martedì 5 aprile 2016

Come ha potuto fare questo? Era una così brava persona! Cosa succede quando un elemento esterno stravolge gli sterminati campi della normalità. La recensione de "Il cormorano" di Stephen Gregory.

 La prima casa in cui si trasferì una delle mie migliori amiche quando prese la via di Londra, fu un appartamento vittoriano molto pittoresco.
 Pochi mesi dopo scoprì che oltre ad avere quel certo sapore vintage, era popolato da ratti che, esattamente come nel racconto di Lovecraft, correvano nei muri e si insinuavano nella sua credenza.
 I resoconti delle sue giornate iniziarono a virare in modo preoccupante verso l'ossessione: l'idea che un altro essere vivente, per di più disgustoso, stesse prendendo il dominio di casa sua e avesse il potere di scorrazzare indisturbato, iniziò a turbare la sua stabilità quotidiana. In poco tempo finì in biblioteca a leggere dei saggi di psicologia su come gli animali infestanti mettano a rischio la psicologia degli abitanti di una casa. Mi attendevo il delirio per l'avvento delle infauste bestie, ma la virata psicologica mi colse di sorpresa.

 Questo finché due anni fa non subii lo stesso destino
 Trasferitami nella mia nuova casa nel cuore dell'inverno non avevo la minima idea di quello che sarebbe successo a partire da Maggio in poi: l'avvento degli scarafaggi. Le subdole bestiole che non avevo mai visto varcare la soglia di casa né nel Lazio né in Sardegna (nonostante la selvatichezza della casa al mare) sconvolsero letteralmente la mia esistenza.
Non ho mai capito come Ratatouille possa piacere, io trovo
immonda la presenza di un ratto in cucina
 Al punto che, sono due anni che mi sogno questi insetti schifosi la notte e piango il mio triste destino primavera-estate con chiunque incontri. Niente sembra infatti in grado di debellare questa orrenda creatura che sembra provenire direttamente dall'inferno: nè il veleno che è in grado praticamente di intossicare me, né le trappole, né il disinfettante e neanche la disinfestazione condominiale (che comunque, almeno argina il problema).
 Il risultato è che ormai temo l'estate e vivo nel perenne terrore di trovare una chiazza nera sul pavimento (e meno male che sono un po' miope così almeno non metto bene a fuoco l'orrore).
  Il fatto che delle stupide bestie infinitamente più piccole di me e, schifo a parte, di per loro innocue mi causino incubi, rendano i miei risvegli estivi drammatici (la dolce metà si alza prima di me, ispeziona e se trova lancia un grido e io devo uccidere la belva), il mio impestare il prossimo con racconti dai risvolti drammatici sulle ultime tecniche per l'utilizzo del baygon e infine arrivare a plastificare la cucina in pieno serial killer style prima della partenza per le vacanze estive, mi ha reso non solo più vicina alla mia amica in London, ma anche empatica verso il protagonista de "Il cormorano" di Stephen Gregory ed. Elliot. 
 A lavoro due settimane fa arriva questo piccolo horror in cui si promettono emozioni alla Poe e che vede protagonista un cormorano violento e malevolo. E' amore.

 La storia ha una di quelle trame classiche horror che amo molto, quelle che dimostrano come spesso sia inutile l'elemento sovrannaturale, visto che la malvagità dell'animo umano basta e avanza.
 La trama è estremamente classica: una coppietta felice di giovani insegnanti con un bimbo piccolo riceve un'inaspettata eredità. 
 Un vecchio zio scorbutico e ombroso è morto durante un giro solitario su un fiume e ha lasciato al lui, John, una villetta in un grazioso paese gallese vicino al mare. Unica condizione: i due dovranno prendersi cura del suo amato animale da compagnia, un cormorano.
 Ora, io i cormorani me li ricordo dalle vacanze al mare in Sardegna, sono graziosi uccelli marini che sembrano ricoperti da una sorta di guaina impermeabile, come una muta da immersione, che li rende stranamente lucenti. Ho sempre pensato fossero uccelli pacifici, anzi, molto più pacifici dei gabbiani che a Roma scoattano spesso e volentieri in giro like a boss.
 A quanto pare mi sbagliavo.
 Sin dalle primissime pagine, la bestia si dimostra violenta e intrattabile. Altro che simpatico animale selvatico da addomesticare, il cormorano è una piaga biblica piombata sulla famiglia del mulino bianco a rompere la loro nuova tranquillità domestica.
 Ma niente, tocca tenerselo. Così John ingaggia con l'intruso una sorta di lotta che pian piano innesca in lui una strana parabola psicologica.

 Si crea infatti un'inversione totale dei rapporti di forza, alleanza e importanza all'interno del nucleo familiare. L'elemento infestante muta in un crescendo di orrore domestico.
 Possibile che il cormorano sia davvero così malvagio? C'è la lontana probabilità che accettare l'eredità dell'anziano zia abbia comportato anche la presenza di un'entità legata all'uccello?
 O semplicemente la presenza di un nuovo elemento rende più chiaro ad una mente sempre meno razionale cosa sia davvero ciò che disturba all'interno della quiete domestica?
 C'è qualcosa di inquietante negli sterminati campi della normalità, che esplode di colpo deflagrando tutto ciò che c'è intorno e lasciandoci attoniti. Come ha potuto X fare questo? Era una così brava persona. Come ha potuto Y fare quest'altro? Era buono come il pane.
Ne hanno anche tratto un film "The cormorant" con Ralph Fiennes 
 Il punto non è nella domanda, ma nell'affermazione che perversamente non è più tale nel momento in cui la si pronuncia.
 Le persone che commettono taluni gesti non sono folli, non erano buoni, non erano bravi.
  Erano come qualcuno che galleggia in un mare enorme, tranquillo, sempre remando, poi di colpo un pesce salta nella sua barca e invece di gettarlo a mare, lo calpesta.
 Si potrebbe dire che quel che ci dice davvero qualcosa della natura di quell'uomo non è la sua costanza nel remare pacifico, ma la crudeltà con cui ha ucciso l'animale.

 Cosa voglio dire con questa profonda metafora? Che nella vita esiste sempre, per tutti, un elemento o un momento rivelatore che ci svela a noi stessi. Ciò che rende chiaro chi siamo è il modo in cui reagiamo. Se siamo brave persone, se siamo amorevoli padri di famiglia o se invece coviamo segreti e inconfessabili rancori che attendono solo una causa scatenante per venire alla luce.
 Il cormorano, nella sua semplicità sempre più gretta, racconta esattamente questo.
 Certe volte basta davvero poco a farci scoprire chi siamo, basta che quel poco tocchi il nostro punto oscuro, quello che tutti sappiamo di avere anche se non lo confesseremmo mai.

 (Il mio preambolo a proposito degli animali infestanti non era per dire che la presenza degli orridi insetti mi trasformerà in un mostro, ma che lo stress psicologico a cui la loro presenza ti sottopone può effettivamente intaccare la nostra lucidità. Lo so, pensate che esageri, ma allora come mai ho il vivo terrore di trovarmene davanti uno manco fosse un cerbero?).

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