giovedì 5 novembre 2015

Nell'epoca del "Ci sono prima io!", perché non riusciamo più ad andare "insieme"? La lezione dei minatori inglesi, delle loro mogli, del gruppo gay che li supportò e di un mondo che li ha dimenticati (con recensione di "Minatori" di Orsola Casagrande).

 Questa primavera è uscito un bel film che avevano visto praticamente tutti (persino i miei genitori), tranne me. Trattasi di "Pride", bellissimo per inciso perciò se pure voi siete stati peccatori e l'avete saltato, recuperatelo quanto prima.
Di cosa narra questo film dal titolo vagamente Lgbt? 
 Di una storia misconosciuta all'interno di una storia straordinariamente taciuta: un gruppo di attivisti omosessuali della Londra di inizio anni '80 (un periodo non felice per la comunità gay tra discriminazione e l'aids che dilagava) si accorge che al Gay Pride annuale la polizia si accanisce contro di loro un po' meno. 
 Dove sono i manganelli? Dove le cariche? Qualcosa non torna, e il più sveglio di loro, Mark Ashton, guardando la tv e le immagini delle forze dell'ordine impegnate a contrastare i picchetti dei minatori in sciopero, si rende conto che il mondo non è diventato improvvisamente più tollerante, è solo impegnato a prendersela con qualcun altro. Il gruppo decide perciò di iniziare a raccogliere fondi per le famiglie dei minatori che non solo non ricevono più lo stipendio, ma neanche i sussidi statali e per sopravvivere si affidano alla carità altrui e alla solidarietà degli altri lavoratori. Per farlo fondano l'LGSM, "Gay e lesbiche supportano i minatori".
 Una volta raccolta la somma c'è però un problema: i minatori vengono da paeselli sperduti del Galles e non solo, luoghi non proprio noti per essere aperti. Accetteranno del denaro proveniente da un gruppo di omosessuali? Daje e daje, un paesello lo trovano e decidono di portar loro il denaro di persona.
 L'incontro è destinato ad essere piuttosto controverso, da una parte c'è una comunità bisognosa di qualsiasi aiuto, ma al contempo molto maschile e poco aperta, tuttavia ci sono anche le mogli dei minatori, che, per la prima volta nella loro vita, sentono di poter essere parte politicamente attiva.
 Riusciranno due mondi tanto diversi a parlarsi? Non voglio anticiparvi come andrà il film, ma, certe volte, quando il buonsenso prende il sopravvento, ci accorgiamo che tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri e la solidarietà sociale smuove le montagne.
 Ebbene, questa storia, troppo assurda e bella per essere vera, è vera. 
 Impressionata e commossa mi sono immediatamente messa a cercare dei libri che ne parlassero e, con mio grande sconcerto, non solo non ho trovato niente al riguardo, ma non ho trovato proprio nulla sullo sciopero dei minatori del 1984. Uno sciopero che i più ricorderanno perché fu quello che affamò la famiglia di Billy Elliot nel celebre film (iniziate a ricordare?).
 Possibile che non ci fosse niente in giro sul canto del cigno della classe operaia in Europa? Un anno, dico un anno di sciopero, di picchetti, morti, manifestazioni, un anno epocale per il radicale mutamento degli intenti economici dell'Europa, virati verso una base assai più capitalista, e niente in giro?
  Il libro racconta a grandi linee come si svolsero i fatti: la Thatcher voleva effettivamente chiudere le miniere, ma già che c'era pensò di dare una lezione epocale alle potentissime Unions (i sindacati inglesi) iniziando dalla più forte e compatta: quella dei minatori.
Cerca che ti ricerca ho scovato un libro di Orsola Casagrande edito dalla Odradek edizioni "Minatori".
Ci riuscì. Perché, come ammette anche il libro, ci sono battaglie che non possono essere vinte. Non perché non si sia abbastanza coraggiosi o non si lotti con tutte le proprie forze, ma perché le condizioni storiche e sociali non lo consentono. 
 Il libro mi è piaciuto molto, perchè, l'autrice, conscia dell'enorme quantità delle informazioni in ballo, ha preferito concentrarsi su singoli episodi che riuscissero a raccontarne le molte sfaccettature.
 La parte migliore anche qui, riguarda ciò che rappresentò per le donne trovarsi parte improvvisamente attiva e fondamentale.
 Nel momento in cui gli uomini erano a casa dal lavoro, erano loro a doversi dar da fare per trovare fondi, cibo, fornire assistenza, portare soldi per mantenere le famiglie. Si spinsero ancora oltre, formando leghe di donne, partecipando a manifestazioni e picchetti, portando la loro esperienza anche all'estero nel tentativo di portare quanta più gente dalla loro parte.
 Come accaduto dopo la seconda guerra mondiale, una volta che si è presa coscienza di quello che si è in grado di fare, di quanto si può fare se solo si esce dagli schemi prestabiliti, rientrarci diventa impossibile.
 La parte meno convincente riguarda invece quella sulla miniera di Tower Colliery, rilevata dagli stessi minatori con la loro liquidazione. La storia vista nell'ottica dell'epica operaia è ovviamente un successo grandioso: i minatori che diventano padroni in cooperativa, il lavoratore che prende possesso del mezzo di produzione e non è più subordinato. Insomma, il messaggio è potente. Rimane però il dubbio che il tempo del carbone, non tanto dei minatori, sia passato.
 I lavoratori hanno malattie e conseguenze sulle salute anche se adesso non lavorano più sotto padrone (ovvio, hanno dei ritmi meno pesanti, ma non è che calarsi in miniera diventa una passeggiata di salute), perciò la domanda che sorge a freddo è se non sia più sensato investire il proprio denaro, le proprie energie e la volontà di continuare su qualcosa di meno insalubre.
 Perché alla fine il punto non è più la miniera. Il punto è sempre il lavoro. Se ne parla tutti i giorni, ne parlano tutti, ma ormai in un'ottica che mi sconcerta.
 Non riesco a capire perché si è passati da una volontà di ottenere qualcosa di migliore per tutti, alla lotta individuale esasperata e chi rimane per strada rimane per strada. Quando mai nella storia, un singolo è riuscito ad ottenere un miglioramento su lungo termine? Non sono sempre state le masse, una forza unita a vincere forze che sembravano invalicabili?
 Io non parlo né di rivoluzione, né di quelle fregnacce sulla voce del popolo che fanno tanta presa su masse indistinte di gente che si sente più sicura quando qualcuno pensa al posto loro. Io parlo proprio di una volontà comune, del fatto che voglio stare meglio io, ma voglio che stiano meglio tutti.
 Rimango sconcertata quando leggo svalangate di commenti su internet agli articoli che riguardano gli scioperi, le vertenze sindacali, le proteste di alcuni lavoratori. L'acredine è incredibile ed è SEMPRE e dico SEMPRE rivolta verso il lavoratore, il quale dovrebbe baciare le mani, le ginocchia e i piedi a chi gli dona lavoro, altro che protestare!
 Non sei già contento di avere un lavoro con la crisi che c'è? E ti permetti di frignare pure? E io non riesco a capire, perché non si dovrebbe lottare per stare meglio? 
 Al termine del libro, l'autrice elenca i modi alternativi in cui le Unions stanno cercando di riportare iscritti, crollati in modo allucinante negli ultimi trent'anni.
 Ora, vorrei che si capisse che non faccio un discorso diciamo sindacale, ma un discorso di ragionevolezza: perché non lottiamo più per i nostri diritti? Perché ce ne freghiamo e anzi, ci accaniamo contro chi prova ad alzare un attimo la testa (ok, ci sono alcuni che se ne approfittano, ma non possono diventare la foglia di fico dell'inerzia generale)?
 La crisi non è una scusa. Continuo a dire che le lotte maggiori ci sono state in periodi economici assai peggiori. Forse è perché ormai si riesce a pensare in una sola ottica, che non prevede mondi alternativi? Una giustizia e una solidarietà sociale che i nostri bisnonni avevano e noi ormai ci sogniamo? Il mondo è migliorato per tante cose, non scambierei mai il mio posto con le donne di cento anni fa, ma francamente spero che possa dire la stessa cosa una mia futura pronipote.
 Potrà questa ragazza, tra cento anni, dire: non scambierei mai la mia vita con quella della mia bisnonna? Oppure si ritroverà intrappolata in un futuro che non ha prodotto nulla se non disuguaglianza sociale, arricchimento di pochi e un deserto culturale immenso?
 Non voleva essere un post pessimista, ma certe volte quando puoi toccare personalmente con mano la pericolosità dell'inerzia generale, quando ad ogni richiesta, tutti ti rispondono, "Ci sono prima io!", non rendendosi conto, che non ci dovrebbe essere un prima o un dopo, ma un insieme, ecco, certe volte il pessimismo cosmico ti viene.


16 commenti:

  1. Nessuno sciopero sarà più raccontato, nessuno sciopero sarà più ricordato. L'hai detto, ora c'è l'acredine dei consumatori. Il consumo è tutto, il lavoro è evanescente. Vuoi mettere i diritti rappresentati dall'insieme di tutte le merci stivate in un supermarket - diritto alla dilatazione della coscienza - a fronte di quelle miserabili conquiste imposte e strappate: quindici minuti, trenta lire. Tuttavia, cara libraia, se la nipote non rimpiangerà, dovrà pur leggere i libri che le permetteranno di non rimpiangere. info@odradek.it

    RispondiElimina
  2. ho visto il film, che mi è piaciuto tanto!
    grazie per aver condiviso con noi questa tua riflessione e approfondimento

    RispondiElimina
  3. Rimango sconcertata quando leggo svalangate di commenti su internet agli articoli che riguardano gli scioperi, le vertenze sindacali, le proteste di alcuni lavoratori. L'acredine è incredibile ed è SEMPRE e dico SEMPRE rivolta verso il lavoratore, il quale dovrebbe baciare le mani, le ginocchia e i piedi a chi gli dona lavoro, altro che protestare!
    Non sei già contento di avere un lavoro con la crisi che c'è? E ti permetti di frignare pure? E io non riesco a capire,
    (...)
    perché non lottiamo più per i nostri diritti? Perché ce ne freghiamo e anzi, ci accaniamo contro chi prova ad alzare un attimo la testa (ok, ci sono alcuni che se ne approfittano, ma non possono diventare la foglia di fico dell'inerzia generale)?
    (...)
    Forse è perché ormai si riesce a pensare in una sola ottica, che non prevede mondi alternativi? Una giustizia e una solidarietà sociale che i nostri bisnonni avevano e noi ormai ci sogniamo?
    (...)
    Oppure si ritroverà intrappolata in un futuro che non ha prodotto nulla se non disuguaglianza sociale, arricchimento di pochi e un deserto culturale immenso?


    Hai più o meno riassunto i motivi degli scontri tra me e mia madre negli ultimi anni. Lei e mio padre mi hanno insegnato il "mito" della lotta sindacale, la rivendicazione dei diritti operai, ecc. E ora, 40 anni dopo, me la ritrovo a criticare chi sciopera con toni aspri, accusando tutti di essere approfittatori, ogni volta che se ne parla in tv (per fortuna non sa usare il pc :P).
    Io la ascolto e non capisco, mi ci inca22o. Non mi importa che lei snoccioli tutti i casi cui ha assistito in 40 anni di fabbrica di operai svogliati che hanno distorto i diritti di cui godono; di sindacati che hanno tutelato il torto e non l'onestà; ecc. Per me è il principio che conta, anche se qualcuno ne approfitta, anche se ci sono gli eccessi (come sempre, in questo paese). Mi manda ai matti che in nome del "ringrazia che lavori" si stiano smantellando tutti i diritti acquisiti negli anni '60-'70, e che chi lottò allora per quei diritti, oggi dia ragione a chi li depreca.
    Disillusione? Accettazione dello status quo come del migliore dei mondi possibili? Incapacità di vedere un mondo altro rispetto a quello che oggi sta ingoiando gli aspetti umani del lavoro in nome di un materialismo, consumismo e capitalismo selvaggio? Non lo so cosa sia. So solo che, rispetto a chi ha fatto le lotte sindacali (e lungi da me mitizzare i sindacati, eh! Io sono un'iconoclasta, posso mitizzare un'idea, ma non uomini, enti od organi che se ne fanno promotori) mi sento molto più povera. Perché, appunto, c'è stato un collasso culturale e umano spaventoso, negli ultimi 30 anni. Al punto che parlare di rivendicazioni e solidarietà sociale oggi ti fa solo passare da cretino. Bel mondo, quello in cui viviamo :-\

    RispondiElimina
  4. Quanta ragione hai.I lavoratori di oggi sono solo allenati a mettersi sempre più a 90°,per compiacere/agevolare il padrone/la sede,e se protesti perchè magari tutte le sere regali un quarto d'ora all'azienda(se devi fare i versamenti etc etc pure mezz'oretta),prendi pure del lavativo e del rompicoglioni.
    Il film mi manca,lo recupererò perchè mi incuriosisce non poco.

    RispondiElimina
  5. Il problema che hai dedotto alla fine si collega alla crisi dell'unità e solidarietà famigliare, un po' sgretolatasi perché per trovare lavoro devi allontanarti dal nucleo principale, dall'altro per un livello di competitività assurdo, pure tra famigliari. Ora si guarda con invidia e sufficienza chi può lasciare i figli ai nonni, invece che pagare asilo o baby sitter, invece di pensare che la collaborazione a questi livelli sia sempre esistita ed è alla base di una riuscita decente.
    Siamo troppo individualisti.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, ma bisogna essere stati proprio ben prosciuttati sugli occhi per non capire che da soli non si va mai da nessuna parte. "Divide et impera"!

      Elimina
  6. Allo stesso modo potremmo rispondere che non ha senso stare a lamentarsi di chi fa scioperi, invece di ringraziare il cielo che non ci cascano le bombe addosso come nel 43.
    A me il film è piaciuto moltissimo, ma sono rimasta gelata quando ho visto che Ashton è morto due anni dopo. Sembra un ottima conclusione, come la morte di Chris in Stand by Me, quando ce l'aveva fatta ed era diventato avvocato.
    Il punto è che Ashton è morto non perché un autore l'aveva deciso, ma perché è morto davvero. Jimmy Sommerville gli ha dedicato una bella canzone, anche.
    E giusto Aston nel film sostiene come assolutamente ovvio il fatto che ci si deve battere per i diritti di tutti, non solo per i nostri. Ma non è mai stato un punto di vista molto popolare, anche se è quello più sensato.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anche a me ha colpito molto il fatto che questo ragazzo sia morto a soli 26 anni, mi ha lasciato un'amarezza terribile. Però c'è anche chi ce l'ha fatta, l'altro ragazzo hiv positivo (quello meno giovane diciamo) ha ora più di 60 anni e questa è una bella vittoria in un certo senso...
      Il film mi è piaciuto moltissimo, è anche molto ironico sotto tanti punti di vista e la solidarietà e l'appoggio reciproco che questi due gruppi così diversi hanno saputo creare è qualcosa che mi auguro non sia irrealizzabile per noi, anche se le "guerre tra poveri" vanno per la maggiore nella società attuale.
      Il film mi ha fatto molto riflettere anche per la durata dello sciopero, durato quasi un anno, e mi sono chiesta se oggi sarebbe possibile: nel presente i lavoratori non sarebbero forse stati tutti rimpiazzati? E anche dimenticati dopo poco tempo...
      Mi capita di soffermarmi a pensare a quanto la memoria storica, in Italia per lo meno (non so per chi altro valga), non esista, a quanto vengano dimenticati in fretta avvenimenti, protagonisti e non di storie avvenute meno di un secolo fa ma che ancora ci riguarderebbero...scusa se sono andata fuori tema!

      Elimina
    2. Penso che il termine "guerra tra poveri" riassuma tuuuuutta la questione, compreso il mio post

      Elimina
  7. Ho visto anch’io questo film solo di recente ed è piaciuto molto anche a me.

    Sono di Roma, mi muovo con i mezzi che - pur non essendo propriamente i più efficienti al mondo - ogni giorno mi portano da un punto A a un punto B senza troppi malanni. Ho ascoltato spesso conversazioni in cui autisti lamentavano il mancato stipendio, ma durante gli scioperi non ho mai notato la minima empatia nei confronti della categoria da parte di chi usufruisce del servizio: non solo non c’è la volontà di informarsi sulle motivazioni delle proteste, ma peggio ancora si parte dall’assunto che tali rivendicazioni in tale guisa non sono legittime. E non è di certo l’unico esempio possibile!

    L’eccessivo individualismo che viene innaffiato e nutrito senza posa, non ultimo nel mito della realizzazione personale tramite una competizione cieca e impietosa, ci frega tutti, sono d’accordo: le rare volte in cui decidiamo di alzarci in piedi o lo facciamo per un immediato e ancora personale tornaconto, o per la ‘squadra’ nella quale giochiamo, per compartimenti stagni. Le prospettive, come dici Libraia, non possono che essere desolanti.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Beh, oddio, io nello specifico sui mezzi pubblici di Roma vorrei davvero sapere le colpe di tutti quanti quali sono effettivamente. L'atac mi pare troppo nel caos.

      Elimina
    2. Ah certo, non era un incitamento ad abbracciare ciecamente ogni causa, quanto piuttosto rimarcare l'atteggiamento diffuso del leggere e agire solo attraverso e rigorosamente all'interno del proprio personalissimo orto.

      Elimina
  8. A me il film non è piaciuto. Mi è sembrato banale, a tratti stucchevole. Il tipico esempio di come la cosiddetta industria culurale riesce a fagocitare tutto, persino la lotta operaia, ad uso e consumo di masse dai gusti facili. Un prodotto con la giusta dose di adrelina e lacrimoni, non un pizzico in più, innocuo e luccicante. Un prodotto senza palle che non fossero di natale.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sicuramente è un film molto, diciamo, divulgativo. Però io ho il dvd e nei contenuti speciali si vede che tutti, tutti i personaggi, escluso il ragazzetto biondo che viene scoperto dai suoi e poi va via di casa, sono ricalcati su persone realmente esistite. Il protagonista è morto due anni dopo di aids ed è stato un grande attivista lgbt inglese, l'attore con l'aids invece è anzianissimo e ancora vivo! La donna cicciotta coi capelli assurdi è diventata la prima deputata (o come si dice in inglese) donna della sua zona. La storia è troppo bella per essere vera, ma è vera!

      Elimina
    2. credo che bromley (il ragazzino che se ne va di casa) sia l'unico inventato...Jonathan non credo sia poi tanto anziano (sui sessanta sicuramente) ma sta benone, Sian (si pronuncia "shan") e' effettivamente deputata o parlamentare che dir si voglia (i termini sono piu' o meno gli stessi che in italiano) inoltre conoscevo gia Jessica Gunning, l'attrice che l'interpreta per law & order uk (cosi' come conoscevo andrew scott/gethin per moriarty in sherlock)

      Elimina
    3. credo che bromley (il ragazzino che se ne va di casa) sia l'unico inventato...Jonathan non credo sia poi tanto anziano (sui sessanta sicuramente) ma sta benone, Sian (si pronuncia "shan") e' effettivamente deputata o parlamentare che dir si voglia (i termini sono piu' o meno gli stessi che in italiano) inoltre conoscevo gia Jessica Gunning, l'attrice che l'interpreta per law & order uk (cosi' come conoscevo andrew scott/gethin per moriarty in sherlock)

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...