del tenerlo celato? Perché, anche qui, ignorare l'effetto azione-reazione in nome di una moralità che abbiamo deciso attualmente preminente, non ha molto senso.

 Come non ha senso ignorare i diversi punti di vista di un singolo fatto.
 Voi direte, il fatto è quello, incontrovertibile e il mio discorso è, se non altro, reazionario.

 Io vi dico, leggete "Rashomon" uno splendido racconto di Akutagawa, recentemente ristampato da Einaudi. Nella storia accadeva un fatto basilare: una coppia di sposi veniva aggredita in un bosco da un brigante, lui veniva ucciso, lei riusciva a scappare.

Il fatto è lì. Tuttavia, la storia viene raccontata da quattro punti di vista: quella del marito morto, quella della moglie, quella del brigante e quella di un monaco casualmente testimone dell'evento.

 Tutte divergono eppure tutte raccontano la stessa storia e sono ugualmente credibili e concordi nel raccontare il medesimo fatto.

 Del resto, senza andare fino in Giappone, lo abbiamo studiato tutti fino Pirandello. 

 Magari ci ricordiamo poco delle superiori (e la cosa che più ci rimane impressa è il vizio del gioco di Mattia Pascal), ma dovremmo rimembrare almeno il concetto base di tutta la filosofia pirandelliana: la verità assoluta non esiste, esistono solo interpretazioni della verità.

 In "Così è, se vi pare" in cui la diceria su una moglie reclusa si moltiplica assumendo vari contorni a seconda di chi la racconta, dando una propria versione della situazione, il problema non si risolve neanche interrogando la moglie stessa.

 Essa, velata, risponde "Io sono colei che mi si crede", ponendo una pietra tombale su un grande equivoco del nostro tempo.  Che la verità sia assoluta e soprattutto parli da sola, senza interpretazioni.

 Laudisi, che insisteva sull'impossibilità di affidare ai fatti, l'unica chiave dell'assoluta verità, prescindendola dall'interpretazione, commenta infatti trionfante: "Ed ecco, o signori, come parla la verità, siete contenti?".

Ma per quale motivo questo bisogno di verità assoluta sembra diventato così preminente nel nostro tempo?
 Un modo per raggiungere il punto, più pacatamente, e a livello più intimo è sicuramente il pentaromanzo di Aki Shimazaki "Il peso dei segreti".

 E' un libro particolare perché composto da cinque novelle con cinque punti di vista diversi e ognuno di essi getta una luce diversa e aggiunge un tassello a quella che è una vicenda familiare all'apparenza abbastanza semplice.

 Da fuori vediamo un uomo che, prima della seconda guerra mondiale, ha rotto i ponti con la famiglia per sposare una donna bellissima che ha avuto un figlio naturale da una relazione giovanile. Adotta il bambino come fosse suo, parte per la guerra sino-giapponese, torna e vive cinquanta tranquilli anni in compagnia della compagna. Fine.

 Ciò che scopriamo leggendo i cinque piccoli romanzi è che dietro questo fatto apparentemente semplicissimo c'è un mondo sotterraneo, una serie di eventi enormi, di tragedie personali, di debolezze e segreti a matrioska in cui tutti hanno indugiato e da cui nessuno è esente.

 La verità nascosta, il non detto, non è solo enorme, ma anche infinitamente più profondo. Sotto una vita di coppia così lineare si nasconde un mondo.

 La domanda è: avrebbe avuto senso, per tutti i personaggi, svelare quel mondo? Avrebbe reso tutti più felici? O avrebbe tradito i legittimi sforzi fatti per essere felici?

 Siamo la somma dei nostri errori, ma abbiamo diritto ad affrancarci da essi senza la pubblica gogna oppure dobbiamo sottoporci tutti alla cultura della vergogna?

 E, soprattutto, siamo davvero sicuri che la cultura della vergogna sia migliore di quella della colpa?

Chiunque abbia frequentato il liceo classico ricorderà l'approfondimento sulla teoria di Eric Dodds nel quale si spiegava che per gli antichi greci ciò che determinava il valore di un essere umano era il giudizio esterno.

 Erano gli altri a decidere il tuo valore, a prescindere dalle tue colpe effettive e dal tuo eventuale senso di colpa. Se cadevi in disgrazia agli occhi altrui, allora non c'era ragione che potesse salvarti.

  La vergogna che cadeva su di te, lasciava ben poche alternative.

 (Esempio: i due poveri soldati di Leonida che casualmente si trovavano lontani durante la battaglia delle Termopili, furono costretti al suicidio per placare l'onta che si era abbattuta su di loro successivamente).

 La cultura della colpa, che abbiamo conosciuto noi finora, pone invece un accento ribaltato sulla questione.

 Ciò che noi siamo, quanto valiamo, qual è l'effettiva gravità delle nostre colpe, non lo decidono gli altri in qualità di implacabili giudici esterni, siamo solo noi stessi.

 Gli altri possono condannarci sulla base di interpretazioni sbagliate o idealmente correttissime, ma solo noi che sappiamo davvero se abbiamo una colpa o meno. Viceversa, gli altri possono assolverci, ma noi sappiamo di avere una colpa che la pubblica comprensione non può lavare.

 I social network, a mio parere, stanno incidendo enormemente sulla questione e a me sembra che la cultura della vergogna stia prendendo il sopravvento. E' quella la chiave. Se ciò che noi siamo dipende dagli occhi altrui, diventa doveroso ed essenziale svelare ogni nostro segreto affinché gli altri decidano la verità assoluta e quale punizione meritiamo.

 Non importa chi siamo, non importano le nostre ragioni o il senso di colpa che nel profondo possiamo provare, non sono importanti le conseguenze, c'è un esercito adamantino a decidere sempre e per sempre le nostre colpe.

 Il caso della povera Tiziana Cantone, al riguardo, è da manuale.

 C'è una poesia che tutti gli studenti di liceo classico studiano e ricordano per sempre. 
E' quella, famosissima, di Archiloco, sullo scudo abbandonato.

 Archiloco, poeta del sec. VII a. C., sta combattendo quando a un certo punto decide di scappare abbandonando il proprio scudo.
 Nella poesia si difende dalle accuse in un modo inconcepibile per la cultura degli eroi omerici, completamente immersi nella cultura della vergogna:
"Qualcuno dei Sai si vanta dello scudo che presso un cespuglio,arma impeccabile, ho abbandonato non volendo;ma ho salvato me stesso.Che mi importa quello scudo?Vada in malora! Di nuovo ne avrò uno non peggiore."

 Ettore e Achille prima di abbandonare lo scudo si sarebbero piuttosto uccisi, Archiloco si difende con veemenza dicendo che ok, ha disertato, ma rimedierà, intanto è vivo. Non si sente in colpa e non saranno gli altri (in questo caso i Sai accusatori) a farcelo sentire.

Riflettiamo. Se Archiloco fosse vissuto adesso, saremmo stati così indulgenti con lui?
 O lo avremmo messo alla pubblica gogna, pessimo esempio di soldato che tradisce patria e popolo?
 Cosa saremmo stati in grado di leggere su qualsiasi social network?

 Forse siamo già di nuovo nella cultura della vergogna. E la domanda è sempre la stessa: ne vale la pena?

Ps. Se volete un consiglio, non leggete le cinque novelle della Shimazaki in ordine, mescolatele pure.

giovedì 17 novembre 2016

I dolori della giovane libraia il 18 Novembre alle 12:15 a Cult su Radio Popolare!!

Post di servizio (e di corsa).

 Ancora non sapete che la prefazione del libro è stata scritta da Antonio Serra che colgo l'occasione per ringraziare ancora tantissimo.

 Domani, 18/11 sarò da lui ospite a Cult, il programma quotidiano culturale di Radio Popolare (107.60) alle ore 12:15!

 Si parlerà nei minuti a me generosamente concessi, dell'incontro "Un'invisibile corrente. Personaggi lesbici nel fumetto italiano" che ho co-organizzato assieme a Milena Cannavacciuolo, la direttrice di LezPop..

 I dorati ospiti Luca Enoch, Antonio Serra e Patrizia Mandanici allo spazio BASE ore 18:00 all'interno di Bookcity Milano.

 Subito dopo, per la cronaca, hanno casualmente messo anche l'altro evento che ho organizzato assieme al Gruppo Donna dell'Arcigay di Milano:
  " Dare il buon esempio.Personaggi LGBT nella narrativa per bambini e giovani adulti", sempre allo spazio BASE con Carlo Gabardini, Patrizia Colosio e Valentina Voch.

E ovviamente si parlerà del libro!

Ascoltate numeros*!!

martedì 15 novembre 2016

Due clienti speculari e ugualmente inquietanti. "Il cliente stalker e il cliente puf", un fumetto a base di camaleonti, magazzinieri e fiato sul collo.

 Ed ecco il primo fumetto dopo il big annuncio dell'uscita del libro.

 Oggi sono andata a fumettare due tipologie di clienti speculari: il cliente stalker e il cliente puf.
 Il primo, posso assicurarvelo, metterebbe ansia pure a Gandhi, il secondo è la dimostrazione che la fisiognomica è una dote speciale e solitamente non appartiene a chi lavora col pubblico (non so se c'è una dimostrazione scientifica, tipo che dopo un tot di facce, il cervello si rifiuta di incamerare le fisionomie).

 Detto ciò, lascio parlare il fumetto! "Il cliente stalker e il cliente puf"!





sabato 12 novembre 2016

Finalmente la DATA DI USCITA del libro e tutte le info per chiederlo senza finire in una vignetta. Godetevi il fumetto di lancio, il cuore di mio padre, l'irritabilità dei centralinisti del 12 e il mio vero nome.

Ed ecco, finalmente il gran giorno dell'annuncio dell'uscita del libro è arrivato!!

Posso ufficialmente dire che il mio libro di vignette, fumetti e fumettosi riassunti tratti dal blog esce.... il 24 NOVEMBRE!!

Le informazioni per richiederlo a colleghi librai e libraie (o fumettieri e fumettiere) senza tema di finir in una vignetta, sono le seguenti:

TITOLO: "I dolori della giovane libraia"

AUTORE: Laura Mango
 (Eh sì, ho un nome vero, a questo punto chi indovina la motivazione del nickname Cyrilla che uso su twitter e per LezPop vince un'immaginaria palma d'oro).

CASA EDITRICE: 001 edizioni

ISBN: 978889086763

Sotto potete ammirare il fumetto di lancio con grande protagonista mio padre.

 In tutto ciò ci tengo a sottolineare due cose:

1) Non sono bionda.

2) L'episodio "Fumetteria-fumo" è realmente avvenuto, ma il protagonista non è stato mio padre bensì uno sconsiderato centralinista del 12.

 Io e due mie amiche, in vacanza in Sardegna, decidiamo di andare a un telefono pubblico e chiamare il 12 per raggiungere una fumetteria di Roma e chiedere di farci mettere da parte dei Dragon Ball. Ebbene, ricordo ancora il tono furioso del centralinista, convintissimo fosse uno scherzo telefonico e che gli stessimo chiedendo di passarci un luogo dove si vendeva del fumo (tra l'altro, all'epoca, avevamo 12 anni e pensavamo si riferisse alle sigarette non ad altro).

 Detto ciò, ecco a voi il fumetto di lancio e la COPERTINA!

 Su fb e social vari ed eventuali, tutte le novitè (in tempo reale almeno, poi ovvio se ce ne sono di grosse le posto anche qui!).
 Tutto per voi "Cuore di padre" o anche "Finalmente esce il mio libro"!



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