mercoledì 14 gennaio 2015

L'orrore che si nasconde dietro l'ovvio. "Ring" di Koji Suzuki, "Edward mani di forbice", il male che non può essere perdonato e il mostro che si nasconde in fondo a un pozzo. Dentro di noi.

 Avete presente il film "Edward mani di forbice"?
 In esso, il tizio creato da uno scienziato che muore prima di montargli le mani condannandolo ad un'esistenza forzatamente mostruosa, sente il bisogno di uscire dalla solitudine, scendendo in paese.
 Ve lo ricordate quel paese? Così lindo così pinto, così ordinato e color pastello? Abitato solo da gente sorridente?
  Ebbene, la cosa che mi è rimasta più impressa di quel film che non mi faceva nessuna paura,  sono quelle case mi mettevano un'inquietudine indescrivibile. 
 Qualche anno dopo ho scoperto che quei posti esistevano davvero. Fu quando accompagnai una mia zia a visitare una sua amica in quel di Carate Brianza. Avete mai visto la Brianza? Se no, sappiate che è esattamente come quell'ameno paesello di "Edward mani di forbice", linda, pinta, ordinata e con abitanti lindi, pinti e ordinati. Mi ricordo chiaramente che per tutto il tempo ebbi la sensazione spiacevole che dovesse accadere qualcosa da un momento all'altro. Il fatto che esistesse davvero un luogo con villette a schiera bianche, rosa e verdi e gente che sorrideva ciarlando per strada perfettamente curata, come in un film, aveva qualcosa di disturbante. Mancava totalmente la variabile del caos. Ora, magari era un pomeriggio particolarmente buono per Carate Brianza, ma più probabilmente  sono io ad avere una forma mentis che si inquieta quando tutto appare eccessivamente ovvio, ed è qui che entra in gioco il libro di oggi.
 Durante i primi anni di università, a seguito della visione di "The ring" ero diventata una grande appassionata di film horror orientali. 
Io non sono mai stata il tipo né da film horror (che trovo o splatter o noiosi o fondamentalmente stupidi e pieni di lacune) né dei libri (classici esclusi).
 A me la letteratura di genere piace molto e penso che dia spesso molte più possibilità di quella non di genere, tuttavia, faccio un po' fatica a evincere dalle quarte di copertina cosa valga la pena leggere, cosa no e alla fine lascio perdere.
 Tuttavia, per un lungo autunno, mi ricordo molto piovoso, col treno sempre in ritardo che si faceva strada in una boscaglia minacciosa, davvero conciliante, avevo dedicato il mio tempo all'horror all'orientale.
 Gli horror orientali hanno caratteristiche molto diverse da quelli occidentali e ve ne farò di seguito un breve e non richiesto elenco:
1) La costruzione  dell'arco narrativo e del climax sono spesso completamente diverse da nostri-
2) I fantasmi del passato si arrabbiano e tornano indietro per motivi davvero diversi da quelli degli occidentali.
3) I i fantasmi e i mostri orientali NON sono debellabili. Nella cosmogonia orrorifica occidentale, tendenzialmente il mostro ha alcuni motivi per cui perseguita x e y, perciò una volta placata la sua ira con un sacrificio di qualche tipo o applicato un qualsivoglia esorcismo di natura cattoreligiosa, alla fine si riesce ad estirpare il male. Il mostro sparisce, i sopravvissuti non dimenticheranno mai e tutto è bene quel che finisce bene.
  Nella cosmogonia orrorifica giapponese ciò non è possibile, perché non esiste nessuna cattolica redenzione. Al massimo, con molto impegno e particolare ingegno puoi trovare il sistema per sigillare il maligno per qualche tempo. Ovviamente sapendo che quando il maligno uscirà sarà molto più arrabbiato e tendenzialmente più potente di prima.
 Questo terzo particolare rende i mostri, i fantasmi e gli orrori giapponesi sono molto più interessanti di quelli occidentali, perché, sfuggendo essi al manicheismo cattolico e non conoscendo la redenzione, hanno motivazioni assai più complesse e profonde e soprattutto non concedono perdono.
Un esempio da manuale è il libro da cui fu tratto il film:  "Ring" di Koji Suzuki. Lo lessi durante un assurdo viaggio in bus, Roma- Ravenna con l'università e forse per il consistente mal di testa da curve sugli appennini, ne ho un ricordo davvero inquietante.
 Il libro, innanzitutto era moooooolto meglio del film di Vernbiski che faceva furore all'epoca e, che a onor del vero, un po' per via di Naomi Watts, un po' per la fotografia, ma soprattutto per quel video spaventoserrimo (credo una delle poche cose che mi abbiano mai fatto realmente paura al cinema) non trovai affatto male. La storia, tuttavia, è diversa.
 Riassumiamola per i pochi che non la conoscono: una giornalista, madre di un bambino, molto gnocca e bionda, scopre che il figlio ha visto un vhs che causa la morte sette giorni esatti dopo. E' un video terrificante di cui cerca di comprendere la provenienza scoprendo una vecchia storia familiare avvenuta vicino ad un faro: una coppia che non poteva avere bambini era tornata da un misterioso viaggio con una pupa che si era poi rivelata letteralmente un piccolo demone incontrollabile da eliminare.
 Nel film Samara è una bambina mostruosa per motivi non ben chiari, non si capisce se è pazza e ha poteri paranormali, se è una specie di demone incarnato o che altro. La costruzione del suo background si basa tutta su un'indagine che vede entrare in gioco una serie di elementi che appartengono alla misteriosa terra di nessuno che divide il reale dall'impossibile, il mondo che si vede, da tutti i mondi che non possiamo vedere. C'è un'isola abbastanza isolata, una sorta di manicomio, un video realistico pieno di elementi surreali. Il film fa paura perché gioca molto bene col perturbante.
Il buon Koju Suzuki
 Il libro è invece molto diverso.
 La Sadako che torna a reclamare i suoi morti, non è una bambina, ma una ragazza dotata di poteri esp molto forti. Ha una natura strana, ma non malvagia, la sua parte cattiva viene infatti radicalizzata dal mondo esterno che la emargina, la sfrutta, le usa violenza in vari modi e la umilia. Sadako non è un mostro come accade nel film occidentale, ma lo diventa perché la società, le persone "normali" avvertendo la sua diversità si sentono giustificate a compiere su di lei atti mostruosi. E' l'orrore che riceve a rendere Sadako un mostro che elargisce orrore e l'impronta che il mondo lascia su di lei è talmente imperdonabile che non c'è e non ci deve essere un rimedio alla sua vendetta.
 Il filo del libro (che gioca molto sull'ambiguita di tutti i personaggi, anche fisica, a rimarcare il concetto) è il ribaltamento della prospettiva: cos'è che fa davvero paura a questo mondo? Perché riteniamo che qualsiasi elemento disturbante debba essere per forza malvagio? Perché riteniamo di essere migliori di chi non è conforme? Non possiamo essere noi i mostri, visti da un'altra prospettiva?
 C'è poi un'altra differenza fondamentale: il protagonista è un uomo, Sadako una giovane donna (forse). Non c'è una madre con un bambino che cerca di lenire il dolore di una bambina, ma un uomo che cerca di scoprire il segreto del rancore di una donna. 
 Mi sento, dopo anni, di consigliarlo ancora, in luogo di molte trite e ritrite storie horror occidentali che girano attorno ai soliti quattro o cinque stereotipi (anche ben scritti per carità), ai quattro o cinque non morti di romantica memoria e dimenticano l'orrore dentro, quel lato spaventoso della società che alberga dietro le facciate più linde, le persone più sorridenti, la pulizia più sfacciata. "Ring" è quello che possono nascondere le ordinate villette a schiera brianzole o di qualsiasi parte del mondo.
 L'orrore nei posti orribili svela la miseria umana, ma quello che nasce dalla normalità mostra molto di più, svela l'ipocrisia di ciò che siamo, l'onnipotenza che crediamo di avere quando ci sentiamo nel giusto, gli insulti e i terrori di cui caricare chi si considera perturbante rispetto all'ordine e insidia la certezza.
L'orrore vero non è il vampiro succhiasangue, ma scoprire, davanti allo specchio ciò di cui siamo stati e saremmo capaci quando ci sentiamo giudicanti e non pensiamo alle conseguenze e alle vendette e ai rancori senza fine che nascono nei cuori di chi ci circonda.
 E restano nascosti, come i nostri, dietro facciate pulite, finché qualcosa non smuove la pietra sul pozzo e scatena l'inferno.

8 commenti:

  1. Io invece gli Horror proprio non li digerisco, forse giusto qualche film, ma quando si tratta di libri proprio me la faccio addosso. Sarà un po' per il rapporto che ho con la parola scritta o la fanatica educazione cristiana che ho ricevuto da bambino("Il male è ovunque, stai attento o si impossesserà di te". Sì, come no).
    Comunque. se mai in un futuro MOLTO PROSSIMO, mi dovesse capitare di superare la cosa, saprò da dove partire... :)

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  2. io amo gli horror e the ring mi piace molto: ho visto le versioni americane e ringu 0 (dove si racconta la nascita di sadako) ho anche i manga e ho fatto il cosplay di sadako/samara.

    l'unica nota stonata fu che al cinema dopo il 1 mi presi una congestione x via dell'aranciata fredda XD il libro mi piacerebbe molto leggerlo

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    1. ahahaha insomma bei ricordi! A me appunto il film piacque, (e credo sia tipo uno dei due horror nella storia del cinema che mi sono piaciuti), ma il libro è più profondo, te lo straconsiglio.

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    2. Ottimo, lo trovo facilmente? Prezzo? Numero pagine? Vorrei anche rivedere il film ma m'e partita la scheda video del pc e l'abbiamo dato ad un amico di famiglia xke lo mettesse a posto, dal tablet purtroppo nn riesco a vederlo. A proposito di horror io consiglio a tutti il libro dell'esorcista, che abbiate visto o no il film

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    3. In realtà temo che al momento tu possa andare solo di usato o biblioteca. Io ho una vecchia e ormai fuori catalogo edizione dei miti Mondadori.

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    4. andro' di biblio allora anche se quella del mio paese ha orari impossibili

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  3. Io ho visto il primo film in versione giapponese e mi pare che a modo suo sia più vicino al romanzo, perché da quanto ricordo si vedono alcune scene in cui Sadako usa i suoi poteri per vendicarsi (mi pare che un tizio insulta la madre di lei in pubblico, e gli viene un colpo, ecc); in generale ha una tristezza di fondo che rende meno mostruosa la ragazza. Un po' meno.

    Effettivamente gli horror giapponesi hanno prospettive molto diverse, com'è diversa la cultura da cui nascono. Ho visto anche "Grudge" e la storia ruota pure attorno a fantasmi che hanno subito tali sofferenze da non poter superare il rancore. L'unico problema dei film giapponesi, anche non horror, è per me il ritmo. Ormai sono assuefatto a Hollywood e dintorni, la terribile quiete dell'estremo oriente dopo un po' diventa pesantuccia.

    A proposito del capovolgimento di prospettiva, mi hai fatto ripensare a "Io sono leggenda", stavolta il libro assolutamente (il film non so chi è l'idiota che ha deciso di farlo, né cosa gli sia saltato in testa per la sceneggiatura). E' una sorta di anti-Dracula, o "controdracula" se preferisci: l'ultimo uomo sulla Terra, circondato da mostri, sperimenta la stessa solitudine del vampiro stokeriano, usa la stessa violenza e non riconosce più nulla di simile a se stesso negli altri. Non voglio dare altri dettagli, ma penso che possa interessarti.

    Altri spunti che mi vengono in mente: sebbene abbia tutto un altro senso, anche la saga di Evil Dead (Raimi, 1981-87-93) presenta un tipo di male invincibile, inestinguibile, destinato a risvegliarsi sempre, eppure immotivato, quasi naturale, privo di complessità. Se non fosse per gli elementi di commedia, sarebbe lovecraftiano (e non solo per il libro, che pur si chiama Necronomicon Ex Mortis). Poi, l'inquietudine della perfezione è un megafono per le paranoie più assurde; una volta, pure io durante un viaggio in auto, ho cominciato a pensare cosa accadesse nelle case che vedevo scorrere, cosa stesse per fare quell'uomo che attraversava un prato verde, quanta violenza e brutalità quotidiane si celavano dietro quelle tende e quelle pareti. Chi, in quella campagna, stava facendo a pezzi qualcuno, il cui nome era già sulla lista delle persone scomparse? Quante donne che andavano al mercato erano state molestate o violentate? Quale dei ragazzini che giocavano in giardino ers stato preso a cinghiate, o aveva torturato un animaletto? ti lascio immaginare che viaggio simpatico sia stato...

    E gli zombi? Ah, certo sono pericolosi quando sono in massa, ma quando li vedi legati a un albero a fare da bersaglio a degli idioti ubriachi, non puoi non pensare "noi siamo loro e loro sono noi", come nel remake de La Notte dei Morti Viventi (Savini, 1990).

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  4. Detta cosi mi ricorda Carrie di King. A me piacciono gli horror, soprattutto i libri come ho scoperto leggendo il libro de L'esorcista, che nonostante il buon film é di gran lunga migliore! Proverò anche Ring, grazie! Bella riflessione sui mostri!

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