giovedì 2 aprile 2020

Ci possono essere delle streghe steampunk in un bosco della Tuscia? Una recensione del libro e della serie Netflix di "Luna nera" di Tiziana Triana.

 Diceva Fruttero, in una frase passata alla storia, che "Un'astronave  non può atterrare a Lucca" intendendo che nessuna trama di fantascienza sarebbe mai stata credibile se ambientata in Italia.


 Certo, in effetti qualche mese fa ho letto "Fammi male", uno strano romanzo un po' scifi con dei cloni ambientato a Vasto. 


 C'erano queste scene hard boiled che facevo fatica a prendere sul serio perché immaginavo tutti avessero l'accento abruzzese, il quale avrà di sicuro dei pregi, ma non quello di essere hard boiled.

 Quindi comprendo pienamente ci siano delle remore e delle riserve a prendere sul serio quanto ambientato di scifi o fantasy nel belpaese.

 Il punto però rimane sempre uno: se da qualche parte non si comincia, non si arriverà mai a un prodotto credibile.

 Faccio questa premessa perché in questa reclusione, ho finalmente finito di leggere il primo volume di "Luna nera" (è una trilogia) di Tiziana Triana ed. Sonzogno e ho anche terminato la visione della prima stagione, uscita in contemporanea, su Netflix.

 Se del libro alla fine non ho sentito parlare se non in recensioni un po' dubbie, avevo avuto modo, nella mia bolla social che conta un elevato numero di nerd, di leggere quelle sulla serie. 

Il grido era solo uno: "Ommioddio ho visto dieci minuti che schifo".

 Siccome sono una che fa fatica ad affezionarsi alle serie tv (ne guardo davvero poche perché preferisco leggere o fare altro), pur incuriosita (avevo anche visto l'installazione fatta a Milano per il lancio, molto bella), avevo lasciato stare.

 Poi la reclusione, l'incapacità di concentrarsi su libri che non fossero fantasy o gialli, ha fatto sì che mi attaccassi all'unico libro fantasy in giro per casa che non avevo ancora finito di leggere e "Luna nera", che avevo iniziato e abbandonato sotto Natale per problemi miei, è tornato sul mio comodino.

 Il libro, devo ammettere, a me è sembrato dell'onestissimo fantasy ben scritto. 

 Certo, non è Tolkien, ma la comunità nerd (che chiamo così per comodità, ma che ovviamente è ampia e varia) soffre di un difetto che è in assoluto contrasto con la propria natura: gente che ama mondi fantastici, ma che non ammette deroghe alle regole inventate da qualcuno decine di anni fa su questi mondi fantastici.

 Inoltre gli standard devono essere elevatissimi, altrimenti ci troviamo davanti allo schifo, il manicheismo insomma è di casa in queste parti.

 E' ovvio che "Luna nera" non sia Tolkien, come non è Tolkien la stragrande maggioranza della narrativa fantasy.

 Per un capolavoro ci sono centinaia e centinaia di onesti prodotti, magari più virati al commerciale, che comunque fanno il loro onestissimo lavoro: intrattenere il lettore.
 "Luna nera" lo fa. 

 Ambientato in un paese immaginario dell'Italia centrale (posso ragionevolmente dire, venendo da quelle parti, che ci troviamo in  Tuscia) del 1600 nel pieno dell'Inquisizione e della caccia alle streghe, ha per protagonista l'irritantissima giovane levatrice Adelaide detta Ade, nipote di una guaritrice/levatrice del luogo, Antalia. 
 La storia inizia, nel libro, quando un parto va male e Ade viene accusata di aver ucciso il bambino e in seguito di stregoneria.

 La ragazza, che vive sola col fratellino Valente dalla morte della nonna, inizia a essere perseguitata dalla popolazione locale, aizzata dai Benandanti, (storicamente congreghe di origine pagana che si adoperavano per sconfiggere le streghe e credevano di avere alcuni specifici poteri, poi dichiarati eretici dalla Chiesa. in "Luna nera" sono un po' diversi). 

 La ragazza viene prima salvata da Pietro, il figlio di Sante il capo dei Benandanti, tornato da Roma dove studia medicina (infatti al contrario del padre non crede alle streghe ed è un protoilluminista) perché la madre sta morendo, poi viene portata via dal paese da un gruppo di misteriose donne: le città perdute.

 Le città perdute, che è anche il titolo di questo primo libro, sono delle donne che per vari motivi sono state costrette a fuggire e a nascondersi e sono in attesa di una prescelta che salverà le donne di tutto il mondo, come scritto in un'antica profezia contenuta in un libro che possiedono. La nonna di Ade era una di loro.

 A questo punto la storia va avanti tra Ade che fa qualsiasi insensata cosa per vedere il suo amato Pietro del quale è perdutamente innamorata (ricambiata) mettendo a repentaglio la vita e la sicurezza di tutte, e le Città perdute che sono convinte sia lei la prescelta e quindi sopportano tutte le sue follie (compresa la perdita del prezioso libro). 
 E' evidentissimo che l'autrice ha un enorme debito di riconoscenza verso Marion Zimmer Bradley visto che la comune in cui vivono le Città Perdute è precisa spiccicata una casa delle Libere Amazzoni di Darkover: stesse regole, stesse dinamiche, addirittura stessi episodi (quello in cui Ade e Persepolis vengono legate). Non è un rimprovero, anzi, è bello rivedere quella che rimane secondo me una delle invenzioni migliori di MZB.

 Alla fine, ho trovato il libro del buon fantasy, soprattutto in considerazione del fatto che in Italia se ne fa o comunque se ne pubblica ben poco. 
 Incuriosita, ho quindi deciso di dare una chance alla serie.

 E' vero, è una serie piena di difetti, funziona benissimo a livello visivo dove fotografia, ambientazioni e costumi sono davvero notevoli, (anche gli effetti speciali, davvero non me li aspettavo di quel livello), ma la sceneggiatura e la recitazione di alcuni attori (uno in particolare) sono davvero moleste.

 Il libro non conferisce ai personaggi una profondità alla Tolstoj anche perché non è quello il genere e neanche l'obiettivo, ma il passato dei personaggi viene spiegato, alcune dinamiche anche sono assai meglio pensate e, non si capisce bene il perché, completamente appiattite nella serie.

 Il personaggio di Pietro, il protagonista maschile,  è quello che ne soffre di più per due motivi: l'attore, che sarà anche un bel ragazzo, recita come se stesse in un baretto di Centocelle, con un accento e un pathos che dio santo. Davvero una roba inguardabile.

 Inoltre, nel libro aveva molte più sfumature.
Innanzitutto non esisteva il personaggio di Cesaria, messo lì per un triangolo amoroso senza senso visto che lui non la considera nemmeno come decima scelta. Cesaria nel libro era Cesare, il discepolo preferito del padre di Pietro, Sante.

Vi giuro è difficile non vederlo recitare e immaginare al
contempo René Ferretti alle prese con Corinna. Un attore
diverso avrebbe migliorato di molto la serie
 Tra i due c'era competizione, antipatia, desiderio di primeggiare agli occhi di Sante, anche discordia perché Pietro disprezza i benandanti e la loro follia religiosa, mentre Cesare disprezza il suo ateismo.

 Questo rapporto che fondamentalmente definisce il personaggio di Pietro anche nel conflitto col padre (viene poi segata anche una parte riguardante la madre di Pietro e un segreto su di lui, ma quello magari è stato messo nella seconda serie), è stato sacrificato per cosa? 
Lei ama lui che ama lei? Ma che originalità!

 Anche altri personaggi esistenti nel libro vengono spazzati via nella serie contribuendo a rendere meno credibile e complessa una trama che tutto sommato filava bene (ho visto un'unica miglioria nel creare la storia d'amore tra Spirto e Persepolis, anche lì potevano inserire un personaggio di colore e se ne sono guardati bene preferendo il solito tirapiedi di buoncuore perché orfanello).

Davanti a una sceneggiatura con dialoghi assurdi e cambiamenti poco comprensibili, gli attori fanno quello che possono.

 Alcune attrici, invece, sono molto teatrali (e infatti sono attrici di teatro) e all'inizio la faccenda disturba parecchio, anche se devo ammettere che nel corso delle puntate, la sensazione di straniamento si attenua e anzi conferisce una certa serietà a una sceneggiatura con troppe frasi fatte.

 La protagonista è irritante nel libro, ancor più irritante nella serie e temo che la recitazione carichissima dell'attrice, che è sempre incazzosissima o sull'orlo della tragedia, non aiuti.


 A tutto si aggiunge una colonna sonora moderna e un po' goth che all'inizio sembra messa a caso e alla quale poi ti abitui, facendo pace col fatto che ok, forse sarà anche l'immaginifica Tuscia del 1600, ma in realtà siamo in una specie di medioevo un po' steampunk.

 Quindi non mi è piaciuta? Ebbene non posso dirlo. Alla fine delle sei puntate a me onestamente rimane la curiosità per la seconda serie e tutto sommato l'ho trovato un prodotto buono per essere italiano.
 Perché noi dobbiamo partire da questo presupposto: cosa abbiamo prodotto di fantasy prima di "Luna nera"? 

"Fantaghirò" o "Sorellina e il principe del sogno" che per carità a posteriori erano anche delle scelte coraggiose e delle idee diverse e hanno segnato, anche se non ci piace ammetterlo, un'epoca.

 Questo per dire che attendersi un prodotto privo di difetti al primo colpo dopo decenni di nulla, mi sembra un po' pretenzioso. 

 Si procede per tentativi e ovviamente con sceneggiatori che non sono abituati al genere e in ogni caso appartengono sempre alla fiction italiana che è nata per creare prodotti standard per tv generaliste e tendono ad aver paura della propria ombra.

  Si capisce che procedere per tentativi agli occhi di un pubblico capace di discutere a oltranza nei forum se l'attrice scelta per un determinato ruolo possieda o meno i capelli dalla sfumatura ramata descritti nei libri (l'ho visto accadere), è un'impresa impossibile.

  Inoltre gioca di certo il non poter contemplare l'idea di un'astronave a Lucca e di battaglie magiche in Italia.

  Insomma le guerre tra streghe e cacciatori di streghe si fanno nella Foresta Nera non nel bosco di Vitorchiano o nella città fantasma di Canale Monterano (tutti luoghi che quando sarà finito questo incubo vi invito a visitare perché sono bellissimi).

 Il mio è quindi un sì soprattutto al libro e un consiglio di dare una chance alla serie (che ha dei momenti notevoli comunque, come il finale o la puntata in cui recuperano le altre streghe torturate nelle prigioni) che avrà anche un seguito: come accennavo in un post precedente, ho intenzione di fare un fumettoso riassunto della serie! 

 Se non ora che ho tempo, quando?

3 commenti:

  1. Io ho dei problemi con le storie ambientate nella mia città (e dintorni) fantastiche o meno: immaginare i personaggi che parlano con accento cagliaritano ammazza ogni mia fantasia.
    Di certo, sono in qualche modo vittima di un condizionamento di vari decenni, in cui il fantastico e l'Italia divorziano almeno in quarta elementare in favore di ragazzini rossocriniti nelle solfatare e "verismo" vario come unica dieta letteraria scolastica.
    Evidentemente non devo essere il solo, se gli autori si dedicano poco a fantasy e simili e la fantascienza la possiamo solo importare - anche se qualcosa sta cambiando, pian piano, e certo non per merito dei nostri editori.
    Se penso che quando un giapponese crea un manga fantasy tende, tra un anacronismo e l'altro, a guardare all'Italia medievale e rinascimentale, rimango perplesso circa il motivo per cui, da noi, si esplorino solo tematiche tipo medicina, mafia e giusto un filo di mystery. L'orrore ce lo siamo persi per strada negli anni '90 e la fantascienza è effettivamente non pervenuta, al di fuori del premio Urania.

    Riguardo al fandom, è spesso uguale in tutto il mondo: tossico, come è giusto che sia per qualcosa che venga definito con un termine derivato da fanatic.
    Quando va bene, inciampi su appassionati di qualcosa e ammiratori di qualcuno, così magari puoi discuterci anche di cose più interessanti della ricrescita del protagonista o della ship col suo cavallo parlante :P

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  2. Io ho trovato una serie di vampiri ambientata se non ricordo male nel Lazio, in cittadine satelliti di Roma... a me è piaciuta proprio perchè era diversa, non i soliti americani..
    ciao
    Betty

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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