venerdì 31 ottobre 2014

Il mito delle vampire lesbiche parte #2. Di come Carmilla amò Laura, di bruchi che diventano farfalle, Dracula ladri, vampire che si svegliano a mezzanotte e riappropriazione dell'immaginario!

 Ieri, esattamente come un perfido papà Castoro, mi ero interrotta a metà del racconto del mito delle vampire lesbiche.
 
Byron coraggioso manco per il cavolo
Ecco perciò la suppongo attesissima seconda parte. Bando agli indugi! Che si inizi!
 Dunque, eravamo rimasti che Shelley, Byron, Mary Shelley, Polidori & co. si annoiavano in una villa in svizzera decidendo così di sfidarsi a suon di storie di fantasmi. Sappiamo tutti che Mary Shelley partorì "Frankestein" e sappiamo anche che Polidori scrisse "Il vampiro", ma forse non tutti sanno che, durante quelle vacanze, l'amabile gruppetto lesse sicuramente "Christabel".
 Lo sappiamo perché Byron, dopo la lettura, si sentì male e dovettero dargli i sali. Era rimasto infatti così sconvolto da un passaggio sull'orribile seno di Gerardine che la sua immaginazione non aveva retto.
 Perciò Polidori non tirò fuori il suo vampiro maschio eterosessuale dal nulla, anzi.
 I due vampiri che gli seguirono furono un vampiro maschio gay e un'altra famosissima vampira donna, lesbica anch'essa, la celeberrima "Carmilla" by Sheridan Le Fanu.
 Sheridan Le Fanu era uno scrittore irlandese di storie di fantasmi abbastanza conosciuto all'epoca, che possedeva non poche stranezze. Una delle maggiori era lo scrivere principalmente in piena notte, a lume di candela, convinto che tale atmosfera avrebbe catalizzato le sue capacità fantasmagoriche.
Il nostro caro amico Sheridan Le Fanu
Poco prima di morire diede alle stampe una storia molto diversa dalle solite, una novella lunga che è un capolavoro di perfezione, saccheggiato successivamente da quel grande scopiazzatore che fu Bram Stoker, ossia: "Carmilla".
 "Carmilla" ricalcava in moltissimi punti il "Christabel" di Coleridge e, a mio parere può essere considerato una sorta di libro gemello.
 La storia parla di una ragazza, Laura, che vive quasi sola, col padre e nessun fidanzato, in un castello sperduto in Stiria. La Stiria è una regione dell'Austria che all'epoca veniva considerata particolarmente infestata da vampiri, tanto che Maria Teresa D'Austria, durante il suo regno, dovette spedire il suo medico personale a decidere se il vampirismo esistesse o meno. C'erano infatti villaggi presi da crisi isteriche collettive che, convinti di essere vittime di epidemie di vampirismo, scoperchiavano tombe a tutto andare e infilavano paletti dentro tutti i corpi incorrotti che trovavano (o li decapitavano o li bruciavano). Il medico tornò, disse che non esisteva nulla e le pratiche antivampiriche vennero vietate per legge.
Carmilla e Laura
 Comunque lì in Stiria, la solitaria Laura aspettava una sua cara amica. Aspetta e aspetta, la tizia non arriva perché morta a causa di qualcosa fatto da un imprecisato ospite. Poco dopo, una carrozza guidata da cavalli imbizzarriti fa il suo ingresso nel parco del castello e ne escono una donna preoccupata e una bellissima fanciulla svenuta, Carmilla. La donna supplica il padre di Laura di tenere la figlia svenuta perché deve scappare per alcune commissioni urgentissime e lui, convinto anche da un'immediatamente innamorata figliola, accetta.
 Inizia così una storia di vampiri che ricalca perfettamente una storia d'amore. Carmilla e Laura si piacciono subito. Carmilla, in quanto vampira, è ovviamente interessata al suo sangue, ma al contempo la ricopre di baci, abbracci, lacrime e dichiarazione di amore immenso. 
 Laura è confusa, tentenna, si illude che Carmilla possa essere un ragazzo travestito, mostra remore, ma non riesce a non rimanere affascinata. Inizia poi una vampirizzazione al suon di chiari orgasmi notturni che rendono ancora più esplicito il rapporto tra le due.
 Poi ovviamente il dominio maschile (ma rappresentato solo da uomini anziani e nessun difanzato o principe azzurro) riprende il potere e tutto finisce, prima che sia troppo tardi e la vampirizzazione sia completa.
 Le Fanu, esattamente come Coleridge, non sembra: 
a) Dare un'interpretazione negativa della vampira, di cui anzi descrive il passato con molta pietà. 
b) Esattamente come in "Christabel", la vampiririzzazione corrisponde ad un risveglio sessuale e dell'orientamento sessuale.
 Si è ipotizzato che in un'epoca vittoriana che non lasciava quasi spazio alle storie d'amore etero figuriamoci a quelle lesbiche, Le Fanu abbia voluto travestire una storia tra due ragazze da racconto di fantasmi. Potrebbero spiegarsi molti pezzi, l'atmosfera malinconica, il rimpianto perenne di Laura, l'assenza di ragazzi maschi giovani e alcuni pezzi misteriosi, come questo:

"Hai paura di morire?" (chiede Carmilla a Laura).
"Certo, come tutti"
"Ma morire come gli amanti...morire insieme per continuare a vivere insieme. Le ragazze  sono come bruchi mentre vivono nel mondo e diventano farfalle quando viene l'estate; ma nel frattempo ci sono altri bruchi e larve, che tu non vedi... ciascuna con le proprie particolari propensioni, necessità e struttura. Almeno così dice il signor Buffon nel librone che c'è nella stanza accanto"
Raggiunto che fu l'acme, poi accadde ciò che purtroppo avviene di solito. Nato come un demone femminile che rappresentava il lati considerati negativi delle donne di ogni epoca, una volta raggiunto un periodo in cui avrebbe potuto godere di una nuova luce e di un'ottica completamente diversa, la vampira venne scalzata dalla sua versione maschile.
  La donna demoniaca, ninfomane, affascinante e ambigua, terribile e irresistibile, divenne un dongiovanni degli inferi, che come avviene sempre può avere tre mogli e vampirizzare giovinette in modo seriale, ma non è mai ninfomane, egli è sempre conquistatore.
 Uno splendido demone femminile divenne perciò la solita "moglie di" e "amante di" tornando ad occupare nella parabola della visione maschile della femminilità il ruolo che le spetta: la ninfomane da convertire, tramite libri e film di serie C come "Lesbian Vampire Killers".
 Tuttavia bisogna citare i film e i libri che hanno ricordato le origini di un essere sovrannaturale che ormai viene usato da cani e porci ed è diventato un assurdo principe azzurro del 2000.
  Il mondo anglosassone non ha dimenticato il mito, dando vita ad alcune raccolte di racconti con protagoniste vampire lesbiche, come "Daughter od Darkness" o i vampiri bisessuali (purtroppo trattati quasi solo al maschile) di Anne Rice. 
 Forse l'esempio più calzante con l'antica tradizione rimane "The Hunger" di Whitley Strieber, curiosamente un altro libro scritto da un uomo, da cui Tony Scott ricavò un film omonimo, (da noi "Miriam si sveglia a mezzanotte") favoloso: David Bowie, la Deneuve e Susan Sarandon che triangolano.
 In esso si narra di Miriam, antichissima vampira che nei secoli dona parte del suo sangue immortale ai suoi amanti, perché le facciano compagnia qualche secolo. Quando l'effetto del sangue si esaurisce, l'amante diventa una sorta di mummia larvale che lei mette in soffitta per l'eternità mettendosi poi alla ricerca di un nuovo compagno o campagna. Nella storia il suo ultimo compagno sta iniziando a deperire e lei individua in un'avvenente dottoressa perfettamente etero, la sua nuova amante. Avvia così un processo di seduzione va di pari passo con la vampirizzazione.
 L'innamoramento e il primo rapporto sessuale tra le due, corrispondono di nuovo all'iniziazione vampirica e al risveglio dell'orientamento sessuale.
 La storia e il film sono molto affascinanti e ve li straconsiglio. Spero, in questi due giorni, di non avervi eccessivamente annoiato e che, almeno un minimo, la favolosa storia del mito della vampira lesbica vi abbia affascinato.
 E spero francamente di aver contribuito a liberare questa figura dalla solita pornografia random che le è stata attribuita
Le origini sono molto più nobili e che si raccontino!

giovedì 30 ottobre 2014

Il mito delle vampire lesbiche parte #1. Di prime mogli demoniache, Streghe e bellissime regine, di sangue pieno di vita, splendide fanciulle nei boschi e brume dell'aria!

Allora, in occasione di Ognissanti, dopo la storia di paura realmente avvenuta in libreria, ecco che posto credo il primo post spezzato in due giornate. Lo faccio per la vostra vista (nel caso vogliate leggerlo) perchè, tutto intero era davvero troppo lungo e immagino facesse l'effetto di un insegnante che magari parla di una cosa fichissima, ma per cinque ore. Tutto ok, ma ad una certa il cervello si spegne.
Un'ovvia scena del film
 Si tratta di un excursus storico-letterario sul mito delle vampire lesbiche.
 Perchè sento la necessità di sfiorare tale argomento?
  Per vari motivi (che non posso dirvi) e per un motivo che posso dirvi benissimo: le vampire lesbiche, se cercate sul web, sono ormai le protagoniste di un filone di film horror (e orribili) di serie C. In essi, pettorute vampire ninfomani si slinguano tra loro e slinguano i maschi protagonisti, pronti a castigarle come virilità richiede, a quanto pare, in presenza di donne il cui orientamento sessuale dovrebbe scoraggiare tecnicamente il castigo.
 Uno per tutti, "Lesbian Vampire Killers", nella cui opinabile trama, che vede anche la presenza della povera Carmilla, tutte le ragazze di uno sperduto paesello della Gran Bretagna diventano al compimento del diciottesimo anno di età, delle pettorute vampire lesbiche in nome di un'antica maledizione. Tra spade dai nomi equivoci e una terrificante misoginia mascherata da salutare risata al suono di vampire decapitate ed esplose in strano liquido bianco e viscoso, si richiedeva un post che gridasse vendetta e rimettesse le cose al giusto posto.
 Le vere vampire lesbiche hanno altissime origini storiche e letterarie che meritano di essere ricordate foreva.
Notare serpente, animale non proprio
positivo nel mondo ebraico
  Innanzitutto, si potrebbe cominciare col dire che il vampiro è un mostro di origine femminile. Questa mania di succhiare il sangue di giovani (inizialmente maschi) era una mostruosità che si attribuiva ad una lunga schiera di demoni femminili accomunati nella storia da numerose caratteristiche: ninfomania, perversione, una certa attitudine all'indipendenza e alla non sottomissione (che noi vediamo come positivi, ma all'epoca vedevano come sintomo di selvaggio), rapporti col mondo degli inferi, ambiguità varie ed eventuali. Erano demoni creati apposta per contenere un coacervo di caratteristiche negative che si attribuivano a quelle donne che sfuggivano dai ruoli di genere imposti nelle varie società di stampo patriarcale.
 Provi a mettere in dubbio l'autorità di tuo marito? Demone. Sei un'adultera? Demone. Vorresti andare a caccia con lui invece di rassettare la casa? Demone. Tutto ciò che devia dalla norma proveniva da sicure cause demoniache e malvagie.
 Non per nulla, la prima vampira della storia è probabilmente Lilith, la prima leggendaria moglie di Adamo.
 Costei, al contrario di Eva, era stata creata non da una costola del consorte, ma dalla terra, esattamente come lui e perciò aveva strane idee di parità tra i sessi. Durante un rapporto sessuale si rifiutò di stare sotto e Adamo, indispettito, le ricordò che le donne stanno sotto e gli uomini sopra perché è così che l'ordine del mondo vuole. Lei non concordò e scappò dal paradiso terrestre iniziando a seminare figli fatti con tutti i demoni che incontrava, divenne un demone e già che c'era, iniziò a rubare i bambini maschi dalle culle per succhiare loro il sangue.
 La stessa fissazione per il sangue e i bambini/ragazzi maschi, ce l'avevano le due successive demoni vampiro. 
 Dopo la tradizione mesopotamica/ebraica, anche i romani e i greci pensarono fosse giusto creare delle figure femminili dedite alla ninfomania e demoniache, e così vennero Lamia ed Empusa. 
 Lamia, porella, era la bellissima regina della Libia, una delle tante conquiste di Zeus, che con lei ebbe qualche figliolo.
"Lamia" di Waterhouse. I preraffaelliti
erano molto affascinati da queste mitiche
figure femminili
Quando Era se ne accorse, presa da ira, le sterminò tutta la prole e quella, devastata dal dolore, si chiuse in una caverna, dove, col tempo e il rancore, divenne un essere orribile e demoniaco che succhiava il sangue di bambini maschi e giovini che seduceva tornando per l'occasione giovane e bellissima.
  Empusa aveva un po' lo stesso metodo, ma con qualche variabile. Era infatti la figlia di Ecate, la dea che proteggeva i crocicchi. Se passavi per un crocicchio e non invocavi Ecate (divinità demoniaca talmente ambigua da essere anche ermafrodita), era un attimo che ti perdevi e se maschio ti ritrovavi nel giaciglio una ragazza bellissima con due piccoli problemi: 
1) Essa era desiderosa di succhiare il tuo sangue.
 2) Aveva una gamba di bronzo e una di sterco d'asina (che non so come potesse essere né come si comprendesse che era proprio cacca d'asino).
 Perché il sangue? Perché, tradizione antica voleva che proprio nel sangue risiedesse la vita e specificatamente nel sangue maschile. Aristotele diceva che tra madre e padre, per dire, era il padre il vero genitore, perché era solo grazie al suo fondamentale afflusso di sangue vitale che lo sterile uovo femminile prendeva vita e generava un bambino.
 Passarono i secoli. Si decise che nel medioevo le donne che per vari e disparatissimi motivi non seguivano la norma imposta, erano un nuovo genere di creatura demoniaca: le streghe. I cliché c'erano tutti: coito col demonio, ninfomania, poteri sovrannaturali usati in modo malvagio, sesso femminile e spesso anche avvenenza. 
 Ne bruciarono a oltranza finché finalmente non si passò a illuministi tempi migliori con una frase che possiamo davvero attribuire a Voltaire: "Le streghe hanno smesso di esistere quando noi abbiamo smesso di bruciarle".
 Fu così che potè iniziare una seconda fase del mito del vampiro. 
 Finalmente si entrava nel campo del fantastico e tale orrida creatura demoniaca poteva essere codificata dal romanticismo ottocentesco. Fu proprio in tale fiorente e adattissima epoca che le vampire lesbiche ebbero il loro acme.
 Fu Coleridge il primo a descrivere un essere sovrannaturale di sesso femminile, malvagio, interessato al sangue, ma di donzelle sue coetanee, avvenenti e possibilmente nobili. Si trattava della Gerardine del suo poemetto, purtroppo incompiuto, "Christabel".
 E' un'opera difficilissima da trovare in italiano, di cui c'è una bella traduzione nella curatissima edizione di "Carmilla" edita da Stampa Alternativa.
 Di cosa parla Christabel?
 Di questa donzella dolce, bianca, soffice e ignara, Christabel, ragazza nobile con fidanzato lontano, che una notte si sveglia e va nel bosco a pregare per lui. Qui incontra una ragazza bellissima e affascinante, Gerardine, per cui prova una fortissima simpatia improvvisa. La ragazza racconta candidamente di essere stata rapita dal castello di famiglia da alcuni figuri che l'hanno poi mollata nel bosco senza più tornare. Presa dal panico era riuscita a liberarsi e finalmente aveva incontrato qualcuno.
 Christabel, affascinata e impietosita, la porta nel suo castello, ma per motivi non chiari non può svegliare nessuno e si porta la bellissima sconosciuta in stanza invitandola a dormire con lei nel letto (non essendoci altri giacigli disponibili). Gerardine ovviamente accetta, ma invece di seguirla subito, si spoglia. Christabel, incantata, non può fare a meno di osservarla e non riesce a trovare neanche motivi razionali per opporsi a quello che avviene poeticamente dopo, ossia uno dei primi rapporti saffici della storia della letteratura.
 Il salto al doppio mostruoso sembrerebbe immediato. Ossia, Gerardine, è una vampira (Coleridge non la chiama così perché non esisteva neanche il termine, ma codifica alcuni comportamenti propri poi dei vampiri letterari: fuoco che si anima al suo passaggio, figure sacre che la indeboliscono, cambiamenti nel fisico dopo aver succhiato sangue), e in quanto mostro oltre a essere donna è anche lesbica (ossia il mostruoso al cubo).
 Eppure Coleridge non ci presenta, a mio parere, Gerardine come un mostro e neanche la vampirizzazione come una cosa orribile e inquietante. Anzi, per come la descrive lui, l'iniziazione vampirica di Christabel sembra più la metafora di un'iniziazione sessuale, un risveglio vampirico che è anche un risveglio sessuale e di orientamento sessuale. Pensate veda i draghi? Credete che sia ottenebrata dalla lesbicizzazione a tutti i costi della letteratura?
La scena della seduzione in piena regola:
Gerardine si spoglia davanti a Christabel
che si gira su un fianco per guardarla meglio.
E' confusa, ma emozionata. 
 Vi lascio allora un bellissimo passaggio del momento in cui Gerardine entra nel letto di Christabel e accade (non esplicitamente ovvio siamo sempre nel 1800) quello che accade:
"Toccare questo seno innesca un sortilegio
che si impadronisce di te fino all'estremo, Christabel!
Conosci stanotte e conoscerai domani,
questo marchio della mia vergogna, questo sigillo
del mio dolore;
ma tu combatti invano,
perché solo questo 
tu puoi dichiarare:
che nella cupa foresta
tu udisti un lieve lamento
e trovasti una splendida dama, immensamente bella;
e la portasti a casa insieme a te per amore e carità,
per proteggerla e ripararla dalle brume dell'aria"


 Non è la cosa più "devo dire che è tutto sbagliato anche se diciamocelo non lo è" bella che abbiate mai letto? Per me sì.
 La storia poi continua in modo ben meno interessante. Il giorno dopo Christabel è sconvolta per quello che ha fatto (ma non riesce a pentirsene), si comprende che Gerardine ha pessime intenzioni nei confronti del padre della ragazza ecc. ecc. Il primo seme della vampirizzazione letteraria è stato gettato e infatti, chi doveva coglierlo, una quindicina di anni dopo, lo coglie.
 Correva il 1816, il famoso anno senza estate. Durante una stagione estiva flagellata da vento, pioggia e gelo, un gruppo di amici si annoiava in una villa in Svizzera.
 Quegli amici erano: Polidori, Shelley, Mary Shelley, Byron e tanti altri. Non sapendo cosa fare e non essendoci internet a distrarli, fortunatamente, decisero di sfidarsi ad un contest sulle storie di fantasmi. Ognuno avrebbe dovuto scriverne una....

 Fine prima parte. L'orrorifica seconda a domani. Spero che non stiate tentando di gettarvi nel Tevere o Ticino o Arno o altro per la noia. Forza che dall'1 torno una persona normale!

E se nel frattempo volete approndire, due due riferimenti bibliografici:
- "Carmilla la vampira" ed. Stampa Alternativa, con favoloso apparato critico e traduzione integrale di "Christabel". In appendice, c'è anche un breve elenco fotografico di vampire letterarie e cinematografiche famose. Non fate caso all'orrida copertina di cui mi sfugge il motivo.
-  "Le Vampire" di Arianna Conti, ed. Castelvecchi. In esso si affronta in modo molto più esaustivo dei miei due post, la storia vera e letteraria del mio della vampira donna.


mercoledì 29 ottobre 2014

(Quasi) Ultima intervista in occasione del Lucca Comics 2014: Felinia e Ribosio di "Sketch & Breakfast", il fumetto per le ragazze che non vogliono essere Marilyn (e per i ragazzi che le incontrano).

 Ed ecco a voi l'ultima intervista a ggggiovani fumettisti emergenti, in occasione del Lucca Comics 2014 (vi informo che ce ne sarà una dopo, fuori tempo massimo, ma ugualmente molto veramente interessante). 
I loro fumettosi alter ego!
 Oggi, i gentili ospiti intervistati sono Ribosio e Felinia, coppia di giovani fumettisti lombardi (anche nella vita), autori delle strisce di "Sketch&Breakfast" con le quali raccontano in modo molto sincero e senza tanti giri di immagini e di parole il complesso rapporto tra le donne e la femminilità imposta (e di conseguenza tra gli uomini veri e le donne reali).
 Detta così sembra una cosa molto seria (e lo è), ma i fumetti di Felinia e Ribosio mostrano tutta l'assurdità dell'enorme divario ormai esistente tra l'immagine femminile e ciò che le ragazze ormai sono: ossia libere, emancipate e francamente stufe di stare a dieta e depilarsi appena spunta il primo pelo.
 Vi siete mai domandate/i perché caspita scelgano per le pubblicità della ceretta, modelle che sono nate glabre ovunque e non hanno mai vissuto l'incubo del silk-epil? Vi siete mai chieste perché il ciclo debba essere una sofferenza umana solo del genere femminile? In quanto uomini siete mai rimasti perplessi nell'apprendere che non tutte le donne amano rovinarsi le caviglie e farsi venire l'alluce valgo sul tacco dodici?
 Se anche voi notate una certa idiosincrasia tra le donne reali e quelle ideali, allora non potrete non rotolarvi dalle risate leggendo le loro strisce in modo gratuito sulla loro pagina fb, o i loro tre libri già editi.
 In qualsiasi caso ecco la loro gentilissima intervista (nella quale si svela anche chi disegna, chi scrive, chi fa cosa, che prima di leggerla non avevo ancora ben capito la loro comunione d'intenti simbiotica come funzionasse)!

Voi siete una coppia di fumettisti che lavora insieme. Esattamente come impostate il vostro lavoro fumettistico a due?

 Disegniamo e scriviamo entrambi, in effetti! Lo stile cerchiamo di mantenerlo più simile possibile, per essere intercambiabili, ma credo che le differenze continuino a notarsi, almeno agli occhi più attenti e critici.
Per quanto riguarda il metodo, che dire, ne ho sentito parlare una volta, da giovine... ma noi non ne facciamo uso, loggiuro, siamo puliti :D
No, scemate a parte, non abbiamo un vero e proprio metodo, per quanto riguarda le strip autoconclusive che postiamo sulla pagina vige la regola "fai quello che ti viene in mente" e qui chi posta in genere ha sia pensato che disegnato la strip. Per progetti più seri e complessi come il fumetto, il discorso cambia! C'è un processo molto lungo, a partire dalla sceneggiatura, fino alla finalizzazione. A grandi linee possiamo dire che Ribosio si occupa di dare un filo conduttore e razionale, Felinia si dedica alle gag estemporanee. Nei disegni Ribosio lavora molto sui layout e sulle ambientazioni, Felinia lavora sui personaggi. Ti chiedi se uno potrebbe fare a meno dell'altro? Ce lo chiediamo anche noi.


Quali sono le vostre fonti di ispirazione?

Leo Ortolani, creatore di Ratman,
è stato per vari anni una delle poche
persone in Italia a poter comprovare
la teoria che sì, il fumettista è un
"lavoro vero"

 Ci sono tante fonti, in effetti. Io cito sempre Leo Ortolani, perché è quello che più identifico come "punto di riferimento" per la comicità, nei dialoghi, nei gesti, nelle tempistiche di narrazione, è il fumettista che più ci fa ridere in assoluto!
  Poi ho sempre paura di dire che mi ispiro a lui perché sembra che io voglia avere la presunzione di dire che "gli somiglio"... in realtà lo vedo più come una divinità che come un'ispirazione, ecco...
Per quanto riguarda la parte estetica in realtà dovrei citarti davvero tantissima gente, anche completamente diversa dal nostro modo di interpretare disegni e colori, ma che in fondo ci ispira per un motivo o per l'altro. 
Diciamo che i nostri studi sono una sorta di buffet di fumetti, spilucchiamo un po' di Goscinny e un po' di De Pins, ci rinfreschiamo dei colori di Fernandez per affogarci nella dinamicità di Celoni...


Quando avete deciso che avreste fatto i fumettisti?


 Devo dirti in modo scontatissimo: fin da quando eravamo piccoli! E' un po' una sorta di vocazione, che senti dentro, a prescindere dalle effettive capacità, è la passione che ci ha spinti a provare a fare questo mestiere, non l'effettiva bravura nel disegno... ma la vera domanda è "Quando avete deciso di fare i fumettisti, eravate consapevoli che avreste anche dovuto mantenervi in qualche modo?" Ecco, con questa domanda ci avresti messo più in crisi!


Cosa state leggendo in questo momento?

 Ribosio sta leggendo Il Signore degli Anelli... ma tipo da 4 o 5 anni. Io sto leggendo un po' di fumetti random, materiale recuperato a Romics e altri invece più vecchiotti che ogni tanto scopro lì nella libreria della nostra casa, proprio dietro i boli di peli dei gatti.

E-reader o carta stampata?

 La carta stampata non ha eguali, mi sembra scontato doverlo dire, ma in effetti alle nuove generazioni forse si dovrebbe impartire questa lezione: quando si compra un fumetto (ma vale anche per i libri) prima di qualunque altra cosa, bisogna sniffare l'essenza rilasciata dalla carta delle pagine, altrimenti godi solo a metà.
Per quanto riguarda l'E-reader dobbiamo essere onesti, siamo ancora poco tecnologizzati per poterti dare un parere effettivo. Credo sia il futuro, quindi non me la sento di dare una brutta recensione. Però si risparmia un sacco di carta, quindi questo è un bene per la natura... ma allo stesso tempo non c'è quella magia olfattiva di cui abbiamo appena parlato... oddio, ci hai messo in una brutta posizione, dannata!!!


Progetti prossimi venturi?

Stiamo già mettendo mano al volume "intermezzo", chiamiamolo così, della collana Sketch & Breakfast edita dai Dentiblù. Infatti con loro abbiamo deciso di pubblicare due volumi all'anno, uno per il periodo primaverile, che sarebbe il prossimo, e uno per il periodo pre Lucca per... beh, dai, non devo certo spiegare il perché! :D
La serie principale sarà quella pubblicata nel periodo autunnale, cioè la serie che seguirà a "Felinia, non tutte vogliono essere Marilyn" che è appunto l'albo pubblicato a fine settembre. Invece la pubblicazione di "intermezzo" avrà tematiche e dinamiche più leggere e scorrevoli... quindi più demenziali.
Per il resto stiamo ancora lavorando su diversi fronti, come lo store online (www.mygadgetcomix.it) e la possibilità di un nuovo videgioco dopo "Felinia's World".
Diciamo che per ora siamo in quella fase in cui stiamo dedicandoci anima e corpo al lancio del primo fumetto! Dopo Lucca metteremo un po' in ordine le idee e decideremo su cosa buttarci a capofitto!


Un autore e un fumetto (o libro) che vorreste assolutamente consigliare?

 Ci cogli un po' alla sprovvista, non siamo molto aggiornati su questo fronte (imperdonabile pecca, lo so), però una delle ultime meraviglie che abbiamo scoperto e acquistato è stato Bichon di David Gilson: tematica molto interessante e coinvolgente e disegni semplicemente stupendi!

Il miglior fumetto dell'anno, secondo voi?

 E' impossibile trovare il migliore, troppi fattori che influiscono sulla scelta, dal periodo in cui si legge il fumetto, dalla bellezza del tratto, dal coinvolgimento della storia, dalla simpatia dell'autore... insomma, non c'è una risposta esatta a questa domanda.


Felinia è un personaggio liberatorio, perché riesce a rappresentare le assurde regole della femminilità a cui molte donne non riescono e soprattutto non vogliono adattarsi. Com'è nata l'idea del personaggio?

Il famoso "istinto materno" femminile

 L'idea del personaggio è nata per un semplice motivo: io sono Felinia :P
 Ma andando per gradi, diciamo che non era mia intenzione creare un fumetto sul mio alter ego, sono stata costretta a un certo punto. Infatti agli esordi della nostra pagina raccontavamo gag di coppia per arrivare a sketch più serrati sul genere femminile. Spesso mi capitava di leggere di ragazze che si dissociavano da certi atteggiamenti e stufa di dover ripetere sempre che "non volevo rappresentare TUTTE le ragazze nelle mie gag" ho deciso di usare un capro espiatorio, in modo da far ricadere la gag su quell'unica persona e non dover per forza identificare TUTTO il genere femminile nella situazione rappresentata.
Ovviamente il fatto che mi sia auto immolata come capro espiatorio è dovuto alla mia forte capacità di autocritica e autoironia, che è anche l'unico grande pregio che mi riconosco. Credo che saper fare dei propri difetti un punto di forza (in modo umoristico, ovviamente) sia la nostra arma migliore.
Inoltre, scaricare la colpa delle mie gag su questo personaggio mi dà la possibilità di portare avanti il mio pensiero anticonformista riguardo all'utilizzo dei personaggi femminili all'interno del fumetto in generale. Quindi Felinia ha un po' il compito di sfatare quei preconcetti per cui la femmina nel fumetto debba essere sempre la donzella da trarre in salvo, o al contrario la supereroina supercazzuta e supersexy.


Cosa leggevate da bambini?

 Felinia ha sempre letto Topolino, Minnie, Lupo Alberto, Cattivik e qualcos'altro...
Ribosio invece ha avuto un'infanzia molto triste, leggeva quasi nulla a livello di fumetti, ma si è innamorato quando per caso si è ritrovato tra le mani un volume di Asterix.


Anche voi come altri giovani fumettisti siete nati sul web e avete avuto una formazione “accademica” alla Scuola di Comics. E' un percorso che vi sentireste di consigliare?

 Noi abbiamo frequentato entrambi la Scuola del Fumetto di Milano e se il percorso a cui ti riferisci è quello di frequentare una Scuola di Comics, non c'è una risposta giusta. Conosciamo autori autodidatta che ci fanno impallidire per quanto sono bravi, e allo stesso tempo conosciamo gente che ha frequentato la nostra stessa accademia, ma non ha mai provato a fare fumetti dopo il corso. E' una scelta molto personale, diciamo che può aiutare molto frequentare un corso di fumetti, soprattutto per il fatto che ci si confronta con altre persone con la tua stessa passione, un po' per quanto riguarda lo scambio di opinioni in generale sul mondo del fumetto, ma soprattutto per confrontare tecnicamente e artisticamente le proprie doti con quelle di altri ragazzi. Io per esempio ho imparato moltissimo sui miei errori di tecnica o di approccio al disegno guardando disegnare gli altri e trovando in loro gli stessi miei errori.
A ogni modo, prima di frequentare qualunque corso di fumetto, bisogna essere davvero convinti di voler fare questo nella vita e soprattutto bisogna essere pronti a sacrificare un mucchio di tempo che potrebbe essere destinato al divertimento, di qualunque tipo esso sia.


Sui social network avete un seguito vastissimo, a cosa pensate sia dovuto il successo così grande di Felinia & co.?

 Credo che il successo di Felinia sia dovuto principalmente al fatto che gran parte delle ragazze e delle donne che l'hanno conosciuta, abbiano ritrovato nel suo personaggio molto di loro stesse. Questa immedesimazione ha fatto sì che la gente si sia sentita quasi in dovere di condividere la pagina e far conoscere le realtà che Felinia e gli altri personaggi raccontano, proprio perché anche esse (ma anche molti uomini, eh) si rispecchiano in quelle realtà, che invece gran parte dei fumetti tende a nascondere o a censurare oppure a stravolgere completamente.
In particolare mi piace credere che la gente apprezzi il nostro lavoro perché abbia voglia di divertirsi e di ridere di quelle cose che succedono a tutti e che di per sé non sono affatto divertenti. Insomma, spero che Felinia e Ribosio riescano prima o poi ad insegnare che con una risata anche i problemi più fastidiosi possono diventare meno angoscianti.


Ci sarete a Lucca Comics? Avete in previsione qualche evento in particolare?

 Certo che saremo a Lucca, colgo l'occasione per ricordare che saremo allo stand delle Edizioni Dentiblù (Padiglione Napoleone stand E118). Saremo presenti tutti e quattro i giorni e cercheremo di essere sempre pronti alla nostra postazione per incontrare i lettori e scambiare qualche chiacchiera per distrarli mentre scarabocchiamo con brutte dediche i loro volumi :D
In previsione non abbiamo eventi particolari, l'unica previsione che ci preme fare è quella della nostra sopravvivenza a questi quattro giorni :D


E' appena uscita la vostra ultima fatica, “Non tutte vogliono essere Marilyn” per le ed. Dentiblù, di cosa si tratta?  

"Felinia, non tutte vogliono essere Marilyn" è come dici tu la nostra ultima fatica, ma in un certo senso è anche la nostra "prima" fatica, poiché è il nostro primo vero fumetto strutturato in modo narrativo e del tutto inedito che pubblichiamo con una casa editrice.

E' un progetto che ci sta particolarmente a cuore, oltre appunto al fatto che è il primo, perché è quello che presenta in tutto e per tutto il personaggio di Felinia!
 In questa storia infatti si racconta della crescita concettuale di Felinia in concomitanza alla sua crescita fisiologica, quindi l'attraversamento dei diversi periodi storici che qualunque persona compie nella propria vita, le scuole, l'adolescenza, il primo ciclo, l'età adulta (?)... e in particolare si parla di come Felinia affronti il tema della femminilità nelle diverse fasce temporali, e quindi il percorso che l'ha condotta ad essere quella che oggi conosciamo tutti, più o meno!


Ringrazio tantissimo i gentilissimi ospiti e, se non conoscete il magico mondo di Felinia davvero andate su fb o sul loro sito: www.sketchandbreakfast.com!

martedì 28 ottobre 2014

"La telefonata fantasma", una storia di Halloween realmente avvenuta in libreria. Driiin driiin driiin driiin...

Come l'anno scorso in occasione di Halloween ho ampiamente narrato, io amo molto questa festività anglosassone.
 Non provo particolare passione per l'estetica di nessun'altra festa, ma verso Ognissanti provo un trasporto dovuto, probabilmente, ad un misto di amore per le storie di fantasmi, per il gotico ottecentesco, le zucche e l'autunno.
 Quest'anno ho intenzione di dedicare il primo post ad una storiella realmente avvenuta nella libreria dove lavoravo qualche anno fa. Magari mi troverete mille spiegazioni tecnologiche al riguardo, ma quella sera io e i miei colleghi ci siamo inquietati davvero. Era tutto deserto, fuori si gelava e gli squilli riempivano la libreria...
 Non vi guasto le tre tavole di cui sotto (che domani rimaneggio quel minimo che so rimaneggiare con photoshop per mettere almeno la firma del blog, ma stasera non avevo proprio tempo).
 "La telefonata fantasma. Una storia di Halloween".





lunedì 27 ottobre 2014

Cinque regole facili facili per scrivere un romanzo italiano medio di sicuro successo! Sentimenti, anni '70, Ungaretti, silenzi e baci Perugina per duecento pagine senza trama alcuna.

Avevo iniziato qualche settimana fa, una serie di elenchi con regole semplici semplici per scrivere un romanzo di genere di successo. 
 Avevo elencato quelle per il romanzo rosa, per i gialli e infine per i romanzi di formazione. Ci sono molti altri territori inesplorate, foreste vergini su cui ognuno di noi può mettere mano se guidato nel modo giusto.
 Poiché suppongo che il 99% dei miei lettori sia italiano, ho deciso di venire incontro alle eventuali ansie di scrittura che albergano nel cuore di ognuno di noi (come i siti di self publishing non smettono di ricordarci in ogni dove: "Scrivi e pubblica un libro! E' giunto il momento di diventare il nuovo Ken Follett!"), suggerendovi come scrivere un romanzo italiano medio di sicuro successo.
 Siete pronti a diventare i nuovi Fabio Volo? A seppellire Moccia? A sfidare a singolar tenzone la Gamberale?
Seguite le mie regole e les jeux sont faits!

L'ASSENZA DELLA TRAMA: 
Altro che il nano di Twin Peaks
 In molti paesi stranieri, a chi scrive, è richiesta la costruzione di una trama piuttosto complessa.

 Su questo punto, in quanto italiani, siete piuttosto fortunati. La stragrande maggioranza dei romanzi italiani medi si basano sull'assoluta assenza di una trama complessa. Solitamente quattro o cinque personaggi (ma anche meno) si muovono su una scacchiera talmente prevedibile che "Beautiful" al confronto ha lo spessore di un film di David Lynch.
 Generalmente tutto deve basarsi su un unico evento o un'unica relazione su cui tutti i personaggi ballettano indecisi. I sentimenti sono padroni incontrastati delle frasi. Alla fine una volta che hai messo un padre e una figlia che non vanno d'accordo su una macchina per settecento km, per esempio, il più è fatto. Quei settecento km non hanno bisogno di avvenimenti, basterà semplicemente l'avvicinarsi lento e soffice dei loro cuori. Due amiche che non si parlano da anni possono riscoprirsi  grazie ad un corso di cucina in comune, una ex sparita nel niente può tornare a scrivere lettere in cui descrive la propria vita da quando l'amato se n'è andato. Suvvia, questa cosa della trama. Basta la scrittura no?
 Forse il problema è proprio quello.

LE FRASI DA BACIO PERUGINA e LA TENDENZA UNGARETTI:
Ungaretti se la ride alla faccia di tutti noi. Lui sì che aveva capito
tutto.
Pensate al fu Tondelli, alla sua scrittura sperimentale, al suo lessico e alla sua punteggiatura in grado di rievocare lo spiritato mondo degli anni '80 in un'incessante cadenzare di frasi? Ebbene, dimenticatevelo. Non è tempo per voi e forse non lo sarà mai (più).
 Tutti a stracciarsi le vesti sul fatto che importiamo libri meravigliosi che in Italia non saremmo in grado di scrivere, ma la stragrande maggioranza dei libri italici va avanti a frasi ad effetto, cuori e amori da bacio perugina e punti ogni tre parole.
 Vi faccio un esempio:
 "Lei lo amava. Lui anche. Il cielo era blu. Lo fissavano in silenzio. E se l'amore fosse davvero questo? Se l'amore. L'amore era come il cielo. Immenso. Profondo. Infinito. Si presero per mano. Lei disse "Siamo qui". E il tempo si fermò."
 Ricordate: amore, cuore, odio, dolore e tanti punti. Il punto fa attesa e rende il bacio perugina più intenso. Inoltre la sovrabbondanza di punti rende possibile scrivere una novella di trenta pagine e spacciarla per una storia di almeno 150. In questo caso potrebbe aiutarvi anche andare a capo di frequente tipo Ungaretti, in modo ermetico ed arbitrario, e lasciare degli spazi bianchi tra una frase di tre parole a l'altra. Tre rapide mosse ed è già poesia.

LA SAGA FAMILIARE:
Volete tentare un premio letterario per romanzi? Toccare le corde più cordose delle case editrici e dei lettori? Ebbene: scrivete una saga familiare. 
 Grande successo anche all'estero, è praticamente la hit favorita nel paese che si muove al grido di "Tengo famiglia!".
La saga familiare del sud è molto apprezzata anche al cinema
 Tutti noi, sul suolo italico, intratteniamo rapporti con un numero di familiari spesso superiori alle nostre forze e soprattutto alla nostra volontà. Sappiamo che la cugina X ha sposato il deficiente Y facendo quattro figli e lasciandolo poi per un camionista che nessuno ha mai visto. Sappiamo che nostra nonna ha avuto un passato, ma non l'ha mai raccontato a nessuno, sappiamo che i nostri genitori da qualche parte si sono conosciuti ecc. ecc.
  Il pettegolezzo familiare è lo sport favorito di tutte le feste comandate. Tutti diciamo di non soffrirlo (anche perché ne siamo spesso vittime), ma poi le saghe familiare schizzano in classifica o comunque vendicchiano, lente, ma regolari.
 Perciò, il mio consiglio è:
1) Mitizzate la storia della vostra famiglia con tutto il realismo magico di cui siete capaci. rendete strane cose ovvie, come il fatto che i vostri nonni abitassero in una casa senza riscaldamenti in campagna, o che un vostro parente abbia fatto la guerra e ne sia tornato fortemente traumatizzato. Con le parole giuste riuscirete a rendere assurdo anche un gelato mangiato ad agosto.
2) Se non avete una famiglia interessante o a cui appioppare gesta romanzate, inventatevene pure una. L'importante è che sia piena di donne, tutte forti, tutte colonne della famiglia, che si disponga di un familiare pecora nera che ricorre nella storia, di un amore nel passato mai dimenticato e, soprattutto, se potete, ambientate la storia al sud. Mare batte montagna mille a zero. Sangue caldo e focoso, dedito a delitti d'onore o a tormentate notti tra dovere e amore, batte riservatezza nordica tremila a zero.
 Il sud è la via.

LA CRISI DI COPPIA: 

Gettonatissima è la crisi di coppia.
 Prendete due tizi che non avrebbero avuto nessun buon motivo per sposarsi e invece, inconsultamente, l'hanno fatto, e scrivete duecento pagine (o più se ci riuscite) di reciproche recriminazioni e ricordi melensi.
 Trama tipo. Eurpidio e Zelidia si sono innamorati a diciotto anni. Giovani e inesperti hanno deciso di sposarsi sull'onda di un amore favoloso. Eurpidio ha una madre che odia e un padre sottomesso, Zelidia è orfana ed è stata cresciuta senza amore da una zia zitella, entrambi cercavano l'amore che non avevano ricevuto dai legittimi genitori e hanno pensato bene di trovarlo nel primo post-adolescente non brufoloso che passava. Ma i nodi vengono al pettine e, dopo una dozzina di anni, qualche amante, vacanze al mare, in montagna, lavori più o meno riusciti i due sono arrivati ad un punto di non ritorno. Generalmente la coppia in via di lascito o non ha figli e litiga per quello, o ha due figli e litiga perché le aspirazioni lavorative della gioventù sono state irrimediabilmente tradite e se ne incolpa il coniuge.
 Aleggia sempre il dubbio sul perché Eurpidio, allegro, estroverso, solare e con la voglia di girare il mondo, abbia sposato Zelidia, introversa, tristerrima, rompipalle e con la voglia di creare un nido di 50 mq dal quale non uscire mai neanche per sbaglio. Ma non temete, indagare sui complessi moti dell'animo umano non è quello che vi si richiede. Concentratevi sul litigio e sui ricordi splendenti di corse sulla spiaggia perdute. E non dimenticate il tramonto che vi riempie il cuore.

LA RIEVOCAZIONE STORICA DEGLI ANNI '70:
 Avete una storia che è stata scritta e riscritta, trita e ritrita e non sapete che farci? Lui ama lei, ma i genitori delle due famiglie sono contrari fa troppo Shakespeare? Uomo muore per i suoi ideali combattendo un potere stupido e malvagio è vecchia dai tempi di Thomas Moore?  Ebbene in Italia avete un jolly che non potete rifiutare. Ambientate la storia negli anni '70 ed è fatta. Tutto improvvisamente acquisirà uno spessore che non avreste mai sognato di potergli dare.
  L'anima tormentata dell'Italia, la democrazia incompiuta, il vecchio e il nuovo che si scontrano, gli ideali, la gioventù, il modo focoso, irrispettoso, irresponsabile, ma sincero di affrontare la vita e la politica. Attentati, bombe, Br, litigi familiare di destra e sinistra, tutto cospira a rendere molto più epica una storia che ambientata ai giorni nostri vedrebbe solo masse addormentate preoccupate per l'uscita dell'ultimo I-phone.
 Perciò: lui ama lei, ma le loro rispettive brigate terroristiche non vogliono. Vedete che già si fa tutto più interessante?

 Mi sono dimenticata qualcosa? Avete altri suggerimenti per gli aspiranti scrittori italici? Scrivete e aiutate le genti, ve ne saranno grate!


domenica 26 ottobre 2014

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Telefonate interrotte" (o anche "Il dramma delle penne che non scrivono").

Buona domenica a tutt*!! Ecco la vignetta del fine settimana, ieri sera alla fine ho saltato, aò capita.
 Nella vignetta di oggi si parla del frequente dramma delle penne che non scrivono o mancano o comunque hanno qualche problema nel momento del bisogno.
 Mi riesce sempre complicato capire per quale motivo, il 70% delle volte in cui qualcuno chiama per sapere qualcosa che dovrà per forza scriversi da qualche parte, ebbene non ha mai sottomano né la carta né la fatidica penna.
 Al momento della terribile domanda: "Ha una penna con cui scrivere?", dall'altro capo della cornetta si scatena l'inferno: gente che litiga, gente che corre, persone che inveiscono contro i figli per non aver detto loro di prendere una penna, chi grida per le stanze, chi sparisce, chi maledice il dio delle penne che non scrivono e, infine, casi estremi come quelli di cui sotto.
Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Telefonate interrotte"!




Ps. Vi prego di notare i miei progressi: sono riuscita ad unire i disegni!! Inoltre ho finalmente trovato un nome per il nuovo blog collaterale, quindi dovrebbe prender vita la settimana prossima!

venerdì 24 ottobre 2014

Del perché considero il libro di Valerie Trierweiler, "Grazie per questo momento", una carognata megagalattica. Uso strumentale del lettore e della scrittura, nessuna possibilità di replica e la presunzione della Verità, non so davvero cosa scegliere.

Circa due annetti fa decisi di mettermi a leggere Irene Nemirovsky.
Tutti la consigliavano, tutti dicevano che bello che bello, capolavoro, chi ero io per non darle una possibilità. In libreria iniziai a leggere le trame dei libri alla ricerca di qualcosa che mi ispirasse, il caso volle che le trovassi tutte mortalmente pallose. 
 Fidando in quarte di copertina scritte male, presi praticamente a caso "Il calore del sangue" e mi ritrovai persa in questa pallosissima storia di latifondisti francesi che si tradivano in mezzo alla campagna.
 Lo ricordo ancora con una tale antipatia che non solo per liberarmene ho dovuto fisicamente dare via il libro, ma ancora mi fa rabbia.
 Generalmente io non sono una persona vendicativa e neanche rancorosa, trovo che portare rancore (se non in casi estremi ovviamente) rovini la vita. Tuttavia se qualcosa non mi piace, se una persona non è di mio gradimento per qualche motivo, qualsiasi cosa essa possa fare non farà che rendermela ancora più antipatica. Non c'è carineria che tenga né razionalità, mi stai sulle ovaie e mi stai sulle ovaie.
 Credevo che tale poco nobile pratica si potesse applicare solo ad un altro essere vivente, possibilmente senziente, ma libri come quello della Nemirovsky mi hanno convinto che posso provare un sentimento di infinita antipatia, paragonabile ad un'orticaria molesta, anche nei confronti di un libro.
 Perché questo preambolo sui miei gusti manichei? Per il semplice fatto che ieri è giunto sulle nostra tavole la traduzione di quella verissima carognata megagalattica che è "Grazie per questo momento" dell'ex premiere dame, Valerie Trierwailer.
  La storia la conosciamo tutti. Per motivi che rimangono ignoti, i presidenti francesi non riescono ad avere una vita sentimentale normale e si sentono tutti in dovere di imitare le gesta del Re Sole, tra figlie segrete, amanti, prime mogli che scappano con miliardari costringendoti a sposare in fretta e furia una modella di origini torinesi, e, infine, un tradimento in salsa cinematografica.
 Hollande, dopo aver tradito la fu Segolene Royal, nel momento meno opportuno della storia (ossia quando lei si stava candidando a presidente francese) con la giornalista Trierwailer, nove anni dopo ripeteva l'impresa tradendola con un'attrice francese che pare una sciura bergamasca ben riuscita.
 La Treirwailer a quel punto, pianta un casino che manco madame de Pompadour, si sente male, viene portata in ospedale, implora Hollande di tornare da lei e lo attende a Versailles (davvero lo attende a Versailles), quando lui non torna, lei dimagrisce, si chiude in casa e macina una vendetta tremenda vendetta, ossia scrive una sputtanatio di dimensioni epiche, appunto "Grazie per questo momento". 
 Il libro viene stampato, diventa un successo, alcuni librai francesi si rifiutano di venderlo, forse dimentichi del fatto che probabilmente hanno la libreria piena di porcherie di ogni genere, "Mein Kampf" compreso, e alla fine, ieri, 'sto libro è giunto anche in Italia, dove solo il tempo ci dirà quanta voglia abbiamo di spettegolare.
Ci sono vari motivi per cui ho sentito un'antipatia ENORME per questo libro.
1) Chi caspita è Valerie Trierwailer? 
 In Francia hanno questo strano istituto della Premiere Dame che almeno in Italia abbiamo avuto il buon gusto di non copiare. Ossia la moglie/compagna/ma sarebbe meglio moglie, del capo di stato ha un ufficio suo, con collaboratori suoi e una sua immagine e un suo peso politico. La grande differenza è che, al contrario del marito, non l'ha votata nessuno. Quindi, tecnicamente, costei non è nessuno. La sua opinione dovrebbe contare quanto quella di un comune cittadino, la sua presenza o assenza non dovrebbero significare praticamente nulla per nessuno.
 Il fatto che perciò si atteggi ad una martire pubblica, quando il suo è un fatto puramente privato lo trovo svilente per la politica e francamente pure per le donne, che, generalmente, non misurano la propria vita in rapporto all'uomo, per quanto potente che le accompagna.
2) Il libro è una carognata che usa i lettori. La Treirwailer sapeva benissimo, scrivendolo, che Hollande non avrebbe potuto replicare pubblicamente, non avrebbe potuto raccontare la sua versione dei fatti, non avrebbe avuto diritto a raccontare la storia dal suo punto di vista. Costei è una giornalista, sa benissimo che manipolare l'opinione pubblica dovrebbe essere deontologicamente scorretto, ma pur di vendicarsi ha USATO i lettori.
 Intendiamoci, i lettori che si lasciano usare tranquillamente, hanno anche loro una grandissima parte di colpa. In questo caso specifico ancora più grande visto che rendendo questo libro un bestseller si sono resi complici di una vendetta privata con conseguenze pubbliche gigantesche.
3) Il libro è scritto in un modo pietoso, nel senso che è tutto impostato per ispirare una somma pietas nel lettore.
  Mi sono detta che prima di giudicare avrei dovuto leggerlo, e ieri ne ho saltabeccato ampi stralci. Magari, mi dicevo, il pezzo in cui sosteneva che Hollande chiamasse i poveri "sdentati" era una goccia nel mare. Ebbene, il libro è molto peggio.
 Se fosse un romanzo avrebbe una sua dignità, come storia di vita vissuta è degna di un romanzetto d'appendice scritto da Fabrizio Corona. 
  La Royal, da odiatissimo fantasma del passato, dopo il tradimento, diventa addirittura una donna con cui solidarizzare. 
Hollande caro, vai a Brescia e Bergamo
e trovi tutte le Gayet che vuoi
 Il personaggio principale di questo romanzo rosa (che altro non saprei come definirlo) è una donna che si è costruita da sola, madre di tre figli maschi avuti da non ho capito se uno o due mariti, amante appassionata, donna perdutamente innamorata. Proveniente da una famiglia quasi povera si è costruita da sé, non come la Gayet che pare invece sia una parigina bene. Hollande è ora un bugiardo, ora un freddo calcolatore, ora un politico furbissimo, ora l'uomo che doveva sposarla, ma poi non voleva (lei finge di non volerlo, ma si capisce che si mangia le mani per non averlo fatto), ma poi doveva.
 Questo ovviamente dopo averle fatto la pelle sia nella vita privata che con quell'amabile tweet in cui tifava alle "regionali" francesi per il suo avversario. Anche la celebre storia del tweet contro la Royal assume toni ridicoli. La Trierwailer sostiene di essere stata pura e candida, scevra da ogni desiderio di sabotare la ex del suo compagno, guidata solo da una purezza interiore, come un faro nella notte. Maligni noi che credevamo fosse una giornalista esperta in grado di usare i mass media con raziocinio.
 Ci sono le parti pietistche dell'infanzia nella casa popolare, la malvagia nuova donna, i figli posti sempre come primo bene, lei madre tradita, lei orfana di padre, il malvagio seduttore che domina la Francia. Praticamente è un pessimo incrocio tra "Notre Dame de Paris", un romanzo di fantapolitica e uno di quei libri che parlano di donne meravigliose dal cuore spezzato che escono dal buio in cui un aguzzino dei sentimenti le ha precipitate.
 Tutto ok, se non fosse che la signora cerca di farci credere che la sua sia la VERITA'.
 C'è una cosa che nella mia vita non sopporto e non ho mai sopportato: essere presa per stupida. Si possono ovviamente avere idee sbagliate, si può perseverare nel credere cose errate, ma prendere gli altri per deficienti è indubbiamente un peccato che non posso perdonare. Questo libro borioso è esattamente questo: prendere il prossimo (un prossimo che intendiamoci, nella maggior parte dei casi ci si fa prendere) per deficiente.
 Mi riesce difficile non vedere nella disperata accusatrice, una donna disperata per aver perso un potere agognato e appena sfiorato. Ha fatto un uso indegno della scrittura a mio parere e lo so che escono libri peggiori, ma vi giuro che raramente qualche tomo in questi anni mi ha causato un travaso di bile maggiore.
 So che i libri omofobi sono scritti da omofobi che si arrampicano sugli specchi, che quelli fascisti fanno capo a gente col paraocchi e spesso ignorante, che gli scaffali sono pieni di storie voyeuristiche sul dolore altrui. Però, in nessuno di questi casi si fa un uso così srtrumentalmente odioso della scrittura e del lettore. 
 Grazie Valerie, per questo momento di alta letteratura, ne avevamo bisogno.

Ps. Scusate se mancano gli accenti alle parole francesi, mò vado di corsa, appena posso li metto.

giovedì 23 ottobre 2014

Lo strano caso delle misteriose traduzioni italiane dei titoli stranieri. Ragazzi che entrano dalle finestre, svastiche solari, attimi fuggenti, diari e confessioni di una discutibile abitudine editoriale.

Alla quasi soglia delle 400.000 visualizzazioni mi pare giunta l'ora di scrivere il post che avevo promesso in onore non mi ricordo se delle 350.000 o 300.000. 
Nessuna immagine di inizio può essere migliore di "Lost in translation"
 Avevo infatti indetto su fb un contest a costo zero (che la legge non mi concede di indirne uno con oggetti di valore in palio), per suggerire un post per il blog. Quello che ha avuto più voti è stato il sugoso "I titoli peggio tradotti che passeggiano per la libreria" che è potenzialmente fantastico, ma anche complicatissimo perché ci sono scatervate di titoli rivisitati, stravolti, scorretti, ma talvolta, talvoltissima anche migliori dell'originale.
 Tuttavia una promessa è una promessa perciò mi cimento nell'impresa.
 Questa fissazione di criticare i titoli tradotti male, mi ricordo che era motivo di gran vanto intellettuale durante gli anni delle superiori, quando ci si ritrovava davanti a titoli di film ,insensati, la cui principale ragion d'essere non era quella di diventare magari più esplicativi in italiano (non tutti i titoli in effetti hanno lo stesso effetto nella nostra dolce lingua madre), ma semplicemente infarcirli di doppi sensi a gogò, rendendo la maggior parte di essi inutilmente ridicoli.
 Ricordo anche che non si poteva però non notare con sconcerto che uno dei film più in voga, ossia, "L'attimo fuggente" (era datato anche per l'epoca mia, ma rimane un film stupendo da vedere quando si è adolescenti), in inglese fosse un ben più sciapo "La setta dei poeti estinti" che non solo non rende il senso del film, ma a noi adesso può suonare persino come un titolo Newton X.
 Ciò ci imponeva di pensare che non tutti i cambiamenti di titolo vengono per nuocere
 Lo dico perché, in linea di massima, io non sono completamente contraria a mutare l'originale se c'è un motivo sensato (ci sono invece i puristi che vorrebbero i titoli mai tradotti e allora voglio vedere come capisci come si chiama un'opera tibetana o cinese o hindi), tuttavia questa mia fiducia è da sempre brutalmente tradita, non tanto dagli incolpevoli traduttori, quanto, ormai lo sappiamo, dall'ufficio marketing.
 Per impedire che questo diventi un inutile elenco di titoli tradotti insensatamente ho deciso di raggruppare gli stessi in alcuni macrosettori che ovviamente non hanno l'aspirazione di essere onnicomprensivi, ma oh ce provo, è un po' come raccogliere sabbia con una conchiglia.

 DIARI E CONFESSIONI: 
Se provate a inserire la parola "Diari" o "Confessioni" su Anobii vi uscirà una lista così assurda e sterminata da meritare un libro a sé. Praticamente nell'editoria chiunque si è sentito in bisogno di confessarsi da sant'Agostino in poi.
 Se inoltre molti libri diventano lussureggianti confessioni per forza di traduzioni errate, allora la lista diventa ancora più gigantesca. Caso recente, da una casa editrice che potrebbe risparmiarsi tali mezzucci, la Sellerio, è "Confessioni di una vittima dello shopping", grazioso e inquietante libro di Rhadika Jha il cui titolo originale era l'assai più poetico e azzeccato "La mia bellissima ombra" (di cui farò una recensione appena possibile) e che avrà scoraggiato più di una persona in grado di apprezzarlo, convincendola che un'epigona della Kinsella ci stesse raccontando il suo dramma del possedere solo quattro tipo di calze rosse differenti. Capisco titillare lo spirito voyeuristico del prossimo, ma le assurdità aumentano esponenzialmente quando si tirano in ballo personaggi storici o immaginari, come "Il diario segreto del Conte di Montecristo" di Tom Reiss (vero titolo: "Dumas, il conte nero") o il "Diario proibito di Maria Antonietta" (in originale "Becoming Marie Antoniette", sappiate che di diari della regina francese ce ne saranno millanta).
  Rimane però lo sconcerto nell'apprendere che alcuni dei titoli che sembrano farlocchi, in realtà corrispondono all'originale. Fino all'ultimo ho sperato che "Il mio diario segreto dell'olocausto" fosse l'invenzione di qualche fantasioso stagista del settore marketing, invece era il tremendissimo titolo originale.

CIBO CIBOSO-SEGRETI SEGRETOSI-AMORE-AMOROSO: 
Parlo sempre di titoli con dolcetti, cioccolato, cupcake e praline varie, ma in effetti bisognerebbe distribuire bene le colpe: chi è il colpevole di questa pasticceria imperante? Siamo sicuri che pure all'estero siano ossessionati dal glucosio come noi? NI. 
Ci sono casi in cui l'ossessione per il cibo è tale da far vedere odori e sapori dove non ce ne sono, come il celebre "Il profumo delle foglie di limone" di Clara Sanchez, nel quale 'sto limone non ha nessunissimo ruolo, tanto che l'originale è completamente diverso e ben più attinente ad una trama di anziani nazisti: "Quello che nasconde il tuo nome". Ma se si va a ben guardare, purtroppo, anche gli originali istigano al saccarosio, magari in forme lievemente diverse. 
 Generalmente se vengono citati i cupcake in italiano li troverete anche in inglese, oppure entrate nel campo della parafrasi, come "Gli ingredienti della felicità" in luogo di "Amore, bugie e torte al limone" (ok, il titolo è diverso, ma se non è zuppa è pan bagnato). Anche l'ammmore e il segreto imperano tra alterne vicende. Vi è adesso "Il libro delle verità segrete", un titolo x che potrebbe andar bene per il 50% delle trame in commercio che in originale era un più particolare "The butterfly sister", o "L'inganno delle pagine segrete" il cui originale "La ragazza che non sapeva leggere" poteva in effetti essere più particolare, ma anche creare confusione in chi non distingue la narrativa dalla didattica.
  Incomprensibili rimangono rimaneggiamenti di titoli già belli in originale, quello che mi ha più colpito è senza dubbio il banalissimo "Come aggiustare un cuore innamorato" invece dell'originale molto poetico, "L'estate che mi innamorai di tutto". La domanda in questo caso sorge spontaneissima: perché fare la fatica di trovare un titolo nuovo se l'originale va già bene così?

LO STRANO CASO DEI LIBRI CHE PARAFRASANO GLI ANZIANI CHE SALTANO DALLE FINESTRE:
Giusto oggi mi si è parato davanti l'ennesimo
caso, "La misteriosa scomparsa del piccione
migratore" in realtà è "Dov'è Martha?"
Una cosa diffusissima è l'ambiguità che portano i lunghi titoli. Statisticamente se il titolo originale era lungo e particolareggiato, a scanso di follie o incomprensioni, ha buonissime probabilità di rimanere uguale in italiano. A quanto pare, infatti, il trend del momento è mettere titoli più lunghi possibili. "Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve", ha lanciato una nuova moda: anziani che fanno cose, gente che gira indiscriminatamente. 
 Caso di delirio totale è, secondo me, "Il ragazzo che entrò dalla finestra e si infilò nel mio letto", titolo originale "The boy who sneaks in my bedroom window", ossia ok, il ragazzo entra, ma non si infila proprio da nessuna parte. La presenza in copertina della ragazza col calzino in testa e l'aria sognante scongiura l'ipotesi di un libro drammatico su uno stalker psicopatico, ma io eviterei di dare titoli del genere a libri romantici.
  Allungamento anche nel caso di "Le ragazze cattive portano i tacchi alti", al posto di "Bad girls", segnale che all'estero avere la passione per Louboutin non è sintomo di malvagità. Variante di questa mania dei titoli lunghi è la disperata emulazione di titoli lunghi di successo. "Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte" ha dato vita a svariati strani casi, ultimo in ordine di tempo "Lo strano caso dell'apprendista libraia", in originale, semplicemente, "The bookstore", in cui viene descritta l'effettiva stranissima storia di una libraia incinta assunta in tempo di crisi dell'editoria da una libreria indipendente piena di dipendenti. Potremmo poi continuare in eterno, c'è gente che in italiano ha problemi come "Mi sono scordata di fidanzarmi con te", mentre in inglese era solo "La miglior cosa", mentre l'ultimo anziano eroe in ordine di tempo è indubbiamente, "La fantastica storia dell'ottantunenne investito dal camioncino del latte", in originale "La vita straordinaria di Frank Derrick, anni 81". Vediamo quanti ottuagenari arzilli continueranno a compiere gesti inconsulti nei titoli dei prossimi cinque anni.

TRADUZIONI RIUSCITE (secondo me): 
Tra le traduzioni di titoli più riuscite ce ne sono alcune che non possono essere ignorate e sono a mio parere dei capolavori. Celeberrimo è il caso de "Il giovane Holden", il cui originale "Catcher in the Rye", letteralmente "L'acchiappatore nella segale" non solo risultava cacofonico, ma in italiano rimaneva discretamente misterioso poiché si perdevano completamente i riferimenti letterari e colloquiali dell'originale. Si optò quindi per "Il giovane Holden" e personalmente lo trovo una scelta sensata.
 Altro caso è "La svastica sul sole" di Philip Dick, titolo decisamente più evocativo dell'originale, "L'uomo nell'alto castello". Si tratta di un caso che dovrebbe fare scuola perché la grandissima traduttrice Roberta Rambelli ,anche apprezzata autrice di fantascienza, lo concordò con l'autore Philip Dick e, a mio parere, si adatta molto meglio all'ucronia raccontata dallo scrittore.
 Un ultimo, recente, è invece "Noi siamo infinito" di Stephen Chbosky il cui titolo originale è "The Perks of being a wallflower", che se ho ben interpretato vorrebbe dire letteralmente "Il vantaggio di fare (o di essere) una tappezzeria". So che "Noi siamo infinito" non è stata una traduzione apprezzata da tutti, eppure sarà che il libro mi è piaciuto, sarà che il film mi è piaciuto, io l'ho trovata particolarmente azzeccata. C'è un solo periodo della vita in cui, se siamo molto fortunati, una serie di eventi e di persone possono portarci a provare qualcosa di immenso, di così indescrivibile che si può definire solo come "infinito". Poiché il libro fotografa alla perfezione quell'attimo incredibile, trovo il titolo davvero perfetto.

 Mi scuso se il pezzo non è particolarmente soddisfacente, sono sicura che potrete citarmi migliaia di titoli le cui traduzioni sono ben più gravi e assassine, tuttavia non avevo mai scritto un post del genere per il semplice fatto che è impossibile scriverlo. Non basterebbe un trattato per elencare le millanta motivazioni e le decinaia di abomini usciti dalla traduzione.
 Inoltre, rimarco, sarebbe più corretto distribuire le colpe che i traduttori hanno limitatamente, viste le pesanti decisioni prese a tavolino da altri.
 Se nei commenti vorrete citare altri casi famosi ve ne sarò grata. Scrivete e testimoniate!
Ps. Sì lo so manca il fantasy, mi riservo di dedicargli un post tutto suo!
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