lunedì 3 agosto 2020

Il diavolo si annida nella paura. Una recensione di "L'estate che sciolse ogni cosa" tra supposizioni personali, patti col diavolo e versi di Lucrezio.

 Alle superiori frequentavo probabilmente l’unica classe della terra con un elevato numero di componenti femminili nella quale nessuna e sottolineo nessuna era minimamente versata nel benché minimo sport.

 Questo rendeva possibile l’impossibile, ossia che persino io, che non sono mai stata assolutamente portata per l’esercizio fisico (unico sport in cui riuscivo: tiro con l’arco perché lo trovavo divertentissimo) sembrassi un’atleta di discreta statura. 

 Del resto “nel paese dei ciechi chi ha un occhio solo è re” (anche se il racconto di Wells "Nel Paese dei Ciechi" direbbe il contrario).

 Comunque, questo determinò che fossi costretta a giocare nei due tornei sportivi scolastici nei quali tutti eravamo coinvolti a gironi: pallavolo e calcio. La pallavolo era mista, il calcio, che veniva comunque giocato con sprezzo del pericolo su un campetto di asfalto, era almeno genderizzato.

 Non fummo in grado mai di vincere una partita, ma alcune compagne di classe, nel tentativo di peggiorare la già drammatica situazione, coniarono per noi alcuni slogan ad hoc e siccome eravamo una classe del classico, non erano slogan normali. Il mio ancora me lo ricordo: “Laura Mango Laura Mango per te carmina lucida pango!”.

Ecco. L’unico merito di queste partite è aver impresso nella mia memoria, per sempre, questo verso di Lucrezio che letteralmente (almeno così mi spiegarono all’epoca, latinisti non uccidetemi) vuol dire: “Rendere poesie lucide a furia di lavorarle con la pietra pomice”, averle quindi lavorate a lungo con un attento e laborioso cesellamento delle parole.

 Mi sembra che nessun verso descriva meglio questo libro del quale avevo molto sentito parlare (benissimo) prima di riuscire a leggerlo: “L’estate che sciolse ogni cosa” di Tiffany McDaniels.

 Di solito non mi fido delle grandi pubblicità altrui sui libri, ma stavolta molti elementi mi portavano a pensare sarebbe andata bene: il libro è ambientato negli anni ’80 (1984 precisamente), provincia americana, estate, caldo, ragazzini, inquietudini, velature horror. Insomma, gli ingredienti c’erano tutti.

 La storia è ambientata a Breathed in Ohio nel 1984, uno di quei tranquilli e agghiaccianti paesini dove tutti si conoscono, va sempre tutto bene e quello che va male basta che nessuno lo sappia, nessuno lo veda e siamo tutti felici perché possiamo fingere non esista.

 La famiglia Bliss, composta da madre (Stella), padre (Autopsy, sì esattamente) e due figli, (Grand, liceale e Fielding sui tredici anni) vive tutto sommato agiatamente nel suo villino sogno americano

 Eppure. Autopsy è un giudice che prende molto seriamente il suo lavoro e vive col dubbio, fortissimo, di aver commesso degli errori nel separare il bene dal male, la giustizia dall’ingiustizia, la menzogna dalla verità. 

 Per questo decide di mettere un annuncio sul giornale e di invitare il diavolo a casa sua.

 Si presenta dopo qualche tempo un ragazzino di colore dagli occhi verdissimi, vestito poveramente e con una ciotola. Dice di essere il diavolo e si fa chiamare Sal.

 Ovviamente la famiglia Bliss tende a non credergli e lo prendono in affido, certi che sia un ragazzino scappato di casa. Eppure. Il ragazzino sa molte cose, parla in modo molto profondo, particolare e ha i segni di due grandi cicatrici sulla schiena.

 In paese, complice il caldo, alcuni episodi sfortunati e un vicino particolarmente insistente e dai tratti maniacali, iniziano a credere che possa essere la verità e che Sal sia il diavolo e debba essere punito.

 Dove può portare il delirio collettivo? Di cosa siamo capaci quando smettiamo di ragionare e troviamo possibile e preferibile credere all'assurdo?

 La lingua del romanzo è particolarmente ricercata, tanto che in alcuni momenti si ha la sensazione che sia forse un po’ troppo costruita.

  In altri invece ha serpeggiato nella mia mente una domanda: e se mi sembrasse costruita perché ormai sono abituata a leggere in una lingua scorrevole e particolarmente standardizzata?
 E’ raro leggere stili particolari, i libri ormai tendono a somigliarsi un po’ tutti a livello lessicale e sintattico, è la bellezza della storia, la costruzione dei personaggi che fanno la differenza. 

 Così, forse, abbiamo dimenticato che è bello anche carmina lucida pango, avere versi luminosi e cesellati, una lingua che sia più complessa e meno ovvia.

 In ogni caso, anche io ho trovato la prima parte del libro molto meno appassionante della seconda, ma, a mio parere è per un motivo di trama che vado ora a sviscerare.


 A QUESTO PUNTO SE NON VOLETE SPOILER NON ANDATE OLTRE


Perché io finisca questa recensione è necessario un grosso spoiler, quindi se volete evitarlo non andate oltre.


 La prima parte della storia porta a pensare che Sal sia effettivamente il diavolo

 Sa cose particolari e personali, parla in modo molto mistico, si muove con una sicurezza e un'autorità che non sono propri di un ragazzino spaventato e in fuga, inoltre non viene mai spiegato il particolare della pelle scura e degli occhi verdi.

 La prima parte è quindi molto onirica, se non fosse Fielding a raccontare la storia e a infilarci qui e lì considerazioni terra terra di un ragazzino di tredici anni, sembrerebbe a tratti di leggere un qualche tipo di romanzo con pretese filosofiche.

 Circa a metà romanzo il registro, non linguistico, ma di ritmo e intreccio, cambia completamente.

 La storia prende forma, i personaggi, rimasti quasi solo sullo sfondo a far da corollario a Sal, saltano fuori con potenza e iniziano a giocare la loro partita.

 Stella Bliss e il suo terrore della pioggia che la rende agorafobica, Grand e i suoi terrori, così semplici eppure con conseguenze così ingiustamente devastanti nel 1984, i demoni di una provincia in preda alla canicola, al pregiudizio e alle apparenze. 

Tutti iniziano a muoversi, come attori che dopo essere rimasti congelati sulla scena a causa di un monologo troppo lungo, finalmente possono recitare.

 Il mio parere personalissimo, che però mi sembra sostenuto qui e lì da alcuni contraddizioni poco spiegabili (il gesto di Autopsy come avvocato difensore nel finale), l’angoscia perpetua (quasi paura) di Fielding per il resto dell’esistenza, è che la McDaniel sia partita con un’idea e poi abbia cambiato gradualmente posizione.

 Sembra quasi che l’idea fosse: faccio credere che Sal sia il diavolo, poi facciamo che tutti credono sia un ragazzino, poi in realtà è il diavolo. 

Solo che poi, mentre raccontava le vicende della famiglia Bliss e della sua devastazione, la trama l’abbia portata altrove.

 Ci sta eh. Molti autori dicono che i personaggi, alla fine, fanno ciò che desiderano loro, che stravolgono trame, acquisiscono quasi vita propria. Solo che il libro risulta poi sbilanciato: con una prima parte onirica e una seconda molto più d’intreccio, quasi alla King (King se lui carmina lucida pango ovviamente).

Ovvio che sia una mia idea personalissima, non supportata da niente e che anzi, di certo la McDaniels avrà invece avuto il totale controllo di una trama studiata al millimetro così eh.

 Però non so, il dubbio mi rimane. 

 Avevo avuto la stessa sensazione solo in un altro caso, con “Oceanomare” di Baricco, in cui c’è questa intro un po’ sconclusionata coi personaggi che non si sa bene cosa dicono e fanno e poi di colpo (molto prima rispetto a “L’estate che sciolse ogni cosa”) la storia assume un senso.

 Chissà. In ogni caso è un libro che vi consiglio, senza però assicurarvi che possa essere nelle vostre corde, e non perché non sia un libro di valore che non valga la pena leggere, ma perché ha un gusto elaborato molto particolare, forse più da racconto raffinato (i pezzi più magnifici del romanzo sono alcuni capitoli presi singolarmente, a mio parere, soprattutto sul passato dei personaggi).

 Rimane il fatto che la McDaniel sia riuscita a scrivere un romanzo struggente e agghiacciante al tempo stesso sul peso del male nelle nostre vite, sul male che non è una condanna ineluttabile, ma un patto che stringiamo in prima persona col diavolo quando siamo persone molto disperate o molto sospettose o alla perenne ricerca di qualcuno da odiare perché non siamo capaci di accettare quello che, effettivamente, rimane inaccettabile: il dolore di un mondo che spesso è più ombre che luce.Più dolore che amore, più male che bene. 

 E soprattutto accettare, esattamente come avviene a Fielding, che alcune scelte non sono reversibili e mai, mai, abbassare la guardia, perché è nella paura che il diavolo si annida.

1 commento:

  1. [QUESTO COMMENTO CONTIENE DEGLI SPOILER :-)]

    Ho letto il libro, stimolato dalla tua recensione - letta in prima battuta evitando la sezione spoiler.
    Mi è piaciuto; allo stesso tempo mi ha lasciato una sensazione di incompiutezza.
    DA QUI IN POI, SPOILER
    Molti sono gli irrisolti, a partire dall'identità di Sal - e ci sta, che sia lasciata alla decisione del lettore - personalmente, opto perché sia il diavolo; che il diavolo sia diverso dall'idea che ne abbiamo (che ne propone la tradizione); che il rapporto fra l'essere umano e il male non sia mediato dal ruolo del diavolo; che, come dici tu, male e dolore abbondino più dei loro contrari.
    Dopo di che, il gioco fra il presente del narratore e la narrazione in flashback genera una marea di insoluto su quei 70 anni (il narratore vive negli anni 2050), con lampi di luce solo sporadici, a illuminare la vicenda di Fielding - il quale, alla fine, sembra vivere un'esperienza di dannazione in terra, come conseguenza delle sue scelte e delle vicende narrate.
    (Rileggendomi, poi, mi viene da pensare che il senso di irrisolto sia voluto: dei futuri anni 50 ci interessa solo conoscere la disperazione di Fielding?)

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