sabato 7 ottobre 2023

I libri delle vacanze 2023! Parte II! Un libro malriuscito, "Il matematico indiano" di Leavitt, e un piccolo gioiello, "Quarantena" di Markaris

 Pian piano recupero tutte le recensioni delle letture estive (del resto siamo appena ad ottobre).

 In realtà ho in preparazione un post su luoghi halloweenosi romani che, se la domenica mi assiste, dovrebbe vedere la luce abbastanza presto.

 Intanto lancio almeno questo così mi porto avanti!

IL MATEMATICO INDIANO di DAVID LEAVITT (attualmente è edito da SEM, io l'ho letto in edizione Mondadori):

 Romanzo basato sulla vita del matematico indiano Srinivasa Ramanujan vista con gli occhi del suo mentore inglese Godfrey Harold Hardy.

 La storia, molto insolita e interessante, aveva effettivamente il potenziale per ricavarne un libro e grazie a questo potenziale regge nonostante il romanzo sia lungo, farraginoso e manchi totalmente della brillantezza e dello struggimento che rendono belli i romanzi e i racconti di Leavitt.
 
 Siamo a Cambridge, anni ’30. Godfrey Harold Hardy è un grande matematico che ci introduce con una dovizia di particolari spaventosamente noiosa all’élite culturale universitaria, dove grandi menti si dedicano spesso a passioni omosessuali come intrattenimento (credo in una sorta di emulazione ben riuscita del rapporto amante/amato di ispirazione greca, in cui si aveva il retropensiero che attraverso relazioni omosessuali fisiche si avesse una crescita spirituale e intellettuale).

Un giorno ad Hardy arriva la lettera di 
Srinivasa Ramanujan, un matematico indiano ventenne autodidatta che si rivela essere un genio e smuove mari e monti per farlo arrivare a Cambridge. 

 Qui Leavitt fa entrare in gioco una serie di personaggi inventati, soprattutto femminili, di cui non ci libereremo per il resto della storia e che ruberanno una quantità impressionante di inutili pagine all'argomento principale.
 
 Ramanujan in Inghilterra si dedica alla matematica, ma la fonte di tutti i problemi e l’ossessione del libro è in realtà la sua dieta vegetariana.

 Ve lo giuro, ci sono più pagine dedicate al vegetarianesimo e ai complessi modi per cucinare piatti vegetariani (in pentole poco consone che causeranno a Ramanujan l’avvelenamento da piombo che lo ucciderà e di cui nessuno si accorgerà) in un paese carnivoro e gorgogliante grasso animale come il Regno Unito, che al mondo della matematica.
 
 La cosa peggiore rimane comunque la menzogna in quarta di copertina, dove viene promessa una tormentata storia d’amore tra i due matematici che NON ESISTE.

  Cioè, non è che l’autore se l'è inventata, non esiste proprio all’interno del libro. Non succede niente tra i due, manco un flirt, manco un timido pensiero sfuggente, manco un sogno, uno sguardo, uno sfioramento di mani. NIENTE.
 
 Hardy è vagamente attratto, ma come sembra attratto da tutti gli uomini piacenti. Ramanujan invece sembra completamente disinteressato alle avances ambosessi (perché le uniche avances palesi che riceverà peraltro saranno da una donna) perché col pensiero fisso alla giovane moglie indiana rimasta in patria che per anni non gli scrive mezzo rigo.
 
 Ne avevo sentito parlare male ed effettivamente è un libro che spreca tantissime occasioni. 

 Non racconta bene la storia di nessuno dei due matematici, non restituisce bene il contesto, inventa personaggi di cui nessuno sentiva la necessità e alla fine parla poco anche del lavoro dei due matematici, spendendo invece decine di pagine sulla preparazione del cibo al tamarindo. Lasciate stare.

 
 QUARANTENA di PETROS MARKARIS ed. La Nave di Teseo:
 
 Ultimamente Markaris inizia a perdere qualche colpo.

 Soffre un po’ della sindrome di Camilleri: iperproduce (forse perché sente il tempo scadere) e le trame si somigliano tutte, tanto che la cosa migliore delle storie sono le vicende personali dei personaggi.
 
Quello che rimane eccezionale e costante nei suoi libri è per l’attenzione ai temi contemporanei.

 I romanzi di Markaris non sono ambientati in un contesto storico vago, i romanzi di Markaris avvengono ORA e non ignorano crisi politiche, economiche, migratorie e sociali. 

 Ci sono i poveri, i barboni, gli impiegati, la gente che non arriva a fine mese, i sobborghi, gli immigrati, regolari e clandestini. 

 Nessuno è necessariamente buono né cattivo, tutti sono ciò che il presente li ha portati ad essere nell’ambito delle loro possibilità. 

 Essere barbone o povero o clandestino non è un ruolo artificiale comodo per lo sviluppo della storia, ma una condizione dell’essere umano meritevole di trovare rappresentazione.
 
 “Quarantena” è in questo caso un piccolo gioiello: una raccolta di racconti, quasi tutti ambientati nell’universo del commissario Charitos (talvolta è protagonista, altre appare come forza dell’ordine liminare nelle vite dei protagonisti) durante il periodo del Covid.
 
 Indagini fatte da remoto a causa del Covid, si intersecano ad emigranti passati e presenti e a quel mondo che non poteva “stare in casa”. 

 Sono ben due infatti i racconti che hanno per protagonisti dei clochard (e uno mi ha pure spiegato cosa succede quotidianamente ai cassonetti sotto casa mia e a quella specie di mercato improvvisato sotto il palazzo di ACEA alla stazione Ostiense).
 
 Assolutamente da recuperare. Io poi me lo sono gustato a Creta ingozzandomi di dolcetti al miele, quindi la condizione più ideale di tutte, ma rendono anche sul divano di casa, assicuro.
 

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